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Autore: Samarskite    21/12/2013    7 recensioni
Niall sogna troppo. Louis, troppo poco.
Louis / Niall, non-AU, 1695 parole
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sogno numero 47

last night I dreamt
that somebody loved me
no hope, no harm
just another false alarm

 
Con Louis cambia tutto. Con lui si ribaltano le sue certezze, le sue convinzioni. Con lui, ogni cosa banale può diventare bella.
Niall ricorda ancora la prima volta che hanno condiviso la camera insieme. Louis lo aveva squadrato sorridendo e gli aveva chiesto se poteva prendere la parte sinistra.
“Non c'è problema, perché?”, gli aveva risposto Niall, anche se aveva sempre dormito anche lui nella parte sinistra.
“I folletti dei sogni sono ciechi e sordi nella parte destra del viso. I miei, almeno.”, era stata la risposta sorniona del più grande, data picchiettandosi lo zigomo destro con l'indice. “E mi piacerebbe sognare, stanotte. È stata una giornata pesante.”

“Hai sognato?”, è sempre la prima domanda che Louis pone a Niall la mattina. Louis adora i sogni di Niall, perché dice sempre che Niall è innocente ma non stupido, e questo si riflette nei sogni che fa.
“Penso di sì. Ho sognato te.”, gli ha risposto una volta il biondo.
“Ah, sì? E cosa facevo?”, ha chiesto Louis allegramente mettendosi più comodo. Allora Niall ha raccontato il sogno per filo e per segno, per poi concludere con un'alzata di spalle.
“Dicono che se sogni una persona del sesso opposto, sarà quella che sposerai.”, è stato il commento Louis, pensieroso, grattandosi la barba ispida di una settimana.
“Forse è per questo che i gay non possono sposarsi in molti Paesi?”, ha chiesto l'altro sorridendo.
La risata di Louis ha riempito la stanza: “Hai ragione, che sciocchezza. Fai conto che non ti abbia detto niente. Raccontami ancora del sogno. Mi piacciono, quelli che fai tu.”
“Perché? Sono sogni sciocchi.”
“Dipingono il mondo con una sfumatura diversa. Oggi, se uscendo vedrò qualcuno con la barba, ripenserò al tuo sogno, e riderò immaginandolo legato al lampadario. E se domani vedrò me stesso allo specchio, allora mi ricorderò di come mi hai sognato tu, e mi osserverò con occhi diversi.”

“Tu però non mi racconti mai i tuoi sogni, Louis.”
“Sono tutti uguali. Non c'è nulla d'interessante.”
“E cosa sogni?”
“Sogno di affogare. Vado giù, giù, giù, poi arriva una mano che mi prende il polso e mi tira su.”, dice Louis sollevando il braccio sinistro, tenendo la mano molle ed il polso piegato. “Mi sveglio prima di vedere chi sia.”
“Non ti piacerebbe scoprirlo?”
“Moltissimo. Penso che se infine riuscissi a vedere chi mi tira su, cercherei quella persona anche in capo al mondo.”

Quando Niall pensa che con Louis ogni cosa banale diventa bella, intende molte cose. Intende, per esempio, che una semplice camera d'albergo può diventare un'avventura: non si sa mai se, entrando, Louis poserà normalmente la valigia o si metterà a giocare a chi pesta le righe mangia le formiche, mugugnando gnam e puh!, ogni volta che sfiora una riga maledetta. Potrebbe, per esempio, mettersi a saltare di sedia in panca, di divano in letto, pur di non toccare la moquette. Potrebbe mettersi a pancia in giù sulla valigia e remare fino all'armadio. Potrebbe dare un calcio al pallone che ha sotto il braccio, e chi se ne frega se rischia di rompere una lampada.
Niall, pensando che Louis può trasformare qualsiasi cosa brutta in bella, intende anche che la sera, facendo zapping tra i vari canali, Louis si può mettere a commentare qualsiasi azione azzardata di conduttori, presentatrici, attori, cantanti, musicisti, persino sportivi: “Ah, ah, ah, che brutta mossa fare quella faccia a zampa di gallina!”.
Può capitare che si metta in piedi sul letto a saltarci sopra come se avesse tre anni, può capitare che ordini talmente tanta di quella vodka che solo chi ha ventidue anni può reggere. Se è Natale, può giocare a bocce con gli addobbi rubati dall'albero all'ingresso. Se ha freddo, può sparare il riscaldamento a ventisette gradi e mettersi in mutande a fumare una sigaretta. Se ha sonno, può dormire dalle cinque alle otto del pomeriggio. Se non ne ha, può alzarsi a cazzeggiare alle tre di notte.
Può abbracciare il minore da dietro e può trattarlo malissimo, può chiedergli di suonare per lui e chiedergli di stare zitto perché sta cercando di formulare un cazzo di verso a rima baciata, taci un po', Niall!
Ma chiederà sempre scusa, e sempre sarà accompagnato dal sorriso e dalla risata di chi è troppo stanco persino per dormire, o per piangere lacrime, allora ride troppo e troppo forte. Meglio piangere per delle cazzate, Niall, gli ha detto una volta.

Da un po' di tempo, però, Niall non è più contento di dormire nella stessa stanza con Louis. Non gli piace più farlo, perché gli piace troppo il ragazzo con cui lo fa. In più, Niall si sente solo e inadeguato, perché invece Louis non è mai solo o inattivo. Trova sempre qualcosa da fare, che sia con qualcuno o con sè stesso; non si annoia mai, non sta mai fermo. In altre parole, non ha mai bisogno di lui. La sera, quando Niall legge un libro o guarda il soffitto, Louis salta in giro per la stanza ascoltando i Kooks nelle cuffiette, cantando che la ama perché lei si muove da sola, e Niall si sente male ogni volte che sente quel lei.
Non gli piace sentirsi così, è qualcosa che lo mette a disagio.
Perciò, due giorni fa, ha deciso di rinunciare ai “cos'hai sognato stanotte?”, ai Kooks cantati a palla ed alle cose più banali che possono diventare belle grazie a Louis: ha cambiato stanza.
Quando Niall gliel'ha detto, Louis ha spento l'Ipod e ha fermato il suo saltellare sul letto. Jackie Big Tits ha smesso di suonare, il solista dei Kooks ha smesso di cantare e Louis ha smesso di vedere i folletti.


Due settimane dopo, se Niall trovasse il coraggio di bussare alla porta di Louis, magari l'imbarazzo che si è creato tra loro due si scioglierebbe. In fondo, il biondo voleva solo smettere di sentire quelle fitte allo stomaco ogni volta che l'altro gli sorrideva, gli dava il buingiorno e gli augurava la buonanotte.
Perciò bussa. E Louis dice che è aperto. Niall apre. Lo vede seduto sul letto, a leggere. Ha le gambe incrociate. Non salta più per la stanza, non canta più che la ama per come si muove, non racconta più di Jackie e delle sue tette. I Kooks stanno zitti, e Louis pure.
“Vuoi sapere cos'ho sognato stanotte?”, chiede Niall sentendosi un verme.
“No.”, risponde Louis seccamente senza staccare lo sguardo dal libro.
Niall si era sbagliato: pensava non ci fosse niente di peggio delle fitte causate da un sorriso. Ora sa, che le fitte causate dalla risposta di una persona ferita sono molto peggio.
“Ma ti riguarda.”, insiste il biondo avvicinandosi al letto.
“Non mi interessa.”
“Ho sognato che stavi affogando.”, dice Niall arrossendo.
“Mi hai allungato la vita, allora.”, taglia corto Louis con tono definitivo.
“Ti prendevo per un polso e ti tiravo su.”, prosegue l'altro ignorandolo. Louis tace, ma alza lo sguardo sull'ex compagno di stanza. Niall sta guardando la moquette.
“Perché hai cambiato camera?”, chiede infine il maggiore.
“Mi faceva stare male tutto.”, è la risposta.
Louis non capisce. Niall deve essere più specifico. “Mi facevi stare male tu.”
“Cosa ti ho fatto? Se volevi dormire nella parte sinistra, o ti mettevo in qualche modo in imbarazzo, bastava dirlo.”
“Ti ho sognato quarantasette volte. Ma non eri mai del sesso opposto. Non eri la persona da sposare.”, borbotta Niall disegnando con il piede dei piccoli cerchi sul pavimento.
Louis gli fa segno di sedersi. Niall esegue. “Quando ho detto quella frase ho detto una cagata. Non esiste rapporto tra matrimoni e sogni, lo sai.”, dice Louis, paziente. Poi, ripete: “Perché te ne sei andato, Niall?”
Il biondo guarda la trama del copriletto. “Perché tu non sei mai solo, io invece lo sono sempre. Mi sento inadatto, tu sei sempre un passo avanti a me, e sono giunto alla conclusione che se io sono solo e tu no è perché io non piaccio a te tanto quanto tu piaci a me, e io ti sogno sempre mentre tu non mi sogni mai...”
Louis lo interrompe passandogli una mano fra i capelli, e fa una pausa di silenzio. “Quarantasette volte?”
Niall annuisce: “Contate.”
Louis ride senza scherno, una risata sincera, si china sul minore e lo abbraccia. “I tuoi folletti sono iperattivi, a quanto pare.”, gli dice sorridendo.
Niall sorride mesto, sta per sciogliersi dall'abbraccio e andarsene dalla stanza quando Louis lo precede e gli prende il viso tra le mani. Lo scruta come se egli stesso fosse un folletto porta-sogni, e stesse cercando di capire il sogno più adatto da regalare a Niall. Poi, con molta semplicità, si china sulle sue labbra e le sfiora appena.
Dopodichè lo guarda di nuovo negli occhi e: “Trentanove.”, dice.
Niall sente gli occhi pizzicare, ma non vuole cedere. Trentanove cosa?, vorrebbe chiedere, ma in fondo sa di saperlo, e se lo chiedesse sarebbe solo per il gusto di vedere le labbra di Louis muoversi a formulare la parola sogno.
“Trentanove?”, chiede Niall, e non ce la fa più: scoppia a ridere, e una lacrima gli rotola giù per la guancia.
Louis ride con lui, raccoglie la lacrima con la punta dell'indice e la soffia via.
“E tu quarantasette.”, dice il maggiore. Poi aggiunge: “Siamo due cretini. Quarantasette e trentanove volte, e non ci siamo detti niente.”
“Magari i folletti dei sogni hanno voluto così.”, azzarda Niall. Ma Louis alza un sopracciglio sorridendo: “Credi ancora nei folletti dei sogni? Non sei un po' troppo grande?”
“Non sarò mai troppo grande per i folletti.”, replica Niall, piccato; solo due minuti prima, era l'altro quello che farneticava di folletti. Per poi aggiungere: “Mi manchi. Posso tornare qua?”
Louis sorride e abbraccia il più piccolo di nuovo. Non lo ammetterebbe mai, piuttosto pesterebbe mille righe e ingoierebbe e sputerebbe mille formiche, ma ama quando Niall ride per i suoi infantilismi, e vuole davvero bene a quel ragazzino biondo tinto. Anzi, forse un po' più di bene.
“Certo che puoi tornare, ma stavolta mi prendo la parte destra del letto. Trentanove e quarantasette volte in tre mesi sono leggermente troppe, abbiamo bisogno di non sognare per un po', che ne dici?”


 




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