Titolo: Eyes Of Time
Autore: TheWerecat
Rating: Verde
Riassunto: Gliel’aveva fatta. Ci era
cascata come una stupida. E lui lo sapeva. Lo aveva capito dalla sua reazione,
dal suo movimento, dal suo iniziale sguardo smarrito e, ora, dal sorriso senza
riserve che gli stava rivolgendo mentre lui andava a sfiorarle la guancia con
le labbra, per poi proseguire verso l’orecchio e mormorarle:
“Auguri, amore mio!”
Eventuali
note dell'autore/ringraziamenti: Ringrazio Lady Prongs per la traccia che mi ha fornito...è stata una
sfida non indifferente.
E poi ringrazio loro, i mitici Ayreon, a cui devo la mia
ispirazione, come al solito. La fic, infatti, è basata sulle note della loro
omonima canzone.
Disclaimer: I personaggi non sono miei ma della
zia Row. Questa storia non è stata scritta a fini di lucro.
Eyes Of Time
I
cannot see with these eyes
my world is dark
like a cold eternal night.
I
could not tell you no lies
my words are lost
in a shroud of mystery
- Hermione Jane Granger si strinse nel suo maglioncino color
panna, in preda all’ansia.
Ronald l’aveva fatta chiamare d’urgenza al San Mungo, dove
lavorava ormai giorno e notte in quei tempi difficili, per dirle che un pugno
di Mangiamorte era irrotto a Diagon Alley, nel negozio dei gemelli, compiendo
carneficine, e serviva il suo aiuto di Medimaga Legale per accertare quante e
quali fossero le vittime e quali i superstiti.
Terrorizzata, l’aveva immediatamente raggiunto al
Ministero.
Lui ed Harry erano affermati Auror da più di sette anni.
Harry, però, a detta di Ron, era impegnato in una missione contro un manipolo
di fuggiaschi da Azkaban e, come il suo vecchio amico le aveva riferito con un
amaro sorriso sulle labbra, non si vedeva in giro da ventisei giorni esatti.
Incredibile, rifletté mestamente. Era a dir poco
incredibile ripensare a quanto erano stati uniti, per non dire inseparabili, ai
tempi di Hogwarts ed ora uno del Trio spariva per quasi un mese senza che
l’altro lo sapesse, né se ne accorgesse.
Sentì un moto di senso di colpa pervaderle le viscere, mentre
schegge di ricordi di quegli ultimi anni tornavano ad attraversarle
fulmineamente il campo visivo, ferendola e mortificandola ancora e ancora, come
ogni volta che li rievocava: il diploma con pieni voti assieme ai suoi due
migliori amici; la loro prima missione per l’Ordine della Fenice; il loro
litigio; il gelo che era calato tra loro come una patina inconsistente ma
inesorabile, anche quando erano riusciti a trovare una sorta di compromesso
pacificatorio; e poi il suo matrimonio e, con esso, la sua emancipazione dal
Trio; infine, la sua carriera che prendeva il sopravvento su tutto e tutti,
sulla guerra, sull’Ordine e perfino sull’amicizia che le aveva sconvolto
l’esistenza e in funzione della quale soltanto aveva dedicato tutta se stessa
dalla tenera età di undici anni.
Era unicamente colpa sua e della sua irriducibile
testardaggine se avevano litigato; era stato a causa sua e del suo
intramontabile orgoglio se poi nulla era più tornato ad essere come prima; era
stata lei a distaccarsi definitivamente da loro per dedicarsi al suo novello
marito e ai suoi malati.
Loro, era evidente, avevano continuato a lavorare insieme.
Anche se qualcosa, nello sguardo spento di Ron, le
suggeriva che anche tra i ragazzi le cose non dovessero andare alla grande.
Forse il fatto che Harry fosse partito in missione da solo era un indizio. O
forse era ordinaria amministrazione. Che ne sapeva lei, in fondo, di come si
svolgevano i compiti tra gli Auror? Non ne aveva la minima idea. Non l’aveva
mai incuriosita granché, a dir la verità.
Lei aveva deciso di diventare Medimaga. Punto. Il resto
l’aveva categoricamente escluso dai suoi interessi.
Harry e Ron avevano scelto di diventare Auror? Buon per
loro, ma era decisamente seccante il fatto che continuassero ad insistere
affinché anche lei andasse con loro a fare gli addestramenti.
Si riscosse dalle tetre reminescenze sulla puerilità con
cui era germogliato il diverbio che avrebbe rovinato la loro amicizia e
ricambiò Ronald con un’espressione mesta e colpevole, prima di Smaterializzarsi
assieme a lui a Diagon Alley.
Eppure, dal viso del suo ex migliore amico non scorgeva
ombre di risentimento nei suoi confronti.
Decise di soprassedere, quando, giunta a destinazione,
vide la desolazione e il decadimento di quello che era stato il quartiere più
colorato, vivace e pulsante di magia dell’intera area londinese. I negozi erano
sprangati, le strade deserte riportavano evidenti tracce di qualche recente
esplosione, fumi tetri e nauseabondi si levavano qui e là, i bidoni della
spazzatura erano stati rovesciati senza pietà, lasciando che il contenuto
traboccasse ed andasse ad imbrattare strade e marciapiedi, inquinando con il
suo fetore l’aria brumosa della via.
Hermione era assolutamente spaesata, in preda alla
crescente agitazione. Il suo battito cardiaco le rimbombava dentro,
assordandola.
Passando davanti al Ghirigoro, non poté fare a meno di
rievocare la prima volta che ci era entrata, quattordici anni prima, e aveva
capito che quello che le stava accadendo (la scoperta del mondo magico,
l’ammissione a Hogwarts e tutto il resto) non era soltanto il più eccitante dei
suoi sogni, ma era anche una magnifica realtà. Non poté fare a meno di
ricordare come si era piacevolmente persa in quel dedalo di scaffali e mensole
stracolmi di libri e volumi, che con gli anni avrebbe imparato ad amare uno per
uno come fossero esseri viventi.
Ora invece la bottega era in uno stato di evidente
abbandono, i vetri alle finestre erano rotti, la porta sbarrata con tre assi di
legno, devastate dai Doxy e il calore che emanava un tempo sembrava solo un
pallido miraggio, appartenente ad un passato troppo rimpianto.
Con le lacrime che le pizzicavano i lati degli occhi,
minacciando di inondarle il viso da un momento all’altro, Hermione allungò il
passo, incapace di pensare a quanto avrebbe visto di lì a poco, nella sede dei
Tiri Vispi Weasley.
“O santo cielo!” esalò, portandosi una mano alla bocca,
davanti al tremendo spettacolo che le si apriva di fronte.
Sul muro di facciata era stato disegnato il Marchio Nero e
accanto giaceva la tetra scritta ‘Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate’.
Avvertì la mano di Ron che si posava sulla sua spalla,
come a volerla consolare.
Sospirò e, facendosi coraggio, fece per estrarre la
bacchetta dai jeans.
“Ci penso io” la precedette il suo vecchio amico “Alohomora!”
La porta si aprì cigolando sui cardini ed Hermione entrò,
trattenendo il respiro.
Si fermò sulla soglia, come pietrificata.
Il buio all’interno del negozio era invalicabile e il
silenzio era così denso e dilatato che Hermione sussultò quando sentì la porta
dietro di lei chiudersi con uno scatto e Ron che, con due passi lesti e decisi,
la affiancava.
Cercò di distinguere qualcosa nell’oscurità. Invano.
Un velo nero e sottilissimo le ottenebrava la vista.
Così, il cuore che palpitava impazzito in gola, si tastò
le tasche, alla ricerca della sua unica, fedele arma.
Fu allora che una mano le tappò la bocca, impedendole di
urlare. -
Cinque frugoletti, tutti tra i quattro e i dieci anni,
trattennero assieme il respiro, ipnotizzati da quel racconto intricato, da
quelle parole tenebrose.
- Immobilizzata dallo spavento, cominciò a rimuginare
furiosamente.
Com’era possibile? Non poteva essere… Ron l’aveva
ingannata. L’aveva venduta ai Mangiamorte e, peggio, era passato dalla loro
parte. –
- Non è vero! Il mio babbo non farebbe mai nulla di
simile! - la interruppe un moccioso dalla zazzera rossa.
- Shhhhh! Dai, non rovinare tutto… non vedi che è il punto
più bello? – lo riprese una graziosa streghetta dagli occhini dorati e
luccicanti per la curiosità.
- Coraggio, continua, continua! – la esortarono tutti gli
altri in coro.
Luna Lovegood sorrise e poi ritornò a modulare la voce in
quel tono basso e strascicato, che tante volte aveva sentito fare da suo padre,
quando le raccontava le spaventose storie di Snorticoli Cornuti, Eliopodi,
Goblin impazziti o Acromantule Invisibili.
- Un’altra mano le trattenne entrambi i polsi,
immobilizzandoglieli dietro la schiena e impedendole di raggiungere la
bacchetta.
Il panico le rivoltò le viscere, ma quello era esattamente
il momento che stava aspettando, perché nulla riusciva a far risuscitare i
riflessi di Hermione Granger meglio di una sana dose di adrenalina. Con uno
scatto repentino morse la mano serrata sulla sua bocca e si voltò, pronta ad
assestare una ginocchiata ben piazzata tra le gambe del suo aggressore.
Successe tutto molto in fretta, simultaneamente.
Lei si voltò; un effluvio fin troppo familiare le arrivò
alle narici, dilatate per la paura; le luci si accesero di colpo e un
inaspettato tumulto le fece male ai timpani, che si erano ormai abituati
all’irreale silenzio.
Suo marito la stava stringendo tra le braccia. Un sorriso
birichino gli increspava le labbra sottili, un luccichio malizioso gli
accendeva quei meravigliosi occhi di giada, perennemente divertiti.
Si chinò su di lei e il cuore di Hermione riprese a
battere follemente. Inutile cercare di calmarlo. Ogni volta che vedeva quel
sorriso e quell’espressione giocosa, ogni cellula del suo essere impazziva. E
d’altronde era proprio questo che li aveva uniti in passato: la follia. Quella
apertamente manifesta di lui e quella ben celata, ma pur sempre presente, in
lei.
Hermione presagiva già cosa suo marito le stava
silenziosamente comunicando con quella scaltra espressione dipinta indelebilmente
sul viso: ‘Sorpresa!’
Soltanto Fred Weasley, infatti, aveva l’inestimabile e
ineccepibile dono di sbalordirla in ogni momento, con espedienti sempre diversi
e mai banali.
E anche quella volta era riuscito nel suo intento.
Gliel’aveva fatta. Ci era cascata come una stupida. E lui lo sapeva. Lo aveva
capito dalla sua reazione, dal suo movimento, dal suo iniziale sguardo smarrito
e, ora, dal sorriso senza riserve che gli stava rivolgendo mentre lui andava a
sfiorarle la guancia con le labbra, per poi proseguire verso l’orecchio e
mormorarle:
“Auguri, amore mio!” -
- Ma come? – si indignò nuovamente il bimbo coi capelli
rossi – Avevi promesso una storia di paura, mammina! -
- No, no, no, mamy! Storia d’ammore di zia Hemmy avei
detto. – si intromise una bambina bionda dalla faccia assolutamente trasognata.
- E questo che significa, mamma? – scandì il rosso con
tono accusatorio. Gli occhi celesti dardeggiavano in direzione della giovane
donna.
- Beh, in effetti, è così Benjamin… - tentò di scusarsi
Luna.
- No, invece! A noi avevi detto che sarebbe stata una
storia divertente, piena di colpi di scena! – protestarono in coro due piccoli
bimbi, identici come se avessero ingurgitato della Pozione Polisucco.
- Hanno ragione anche Thomas e Jeremiah…ma, in fondo, si
può avere l’uno e l’altro, no? – balbettò Luna, rivolta al figlio, sentendo che
le sue piccole frottole per attirare l’attenzione di quei piccoli
mostriciattoli stavano venendo a galla. Stava per inventarsi qualche altra
colorita spiegazione per accontentarli, quando venne interrotta dalla ragazzina
con gli occhi dorati.
- No! – sbottò quella.
- Come prego? – chiese Luna, sorpresa e spaventata da quel
tono perentorio: l’ultima cosa che desiderava era far arrabbiare quella piccola
streghetta troppo precoce.
- No! Loro non hanno mai ragione, per antonomasia. -
- Antochè? – domandò il marmocchio dai capelli fulvi.
- Antonomasia, Benjamin, antonomasia. È una figura
retorica. Nel senso che nominare i miei fratelli e la ragione nella stessa
frase è un insulto a quest’ultima. Perlomeno, è un ossimoro. – fece quella,
alzando un indice con aria saccente.
- Ma perché non fai un favore all’umanità e non cominci a
parlare commestibile? – la rimbeccò Ben.
- Non è colpa mia se tu sei un bambino rozzo e ignorante,
che dà retta unicamente agli stimoli dello stomaco! -
- Suvvia, cara – si mise in mezzo Luna, con un poco
credibile atteggiamento pacifista – non è carino ricordarglielo continuamente.
-
- Mamma! – urlò Ben, stizzito dall’inaspettato
schieramento di sua madre.
- Sai, Diana – continuò Luna, ignorando i reclami del
figlio – sei veramente tale e quale a tua madre… e questo mi riporta alla
storia che vi stavo narrando, prima che qualcuno mi interrompesse.– e scoccò
un’occhiata carica di tenero rimprovero al figliolo, anche lui tanto simile al
padre.
- Sì, mamy… storia d’ammore di zia Hemmy! – ululò la bimba
più piccola, la biondina dall’aria distratta.
Immediatamente nel salotto calò il silenzio, disturbato
soltanto dal ronzio delle lucette a intermittenza natalizie.
- Dunque, dov’ero rimasta? Ah già… -
Con gli anni, la sua sbadataggine stava lentamente
migliorando.
- A quelle parole, Hermione capì finalmente ogni cosa e
non poté fare a meno di scoppiare in una sincera e allegra risata.
Si guardò intorno, accorgendosi che il frastuono che
l’aveva turbata poco prima che la luce si riaccendesse altro non era che il
fragoroso applauso di tutti i presenti. Parenti, colleghi e amici. C’erano
tutti per festeggiare assieme a lei il suo venticinquesimo compleanno, nonché
il suo primo anniversario di matrimonio con quello splendido uomo che la stava
ancora abbracciando.
Riconobbe tra tutti anche alcuni visi che non vedeva da un
sacco di tempo. Primo tra tutti, con sua enorme sorpresa, c’era Harry Potter,
il suo migliore amico, assieme alla sua nuova fiamma, Alicia Spinnet. Dietro a
loro tutti i suoi amici di scuola, che si potevano riassumere negli ex-membri
dell’ES, e molti dei quali esibivano sul petto il distintivo dell’Ordine della
Fenice.
Lacrime di gioia minacciavano di rigarle le guance, mentre
si voltava nuovamente verso il marito che, una volta di più, era riuscita a
renderla la persona più felice dell’universo.
Una volta che tutti le ebbero fatto gli auguri e si furono
congratulati con lei e Fred, poté andare a rilassarsi sul divanetto appartato
in un angolino della bottega, che i gemelli avevano abbellito con tanto gusto e
cura dei particolari. Nulla sembrava lasciato al caso. I mobili, evidentemente,
erano stati spostati nel ripostiglio e l’ambiente risultava molto più ampio e
tranquillo del solito. Il soffitto era stato alzato, cosicché razzi silenziosi
potessero partire da ogni punto della sala per andare a creare un fantastico
spettacolo pirotecnico, proprio sopra le loro teste. Scintille colorate e
inesauribili crepitavano un po’ qui e un po’ là, tra una tavolata e l’altra del
ricco rinfresco che era stato allestito al centro dello stanzone. Ai lati,
invece, avevano predisposto la zona relax, con tanto di poltroncine in cinz,
sofà e cuscini di tutte le stoffe e colori.
Era tutto davvero splendido. Impeccabile. Straordinario,
come sempre.
Ciò che più l’aveva incantata era l’inaspettata presenza
di certe persone. Le due che si stavano avvicinando, per esempio.
“Sono perplessa… tu non dovevi mica essere in missione
segreta chissà dove?” celiò in direzione di un Harry ammiccante dietro i tondi
occhialini i sempre.
“Beh, in realtà sì. Cioè, sono tornato una settimana fa,
ma sono sempre rimasto a casa a leccarmi le ferite.” le rivelò il Bambino
Sopravvissuto, mostrandole uno sfregio che partiva da sotto l’orecchio sinistro
e si allungava fino all’incavo della spalla. “Ma anche questo è servito a
rendere più lugubre e veritiera la mia copertura! Gli ordini di Fred erano
chiari: tu non avresti dovuto sospettare nulla.”
“George ci ha minacciati di morte lenta e dolorosa, se ci
fossimo fatti beccare o se avessimo rovinato i piani di tuo marito in qualsiasi
altro modo, assenza compresa.” lo spalleggiò Ron, sedendosi proprio accanto a
lei.
“Mi avete fatto sentire così in ansia.” ribatté,
imbronciata.
“Hehe, ammettilo che il mio genio è assolutamente
imbattibile!” la schernì Fred, spuntando da dietro i suoi migliori amici,
insieme all’inseparabile gemello “Ogni anno riesco a superare me stesso e a
scavalcare qualsiasi genere di aspettativa!”
“Certo, certo. Il fatto è che con lei parti già
avvantaggiato, perché non si aspetta mai niente, perciò è fin troppo semplice
‘scavalcare le sue aspettative’! E comunque, sii sincero con te stesso e
ammettilo, senza di me non saresti andato da nessuna parte!” si mise in mezzo
George, con fare scettico.
“Hey! E delle mie doti di attore non parliamo, allora?” si
offese Ron.
“Diciamo che per una volta non ci hai fatti vergognare di
te, fratellino” soffiò George “ma siamo ancora ben lungi dal declamare in
pubblico le tue presunte doti teatrali.”
“Giammai!” enfatizzò Fred, portandosi drammaticamente una
mano davanti agli occhi.
Scoppiarono tutti a ridere di gusto, memori dei bei vecchi
tempi.
“Era… era da un sacco di tempo che non festeggiavamo
qualcosa tutti insieme, così…” fece notare Hermione, dando voce al pensiero che
le occupava la mente da quando aveva ricevuto il messaggio di Ron. La voce le
tremava appena per l’emozione e ai lati degli occhi dorati si intravedevano dei
lucciconi.
“Già, beh… la sorpresa era appunto quella, dolcezza.”
confessò Fred a bassa voce, con tono palesemente canzonatorio.
“Sì, spavento iniziale a parte, ovviamente.” sussurrò
George, con la stessa intonazione.
Hermione si guardò a destra e a sinistra, affettando
delusione.
“Ma come? Niente regalo, dunque?”
“Eh, quello te lo do dopo, quando se ne vanno gli altri…”
disse Fred, facendole cenni d'intesa.
“Non sono certo cose che possono essere mostrate in
pubblico…” gli si affiancò George, tirando una leggera gomitata sul braccio del
gemello e strizzando l’occhio agli altri.
“Fate quello che volete, ma, vi scongiuro, io non voglio
saperne niente!” si scandalizzò Ron a quel punto.
Quell’uscita, in unione alle sue orecchie paonazze,
scatenò un altro accesso di risate.
E così trascorse anche il resto della serata, tra uno
scherzo, una beffa, una Burrobirra, uno Zenzerotto e una Cioccorana.
A notte fonda, i due coniugi rimasero finalmente soli,
dopo aver praticamente buttato fuori a calci George e Mundungus, che, in
ultima, nel loro stato di ebbrezza, si erano messi a cantare canzoni di Natale
babbane in tedesco.
“Spero che la signora Weasley abbia gradito i
festeggiamenti.” scandì Fred, in una splendida imitazione del tono altero e
pomposo del fratello Percy.
“Grazie.”
Il bisbiglio di Hermione venne amplificato dall’acustica
da fantasmi e dall’odore di dolci che erano rimasti nell’aria, unici loro
compagni.
“Ti amo!” mormorò, appoggiando le mani sulle spalle larghe
e scolpite del suo ex Battitore e avvicinando il proprio naso al suo.
“Follemente?” domandò Fred, un ghigno estremamente
compiaciuto che andava allargandosi sul suo bel volto spruzzato di efelidi.
“Follemente!” affermò lei con convinzione, gli occhi già
chiusi, pronta a ricevere il suo personalissimo augurio di buon compleanno.
La sua soave dichiarazione si propagò in tutto lo spazio
in echi incatenati, ma i giovani sposi non vi prestarono attenzione, troppo
concentrati in quel lento e passionale bacio. -
- Bleah! Che
schifo, mamma! – gridò un alquanto contrariato Benjamin Weasley: non era certo
la storia di paura che si era aspettato.
- Si! Si! Belo! –
applaudì invece la sua sorellina, entusiasta della piega fiabesca con cui era
terminato il racconto.
In effetti, la piccola Eva Weasley era stata la più
fortunata, in quel frangente. Il suo amore viscerale per tutto ciò che fosse
inerente alla sfera romantica, unito all’infinito affetto che nutriva per sua
zia Hermione, era piuttosto evidente. Gli occhi le luccicavano e sembrava che
attorno alla sua minuscola figura fosse apparsa un’aura dorata di felicità.
Luna si chinò a baciare la fronte di quella creaturina
meravigliosa che era sua figlia, che tanto le somigliava, con quei capelli
biondissimi, quello sguardo perennemente incantato e quell’inusuale tendenza a
credere alle ciance più assurde.
Ben, invece, non sembrava affatto appagato per quel lieto
fine così smielato. Di sicuro avrebbe preferito un rocambolesco apocalisse, in
cui lo sterminio di tutta l’umanità fosse inevitabile e in cui si veniva infine
a scoprire che il pallido e apparentemente indifeso protagonista, altro non era
che il perfido malfattore, causa principe della strage. In alternativa avrebbe
accettato soltanto la cronaca dettagliata dell’ultima partita di Quidditch tra
Kestrels e Tornados.
Il ritratto di suo padre e, in quanto tale, assolutamente
privo di sensibilità o sentimentalismo di sorta.
Nemmeno i gemelli, per la verità, sembravano aver
particolarmente apprezzato la novella sui loro genitori. Troppo poco
umoristica, evidentemente.
E Diana… beh, a lei piacevano soltanto i libri che, in
circostanze normali, qualsiasi essere umano, dotato di quoziente intellettivo
inferiore al 140, avrebbe definito ‘mattoni’. A qualsiasi altra cosa non
prestava la minima attenzione e, constatò ricordando il dibattito avvenuto poco
prima tra la ragazzina e suo figlio, nemmeno un po’ di rispetto. Ad eccezione
di sua madre: Diana la idolatrava; qualsiasi cosa sua madre dicesse, lei
pendeva dalle sue labbra, letteralmente. Poco mancava che non tirasse fuori
piuma e pergamena e cominciasse a prendere appunti.
Eccola la nuova generazione di Weasley: così identica ai
loro genitori che Luna non poté trattenere una sonora risata, alle
inconsapevoli spalle di quei cinque bimbi meravigliosi, che la fissarono con
aria interrogativa.
- Zia Luna? – chiese Jeremiah, interrompendo quel momento
di spontanea ilarità. L’arco sottile delle sue sopracciglia scompariva dietro
la cascata vermiglia che gli ricadeva sulla fronte.
- Visto che la tua storiella è stata un po’, come dire… -
iniziò Thomas.
- …un fiasco! – pronunciarono la sentenza all’unisono, con
il loro tipico tatto degno di uno Schiopodo Sparacoda.
- Non è che possiamo raccontarne una noi? – terminò
Thomas.
- Anzi, per l’esattezza sarebbe una favoletta su di noi. –
lo corresse Jeremiah, ridacchiando.
Benjamin, che adorava i gemelli con tutto se stesso, parve
subito d’accordo.
Eva, avendo presagito che l’argomento non sarebbe stato né
romantico né fiabesco, aveva già pensato bene di estraniarsi nel suo mondo di
Nargilli e Acromantule Invisibili.
Diana, al contrario, aveva subito incrociato le braccia al
petto, scoccando occhiate al etriolo ai due fratelli minori, in una tipica
espressione di cui Luna conosceva fin troppo bene il significato: guerra!
- Ma va? E fatemi un po’ indovinare il titolo… - sbottò
infatti, insofferente – Tom e Jerry in cerca di guai? Ma andiamo, fatemi almeno
la cortesia di starvene zitti! -
- Ehi, ehi, ehi… Diana,
il tuo pH è talmente acido da sfiorare lo zero. Cosa ti ha istigato a tal
punto, piccola mia? -
Gli occhi ambrati della bambina saettarono all’istante
verso la porta, dove incontrarono quelli altrettanto luminosi e dorati della
madre.
- Mammina! -
Un saluto che suonava più come un’invocazione, una muta
preghiera per avere ulteriori spiegazioni su quell’argomento a lei ancora
ignoto.
- Facciamo un patto: se tu ti scusi con i tuoi fratelli
per la tua palese maleducazione, io poi ti spiego tutto quello che so sul pH,
gli acidi, le basi e la titolazione acidimentrica. -
Non si poteva certo dire che Hermione non ci sapesse fare
con sua figlia!
- Hermione! – esclamò Luna, visibilmente sollevata per
quell’aiuto provvidenziale.
- Ma come fai a sapere sempre tutto?!? – chiese George,
che era appena entrato, con la sua espressione perennemente divertita, dietro
alla cognata e accanto al fratello.
- Che domanda stupida, fratello! Devo forse ricordarti che
hai a che fare con mia moglie, nonché Hermione Jane Weasley (sebbene preferisca
farsi chiamare ancora con il cognome da nubile, tsè…), la migliore studentessa
che abbia mai varcato la soglia di Hogwarts, che superò abilmente anche molti
spocchiosi Purosangue, nonostante le sue ‘umili’ origini Babbane? -
- Si, si… – tagliò corto Hermione – Piuttosto, parlando di
cose Babbane… Luna, quando ti deciderai a togliere le decorazioni di Natale?
Ormai è praticamente estate e quelle luci a intermittenza aggravano il mio mal
di testa, per giunta. -
- Ma sono così belline! – replicò Luna, piccata – Me le ha
regalate Arthur, lo sai. Sarebbe una scortesia toglierle di mezzo. -
- Non ti sto dicendo di sbarazzartene definitivamente,
solo di metterle via fino al prossimo Natale… Oh, d’accordo, fai quel che vuoi,
la casa è tua. – si arrese Hermione, esasperata, preferendo soprassedere –
Dunque? Dov’è Ron? -
- Ah, già! – Luna sembrò cadere dalle nuvole. In fondo non
era poi tanto cambiata, nemmeno dopo la maternità. - È su in bagno. Continua a
vomitare. Credo si sia imbottito di Merendine Marinare. Per questo ho pensato
di chiedere anche dei gemelli… beh, quelli in formato senior! -
- Hai idea del motivo? –
- Proprio no. Ma credo stia cercando di evitarmi. -
- Mmm… forse è meglio se mando Fred in avanscoperta. -
- Lo affido a voi. -
Luna si voltò, diretta in cucina.
- Ah, Luna… - la fermò Hermione – Grazie della mano che ci
dai coi bambini, so che sono terribili, non vorrei che ti creassero troppi
problemi. -
- Figurati!
Nessun problema, anzi. È un
piacere. – e dicendolo, il suo viso si illuminò di indubitabile gioia.
Quando Luna tornò in salotto, dopo aver preparato una
bibita per i nuovi ospiti, vide George che intratteneva i bambini in preda alle
risate, Hermione seduta sul tappeto con un pesante tomo di Chimica stanziato
una gamba e Diana sull’altra, ed Eva in un angolino, con l’ultimo numero del
Cavillo in mano, messo al contrario, dal momento che non sapeva leggere.
Sorrise di fronte a quel quadretto così sereno e pacifico.
Era la famiglia che aveva sempre desiderato di avere, la pazza normalità
intessuta nell’armonia e nella comprensione reciproca.
- È DI NUOVO INCINTA! – si udì gridare Ronald Bilius
Weasley, in preda all’agitazione.
Un istante dopo le porte presero a sbattersi con violenza
e un vento di tempesta invase la casa, scompigliandole i capelli del colore del
grano.
Beh… più o meno!
***
I'm still trying to understand
why do I see the things I see
could it be a future world
that's warning us through me
I'm still trying to understand
why do I know the things I know
does it mean I'm a god
will nobody tell me so?
[Eyes Of Time - Ayreon]
- Luna? Ci sei? Hai sentito quello che ti ho detto? – le
strillò una vocetta fastidiosa all’orecchio.
Oh, Merlino! E adesso? Che le aveva detto quella pettegola
di una Corvonero?
Meglio fingere un’aria trasognata e distratta, come
sempre.
- Hn? Certo, Kelly. Che i pipistrelli dello Yorkshire sono
tutti sanguinari vampiri agli ordini della Umbridge… - rispose, lo sguardo
volutamente perso nel vuoto.
- Uff… non so nemmeno perché mi sforzo di dialogare con
una Lunatica come te! – sbuffò seccata Kelly Karver, andandosene a cercare una
più consona compagna a cui rivelare lo scoop del momento: Ginny Weasley e
Michael Corner erano stati beccati nelle serre in atteggiamenti equivoci dalla
professoressa Sprite in persona.
Luna tirò un sospiro di sollievo.
Come se lei non lo sapesse già. Come se non lo avesse già
“Visto” il mese prima, quando aveva incontrato Corner al Ghirigoro, mentre
comprava i libri per il nuovo anno scolastico.come se i libri non le fossero
caduti di mano, franando al suolo con un grosso tonfo che aveva fatto voltare
tutti nella sua direzione, mentre lei fissava un punto nel vuoto, rigida e
immobile come una statua di marmo. Come se tutti i presenti non l’avessero
scambiata per una squilibrata da internare.
Vabbè, pazienza. Aveva smesso da tempo di curarsi
dell’opinione altrui.
In fondo, non era per cattiveria che la trattavano così.
Effettivamente, agli occhi di chi non sapeva delle sue
doti di Veggente, doveva apparire davvero strana. E poiché lei non aveva ancora
rivelato a nessuno delle sue capacità, era ovvio che tutti la considerassero
così come la vedevano: una squilibrata da internare.
Perfino suo padre non ne sapeva nulla, poveretto. Da
quando era morta la mamma, aveva sempre talmente tante cose di cui doversi
occupare, che non se la sentiva proprio di gravarlo anche con questo fardello. Anche
perché non aveva idea di come avrebbe potuto reagire, superstizioso com’era.
Già, perché, se per lei le storie di Nargilli e Snorticoli Cornuti erano solo
una maschera con cui poter coprire le sue controverse Visioni, suo padre ci
credeva davvero. Per lui, direttore di un giornale-spazzatura come il Cavillo,
quelle fandonie erano il pane quotidiano.
Il suo dono, pertanto, era sempre rimasto segreto.
Ma non sarebbe stato così per sempre, e questo la
rincuorava assai.
Aveva da poco conosciuto, sull’Espresso di Hogwarts, tre
persone speciali. Tre persone che l’avrebbero capita. Tre persone che
l’avrebbero amata per quello che era.
E quelle tre persone, in quel preciso istante, stavano
come sempre sedute al tavolo Grifondoro, a parlottare di chissà quale piano
segreto per rivoluzionare anche quell’anno tutte le regole della scuola.
Lo chiamavano il Trio Miracoli e pure questo aveva un suo
perché…
Certo, i tempi non erano ancora maturi, ma ormai non
mancava più così tanto.
Alla fine del tunnel già si scorgeva un riverbero di luce,
un barbaglio di speranza.
Luna ghignò tra sé e sé, vedendo Hermione Granger
sorridere furtivamente in direzione dei gemelli Weasley e poi abbassare in
fretta lo sguardo, le guance vagamente imporporate.
Già i tempi non erano ancora maturi. Ma non erano nemmeno
troppo acerbi.
In quel momento, Ronald Weasley si girò casualmente verso
il tavolo di Corvonero e avrebbe giurato di aver intravisto Luna Lunatica
Lovegood fargli l’occhiolino, prima che tornasse nel suo mondo immaginario, gli
occhi vitrei e persi in un punto imprecisato della Sala Grande.