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Autore: TheWerecat    16/05/2008    3 recensioni
Gliel’aveva fatta. Ci era cascata come una stupida. E lui lo sapeva. Lo aveva capito dalla sua reazione, dal suo movimento, dal suo iniziale sguardo smarrito e, ora, dal sorriso senza riserve che gli stava rivolgendo mentre lui andava a sfiorarle la guancia con le labbra, per poi proseguire verso l’orecchio e mormorarle: “Auguri, amore mio!”
Fanfiction partecipante alla terza edizione dell'hpficexchange
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, Luna Lovegood, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eyes Of Time

Titolo: Eyes Of Time

Autore: TheWerecat

Rating: Verde

Riassunto: Gliel’aveva fatta. Ci era cascata come una stupida. E lui lo sapeva. Lo aveva capito dalla sua reazione, dal suo movimento, dal suo iniziale sguardo smarrito e, ora, dal sorriso senza riserve che gli stava rivolgendo mentre lui andava a sfiorarle la guancia con le labbra, per poi proseguire verso l’orecchio e mormorarle:

“Auguri, amore mio!”

Eventuali note dell'autore/ringraziamenti: Ringrazio Lady Prongs per la traccia che mi ha fornito...è stata una sfida non indifferente.

E poi ringrazio loro, i mitici Ayreon, a cui devo la mia ispirazione, come al solito. La fic, infatti, è basata sulle note della loro omonima canzone.

Disclaimer: I personaggi non sono miei ma della zia Row. Questa storia non è stata scritta a fini di lucro.






Eyes Of Time


I cannot see with these eyes
my world is dark
like a cold eternal night.

I could not tell you no lies
my words are lost
in a shroud of mystery

- Hermione Jane Granger si strinse nel suo maglioncino color panna, in preda all’ansia.

Ronald l’aveva fatta chiamare d’urgenza al San Mungo, dove lavorava ormai giorno e notte in quei tempi difficili, per dirle che un pugno di Mangiamorte era irrotto a Diagon Alley, nel negozio dei gemelli, compiendo carneficine, e serviva il suo aiuto di Medimaga Legale per accertare quante e quali fossero le vittime e quali i superstiti.

Terrorizzata, l’aveva immediatamente raggiunto al Ministero.

Lui ed Harry erano affermati Auror da più di sette anni. Harry, però, a detta di Ron, era impegnato in una missione contro un manipolo di fuggiaschi da Azkaban e, come il suo vecchio amico le aveva riferito con un amaro sorriso sulle labbra, non si vedeva in giro da ventisei giorni esatti.

Incredibile, rifletté mestamente. Era a dir poco incredibile ripensare a quanto erano stati uniti, per non dire inseparabili, ai tempi di Hogwarts ed ora uno del Trio spariva per quasi un mese senza che l’altro lo sapesse, né se ne accorgesse.

Sentì un moto di senso di colpa pervaderle le viscere, mentre schegge di ricordi di quegli ultimi anni tornavano ad attraversarle fulmineamente il campo visivo, ferendola e mortificandola ancora e ancora, come ogni volta che li rievocava: il diploma con pieni voti assieme ai suoi due migliori amici; la loro prima missione per l’Ordine della Fenice; il loro litigio; il gelo che era calato tra loro come una patina inconsistente ma inesorabile, anche quando erano riusciti a trovare una sorta di compromesso pacificatorio; e poi il suo matrimonio e, con esso, la sua emancipazione dal Trio; infine, la sua carriera che prendeva il sopravvento su tutto e tutti, sulla guerra, sull’Ordine e perfino sull’amicizia che le aveva sconvolto l’esistenza e in funzione della quale soltanto aveva dedicato tutta se stessa dalla tenera età di undici anni.

Era unicamente colpa sua e della sua irriducibile testardaggine se avevano litigato; era stato a causa sua e del suo intramontabile orgoglio se poi nulla era più tornato ad essere come prima; era stata lei a distaccarsi definitivamente da loro per dedicarsi al suo novello marito e ai suoi malati.

Loro, era evidente, avevano continuato a lavorare insieme.

Anche se qualcosa, nello sguardo spento di Ron, le suggeriva che anche tra i ragazzi le cose non dovessero andare alla grande. Forse il fatto che Harry fosse partito in missione da solo era un indizio. O forse era ordinaria amministrazione. Che ne sapeva lei, in fondo, di come si svolgevano i compiti tra gli Auror? Non ne aveva la minima idea. Non l’aveva mai incuriosita granché, a dir la verità.

Lei aveva deciso di diventare Medimaga. Punto. Il resto l’aveva categoricamente escluso dai suoi interessi.

Harry e Ron avevano scelto di diventare Auror? Buon per loro, ma era decisamente seccante il fatto che continuassero ad insistere affinché anche lei andasse con loro a fare gli addestramenti.

Si riscosse dalle tetre reminescenze sulla puerilità con cui era germogliato il diverbio che avrebbe rovinato la loro amicizia e ricambiò Ronald con un’espressione mesta e colpevole, prima di Smaterializzarsi assieme a lui a Diagon Alley.

Eppure, dal viso del suo ex migliore amico non scorgeva ombre di risentimento nei suoi confronti.

Decise di soprassedere, quando, giunta a destinazione, vide la desolazione e il decadimento di quello che era stato il quartiere più colorato, vivace e pulsante di magia dell’intera area londinese. I negozi erano sprangati, le strade deserte riportavano evidenti tracce di qualche recente esplosione, fumi tetri e nauseabondi si levavano qui e là, i bidoni della spazzatura erano stati rovesciati senza pietà, lasciando che il contenuto traboccasse ed andasse ad imbrattare strade e marciapiedi, inquinando con il suo fetore l’aria brumosa della via.

Hermione era assolutamente spaesata, in preda alla crescente agitazione. Il suo battito cardiaco le rimbombava dentro, assordandola.

Passando davanti al Ghirigoro, non poté fare a meno di rievocare la prima volta che ci era entrata, quattordici anni prima, e aveva capito che quello che le stava accadendo (la scoperta del mondo magico, l’ammissione a Hogwarts e tutto il resto) non era soltanto il più eccitante dei suoi sogni, ma era anche una magnifica realtà. Non poté fare a meno di ricordare come si era piacevolmente persa in quel dedalo di scaffali e mensole stracolmi di libri e volumi, che con gli anni avrebbe imparato ad amare uno per uno come fossero esseri viventi.

Ora invece la bottega era in uno stato di evidente abbandono, i vetri alle finestre erano rotti, la porta sbarrata con tre assi di legno, devastate dai Doxy e il calore che emanava un tempo sembrava solo un pallido miraggio, appartenente ad un passato troppo rimpianto.

Con le lacrime che le pizzicavano i lati degli occhi, minacciando di inondarle il viso da un momento all’altro, Hermione allungò il passo, incapace di pensare a quanto avrebbe visto di lì a poco, nella sede dei Tiri Vispi Weasley.

“O santo cielo!” esalò, portandosi una mano alla bocca, davanti al tremendo spettacolo che le si apriva di fronte.

Sul muro di facciata era stato disegnato il Marchio Nero e accanto giaceva la tetra scritta ‘Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate’.

Avvertì la mano di Ron che si posava sulla sua spalla, come a volerla consolare.

Sospirò e, facendosi coraggio, fece per estrarre la bacchetta dai jeans.

“Ci penso io” la precedette il suo vecchio amico “Alohomora!

La porta si aprì cigolando sui cardini ed Hermione entrò, trattenendo il respiro.

Si fermò sulla soglia, come pietrificata.

Il buio all’interno del negozio era invalicabile e il silenzio era così denso e dilatato che Hermione sussultò quando sentì la porta dietro di lei chiudersi con uno scatto e Ron che, con due passi lesti e decisi, la affiancava.

Cercò di distinguere qualcosa nell’oscurità. Invano.

Un velo nero e sottilissimo le ottenebrava la vista.

Così, il cuore che palpitava impazzito in gola, si tastò le tasche, alla ricerca della sua unica, fedele arma.

Fu allora che una mano le tappò la bocca, impedendole di urlare. -

Cinque frugoletti, tutti tra i quattro e i dieci anni, trattennero assieme il respiro, ipnotizzati da quel racconto intricato, da quelle parole tenebrose.

- Immobilizzata dallo spavento, cominciò a rimuginare furiosamente.

Com’era possibile? Non poteva essere… Ron l’aveva ingannata. L’aveva venduta ai Mangiamorte e, peggio, era passato dalla loro parte. –

- Non è vero! Il mio babbo non farebbe mai nulla di simile! - la interruppe un moccioso dalla zazzera rossa.

- Shhhhh! Dai, non rovinare tutto… non vedi che è il punto più bello? – lo riprese una graziosa streghetta dagli occhini dorati e luccicanti per la curiosità.

- Coraggio, continua, continua! – la esortarono tutti gli altri in coro.

Luna Lovegood sorrise e poi ritornò a modulare la voce in quel tono basso e strascicato, che tante volte aveva sentito fare da suo padre, quando le raccontava le spaventose storie di Snorticoli Cornuti, Eliopodi, Goblin impazziti o Acromantule Invisibili.

- Un’altra mano le trattenne entrambi i polsi, immobilizzandoglieli dietro la schiena e impedendole di raggiungere la bacchetta.

Il panico le rivoltò le viscere, ma quello era esattamente il momento che stava aspettando, perché nulla riusciva a far risuscitare i riflessi di Hermione Granger meglio di una sana dose di adrenalina. Con uno scatto repentino morse la mano serrata sulla sua bocca e si voltò, pronta ad assestare una ginocchiata ben piazzata tra le gambe del suo aggressore.

Successe tutto molto in fretta, simultaneamente.

Lei si voltò; un effluvio fin troppo familiare le arrivò alle narici, dilatate per la paura; le luci si accesero di colpo e un inaspettato tumulto le fece male ai timpani, che si erano ormai abituati all’irreale silenzio.

Suo marito la stava stringendo tra le braccia. Un sorriso birichino gli increspava le labbra sottili, un luccichio malizioso gli accendeva quei meravigliosi occhi di giada, perennemente divertiti.

Si chinò su di lei e il cuore di Hermione riprese a battere follemente. Inutile cercare di calmarlo. Ogni volta che vedeva quel sorriso e quell’espressione giocosa, ogni cellula del suo essere impazziva. E d’altronde era proprio questo che li aveva uniti in passato: la follia. Quella apertamente manifesta di lui e quella ben celata, ma pur sempre presente, in lei.

Hermione presagiva già cosa suo marito le stava silenziosamente comunicando con quella scaltra espressione dipinta indelebilmente sul viso: ‘Sorpresa!’

Soltanto Fred Weasley, infatti, aveva l’inestimabile e ineccepibile dono di sbalordirla in ogni momento, con espedienti sempre diversi e mai banali.

E anche quella volta era riuscito nel suo intento. Gliel’aveva fatta. Ci era cascata come una stupida. E lui lo sapeva. Lo aveva capito dalla sua reazione, dal suo movimento, dal suo iniziale sguardo smarrito e, ora, dal sorriso senza riserve che gli stava rivolgendo mentre lui andava a sfiorarle la guancia con le labbra, per poi proseguire verso l’orecchio e mormorarle:

“Auguri, amore mio!” -

- Ma come? – si indignò nuovamente il bimbo coi capelli rossi – Avevi promesso una storia di paura, mammina! -

- No, no, no, mamy! Storia d’ammore di zia Hemmy avei detto. – si intromise una bambina bionda dalla faccia assolutamente trasognata.

- E questo che significa, mamma? – scandì il rosso con tono accusatorio. Gli occhi celesti dardeggiavano in direzione della giovane donna.

- Beh, in effetti, è così Benjamin… - tentò di scusarsi Luna.

- No, invece! A noi avevi detto che sarebbe stata una storia divertente, piena di colpi di scena! – protestarono in coro due piccoli bimbi, identici come se avessero ingurgitato della Pozione Polisucco.

- Hanno ragione anche Thomas e Jeremiah…ma, in fondo, si può avere l’uno e l’altro, no? – balbettò Luna, rivolta al figlio, sentendo che le sue piccole frottole per attirare l’attenzione di quei piccoli mostriciattoli stavano venendo a galla. Stava per inventarsi qualche altra colorita spiegazione per accontentarli, quando venne interrotta dalla ragazzina con gli occhi dorati.

- No! – sbottò quella.

- Come prego? – chiese Luna, sorpresa e spaventata da quel tono perentorio: l’ultima cosa che desiderava era far arrabbiare quella piccola streghetta troppo precoce.

- No! Loro non hanno mai ragione, per antonomasia. -

- Antochè? – domandò il marmocchio dai capelli fulvi.

- Antonomasia, Benjamin, antonomasia. È una figura retorica. Nel senso che nominare i miei fratelli e la ragione nella stessa frase è un insulto a quest’ultima. Perlomeno, è un ossimoro. – fece quella, alzando un indice con aria saccente.

- Ma perché non fai un favore all’umanità e non cominci a parlare commestibile? – la rimbeccò Ben.

- Non è colpa mia se tu sei un bambino rozzo e ignorante, che dà retta unicamente agli stimoli dello stomaco! -

- Suvvia, cara – si mise in mezzo Luna, con un poco credibile atteggiamento pacifista – non è carino ricordarglielo continuamente. -

- Mamma! – urlò Ben, stizzito dall’inaspettato schieramento di sua madre.

- Sai, Diana – continuò Luna, ignorando i reclami del figlio – sei veramente tale e quale a tua madre… e questo mi riporta alla storia che vi stavo narrando, prima che qualcuno mi interrompesse.– e scoccò un’occhiata carica di tenero rimprovero al figliolo, anche lui tanto simile al padre.

- Sì, mamy… storia d’ammore di zia Hemmy! – ululò la bimba più piccola, la biondina dall’aria distratta.

Immediatamente nel salotto calò il silenzio, disturbato soltanto dal ronzio delle lucette a intermittenza natalizie.

- Dunque, dov’ero rimasta? Ah già… -

Con gli anni, la sua sbadataggine stava lentamente migliorando.

- A quelle parole, Hermione capì finalmente ogni cosa e non poté fare a meno di scoppiare in una sincera e allegra risata.

Si guardò intorno, accorgendosi che il frastuono che l’aveva turbata poco prima che la luce si riaccendesse altro non era che il fragoroso applauso di tutti i presenti. Parenti, colleghi e amici. C’erano tutti per festeggiare assieme a lei il suo venticinquesimo compleanno, nonché il suo primo anniversario di matrimonio con quello splendido uomo che la stava ancora abbracciando.

Riconobbe tra tutti anche alcuni visi che non vedeva da un sacco di tempo. Primo tra tutti, con sua enorme sorpresa, c’era Harry Potter, il suo migliore amico, assieme alla sua nuova fiamma, Alicia Spinnet. Dietro a loro tutti i suoi amici di scuola, che si potevano riassumere negli ex-membri dell’ES, e molti dei quali esibivano sul petto il distintivo dell’Ordine della Fenice.

Lacrime di gioia minacciavano di rigarle le guance, mentre si voltava nuovamente verso il marito che, una volta di più, era riuscita a renderla la persona più felice dell’universo.

Una volta che tutti le ebbero fatto gli auguri e si furono congratulati con lei e Fred, poté andare a rilassarsi sul divanetto appartato in un angolino della bottega, che i gemelli avevano abbellito con tanto gusto e cura dei particolari. Nulla sembrava lasciato al caso. I mobili, evidentemente, erano stati spostati nel ripostiglio e l’ambiente risultava molto più ampio e tranquillo del solito. Il soffitto era stato alzato, cosicché razzi silenziosi potessero partire da ogni punto della sala per andare a creare un fantastico spettacolo pirotecnico, proprio sopra le loro teste. Scintille colorate e inesauribili crepitavano un po’ qui e un po’ là, tra una tavolata e l’altra del ricco rinfresco che era stato allestito al centro dello stanzone. Ai lati, invece, avevano predisposto la zona relax, con tanto di poltroncine in cinz, sofà e cuscini di tutte le stoffe e colori.

Era tutto davvero splendido. Impeccabile. Straordinario, come sempre.

Ciò che più l’aveva incantata era l’inaspettata presenza di certe persone. Le due che si stavano avvicinando, per esempio.

“Sono perplessa… tu non dovevi mica essere in missione segreta chissà dove?” celiò in direzione di un Harry ammiccante dietro i tondi occhialini i sempre.

“Beh, in realtà sì. Cioè, sono tornato una settimana fa, ma sono sempre rimasto a casa a leccarmi le ferite.” le rivelò il Bambino Sopravvissuto, mostrandole uno sfregio che partiva da sotto l’orecchio sinistro e si allungava fino all’incavo della spalla. “Ma anche questo è servito a rendere più lugubre e veritiera la mia copertura! Gli ordini di Fred erano chiari: tu non avresti dovuto sospettare nulla.”

“George ci ha minacciati di morte lenta e dolorosa, se ci fossimo fatti beccare o se avessimo rovinato i piani di tuo marito in qualsiasi altro modo, assenza compresa.” lo spalleggiò Ron, sedendosi proprio accanto a lei.

“Mi avete fatto sentire così in ansia.” ribatté, imbronciata.

“Hehe, ammettilo che il mio genio è assolutamente imbattibile!” la schernì Fred, spuntando da dietro i suoi migliori amici, insieme all’inseparabile gemello “Ogni anno riesco a superare me stesso e a scavalcare qualsiasi genere di aspettativa!”

“Certo, certo. Il fatto è che con lei parti già avvantaggiato, perché non si aspetta mai niente, perciò è fin troppo semplice ‘scavalcare le sue aspettative’! E comunque, sii sincero con te stesso e ammettilo, senza di me non saresti andato da nessuna parte!” si mise in mezzo George, con fare scettico.

“Hey! E delle mie doti di attore non parliamo, allora?” si offese Ron.

“Diciamo che per una volta non ci hai fatti vergognare di te, fratellino” soffiò George “ma siamo ancora ben lungi dal declamare in pubblico le tue presunte doti teatrali.”

“Giammai!” enfatizzò Fred, portandosi drammaticamente una mano davanti agli occhi.

Scoppiarono tutti a ridere di gusto, memori dei bei vecchi tempi.

“Era… era da un sacco di tempo che non festeggiavamo qualcosa tutti insieme, così…” fece notare Hermione, dando voce al pensiero che le occupava la mente da quando aveva ricevuto il messaggio di Ron. La voce le tremava appena per l’emozione e ai lati degli occhi dorati si intravedevano dei lucciconi.

“Già, beh… la sorpresa era appunto quella, dolcezza.” confessò Fred a bassa voce, con tono palesemente canzonatorio.

“Sì, spavento iniziale a parte, ovviamente.” sussurrò George, con la stessa intonazione.

Hermione si guardò a destra e a sinistra, affettando delusione.

“Ma come? Niente regalo, dunque?”

“Eh, quello te lo do dopo, quando se ne vanno gli altri…” disse Fred, facendole cenni d'intesa.

“Non sono certo cose che possono essere mostrate in pubblico…” gli si affiancò George, tirando una leggera gomitata sul braccio del gemello e strizzando l’occhio agli altri.

“Fate quello che volete, ma, vi scongiuro, io non voglio saperne niente!” si scandalizzò Ron a quel punto.

Quell’uscita, in unione alle sue orecchie paonazze, scatenò un altro accesso di risate.

E così trascorse anche il resto della serata, tra uno scherzo, una beffa, una Burrobirra, uno Zenzerotto e una Cioccorana.

A notte fonda, i due coniugi rimasero finalmente soli, dopo aver praticamente buttato fuori a calci George e Mundungus, che, in ultima, nel loro stato di ebbrezza, si erano messi a cantare canzoni di Natale babbane in tedesco.

“Spero che la signora Weasley abbia gradito i festeggiamenti.” scandì Fred, in una splendida imitazione del tono altero e pomposo del fratello Percy.

“Grazie.”

Il bisbiglio di Hermione venne amplificato dall’acustica da fantasmi e dall’odore di dolci che erano rimasti nell’aria, unici loro compagni.

“Ti amo!” mormorò, appoggiando le mani sulle spalle larghe e scolpite del suo ex Battitore e avvicinando il proprio naso al suo.

“Follemente?” domandò Fred, un ghigno estremamente compiaciuto che andava allargandosi sul suo bel volto spruzzato di efelidi.

“Follemente!” affermò lei con convinzione, gli occhi già chiusi, pronta a ricevere il suo personalissimo augurio di buon compleanno.

La sua soave dichiarazione si propagò in tutto lo spazio in echi incatenati, ma i giovani sposi non vi prestarono attenzione, troppo concentrati in quel lento e passionale bacio. -

- Bleah! Che schifo, mamma! – gridò un alquanto contrariato Benjamin Weasley: non era certo la storia di paura che si era aspettato.

- Si! Si! Belo! – applaudì invece la sua sorellina, entusiasta della piega fiabesca con cui era terminato il racconto.

In effetti, la piccola Eva Weasley era stata la più fortunata, in quel frangente. Il suo amore viscerale per tutto ciò che fosse inerente alla sfera romantica, unito all’infinito affetto che nutriva per sua zia Hermione, era piuttosto evidente. Gli occhi le luccicavano e sembrava che attorno alla sua minuscola figura fosse apparsa un’aura dorata di felicità.

Luna si chinò a baciare la fronte di quella creaturina meravigliosa che era sua figlia, che tanto le somigliava, con quei capelli biondissimi, quello sguardo perennemente incantato e quell’inusuale tendenza a credere alle ciance più assurde.

Ben, invece, non sembrava affatto appagato per quel lieto fine così smielato. Di sicuro avrebbe preferito un rocambolesco apocalisse, in cui lo sterminio di tutta l’umanità fosse inevitabile e in cui si veniva infine a scoprire che il pallido e apparentemente indifeso protagonista, altro non era che il perfido malfattore, causa principe della strage. In alternativa avrebbe accettato soltanto la cronaca dettagliata dell’ultima partita di Quidditch tra Kestrels e Tornados.

Il ritratto di suo padre e, in quanto tale, assolutamente privo di sensibilità o sentimentalismo di sorta.

Nemmeno i gemelli, per la verità, sembravano aver particolarmente apprezzato la novella sui loro genitori. Troppo poco umoristica, evidentemente.

E Diana… beh, a lei piacevano soltanto i libri che, in circostanze normali, qualsiasi essere umano, dotato di quoziente intellettivo inferiore al 140, avrebbe definito ‘mattoni’. A qualsiasi altra cosa non prestava la minima attenzione e, constatò ricordando il dibattito avvenuto poco prima tra la ragazzina e suo figlio, nemmeno un po’ di rispetto. Ad eccezione di sua madre: Diana la idolatrava; qualsiasi cosa sua madre dicesse, lei pendeva dalle sue labbra, letteralmente. Poco mancava che non tirasse fuori piuma e pergamena e cominciasse a prendere appunti.

Eccola la nuova generazione di Weasley: così identica ai loro genitori che Luna non poté trattenere una sonora risata, alle inconsapevoli spalle di quei cinque bimbi meravigliosi, che la fissarono con aria interrogativa.

- Zia Luna? – chiese Jeremiah, interrompendo quel momento di spontanea ilarità. L’arco sottile delle sue sopracciglia scompariva dietro la cascata vermiglia che gli ricadeva sulla fronte.

- Visto che la tua storiella è stata un po’, come dire… - iniziò Thomas.

- …un fiasco! – pronunciarono la sentenza all’unisono, con il loro tipico tatto degno di uno Schiopodo Sparacoda.

- Non è che possiamo raccontarne una noi? – terminò Thomas.

- Anzi, per l’esattezza sarebbe una favoletta su di noi. – lo corresse Jeremiah, ridacchiando.

Benjamin, che adorava i gemelli con tutto se stesso, parve subito d’accordo.

Eva, avendo presagito che l’argomento non sarebbe stato né romantico né fiabesco, aveva già pensato bene di estraniarsi nel suo mondo di Nargilli e Acromantule Invisibili.

Diana, al contrario, aveva subito incrociato le braccia al petto, scoccando occhiate al etriolo ai due fratelli minori, in una tipica espressione di cui Luna conosceva fin troppo bene il significato: guerra!

- Ma va? E fatemi un po’ indovinare il titolo… - sbottò infatti, insofferente – Tom e Jerry in cerca di guai? Ma andiamo, fatemi almeno la cortesia di starvene zitti! -

- Ehi, ehi, ehi… Diana, il tuo pH è talmente acido da sfiorare lo zero. Cosa ti ha istigato a tal punto, piccola mia? -

Gli occhi ambrati della bambina saettarono all’istante verso la porta, dove incontrarono quelli altrettanto luminosi e dorati della madre.

- Mammina! -

Un saluto che suonava più come un’invocazione, una muta preghiera per avere ulteriori spiegazioni su quell’argomento a lei ancora ignoto.

- Facciamo un patto: se tu ti scusi con i tuoi fratelli per la tua palese maleducazione, io poi ti spiego tutto quello che so sul pH, gli acidi, le basi e la titolazione acidimentrica. -

Non si poteva certo dire che Hermione non ci sapesse fare con sua figlia!

- Hermione! – esclamò Luna, visibilmente sollevata per quell’aiuto provvidenziale.

- Ma come fai a sapere sempre tutto?!? – chiese George, che era appena entrato, con la sua espressione perennemente divertita, dietro alla cognata e accanto al fratello.

- Che domanda stupida, fratello! Devo forse ricordarti che hai a che fare con mia moglie, nonché Hermione Jane Weasley (sebbene preferisca farsi chiamare ancora con il cognome da nubile, tsè…), la migliore studentessa che abbia mai varcato la soglia di Hogwarts, che superò abilmente anche molti spocchiosi Purosangue, nonostante le sue ‘umili’ origini Babbane? -

- Si, si… – tagliò corto Hermione – Piuttosto, parlando di cose Babbane… Luna, quando ti deciderai a togliere le decorazioni di Natale? Ormai è praticamente estate e quelle luci a intermittenza aggravano il mio mal di testa, per giunta. -

- Ma sono così belline! – replicò Luna, piccata – Me le ha regalate Arthur, lo sai. Sarebbe una scortesia toglierle di mezzo. -

- Non ti sto dicendo di sbarazzartene definitivamente, solo di metterle via fino al prossimo Natale… Oh, d’accordo, fai quel che vuoi, la casa è tua. – si arrese Hermione, esasperata, preferendo soprassedere – Dunque? Dov’è Ron? -

- Ah, già! – Luna sembrò cadere dalle nuvole. In fondo non era poi tanto cambiata, nemmeno dopo la maternità. - È su in bagno. Continua a vomitare. Credo si sia imbottito di Merendine Marinare. Per questo ho pensato di chiedere anche dei gemelli… beh, quelli in formato senior! -

- Hai idea del motivo? –

- Proprio no. Ma credo stia cercando di evitarmi. -

- Mmm… forse è meglio se mando Fred in avanscoperta. -

- Lo affido a voi. -

Luna si voltò, diretta in cucina.

- Ah, Luna… - la fermò Hermione – Grazie della mano che ci dai coi bambini, so che sono terribili, non vorrei che ti creassero troppi problemi. -

- Figurati! Nessun problema, anzi. È un piacere. – e dicendolo, il suo viso si illuminò di indubitabile gioia.

Quando Luna tornò in salotto, dopo aver preparato una bibita per i nuovi ospiti, vide George che intratteneva i bambini in preda alle risate, Hermione seduta sul tappeto con un pesante tomo di Chimica stanziato una gamba e Diana sull’altra, ed Eva in un angolino, con l’ultimo numero del Cavillo in mano, messo al contrario, dal momento che non sapeva leggere.

Sorrise di fronte a quel quadretto così sereno e pacifico. Era la famiglia che aveva sempre desiderato di avere, la pazza normalità intessuta nell’armonia e nella comprensione reciproca.

- È DI NUOVO INCINTA! – si udì gridare Ronald Bilius Weasley, in preda all’agitazione.

Un istante dopo le porte presero a sbattersi con violenza e un vento di tempesta invase la casa, scompigliandole i capelli del colore del grano.

Beh… più o meno!


***


I'm still trying to understand
why do I see the things I see
could it be a future world
that's warning us through me
I'm still trying to understand
why do I know the things I know
does it mean I'm a god
will nobody tell me so?

[Eyes Of Time - Ayreon]


- Luna? Ci sei? Hai sentito quello che ti ho detto? – le strillò una vocetta fastidiosa all’orecchio.

Oh, Merlino! E adesso? Che le aveva detto quella pettegola di una Corvonero?

Meglio fingere un’aria trasognata e distratta, come sempre.

- Hn? Certo, Kelly. Che i pipistrelli dello Yorkshire sono tutti sanguinari vampiri agli ordini della Umbridge… - rispose, lo sguardo volutamente perso nel vuoto.

- Uff… non so nemmeno perché mi sforzo di dialogare con una Lunatica come te! – sbuffò seccata Kelly Karver, andandosene a cercare una più consona compagna a cui rivelare lo scoop del momento: Ginny Weasley e Michael Corner erano stati beccati nelle serre in atteggiamenti equivoci dalla professoressa Sprite in persona.

Luna tirò un sospiro di sollievo.

Come se lei non lo sapesse già. Come se non lo avesse già “Visto” il mese prima, quando aveva incontrato Corner al Ghirigoro, mentre comprava i libri per il nuovo anno scolastico.come se i libri non le fossero caduti di mano, franando al suolo con un grosso tonfo che aveva fatto voltare tutti nella sua direzione, mentre lei fissava un punto nel vuoto, rigida e immobile come una statua di marmo. Come se tutti i presenti non l’avessero scambiata per una squilibrata da internare.

Vabbè, pazienza. Aveva smesso da tempo di curarsi dell’opinione altrui.

In fondo, non era per cattiveria che la trattavano così.

Effettivamente, agli occhi di chi non sapeva delle sue doti di Veggente, doveva apparire davvero strana. E poiché lei non aveva ancora rivelato a nessuno delle sue capacità, era ovvio che tutti la considerassero così come la vedevano: una squilibrata da internare.

Perfino suo padre non ne sapeva nulla, poveretto. Da quando era morta la mamma, aveva sempre talmente tante cose di cui doversi occupare, che non se la sentiva proprio di gravarlo anche con questo fardello. Anche perché non aveva idea di come avrebbe potuto reagire, superstizioso com’era. Già, perché, se per lei le storie di Nargilli e Snorticoli Cornuti erano solo una maschera con cui poter coprire le sue controverse Visioni, suo padre ci credeva davvero. Per lui, direttore di un giornale-spazzatura come il Cavillo, quelle fandonie erano il pane quotidiano.

Il suo dono, pertanto, era sempre rimasto segreto.

Ma non sarebbe stato così per sempre, e questo la rincuorava assai.

Aveva da poco conosciuto, sull’Espresso di Hogwarts, tre persone speciali. Tre persone che l’avrebbero capita. Tre persone che l’avrebbero amata per quello che era.

E quelle tre persone, in quel preciso istante, stavano come sempre sedute al tavolo Grifondoro, a parlottare di chissà quale piano segreto per rivoluzionare anche quell’anno tutte le regole della scuola.

Lo chiamavano il Trio Miracoli e pure questo aveva un suo perché…

Certo, i tempi non erano ancora maturi, ma ormai non mancava più così tanto.

Alla fine del tunnel già si scorgeva un riverbero di luce, un barbaglio di speranza.

Luna ghignò tra sé e sé, vedendo Hermione Granger sorridere furtivamente in direzione dei gemelli Weasley e poi abbassare in fretta lo sguardo, le guance vagamente imporporate.

Già i tempi non erano ancora maturi. Ma non erano nemmeno troppo acerbi.

In quel momento, Ronald Weasley si girò casualmente verso il tavolo di Corvonero e avrebbe giurato di aver intravisto Luna Lunatica Lovegood fargli l’occhiolino, prima che tornasse nel suo mondo immaginario, gli occhi vitrei e persi in un punto imprecisato della Sala Grande.












  
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