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Autore: Seryka    20/12/2013    1 recensioni
[Attenzione] Questa storia non l'ho scritta io, ma la mia carissima amica Angel_15, che l'ha pubblicata nella categoria TVXQ Lei mi ha PERSONALMENTE DATO IL PERMESSO di One Directionizzarla (?) e pubblicarla in questa sezione.
"< Emh… Eleanor? >
< Mhh? > Rispose, quasi si fosse ridestata da un sogno ad occhi aperti.
< Tutto… Bene? >
< Mai stata meglio! >
Rivolse loro un sorriso raggiante prima di tornare alla sua cartella.
< È che… > Continuò uno dei suoi compagni < Ti vediamo particolarmente… Felice! Mentre prima eri mogia mogia >
< È successo qualcosa di bello? >
< Sta per succedere > Rispose vaga Eleanor, prima di portare lo zaino alle spalle, e uscire a passi misurati fuori dal’aula.
[ ... ]
Mi sei mancato da morire.
E proprio quello sguardo, fece all’improvviso dimenticare a Eleanor, ma anche a Louis, quei dolorosi giorni trascorsi in solitudine.
Che gli importava infondo? Ora erano insieme?
E la cosa giusta da fare in un amore, è godersi ogni istante.
Così, Eleanor decise che l’unica cosa che gli importava in quel momento, era donare al suo ragazzo il più bel benvenuto che esistesse.
Donandogli un altro veloce bacio a stampo sulla fronte, e con il sorriso più ampio che avesse mai fatto.
< Ben tornato, amore >"
~
[Louanor]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'One Shot Story/ Couple: Het'
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Welcome back, Love.
 

 
 
Quel giorno, il difficilissimo test di matematica era l’ultima preoccupazione di Eleanor.
Se ne stava seduta al suo banco, con un apparente sguardo disinteressato verso la finestra e la mente che vagava fuori da quell’alula.
Il professore di storia e le sue parole sulla seconda guerra mondiale, gli entravano da un orecchio e uscivano dall’altro.
La campanella sarebbe suonata di lì a cinque minuti.
Si ridestò un minuto dal suo stato di semi incoscienza, stirandosi le braccia per poi coprire uno sbadiglio con la mano. Diede un occhiata alla classe: OGNI studente teneva il libro di matematica sotto il proprio banchino.
Chi ripassava, chi preparava i bigliettini, chi si strappava i capelli dalla disperazione…
Quando la lezione finì, si alzò e svogliatamente si diresse verso l’aula dove lo attendeva il test.
Gli studenti che la incrociavano, ad un primo sguardo, avrebbero pensato fosse giù di morale, o semplicemente annoiata dalla quotidianità scolastica….
Niente di più sbagliato.
Perché dentro quel corpo, di un apparente studentessa annoiata… Si stava scatenando una marea di emozioni, che neanche lei stessa si capacitava di come riuscissero a non fuoriuscire.
Il test fu una passeggiata, non aveva mai avuto grosse difficoltà in matematica.
Consegnò il foglio per prima, e tornò ad attendere al suo banchino il tanto atteso suono dell’ultima campanella.
Quando questo arrivò, il suo sguardo, prima fiacco e disinteressato, mutò completamente.
Le labbra formarono un ampio sorriso, gli occhi parevano luccicare come due stelline e il corpo scattò all’istante in piedi.
Raccolse le sue cose, cercando di muoversi il più lentamente possibile, ma la cosa risultava un po’ difficile.
Certo, mancavano ancora tre ore al suo ritorno, quindi Eleanor era nettamente in anticipo. Ciononostante non vedeva l’ora di uscire da quell’edificio.
La sua eccitazione era avvertibile, tant’è che alcuni suoi compagni di classe, intorno a lei, smisero di sistemare le proprie cose per osservare lo strambo comportamento della ragazza.
< Emh… Eleanor? >
< Mhh? > Rispose, quasi si fosse ridestata da un sogno ad occhi aperti.
< Tutto… Bene? >
< Mai stata meglio! >
Rivolse loro un sorriso raggiante prima di tornare alla sua cartella.
< È che… > Continuò uno dei suoi compagni < Ti vediamo particolarmente… Felice! Mentre prima eri mogia mogia >
< È successo qualcosa di bello? >
< Sta per succedere > Rispose vaga Eleanor, prima di portare lo zaino alle spalle, e uscire a passi misurati fuori dall’aula.
 
***
 
La massa di persone, che si accalcavano spingendosi e correndo, per non perdere il proprio volo, misero non poca confusione a Eleanor, che da circa mezz’ora stava disperatamente cercando un qualsiasi banco per chiedere informazioni.
Cercava di farsi spazio con le braccia, ma ogni volta un gruppo di persone gli “remava” contro, spingendola nella zona opposta dell’aeroporto.
Sbuffò, dando un occhiata all’orologio.
14.50
Cavolo!
Si guardò intorno e, come un miraggio, adocchiò un bancone dove una signorina dietro a un PC si stava sistemando gli occhiali.
Fregandosene altamente delle imprecazioni che le arrivavano dalle persone che spingeva correndo, puntò dritto verso la sua meta, raggiungendola in pochi secondi.
Poggiò le mani sulle ginocchia, riprendendo fiato, mentre la signorina la guardava stranita.
< S-serve aiuto? > Le chiese, leggermente a disagio nel vedere la ragazza che ansimava.
Eleanor alzò la testa e il respirò torno man mano regolare.
Scosse la testa per risistemare i capelli arruffati, ed esalò:
< Si. Da che punto arriva il volo proveniente da Los Angeles? >
Una volta ascoltate attentamente le indicazioni, si diresse nel punto esatto dove vedeva già delle persone che entravano da una porta scorrevole, accompagnati dalle proprie valigie.
Osservò prima l’orologio e poi il tabellone degli arrivi:
14.54
Volo proveniente da Los Angeles: Atterrato
“Ovviamente, la solita sfiga… I voli sono sempre in ritardo, una volta tanto che sono io in ritardo, il volo anticipa!” 
Pensò, imprecando tra se e se a bassa voce.
Incrociò le braccia irritata, mentre con lo sguardo (invece preoccupato e ansioso) vagava tra le persone che vedeva arrivare.
Iniziò a battere nervosamente il piede a terra. Erano passati due minuti e ancora niente.
Di lui non c’era traccia.
Sbuffò, iniziando a chiedersi se fosse già sceso dall’aereo, se fosse già uscito dall’aereo porto, se non fosse ancora sceso…
Con la mano destra toccò il telefono, attraverso la tasca dei jeans.
Forse avrebbe dovuto chiamarlo?
No. Non voleva apparire come un disperata che non ha fatto altro per tre settimane se non aspettare il suo arrivo.
Anche se era così.
“Ok lo chiamo. No, meglio aspettare. E se mi sta aspettando fuori? Magari sta ancora prendendo i bagagli. O forse non è questo il volo giusto”
Quel suo tormento mentale fu interrotto da due mani che si posizionarono sui suoi occhi.
Quel buio improvviso la fece sussultare per un secondo. Si sarebbe messa ad urlare se non avesse subito riconosciuto a chi apparteneva quel delicato tocco.
< Mi sembra tu stia aspettando qualcuno >
Il sussurro del ragazzo appena arrivato, la sciolse.
Ascoltare la sua voce attraverso un telefono per quei maledetti venti giorni di assenza, non era minimamente paragonabile rispetto ad avvertirla così vicino al suo orecchio.
Un brivido la percorse dalle dita dei piedi sino alle punte dei capelli.
Con uno scatto che non riuscì a controllare – Tanta era la voglia di rivederlo – si liberò dalla sua presa, voltandosi verso di lui.
Un tuffo al cuore.
Fu tutto ciò che avvertì, non appena vide il sorriso di Louis.
Dio, quanto gli era mancato.
< Sto aspettando quello scemo del mio ragazzo, che non mi avverte sul numero del volo, sull’ora di arrivo, ma pretende che lo vado ad aspettare all’aeroporto >
Il ragazzo le rivolse uno sguardo dispiaciuto, non riuscendo però a nascondere anche lui, la felicità, nel rivedere Eleanor.
< Scusa! >
Unì le mani, in un tentativo di perdono, accompagnato da degli occhi da cerbiatto, che non gli riuscivano granché bene.
Eleanor scoppiò a ridere.
Come se gli servisse un pretesto per perdonarlo.
Gli bastava la sua presenza.
< Ti perdono solo perché mi sei mancato da morire >
< Anche tu >
Louis avvolse Eleanor tra le sue braccia, che ne approfittò per cogliere e avvertire con ogni particella del suo corpo, il calore di quell’abbraccio.
Quanto gli erano mancati quegli abbracci
Lo carezzò dietro la testa.
Quanto gli era mancato sfiorare i suoi soffici capelli.
Insinuò la testa nell’incavo della sua spalla e spalancò le narici.
Quanto gli era mancato il suo profumo.
Si distaccò e lo guardo profondamente negli occhi.
Quanto gli era mancato il suo sguardo.
Avvertì il cuore cominciare ad aumentare il battito.
Quanto gli era mancato lui.
< Tua sorella doveva proprio andare a sposarsi negli stati uniti? Qui in Inghilterra le faceva schifo? > Domandò Eleanor ancora incollata al suo ragazzo.
Louis sorrise piegando di poco la testa.
< Beh, ci vive… Che doveva fare? >
< E com’è stato il matrimonio? > Chiese Eleanor sciogliendo a malincuore quell’abbraccio caloroso.
Afferrò la valigia che stava ai piedi di Louis e gliela porse.
< Dai andiamo, me lo racconti mentre usciamo >
Si stava già voltando, in direzione della via d’uscita, quando si sentì afferrare per la camicia.
Voltandosi, vide uno sguardo di un Louis non contento.
< Prima di andare, voglio il mio regalo di bentornato >
Eleanor storse un sopracciglio, assumendo uno sguardo disorientato e confuso.
< Ma… Ma io non ti ho comprato nulla? >
L a risata soffocata di Louis, la confuse ancora di più, prima che quest’ultimo scosse lentamente la testa.
< Ehm… Ciò che voglio non lo puoi comprare >
La ragazza non ebbe tempo di far arrivare le parole al cervello, che vide il ragazzo avvicinarsi a lui.
Senza che gli lasciasse modo di opporsi (non che avesse voluto farlo), senza che potesse sottrarsi e opporsi, si ritrovò le labbra di Louis su le sue.
In quel momento esatto, il mondo sparì.
Fu quasi paragonabile al loro primo bacio.
Dopotutto, era la prima volta da quando stavano insieme, che si erano dovuti separare per svariati giorni.
E si, Eleanor aveva passato i venti giorni precedenti attaccata al telefono, controllando costantemente il fuso orario per potergli augurare il buongiorno. Per poterlo chiamare nel pomeriggio. Per scambiarsi gli ultimi dolci messaggi prima di andare a dormire.
Non curandosi del fatto che da lei fosse piena notte e che il giorno dopo avrebbe avuto scuola.
Il pensiero che, potersi riabbracciare, baciare e toccare dopo quel’assenza, sarebbe stato ancora più bello di quanto non fosse farlo tutti i giorni, non le aveva minimamente sfiorato la mente.
In quelle tre settimane aveva solo pensato a quanto gli mancasse.
E quel bacio, riuscì a farle assaporare la stessa felicità, che aveva provato lo stesso giorno che si erano fidanzati.
Un bacio casto, tenero, dolce…
Un bacio di due ragazzi che si amano, e che si fregano altamente delle persone intorno a loro che gli lanciano occhiate di disprezzo.
Perché a loro non serve il consenso della gente per amarsi.
Questo era il loro amore.
Che potevano chiedere di più?
Dopo aver sciolto quel dolce bacio, si scambiarono uno sguardo che solo loro potevano interpretare.
Mi sei mancata da morire.
E proprio quello sguardo, fece all’improvviso dimenticare a Eleanor, ma anche a Louis, quei dolorosi giorni trascorsi in solitudine.
Che gli importava infondo? Ora erano insieme?
E la cosa giusta da fare in un amore, è godersi ogni istante.
Così, Eleanor decise che l’unica cosa che gli importava in quel momento, era donare al suo ragazzo il più bel benvenuto che esistesse.
Donandogli un altro veloce bacio a stampo sulla fronte, e con il sorriso più ampio che avesse mai fatto.
< Ben tornato, amore >
   
 
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