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Autore: _Trixie_    20/12/2013    6 recensioni
Quando un cuore si spezza, il mondo crolla lentamente in mille, piccoli pezzi, che non sei più in grado di mettere insieme.
Quando un cuore si spezza, non c’è nulla, che possa aiutarti a sopravvivere.
Quando un cuore si spezza, ogni speranza scivola via, lasciandoti impotente e sconfitta.
Ma, forse, quando un cuore si spezza, hai solo bisogno di ritrovarne l’altra metà, anche se questo dovesse significare attraversare quella sottile linea che divide la vita dalla morte.
[SwanQueen, lievi lievi spoiler terza stagione, seguito di “Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono”].
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Daniel, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
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IV. Cercandoti
 
 
Emma aveva caldo, terribilmente caldo, ma questo era tutto ciò che conosceva del mondo esterno, perché l’oscurità era talmente densa da impedirle di vedere. Allungò le mani in avanti, titubante, ma non incontrò nulla, così come non incontrò nulla nello stenderle verso l’alto.
Sotto di lei il pavimento era solido e liscio, Emma picchiettò un piede per essere certa che fosse sicuro, ma quel movimento non produsse alcun rumore. Terrorizzata dal silenzio innaturale, Emma deglutì e, facendosi coraggio, provò ad urlare.
Nessun suono sfuggì dalle sue labbra.
La ragazza si afferrò la gola e provò di nuovo, ma ancora nulla. Il silenzio la stava inghiottendo. Spaventata da tutto quel vuoto, Emma si mosse in avanti, si mise a correre, ma nulla mutava. Era come se non si fosse mai mossa.
Eppure lei continuò a correre, a lungo, fino a quando non sentì il gusto del ferro in bocca e i muscoli iniziarono a farle male, fino a quando l’aria che entrava nei polmoni non iniziò ad essere tagliente. Almeno, in quel momento riusciva a sentire qualcosa.
Emma rallentò l’andatura, ma solo per poi aumentare di nuovo la velocità. Doveva pur far qualcosa, in quel nulla nel quale si era cacciata.
Aveva un obiettivo, doveva trovare Regina e, insieme, dovevano tornare da Henry perché lei non avrebbe sopportato l’idea di abbandonarlo di nuovo. Non se lo sarebbe mai perdonato, mai e poi mai e, soprattutto, Regina non glielo avrebbe mai perdonato.
Le gambe di Emma iniziarono a tremare.
Da quanto tempo stava correndo? Potevano essere passati secoli eppure poteva trattarsi di un solo secondo. Come puoi quantificare il tempo in un luogo in cui tu, e solo tu, sei il solo cambiamento?
Eppure Emma non si fermò, se non quando i suoi muscoli cedettero, facendola stramazzare a terra, esausta.
Lacrime di rabbia iniziarono a rigare il volto della donna.
Regina. Dove sei, Regina?
I singhiozzi, ormai così familiari, la scossero.
E dove accidenti sono finita?
La ragazza abbatté un pugno sul pavimento.
Devo tornare da Henry. Regina. Devo alzarmi. Regina, dove sei?
Emma provò ad asciugarsi il volto con il dorso della mano, ma nuove lacrime sostituirono quelle scomparse.
Sapeva di non potersi dare per vinta.
Con il cuore colmo di disperazione, sussurrò il suo nome, anche se sapeva che non avrebbe udito nulla.
«Regina».
Il bisbigliò di Emma riecheggiò all’infinito, senza fine, perdendosi nel tempo, nello spazio, nel vuoto.
La ragazza si alzò in piedi, spaventata, perché ad ogni nuova eco un braciere si accendeva di fronte a lei, uno dietro l’altro, illuminando quel vuoto. Emma ancora non riusciva a scorgere nulla, oltre al buio, e passarono diversi minuti, o forse ore, prima che lei trovasse la forza di muoversi.
Seguì quei bracieri, chiedendosi se davvero l’avrebbero portata da Regina o se, in realtà, non fosse che un inganno.
I suoi genitori l’avevano avvisata: non puoi fare nulla in quel luogo se non disperarti in eterno per le persone che ami. 
 
***
 
Regina sedeva accanto a Daniel su un tronco modellato e levigato perché potesse servire da panca o, all’occorrenza, tavolino.
Attorno a loro, Regina coglieva il fermento e l’agitazione di centinaia di uomini, impegnati in chissà quali faccende.
«Daniel».
I due non si erano rivolti la parola da quando l’uomo l’aveva accompagnata lontana dalla spiaggia, verso quell’ombra cupa che altro non era se non una foresta più alta che estesa, dove uomini, donne, bambini, anziani e persino orchi, giganti e creature che Regina nemmeno riusciva a classificare, avevano costruito le loro case sospese.
Daniel guardò la donna, uno sguardo ferito negli occhi.
«Cosa… cosa è questo posto?» domandò Regina di nuovo, sperando che la confusione che albergava nella sua mente potesse dissiparsi. Allora non era morta?
«Te l’ho detto. Non è altro che un luogo di transito» rispose lui, con voce soffocata.
Tutti quei vaneggiamenti sul non essere più la sua Regina l’avevano sconvolto. Eppure lui l’aveva aspettata, aveva atteso quell’incontro con ogni fibra del proprio essere. Perché finalmente lui e Regina avrebbero avuto il loro nuovo inizio, lontano da quell’isola, un mondo nuovo, dove assaporare il loro lieto fine, nutrirsi l’anima, con il loro lieto fine.
«Di transito» ripeté Regina, aggrottando la fronte. «Perciò non sono morta».
«Sì, sei morta».
«Ma hai detto che ho ancora strada da percorrere!» protestò la donna.
«Con il tuo Vero Amore. Ciò potrebbe significare molte cose, Regina» rispose Daniel. «Non necessariamente tornare in vita».
La donna sospirò. Il suo Vero Amore. Era Emma, su questo Regina non nutriva nessun dubbio, ormai.
Però Daniel era lì… Stava aspettando qualcuno, ma chi? Lei era stata il suo unico amore. Eppure, Regina lo sapeva, non era con lei che avrebbe avuto il suo lieto fine.
«Sei qui da molto?»
«Non esiste il tempo, qui».
La donna strabuzzò gli occhi.
«Certo che esiste!»
«No. Qui nulla muta, nulla cambia. Arrivi e partenze sono il solo elemento di novità, ma anche in questo caso, non è possibile quantificare il tempo. Prova a pensarci, Regina, da quanto tempo sei qui?» domandò Daniel, giocherellando con la punta dello stivale.
«Non lo so, non ho orologi con me» protestò la donna. «Suppongo da…ieri».
«Anche io sono arrivato ieri» disse l’uomo.
«Non è possibile! Sono passati almeno sessant’anni tra la mia morte e la tua, Daniel!»
«Nel vecchio mondo, forse. Ma potrebbe essere passato un secolo dal tuo arrivo e, forse è già passato, eppure ti sembrerà che sia accaduto ieri» spiegò lui, stringendosi nelle spalle.
Regina si accigliò.
Tra i due calò il silenzio.
«Io ti amo ancora» sussurrò infine Daniel. Regina spalancò la bocca, non sapeva cosa rispondere perché, davvero, avrebbe tanto voluto amarlo e tanto lo aveva amato, ma ora c’era Emma.
A ben pensarci, poi, ciò che aveva provato per Daniel non era ciò che provava per Emma e questo pensiero la fece arrossire.
Per Daniel sarebbe stata pronta a rinunciare a ogni cosa, persino alla propria vita ed era quello che aveva fatto, ma per Emma… per Emma non solo avrebbe dato tutta sé stessa, per Emma avrebbe combattuto e lo aveva fatto.
Era questa la sottile differenza tra l’amore che aveva portato a Daniel e quello che portava per Emma. L’essere disposti a combattere.
E lei per Daniel non l’aveva fatto. Si era rassegnata e l’aveva lasciato andare, riempiendo quel vuoto con la vendetta.
«Daniel…» tentò Regina, titubante. «Non credo di essere io, il Vero Amore che stai aspettando».
«Devi esserlo» protestò l’uomo, alzandosi in piedi. «Non ho mai amato nessun’altro, in tutta la mia vita, Regina, mai!»
La donna sospirò, ma non rispose.
«Non hai combattuto per me, Daniel» sussurrò lei.
«Cosa stai dicendo? Ti sei forse dimenticata-»
«Non ho dimenticato niente. Ma non hai combattuto, così come io non ho combattuto per te. Abbiamo provato a fuggire da mia madre, tanto per iniziare» ricordò Regina, guardandolo negli occhi e stringendogli la mano. Doveva capire, Daniel doveva capire.
L’uomo non rispose e tornò a sedersi accanto a lei, attirato da quel gesto.
«E quando il dottor Whale ti ha riportato alla vita, Daniel, mi hai chiesto di ucciderti e io l’ho fatto. Nessuno dei due ha avuto la forza di combattere, perché noi non-».
«Non eravamo destinati l’uno all’altra» concluse Daniel e Regina annuì con forza.
Il ragazzo rafforzò la presa sulla mano morbida dell’altra.
«Eppure, non riesco a capire. Non ho amato nessun’altro, nella mia vita. Chi sto aspettando?»
Abbandonare l’idea che Regina fosse il suo lieto fine faceva male. L’aveva desiderato tanto ardentemente che, ora, lasciare che quell’idea naufragasse sembrava un tradimento e faceva male. Non aveva il ricordo di nessun amore dolce cui aggrapparsi in quel luogo senza tempo.
«Non lo so. Forse, qualcuno era innamorato di te e tu, semplicemente, non te ne sei accorto. Forse…».
«Forse sono morto prima di poterlo incontrare, il mio Vero Amore».
Regina annuì tristemente. Daniel sembrò accettare quella situazione anche se, la donna glielo leggeva negli occhi, c’era ancora inquietudine dentro di lui.
«E tu?» domandò il ragazzo infine, in cerca di una distrazione. «Ti sei forse innamorata del re, alla fine?» 
Regina scosse la testa. No, di certo non si era innamorata del re.
«E allora, chi è il fortunato?»
Regina sospirò, chiedendodi come l’avrebbe presa Daniel.
«Fortunata» lo corresse con un sorriso dolce al ricordo di Emma.
«Fortunata?» domandò il ragazzo, strabuzzando gli occhi. «Tu… ti sei innamorata di una donna?»
«Ah, Daniel, se solo tu conoscessi tutta la storia. Sul serio, il destino è più ironico di quanto tu possa immaginare».
«Di chi si tratta? La conoscevo?»
«No, Daniel, non era nemmeno nata, all’epoca. Lei è… Insomma, tecnicamente è la nipote del re» disse Regina, pensando per la prima volta al legame di sangue che Emma aveva con la famiglia reale.
«La nipote del re?! Regina, è tua nipote! Lei… quanti anni avete di differenza, mezzo secolo?»
«Ehi!» protestò la donna, dando un colpo divertito al petto di Daniel. «Non sono nemmeno lontanamente tanto vecchia! Ad ogni modo, sai, sono successe tante cose. Viaggi tra i mondi, ad esempio, che mi hanno portato a rimanere giovane a lungo. L’ho conosciuta quando ormai era adulta».
«Ah, è vero, ora sai usare la magia. Te l’ha insegnato tua madre?» domandò Daniel decidendo che la questione del Vero Amore di Regina era troppo complicata per essere affrontata.
«No» rispose la donna, con un sorriso tirato. «Ma qui la magia funziona, perché mi hai impedito di usarla?»
«Perché si ritorcerebbe contro di te» spiegò Daniel.
«Volevo solo accendere un fuoco, non stavo facendo nulla di… pericoloso» disse Regina.
«Ti saresti scottata. Non sappiamo bene per quale motivo, ma sembra che qui la magia si possa usare, ma solo a patto di pagarne un prezzo molto, molto alto».
Regina scosse la testa.
«La magia ha sempre un prezzo».

 
***
 
Emma Swan aveva perso il conto del numero di torce che aveva affiancato e superato. Un piede davanti all’altro, lo sguardo vigile e attento, la frenesia di raggiungere Regina la spingeva a proseguire.
A quella scia di fuoco sembrava non esserci fine e la ragazza ormai iniziava a sentire di nuovo la stanchezza invaderle i muscoli. Ma sapeva di dover continuare, perché lì, da qualche parte, era nascosto il modo per raggiungere Regina.
Improvvisamente, Emma andò a sbattere contro qualcosa e l’urto la costrinse a retrocedere di qualche passo. Lo sceriffo si tastò la testa, ma quando alzò gli occhi non vide nulla, davanti a sé, se non la fila infinita di torce. Allungò la mano, titubante.
Lì c’era davvero qualcosa! Una superficie liscia e fredda, ma cosa diavolo era?
Emma ritrasse la mano, all’improvviso, qualcosa, sul suo petto, iniziò a scottare e a bruciarle la pelle. La giovane vi infilò la mano ed estrasse l’anello che le aveva regalato il signor Gold, il giorno del funerale, con l’immagine di Regina al centro.
Il metallo scottava e risplendeva di una luce tenue, Emma sorrise. Possibile che indicasse la vicinanza di Regina?
La ragazza mosse qualche passo indietro, chiedendosi cosa fare, quando si accorse che i suoi piedi erano immersi nel bagnato.
E ora, da dove proveniva quell’acqua? Emma si allontanò ancora e afferrò una torcia, sollevandola a pregando che questo non azionasse una qualche trappola.
Immobile, attese un paio di secondi, guardandosi attorno, ma non accadde nulla. Si abbassò, andando a illuminare meglio il pavimento e trovandovi effettivamente dell’acqua.
Emma, stringendo ancora tra le mani il ciondolo di Regina, sussultò nello scorgere una torcia, sollevata a mezz’aria, di fronte a lei. Il suo cuore batteva all’impazzata e le ci volle più di qualche secondo per capire che quella torcia non stava levitando, ma che era lei a tenerla in mano.
Uno specchio.
Si trovava semplicemente di fronte a uno specchio, che sembrava riflettere ogni cosa in quel luogo desolato, a parte Emma stessa.
Rilassando i muscoli, lo sceriffo decise di costeggiare lo specchio, che prima o poi doveva pur avere una fine e si voltò a destra. Non appena mosse un passo in quella direzione, il ciondolo che aveva tra le mani perse parte della sua luminosità. Accigliandosi, Emma tentò nella direzione opposta, ma, anche in questo caso, la luce diminuì.
Emma sospirò, voltandosi verso lo specchio.
L’anello brillava e emanava calore.
E sia, di nuovo attraverso lo specchio, pensò, mentre allungava il piede in avanti e la superficie iniziava a tremolare, lasciandola passare.
 
***
 
Regina si alzò in piedi di scatto, portandosi una mano al petto.
«Cosa succede?» chiese allarmato Daniel, alzandosi a sua volta e posando una mano alla base della sua schiena, con fare protettivo.
Regina scosse la testa, sentendo qualcosa di duro e bollente sotto le dita. Litigò con i bottoni della camicia che indossava per vari minuti, con le dita tremanti, prima di riuscire ad afferrare quello che le scottava la pelle.
Estrasse due ciondoli identici, ma solo uno di questi sembrava brillare e irradiare calore. Regina lo avvicinò al volto, cercando di scrutarvi all’interno.
«Emma» sussurrò infine, scorgendovi il volto della ragazza, e sorrise. «Emma!»
Regina non aveva idea del perché stesse indossando quella collana, ma di una cosa era certa, Emma era vicina.

 
***
 
Emma sentì la terra mancarle sotto i piedi e la temperatura calare bruscamente. Si trovò senza fiato, mentre la forza di gravità la trascinava verso il passo e l’aria gelida le trafiggeva i polmoni.
La caduta durò qualche secondo o forse qualche ora e l’impatto fu violento, tanto che inizialmente Emma non si rese conto di non essere caduta sul terreno solido, ma in acqua.
La sensazione di soffocamento che l’aveva colta al largo della costa di Neverland tornò a farsi sentire, prepotente, e Emma spalancò gli occhi, divincolandosi e cercando di capire in quale direzione muoversi, nella disperata ricerca di aria.
Agitandosi freneticamente, lo sceriffo fece mente locale e individuò il punto dal quale sembrava provenire una tenue luce. Con un colpo di reni, Emma iniziò a muoversi, sbattendo le gambe con forza e nuotando verso quella che credeva fosse la superficie.
Finalmente, dopo un tempo che le parve interminabile, Emma infranse l’acqua chiara e riemerse. La ragazza tossì più volte, mentre si sforzava di rimanere a galla. Il cielo era coperto da una spessa coltre di nubi grigie e minacciose, un temporale che sembrava pronto a scatenarsi da un momento all’altro.
Emma aveva freddo, attorno non vedeva altro che una distesa infinita di acqua calma e placida, nemmeno un’onda a turbarne la quiete. Nessuna terra in vista.
Il panico attanagliò le viscere della ragazza, acuendo la morsa del freddo e Emma fu tentata di lasciarsi andare in quell’oceano freddo.
In fondo, le possibilità di ritrovare Regina erano sempre state minime e l’intera idea di quel viaggio verso l’Oltretomba ora le sembrava talmente assurda che stentava a credere persino di averci pensato.
Era proprio vero, dunque, che l’amore può farti compiere pazzie.
Salvare Regina, riportarla nel loro mondo, avrebbe potuto scatenare una di quelle guerre che aveva sempre visto nei film, dove gli zombie si nascondono nei vicoli bui pronti a mangiarti il cervello.
Era una pazzia sul serio, ora Emma non aveva più dubbi a riguardo. E anche se non lo fosse stata, lei non sapeva cosa fare, ora che si trovava nel bel mezzo del nulla, senza nessun punto di riferimento, cullata dalla paura e dal freddo, sentendo la stanchezza e la sconfitta serpeggiare all’interno del suo corpo.
Una lacrima scese lungo la sua guancia, lentamente, provocando piccoli cerchi concentrici quando cadde nell’acqua. Mi dispiace, Henry, pensò.
Emma si sentiva stanca, davvero molto stanca. Non poteva più combattere, combatteva da troppo tempo. Rilassò i muscoli, lasciò che l’acqua la trasportasse ovunque portassero le sue correnti. Pensò a Regina e non si accorse nemmeno del ciondolo che brillava sotto la superficie, cercando di scacciare con il suo calore il freddo dalle ossa della ragazza.
Perché era davvero, davvero molto stanca e non poteva affrontare tutto quello.
 
 
Quando Emma aprì gli occhi la prima cosa che vide fu il cielo sopra di lei, grigio e minaccioso. Passò qualche secondo, prima che la ragazza riuscisse a ricordassi cosa fosse successo e perché si trovasse immersa in un’acqua tanto gelida.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma Emma immaginò che fosse passato solo qualche minuto, da quando aveva chiuso gli occhi, perché il luogo attorno sembrava non essere mutato minimamente.
Mi dispiace, sussurrò appena, prima di chiudere di nuovo gli occhi.
 
***
 
«È un incantesimo di localizzazione. Emma deve trovarsi qui vicino, Daniel» disse concitata Regina, guardandosi attorno e muovendo qualche passo verso il folto della foresta.
Daniel la seguì e finì con lo sbattere contro la schiena della donna, quando questa si fermò bruscamente, sibilando qualcosa e cambiando direzione.
Il ragazzo deglutì visibilmente, quando si trovò faccia a faccia con Regina. Quel profumo continuava a farlo sentire terribilmente confuso, continuava a fargli battere il cuore più del necessario, continuava a fargli desiderare di baciare le labbra di Regina che, una volta, appartenevano solo a lui.
Non riusciva davvero a convivere con lo spettro di questa Emma, che sembrava diventare una presenza sempre più reale. Inconsciamente, fino a quel momento, Daniel aveva considerato la possibilità che Regina si stesse sbagliando e che, prima o poi, si sarebbe accorta che in realtà loro erano destinati l’uno all’altra.
«Il calore diminuisce in questa direzione, proviamo verso la spiaggia» disse Regina, concentrata sul ciondolo che ora teneva tra le mani.
La donna lo superò senza prestargli attenzione e Daniel sospirò, seguendola.
La sentì ridere e quella risata provocò in lui un moto di calore che pensava di non poter mai più provare.
«Cosa succede?» domandò, affrettandosi per raggiungere Regina, che si era messa a correre.
«Mi sto avvicinando a lei!»
Daniel non rispose, la affiancò e guardò il volto arrossato della donna. I ricordi delle loro cavalcate si affacciarono prepotenti nella sua mente, le giornate di inverno in cui il naso di Regina diventava rosso sulla punta a causa del freddo, i pomeriggi primaverili in cui il profumo dei fiori non riusciva a eguagliare quello della ragazza.
«Regina, aspetta!» urlò Daniel.
L’allarme e lo spavento che la donna colse nella sua voce la costrinsero a fermarsi.
Il ragazzo strinse la mano di Regina tra le proprie.
«Daniel? Cosa c’è?»
«Sei sicura? Sei sicura di quello che stai facendo? Perché io non credo che Emma sia il tuo Vero Amore, io credo…».
«Daniel, ne abbiamo già parlato» disse Regina, ritraendo la mano, con uno sguardo dolce e al tempo stesso dispiaciuto negli occhi.
La donna riprese a correre, gli occhi puntati sulla distesa infinita del mare. Forse avrebbe visto spuntare l’albero maestro della Jolly Roger da un momento all’altro. Un punta di gelosia trafisse il cuore di Regina, al pensiero di Emma in viaggio con Uncino, ma scacciò quel pensiero perché, in ogni caso, la ragazza l’avrebbe fatto solo per lei.
Regina arrivò in prossimità della distesa d’acqua, che le lambì i piedi. Strinse gli occhi, scrutando l’orizzonte. Il calore e la luminosità del ciondolo erano incredibilmente intensi.
A malapena, la donna si accorse dell’uomo accanto a lei che la fissava insistentemente.
«Andiamo, Emma, quanto sei lontana, ancora?» bisbigliò la donna, senza distogliere gli occhi dall’orizzonte. Ma nessun albero maestro sembrava stagliarsi contro il cielo grigio e Regina divenne sempre più impaziente.
«Forse sarà lei a trovarti» tentò Daniel.
«Forse, ma il calore non è diminuito, perciò Emma deve essere…»
Le parole di Regina finirono in un sussurro. Il calore certo non era diminuito, ma non era nemmeno aumentato. E ciò poteva significare una sola cosa: Emma non si stava affatto muovendo.
Regina si guardò attorno, sulla spiaggia. Fece un passo verso l’acqua, vi si immerse fino a quando non le arrivò alla vita, ignorando le urla di Daniel sulla riva che la pregavano di fare attenzione.
Il calore, seppure di poco, diminuì. Emma non si trovava in acqua, Emma non stava arrivando su quella dannata isola senza nome, perché vi si trovava già.
Regina si affrettò ad uscire dall’acqua, brividi di freddo iniziarono a scuoterla lentamente e quando tornò accanto a Daniel, l’uomo le cinse le spalle e la coprì con la propria giubba.
La donna alzò lo sguardo su di lui per qualche secondo.
«Non ne ho bisogno» disse, sorridendo e porgendogli la giubba, che Daniel accettò rassegnato. Velocemente, Regina si mosse lungo la spiaggia, il calore tra le sue mani aumentava ad ogni passo, a ogni respiro. Ben presto, Regina vide la sagoma di una donna sdraiata sulla spiaggia.
«Emma!» urlò, con quanto fiato aveva in gola, ma la figura non si mosse.
«Emma!» urlò ancora, aumentando il passo, incapace di contenere la gioia che minacciava di soffocarla.
Fu in quel momento, quando ormai Regina riuscì a distinguere i capelli biondi di Emma, la curva dei suoi fianchi, le gambe atletiche, che la ragazza si alzò di scatto a sedere, gridando come se fosse preda di un dolore insopportabile e il sangue di Regina si gelò, goccia a goccia, in un tempo che parve interminabile.
 
 
NdA
Ed eccoci qui, prima di martedì, perché passerò i prossimi giorni in una casa sul cucuzzolo di una sperduta montagna delle Alpi. E non la più pallida idea di come sarà la connessione in quelle lande :D
Le nostre due belle donne si sono ritrovate a quanto pare, ma forse per Emma le cose non stanno andando benissimo! :D
Ci rivediamo al prossimo aggiornamento, fatemi sapere come vi è sembrato questo capitolo,
Trixie. 
   
 
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