Il cielo lassù è sempre blu e abbagliante. Anche
coprendoci con una mano e chiudendo i nostri occhi… ancora, è troppo abbagliante per noi.
(Cut – Touko Kawai)
La porta dei Tre Manici di Scopa tintinna mentre Harry fa il suo
ingresso.
Ad accoglierlo sono il tipico brusio concitato di
parole e risate, il rumore dei bicchieri che cozzano tra loro, il sorriso di
scherno di Madama Rosmerta che serve un altro
cliente. Quando lo vede abbandona il boccale di burrobirra
che stava riempiendo sul bancone e le sue labbra si aprono a ventaglio, ogni
piega un dente.
- Harry! – prorompe. Si
pulisce velocemente dorsi e palmi delle mani sul grembiule e si sporge verso di
lui, le braccia tese. Harry le si
avvicina e lascia che gli stringa le spalle e gli scocchi un bacio sulla
guancia, come da qualche tempo è solita fare.
Il “da qualche tempo” corrisponde esattamente a
quattro anni prima, dopo la morte dell’Oscuro. Da allora, inspiegabilmente,
il mondo magico è molto “espansivo” nei suoi confronti. Baci, strette di mano, pacche
sulle spalle, qualche fugace inchino.
La parte più divertente sono le proposte di
matrimonio da parte dei padri di giovani ragazze purosangue, desiderose di donare
a lui, salvatore illustrissimo, la propria dote ed eterna fedeltà, nonché
devozione e bellezza tali da assicurargli una sicura discendenza sana e forte,
che possa reggere l’onere e onore del suo nome.
Oh sì, assolutamente esilarante.
Madama Rosmerta fino ad
ora si è limitata ad offrirgli qualsiasi cosa desideri bere o mangiare e a
proibirgli di mostrarle anche solo una falce in cambio, ma questo semplicemente
perché lei sa.
Non certo per volere di Harry,
ma la locandiera è a conoscenza da anni oramai della sua omosessualità
“latente”, così come Ron ama definirla.
Il fatto che faccia l’amore con Draco Malfoy da quattro anni
netti è un dettaglio trascurabile a parer suo.
Ed è proprio con Ron e Hermione che Harry deve parlare
questa sera.
Una volta separatosi da Rosmerta
(non dopo averle assicurato che adora le sue burrobirre
e che ovvio, non la sostituirebbe con nessuna al mondo, no, nemmeno
Ann Majer della via
accanto), procede verso l’interno del locale. Scorge Ron
e Hermione seduti ad un tavolino poco lontano, la
miniatura di un troll verde muschio a dividerli.
L’uno con la mano a sorreggergli il viso, l’altra
con l’ultima edizione de “Il Cavillo” tra le mani, quella della Gazzetta del
Profeta a fianco al minitroll, quella dell’ Eco del Mago sopra
Il duro lavoro dell’informazione: spargere
notizie completamente differenti da un giornale all’altro.
E se perlomeno i quotidiani continuano a
descrivere le “gesta memorabili del Salvatore Del Mondo Magico”, le riviste
femminili (vedi “Cuore di Strega”, di cui Ginny è una
lettrice affezionata) propongono alle gentili appassionate il menu perfetto per
“prenderlo per la gola”.
Non che non gradirebbe una gustosa cenetta
preparata da mani raffinate (il suo abituale menu si discosta parecchio dalla Terrina
di fegato d’oca con frutta secca servita con Pinza triestina e gelatina al Picolit suggerita nell’ultimo numero), ma quel fatto
del servire il tutto su un vassoio d’argento con inciso “Harry
Potter, l’uomo più sexy, coraggioso e misterioso del pianeta merita un pasto da
re”… beh, quello è un dettaglio troppo kitsch perfino per il suo stomaco.
- Harry! Sei in
ritardo! – Hermione alza lo sguardo dalle giallognole
pagine stampate e Ron si riprende dallo stato
comatoso in cui era caduto. – Hey
– dice soltato, e scivola di lato col bacino per
fargli posto sul divanetto su cui è seduto.
Ultimamente sembra avere sempre due fette di
prugna secca sotto gli occhi. E’ appena stato assunto dal Ministero
nell’Ufficio Misteri, e il dover avere a che fare con i cervelli che al quinto
anno lo hanno ridotto ad un cerebroleso non gli dà
pace. – E’ successo anni fa, Ronald! Ormai certe
fobie dovresti averle superate, no? – continua a dirgli Hermione
ogni volta che lo vede cadere a pera sul divano, il braccio sugli occhi. Ron non fa che girarsi dall’altra parte e borbottare che è
una secchiona insensibile, o qualcosa del genere.
Harry si
passa una mano tra i capelli distrattamente – Sì, lo so, lo so. Non mi scendeva
l’acqua calda nella doccia. – butta lì, e sa che nessuno ribatterà nulla a
riguardo. Tutti ovviamente sanno che basta un semplicissimo incantesimo per
scaldare l’acqua, ma Harry
Potter ha troppe cose a cui pensare per non dire mai bugie. E’ l’unica cosa
vera che Rita Skeeter abbia mai
scritto sul suo conto negli ultimi quattro anni.
- Allora Harry, come
stai? – chiede Hermione ripiegando tutti i giornali.
Sorride conciliante e i capelli le cadono sulla fronte in una frangia
disordinata. Da quando è la nuova redattrice della sezione culturale del
Cavillo sembra pienamente soddisfatta di sé. A volte esce appositamente
in disordine da casa, le ciocche che le ricadono sul viso in una cascata
indistinta, solo per avere un’aria più vissuta. E’ studiosa anche
nell’imperfezione.
Harry si fa
appena indietro con il busto per lasciare spazio al braccio di Madama Rosmerta, giunta a portargli la sua burrobirra.
– Benissimo, bene davvero. – dice.
*
- Finalmente! Non dovevi essere qui mezz’ora fa?
– Draco si dondola sul muretto facendo perno sulle
mani, ed Harry è certo che sia arrivato da appena
qualche minuto. E’ vero, è in ritardo, ma Draco è la persona più ritardataria che conosca. Sorride e si siede accanto a lui sul muretto.
- Non mi scendeva l’acqua calda nella doccia –
borbotta scoccandogli un bacio sulle labbra.
- Finiscila con queste scuse, Potter… non è la
prima volta che la usi e non è la prima volta che ti dico di chiamare un cazzo di idraulico. Dov’eri? – Draco
gli stringe con le dita il colletto della camicia e disegnando piccole
circonferenze con i pollici glielo liscia sul collo. Le maniche del maglione
che indossa sono troppo lunghe e gli coprono quasi tutto il palmo delle mani, ma Harry immagina che sia
proprio così che a lui piace. Così come gli piacciono i
jeans a vita bassa strappati e le scarpe da tennis consumate.
Al nuovo Draco
piacciono tantissime cose che quello vecchio avrebbe
rifiutato dal profondo, ma Harry cerca di non
farci caso, quando può.
- Da nessuna parte, a casa. – risponde breve,
mentre il suo sguardo incrocia quello di Malfoy. Il
vecchio Draco avrebbe rifiutato anche questo dal
profondo. Sospira interiormente.
- Il lavoro come va? –
Questi incontri fuggevoli si stanno facendo
sempre più frequenti. Lui e Draco si danno
appuntamento in un luogo qualsiasi e per un’ora o giù di lì parlano del più e
del meno. Come va il lavoro, cosa hanno fatto quel giorno, chi hanno
incontrato, quante volte Marcus Thomson
ha spogliato Draco con gli occhi nell’ultima
settimana, quante volte Linda Swallen si è piegata a
novanta di fronte a lui fingendo spudoratamente di avere bisogno di prendere
qualche documento dal terzultimo cassetto. Questioni di ordinaria
amministrazione.
Una volta chiarito che non soffrono di
depressione, non muoiono dalla voglia di vedere uno psicologo e soprattutto non
sono incazzati l’uno con l’altro possono stabilire quando si incontreranno per fare sesso.
La scelta ricade più o meno due volte su tre su
quella stessa sera, a casa dell’uno o dell’altro. Solitamente a casa di Draco. “Casa tua è inquietante, Potter” gli dice sempre.
Questo perché Grimmauld Place
numero dodici una volta è visibile ad occhi babbani e dieci no. Tempo prima Draco gli diceva “abiti in una casa fantasma, figo”… adesso è solo inquietante.
- Tutto come al solito -
Draco
sorride e nasconde il mento dietro il collo alto del maglione bianco che
indossa. – Lo sapevo – dice piano, e stringe la mano di Harry
tra le sue. Traccia con la punta delle dita le linee sul suo palmo, lo graffia
appena con l’unghia dell’indice.
Harry passa
una gamba dall’altra parte del muretto e lo attira a sé. Mentre lo abbraccia,
lui in bilico con i polpacci che stringono il cemento, Draco
goffamente sbilanciato di lato, sa solo che lo ama.
E non è un sentimento semplice, soprattutto con Draco che indossa scarpe da tennis consumate.
- Ti piacerebbe ricordare qualcosa, un giorno? –
gli sussurra nell’orecchio.
Lui scuote appena il capo, lo sguardo basso sulle
braccia che lo cingono. – Mi ricordo di te, no? –
Fragile.
Draco ha
perso la memoria quattro anni prima. La notte in cui Harry
sconfisse l’Oscuro sparì dalla circolazione e fu ritrovato tre giorni dopo su
una panchina di un vecchio parco sgangherato, infreddolito fino all’osso,
svenuto, e con all’incirca tre quarti dei suoi ricordi
in meno.
Lui ed Harry stavano
insieme da una decina di giorni.
Fu portato al S.Mungo
la sera stessa, ricoverato d’urgenza. Sua madre accorse
immediatamente, mentre il padre non avrebbe potuto. Lucius
Malfoy era morto tre anni prima in un’esplosione ad Azkaban. Che si fosse trattato di
uno sbaglio o di una esecuzione in piena regola, Voldemort
aveva deciso di aprire un varco per far fuggire i prigionieri a lui fedeli
nella cella sbagliata.
Narcissa non
ne soffrì troppo. Matrimoni combinati, ideali imposti, una vita gelida… tutti
fattori che l’avevano portata ad una fedeltà spropositata nei confronti della
figura del marito, ma non dell’uomo che si trovava a fianco.
Poco tempo dopo cominciò la sua relazione con un
conte di Scozia, un signorotto non troppo affascinante con più vizi che pregi, ma con un grande castello e tanto amore da dare. E
dopo i fiori d’arancio vennero fiocchi rosa e azzurri, e Draco
si ritrovò senza una famiglia propria ma con due fratelli in più.
Estraneo alla nuova vita della madre,
fondamentalmente solo, trascorse un paio d’anni tra le schiere dell’Oscuro, ma
si stancò presto.
Quando lui ed Harry si scambiarono il loro primo bacio aveva appena dato all’Ordine
la soffiata del secolo: fu sventato uno degli attacchi combinati più acuti che
la fazione di Silente avesse avuto modo di incontrare.
Draco
sembrava felice davvero, in quel bacio. E indossava scarpe di vernice nera, non
di tela.
Per questo ad Harry cadde il mondo addosso quando i medimaghi
scoprirono che la memoria di Draco non era stata
cancellata da un qualche mangiamorte ancora in
libertà, ma dalla sua stessa bacchetta.
E non era stato un incindente.
Draco aveva eliminato dai propri ricordi tutto ciò
che riguardava la guerra, e la magia stessa. Non ne aveva lasciato nulla. E
l’aveva fatto con minuziosità: non più un incantesimo, non una briciola di arti
magiche.
Tutto ciò che aveva conservato erano le nozioni
di babbanologia che aveva acquisito dalla sede
dell’Ordine a Grimmauld Place
ed… Harry. Nulla del loro primo incontro,
dell’espresso di Hogwarts, del Quiddich…
solo i loro baci e il suo viso.
Con un “Oblivion” Draco era rinato come babbano.
Quando ci ripensa, Harry
suppone che la guerra avesse lasciato una ferita
troppo profonda nel suo animo e che quelle scarpe di vernice nera pesassero
troppo per i suoi piedi… e prova tenerezza nel vedere come ora si vesta come un
comune adolescente con la fissa per l’abbigliamento casual. Ma non può fare a
meno di sentire una piccola stretta al cuore ogni volta come la prima quando lo vede smarrito di fronte ad un aereo, o ad
uno stereo, o quando li confonde.
- Oggi ho l’esame della patente – Draco si sottrae dal suo abbraccio e lo guarda con sfida.
- Oh, temo per il tuo esaminatore –
A dire il vero Draco è
piuttosto bravo al volante. Non proprio un asso nei parcheggi, ma considerato
che alla sua prima partenza ha sgommato e subito dopo gli
ha chiesto a cosa servisse il freno il fatto che ora la sua guida sia fluida è
da considerarsi un risultato non indifferente.
Se fosse rimasto nella Londra magica ora
volerebbe a cavallo di una scopa e non di una quattro ruote
comprata usata da un amico, ma Harry, sul serio,
non ci pensa.
Lo guarda saltare giù dal muretto e prendergli la
mano con delicatezza, portandosela alle labbra. – Stasera la verrò a prendere
in limousine, messere – dice drammatico, poi stringe il suo polso e lo tira
verso di sé.
Harry
scende con un balzo e gli scocca un bacio sulle labbra. – Oh, ci conto –
Un motorino passa nella strada parallela con a bordo due quindicenni, e uno dei due urla “Froci!” e scoppia a ridere.
Draco alza
il dito medio al cielo, poi con la stessa mano scompiglia i capelli di Harry.
- Dall’esaminatore mi ci accompagni tu? – sbotta
sornione, non un cipiglio sul viso.
E’ sereno, pensa Harry.
Ed è tutto quello che conta.
*
Les pieds dans les glaïeuls,
il dort. Souriant comme
Sourirait un enfant malade, il fait un somme :
Nature, berce-le chaudement : il a froid.
I piedi tra i gladioli, dorme. Sorride come
sorriderebbe un bimbo che sta male. Sonnecchia.
Cullalo tu natura, col tuo calore: ha freddo.
(Le dormeur du val
[ Chi dorme nella valle ] – Arthur Rimbaud)
*
Draco
lavora come commesso in un negozio di abiti da uomo a Oxford Street. C’è da
dire che ha occhio, anche se ad Harry
non va sempre troppo a genio che passi la giornata a commentare quanto quel
paio di pantaloni vesta bene il sedere del cliente e quanto quella
giacca esalti la linea possente delle sue spalle.
E soprattutto non gli sta troppo a genio che quel
damerino di Marcus Thomson,
il suo superiore, trascorra le giornate a studiare le
sue di linee del sedere e delle spalle.
Per non parlare di Linda Swallen,
che sta spudoratamente dietro a Draco da quando lo ha visto varcare le porte del negozio. Ma a
meno che non nasconda qualche sorpresina sotto le
minigonne dalle fantasie oscene che è solita indossare Harry
suppone di non doversi preoccupare troppo per lei.
A Draco questo lavoro
fa comodo. Se Harry potesse tradurre il conto di Draco alla Gringott in sterline
potrebbe tranquillamente evitare di muovere una sola falange e vivere in un
attico a trenta piani, tutti suoi. Ma non può, e questo rende Draco irrimediabilmente povero. Più o meno quanto lui, che
però riesce a rimediare qualcosa nella Londra magica. Lo farebbe anche per Draco, ma per quanto adori i regali di dimensioni
apocalittiche per le festività detesta quelli comunemente definiti “piacevoli
sorprese” dal resto del mondo. Insomma, così come non mangia fuori pasto non
accetta nessun tipo di dono fuori speciale occasione.
A volte Harry si chiede
se quella perdita di memoria non l’abbia reso esattamente l’opposto di ciò che
era ad Hogwarts, poi lo
guarda mentre con un sopracciglio inarcato intima alla Swallen
di andargli a prendere un caffè nel bar a fianco, e no, non è cambiato
per niente.
-Potter Potter Potter… lo sai che il mio boss non vuole visite
durante l’orario di lavoro. Potrebbe licenziarmi per questo!- Draco ha in mano un paio di pantaloni bianchi, ed Harry sa di per certo che li sta
rimirando per sé. Adora il bianco.
- Sìsì, certo… poi però
sarebbe costretto a rinunciare al tuo bel didietro! – replica facendosi avanti
nel negozio.
- E comunque se tu accettassi quel maledetto
cellulare che ti ho preso non sarei ridotto a venirti a cercare qui, boccoli
d’oro –
Malfoy alza
le spalle e gli va incontro dopo aver chiesto a Linda di finire ciò che lui
stava facendo. Harry ha la leggera impressione che si
stia un pochino approfittando della giovincella. Ma
giusto leggera.
- Stasera a casa mia? – gli chiede. – Otto? -
Draco si
sposta appena di lato per vedere l’orario di chiusura affisso sulla parete del
negozio. No, non l’ha ancora imparato a memoria. Annuisce. – Sì, alle
otto posso. Solo se mi prometti però che una volta giunto
lì casa tua ci sarà. Promettimelo. –
Quando fa così ad Harry viene voglia di ridere, e allo stesso tempo di
sbattere la testa contro il muro. Gli pare che gli spilli infilati nella spugnetta
che Draco porta come un orologio al polso siano tutti
per trafiggergli il cuore.
E dire che sono passati quattro anni da quando ha iniziato a vivere in questo modo.
- Tranquillo. Parola d’onore, casa mia ti
accoglierà a braccia aperte.-
A dire il vero è esattamente questo l’unico modo
per rendere Grimmauld Place
numero 12 sempre visibile: lasciare la porta aperta.
Il che è perfetto d’estate, ma un tantino scomodo d’inverno.
- Cos’hai lì? – Draco
indica la borsa che Harry ha in mano, ed Harry gela. Prima di passare di lì è stato da Madama Chips, e ha preso un paio di pozioni per il mal di testa.
Potrebbe farle passare per comuni sciroppi, se queste non fossero estratti di
lucciola e lacrime di mandragola, ovvero una miscela luminosa ad intermittenza e
dall’insano color salmone. Merda.
Sono anni che adatta la sua vita a quella di Draco, ma ancora non riesce a non dimenticare, anche solo
per qualche attimo, quanto sia importante che non scopra nulla del suo passato.
Ogni volta che insieme ci si avvicinano, ogni volta che la parola “magia”
sfiora le sue labbra, Harry la ricaccia indietro a
spintoni, con l’angoscia che palpita in petto. Pare assurdo, ma il mondo magico
è divenuto il suo ingombrante, presuntuoso amante. Ed Harry
non può fare a meno, nei suoi cantucci bui di pensieri, di sentirsi un
traditore.
Fa scivolare velocemente la borsa dietro la
schiena e sorride come può, il pallore che come acqua alla gola gli sale verso il viso. – Una sorpresa! – sbotta
istintivamente.
Si defila poco dopo con una scusa, sapendo per
certo di non essere stato convincente.
Mentre percorre la via di negozi, i babbani che carichi di borse e ancora altri desideri gli
passano accanto, pensa solo una cosa.
A Draco non piacciono
le sorprese.
Una volta arrivato a
casa Harry si abbandona sul divano e lancia il
cappotto sulla poltrona a fianco. Non è mai stato un tipo troppo ordinato, ma
nell’ultimo periodo ha abbandonato ogni folgore di organizzazione domestica,
soprattutto da quando Kreacher
ha abbandonato casa sua e nessun altra presenza l’ha sostituito.
Sospira appoggiandosi ai guanciali del divano, ma
non fa in tempo a rilassarsi come avrebbe bisogno di fare.
Il fuoco del camino comincia all’improvviso a
crepitare, eruttando polveri multicolori e fiamme verdognole. Un po’ meno
funzionale del trillo di un telefono, ma di certo cinematograficamente
più affascinante.
Appena prima che arrivi Draco
lo incanterà, costringendolo ad un muto silenzio, ma per ora continua a
svolgere la sua funzione primaria e tra le ceneri appare il volto frammentato
di Hermione.
- Harry, tutto bene? –
dice piano. – Posso parlare? -
Ha imparato ad essere prudente dopo che per
sbaglio è comparsa mentre Draco
era in cucina, e sentendo una voce femminile, ha accusato Harry
per mesi di nascondere un’amante in qualche armadio. Non sapeva che il suo
amante non potrebbe essere contenuto in nessun
armadio, in alcun modo.
- Puoi, puoi. -
- C’è qui con me la mamma di Draco,
Harry. –
Questo è uno dei tanti problemi che ultimamente
assilla il Bambino Che E’ Sopravvissuto E Ha Vinto. Narcissa
Malfoy.
Come comprensibile, la donna non si è mai
rassegnata alla perdita prematura di un figlio. E da allora, giorno dopo
giorno, supplica dopo dolorosa supplica, tormenta Harry
affinché glielo restituisca. Non capisce che lui non le ha rubato proprio
nulla, e quello che Draco ha perso, se lo è sottratto
da solo.
Probabilmente è qualcosa che una madre non potrà
mai accettare.
- Non ho più nient’altro da dirle, Hermione. E lei lo sa benissimo. – replica stancamente, ma
in uno scoppio di scintille il capo dell’amica si muove a destra e a sinistra
tra le braci.
- Questa volta è importante, Harry.
Pare che ci sia qualcuno che sta cercando Draco… e
non credo sarà una visita di cortesia. –
Forse, in fondo, ci sono ancora molte cose che lui
e Narcissa Black hanno da dirsi l’un
l’altra.
*
I was dreaming
when I first arrived here. I never thought I could actually love someone.
That dream… had
lulled me in a waiting state… But still, at least now I know what is love and what is hate.
(Hoshi no Yakata – Tori Maya)
*
Al negozio Draco non
c’è. Sono solo le sette… non dovrebbe ancora aver staccato. Linda non sa dove
sia: credeva fosse uscito un attimo a prendersi un caffè. Draco
non ha un cellulare. A Draco non piacciono le sorprese.
Harry non
capisce più nulla.
Quattro anni. Sono passati quattro anni nella più
totale tranquillità, in una vita ingrata forse, è vero, vissuta in bilico tra
due mondi e il ricordo di un terzo. Ma sono passati. Stava andando tutto bene.
Esce dal negozio con il cuore che gli palpita in
gola, gli spilli che solitamente Draco porta al polso al negozio conficcati uno ad uno in un angolo
differente dello stomaco. In testa una nebulosa di veleno.
Se ne frega di tutto e di tutti e non aspetta di
girare l’angolo per smaterializzarsi: lo fa e basta, scomparendo da dietro un
cassonetto non troppo isolato.
Trattiene ogni impulso di controllare in dieci
posti differenti al medesimo momento, ma sa di non riuscirci al meglio: sente
un potente strappo ad ogni giuntura. Dietro ai gomiti, alle ginocchia, al
collo, alle caviglie. Un pizzico di autocontrollo in meno e si sarebbe
frammentato in dieci diversi Harry
Potter, nessuno dei quali vivo.
Fortunatamente è abbastanza esperto e riesce a
recuperare un minimo di buonsenso prima del peggio.
Ricompare di fronte alla porta dell’appartamento
di Draco, male ovunque.
Non gliene frega un cazzo
dei vicini, della vecchietta che abita appena a un passo, della signora che sta
salendo le scale. Con un “alohomora” apre la porta.
Si trattiene dallo schiantarla.
Entra con le mani che gli tremano attorno alla
bacchetta, il cuore che in petto non c’è, non c’è.
Ma Draco sì. E’ sul
divano, addormentato. Le maniche del maglione che gli coprono anche il palmo,
ancora le scarpe indosso sebbene abbia i piedi su un cuscino. I capelli biondi,
leggeri, che gli sfiorano le ciglia. Le labbra appena corrucciate, come sono sempre mentre dorme.
Harry si
morde le labbra e si avvicina, mentre il sangue torna a fluirgli in corpo con
un fastidioso formicolio.
Una volta giunto al
divano raccoglie il busto di Draco e l’abbraccia.
Forte. Vuole sentire le sue ossa entrargli dentro, il suo calore affondargli in
tutti i luoghi in cui il suo corpo ha avuto paura, e la sua mente è stata
terrorizzata.
Lo sente svegliarsi e muoversi appena nel suo
abbraccio, disorientato. – Harry? –
Il suo nome sussurrato tra gli aliti del sonno
gli fa quasi venire le lacrime agli occhi. Non si era accorto di quanto
considerasse Draco fragile. Di quanto non riuscisse a
considerarlo mai al sicuro, senza i ricordi del proprio passato.
- Harry? -
Stavolta scioglie l’abbraccio e si allontana un
poco sul divano, cercando di ricomporsi. Non è detto che le supposizioni di Narcissa non siano esatte. Potrebbero ancora non essere al
sicuro.
Ma Draco è così bello.
Anche mentre lo guarda sorpreso.
- Ma cosa ci fai qui? Che succede? – Draco lo dice con la voce impastata, e con i dorsi delle
mani si stropiccia gli occhi velati di sonno.
Harry gli
prende il volto tra le mani e lo bacia.
Un bacio profondo, di sollievo e d’amore.
Con la lingua gli assaggia le labbra, e sente Draco fremere a quel gesto. Gli entra nel palato, più
bagnato del solito, e lentamente, con una punta d’umidore, gli sfiora i denti.
Lo tocca, lo accarezza con la lingua come un gatto che vuole lavare via tutto
ciò che ha di sporco su di sé. In questo caso Harry
però vuole raccogliere il pulito di Draco.
Gli morde le labbra, gli lambisce la bocca,
lascia che la sua lingua abbracci quella dell’amante e permette che l’altro faccia lo stesso.
Piano, lentamente, come entrambi
reduci di un sogno, si abbandonano sdraiati. Gli occhi chiusi, il respiro
pesante, una nevicata di zucchero caldo dentro i polmoni.
L’uccello di Draco,
duro, preme contro la gamba di Harry. Continuano a
baciarsi, a toccarsi, in tutti i modi possibili. Harry
lascia scivolare la mano sotto il pesante maglione invernale e stuzzica i
capezzoli, prima uno poi l’altro, mentre il biondo respira nella sua bocca. Draco è calore puro sopra di lui, ansimante e quasi
inconsapevole di ciò che gli sta succedendo.
Harry gli
morde la bocca e la sua mano scivola verso il basso mentre
in un respiro a labbra aperte l’addome di Draco si
ritrae. Quando gli sfiora la punta umida dell’uccello Malfoy
emette un singolo, breve singhiozzo, e stringe nei pugni i capelli di Harry con forza.
E’ caldo, Draco. Caldo
e bello. Dentro la bocca come dentro i pantaloni, come nel cuore.
Mentre Harry lo
friziona a pugno chiuso e sente qualche goccia densa bagnargli le dita il suo
bacio si fa ancora più disperato. Più profondo, come potessero entrare l’uno
nell’altro solo attraverso la lingua. Come fosse loro necessario cercare
qualcosa a cui aggrapparsi, e potessero trovarlo solo
l’uno nella bocca dell’altro.
Draco
comincia a muovere i fianchi, avanti e indietro, avanti e indietro. Non
c’è null’altro che quello ora nel suo mondo… Harry lo
sa. Avanti, e indietro. Come la loro vita di tutti i giorni.
Con la mano gli stimola più velocemente l’uccello
turgido, e con l’altra gli pizzica un capezzolo. Draco
sembra non sapere più se inspirare o respirare: gli occhi stretti, i pugni
chiusi, tutto il corpo contratto come un’ellissi attorno a due fuochi.
Poi viene. L’ellissi si scioglie, lentamente,
come zucchero caramellato. Draco si accascia sopra di
Harry in un tremolio che odora di sudore e saliva. Lo
bacia ancora, dolce, il respiro affannoso, i capelli biondi a stuzzicargli una
guancia.
- Ti prego, fallo ancora domani mattina. –
sospira raggomitolandosi sul suo petto.
Harry gli
cinge le spalle con un braccio e gli abbraccia il capo con l’altro. Caldo.
– Quando vorrai – sussurra.
Vorrebbe tanto pulire con un incantesimo la
chiazza bianca che si è formata sul divano e gli ha sporcato i pantaloni, ma sa
che ora Draco andrà a farsi una doccia, e poi pulirà
tutto con uno straccio bagnato.
E anche se non vorrebbe, anche se vorrebbe
soltanto godersi l’orma di calore che Draco lascerà
sul tessuto, avrà tutto il tempo per ripensare a quello che gli ha detto Narcissa Malfoy.
“Io non lo conosco. Non… non lo conosce nessuno
di persona, credo. Ha sempre fornito diverse informazioni a mio marito e a Tu sai Chi… non si è mai dichiarato mangiamorte,
ma svolgeva incarichi segreti per conto dell’Oscuro Signore. C’era qualcuno nel
giardino del maniero, stanotte. Camera di Draco… è
stata buttata all’aria! Tutto in disordine, i cassetti frugati… Potter, io… è
lui, lo so. Ebbe dei “contatti” con mio figlio… lo sta cercando. Gli farà del
male, ne sono convinta. Potter, tu devi proteggerlo! Sei l’unico che può, ormai…”
Harry non
ha dubbi sulla sincerità di Narcissa, per quanto
preferirebbe averne. Il tono delle sue parole era stato così instabile che non
sarebbero state necessarie le lacrime di cenere che avevano percorso il suo
viso di braci nel camino di Grimmauld Place, per convincerlo.
Non sa chi sia questa
persona misteriosa. Draco non gliene ha mai parlato,
e di certo non lo farà ora.
Nessuno con quelle caratteristiche è mai stato
indagato dall’Ordine, e il fatto che un recidivo di guerra sia ancora in
libertà gli fa ribollire il sangue nelle vene. Ma ciò che davvero gli stringe
lo stomaco come un fil di ferro, è che stia cercando
la persona a lui più cara. Si sente riportato al passato come da una passaporta, con uno strappo all’ombelico, e ancora ricorda
l’angoscia, il timore di perdere ciò che di più prezioso aveva, l’ansia sospesa
come pane quotidiano.
No, non nega di avere paura.
Ma ora che ha raggiunto il suo amante, ora che sa
di avere un vantaggio sul proprio avversario, sa anche che nulla riuscirà a smuoverlo
dal suo posto accanto a Draco.
In fondo c’è un lato buffo in tutta la faccenda: Malfoy fugge dal proprio passato e quello torna a cercarlo.
E mentre Harry lo
guarda alzarsi dal divano, scoccare un bacio all’aria indirizzato a lui e
dirigersi verso la doccia, ha paura.
Perché Draco è
fragile senza il suo passato. Perché non basta convincersi che tutto va bene
così.
Non può fare a meno di pensarci per tutto il
tempo in cui il rumore dello scroscio d’acqua della doccia colma
l’appartamento. Sdraiato sul divano, gli occhi chiusi, ripercorre ogni attimo
di quei quattro anni tanto spaventosi quanto meravigliosi, fatti di dubbi, e
pianti, e tanti sorrisi di Draco. Così dolci.
Poi il rumore della porta che si apre e dei passi
di Malfoy lo risvegliano.
- Harry? -
- Mmh? –
- Come mai sei venuto qui
così all’improvviso? -
Draco è in
piedi di fronte al bagno, un asciugamano in vita. Con un altro si friziona i
capelli.
Harry apre
gli occhi e fa del suo meglio per sembrare disinvolto, le mani strette sui cuscini
del divano. – Sono passato in negozio e non c’eri, così mi sono preoccupato. –
- Ah. Ho lasciato detto a Linda che andavo a
prendermi un caffè. Era da un po’ che non c’erano più clienti e lei bastava e
avanzava… avevo un sonno che morivo. Tanto Thomson
non c’era! -
Draco
sorride infilandosi un paio di boxer e dei comodi pantaloni di cotone. Oh sì,
la sta proprio spremendo ben benino la ragazza. Sta per aggiungere
qualcos’altro, ma il suo sguardo si blocca fisso sul tavolino di fronte al
divano. Sulla bacchetta.
- Cos’è quello? - sbotta con un cipiglio scuro in
volto. Per la prima volta da anni ad Harry sembra che abbia riconosciuto qualcosa del suo
passato. E no, non gli piace.
Scatta a sedere, maledicendosi ancora una volta
per la propria ingenuità. – Nulla, l’ho trovata prima per terra… non trovi
abbia una forma strana? –
Sa di non essersela cavata molto bene. Draco aggrotta le sopracciglia e allunga la mano verso la
bacchetta. Harry non fa in tempo a sottrargliela che
le dita del biondo l’hanno già raccolta nel pugno.
E il baluginare sorpreso negli occhi di Draco è l’unica cosa che rimane negli occhi di Harry prima di vederlo scomparire.
*
Una passaporta.
Qualcuno, un fottuto qualcuno ha sostituito la sua
bacchetta con una passaporta. Harry
lo realizza una volta tornato a casa, vedendo la
propria bacchetta sul tavolo della cucina.
Istintivamente si guarda intorno, cercando Draco. Se la sua bacchetta originale fosse stata incantata
allora avrebbe dovuto trovarsi lì, ma lui non c’è.
Harry ha
voglia di urlare, ha voglia di piangere, di prendere la bacchetta e ridurla in
mille frammenti, più piccoli della polvere che giace sotto i suoi tappeti.
Chi cazzo può essere
stato?, pensa. Chi diavolo può essere così ingegnoso
da creare una passaporta con simili caratteristiche?
Identica in tutto e per tutto ad un altro oggetto, che sia in grado di svolgere
la stessa funzione (non si spiegava altrimenti l’alohomora
che aveva lanciato alla porta) e che si attivi con il tocco di una persona
particolare, ovvero Draco.
Sconfitto, con la sofferenza in gola, l’angoscia
nel cuore e la paura nello stomaco, Harry ha più
voglia di piangere che d’urlare.
Dov’è Draco?
Dove diavolo può averlo portato quel fottuto bastardo?
Cosa ha intenzione di fargli?
E ciò che più lo
tormenta è che non può rispondere a nessuna di queste domande. Nemmeno alla
lontana.
Continua a ripetersi che per il bene di Draco deve calmarsi, deve ragionare. Tenta almeno un
centinaio di volte di chiamare Hermione attraverso il
camino, ma la sua mano trema e l’incantesimo è pronunciato ogni volta con voce
altrettanto tremante.
Con i pugni percuote il pavimento e picchia le
nocche fino a farle sanguinare. Si cinge il volto con le mani e la sua bocca si
bagna del suo stesso sangue.
Quando si volta verso il divano vede ancora Draco addormentato, le sue scarpe di tela consumate a
piegare il tessuto dei cuscini. Ma sa che si tratta di un frutto della sua
immaginazione.
E allora desidera con tutto il suo cuore che
quello stesso albero, quello che lui chiama immaginazione, abbia tra i suoi
frutti anche alcuni che suppongano il rapimento di un
proprio caro, sotto i propri occhi.
Lo desidera così ardentemente, in modo così
violento, che il suo stesso desiderio gli si rivolta contro.
Non se ne accorge quando
qualcuno si materializza alle sue spalle e una volta puntata la bacchetta al
suo capo sussurra “stupeficium”.
*
Oh! quel
Rêve les a saisies
Dans les pandiculations?
Un rêve inouï des Asies,
Des Khenghavars ou des Sions?
[…]Ce sont des ployeuses d'échines,
Des mains qui ne font jamais mal,
Plus fatales que des machines,
Plus fortes que tout un cheval!
Oh! quale sogno le ha
dunque sorprese
In qualche loro pandiculazione?
Forse un sogno inaudito dalle Asie,
da Kenghavàar oppure da Sionne?
[…]Fate
per stendere a terra i gropponi,
Son mani che però non fan mai male;
Ancora più fatali delle macchine,
Più forti di un cavallo tutto intero!
(Le mains de Jeanne Marie [ Le mani di Jeanne Marie]– Arthur
Rimbaud)
*
Harry sente
gli occhi bruciare, e per un attimo si chiede se non esista per caso una cecità
“bianca”. Perché il bianco è l’unico colore che al momento vede.
Poi la voce di Hermione
gli ferisce l’orecchio sinistro, e voltando il capo capisce di aver guardato
solo il soffitto fino a quel momento.
- Harry, come ti senti?
Sei al S.Mungo ora. Va tutto bene. -
Va tutto bene. Da come lo dice sembra
quasi vero. Sarebbe veramente bello poterci credere. Ma la testa gli scoppia e
le mani gli bruciano, e una grossa talpa con una vista molto
più acuta della sua sembra avergli scavato il cuore dall’interno. Va
tutto bene?
- Harry, mi senti? -
Questa è la voce di Ron.
Caro, vecchio Ron. Sommerso dal lavoro, molto più
stanco di quanto non dia a vedere. Ma perlomeno lui ha Hermione.
Sono sposati.
Chissà se lui riuscirebbe mai a chiedere Draco di sposarlo. Sono quel tipo di coppia?
Draco.
- Dov’è Draco? – Le
parole gli scoppiano in gola, e gracchianti arrancano fuori
dalle sue labbra.
Hermione al
suo fianco sorride. – Oh Harry, sono così felice che
abbia recuperato la memoria. Era qui poco fa e l’ho capito subito. Era proprio
lui, quello di una volta. –
Le sue parole hanno un’eco distorta e all’udito
di Harry appaiono disturbate, come un vinile troppo
vecchio.
- Un gruppo di medimaghi
è alla ricerca dell’uomo che ti ha schiantato. Probabilmente si è trattato di
una specie di attentato da parte di un qualche esaltato… sai, sei un po’
l’idolo del mondo magico in fondo. Ma suppongo che riavere il vero Draco al tuo fianco ti farà dimenticare tutto in fretta. -
Eco. Solo una lunga, miserabile eco senza senso.
Parole, parole, parole… Hermione, va tutto
bene?
- Sarà un po’ disorientato, poverino… l’ho visto
un po’ dubbioso mentre se ne stava qui al tuo
capezzale. Ma come ti guardava, Harry! Se non sono
occhi innamorati quelli…-
Esiste una cecità bianca?
- Mi dispiace ammetterlo, amico…
ma avevi ragione tu. Malfoy è davvero partito
per te. -
Hermione. Hermione. Hermione. Ron.
Draco. Draco?
- Draco è stato qui? -
La consapevolezza si fa largo lentamente dentro Harry, ma poi erompe in tutta la propria potenza.
Non è possibile. Draco
è scomparso… quel tizio… dov’è Draco?
Hermione
annuisce e guarda interrogativamente il suo volto
sorpreso. – Sì, anche parecchio a dire il vero. Se n’è andato giusto poche ore
fa. Sei stato privo di sensi per quasi due giorni. Mai visto uno stupeficium così… quel tizio doveva essere davvero convinto
di quello che faceva… -
Le parole di Hermione
scoppiano nel petto di Harry una ad una, come petardi. La testa gli gira, tutto gli fa male come
fosse appena stato pestato da un troll,
ma si alza sui gomiti, e successivamente si tira a sedere.
- Dov’è ora? -
Gli interessa solo quello. Draco
era stato lì? Aveva riacquistato la memoria? Dov’era? Cosa gli avevano fatto?
Ron gli
posa una mano sul petto e tenta di spingerlo verso il cuscino,
ma Harry non si muove.
- Dov’è? – ripete.
- Harry, calmo. – Hermione si allunga all’indietro e prende qualcosa dal
comodino della sua stanza di ospedale. – Ha lasciato un biglietto, per te. –
Il foglietto ricade tra le mani di Harry come un’ancora. Riconosce subito la scrittura
arrotondata di Draco, il suo tratto sottile.
“Ti aspetto a casa tua. Per favore, riprenditi
presto. Ti spiegherò tutto, promesso.
Draco,
figlio di Lucius Malfoy,
spia dell’Ordine della Fenice, amante del salvatore del mondo magico.”
*
E se, per esempio, crei un dolore alternativo per
rimpiazzarne uno insopportabile? Se fai questo… non ti senti come se potessi
dimenticare quel dolore, anche solo per un momento?
Naturalmente non c’è nessuna possibilità che tu possa cancellare quel dolore soltanto così.
(Cut – Touko Kawai )
Al suo ritorno a casa, Harry
trova Draco addormentato. Non sul divano, ma sul
pavimento.
Non indossa più né i
jeans, né il suo grosso maglione, né le sue scarpe di tela. Ma non ha indosso
quelle di vernice.
I suoi capelli sono ancora liberi e leggeri sulla
sua fronte.
Addosso ha un paio di pantaloni e una vecchia
maglietta di Harry.
I suoi piedi sono nudi.
I suoi occhi sono gonfi, e arrossati.
Eppure è bello. E ad Harry non importa. Non importa più nulla del tizio che l’ha
rapito, di cercarlo, ucciderlo, vendicarsi in tutti i modi più atroci che
conosce. Vuole solo vedere di nuovo il sorriso di Draco
e mettergli addosso un panno caldo, perché per terra,
con addosso pochi abiti primaverile, sicuramente starà morendo di freddo.
Si inginocchia, e come ha fatto l’ultima volta a
casa sua, l’abbraccia. Forte.
Gli gira ancora un poco la testa e chinarsi non è
certo salutare, ma quando vede Draco corrugare la fronte mentre lentamente si sveglia tutti i suoi sforzi sono
ripagati.
Sente un “Harry”
sussurrato e culla il busto di Draco tra le braccia,
appoggiando la fronte al suo capo. Dio, quant’è bello
poterlo sentire così.
- Harry – stavolta il
tono è deciso sebbene ancora annichilito dal sonno. – Io… ti aspettavo. -
- Lo so. –
Harry non
riesce a staccare gli occhi dai suoi. Quel viso, quella, bocca, quel naso… oh
Draco.
Poi gli tornano in mente le parole di Hermione, e il suo biglietto. “Oh Harry,
sono così felice che abbia recuperato la memoria.”
- Tu… ricordi? – Gli stringe il volto tra le mani
e lo vede annuire, con lo sguardo più profondo che gli
abbia mai visto addosso. Allora l’abbraccio diventa soffocante. Perché ad Harry il respiro non serve. E’
lì: Draco è tra le sue braccia, non fuggito tra
quelle di un passato che vuole dimenticare.
Il corpo di Malfoy è
inerte, si lascia manovrare. Solo i suoi pugni sono chiusi. – Harry – sussurra.
Ma Harry non lo sente.
Non vuole sentire. Vuole solo avvertire, in senso fisico, toccare
e capire che è tutto vero. Va tutto bene.
- Harry – Draco lo chiama di nuovo.
- Stai bene? Quella passaporta…
dove ti ha portato? Ti hanno fatto qualcosa? – Harry
non lo ascolta e passa le mani ovunque sul suo corpo, felice ad ogni spigolo e
ad ogni curva che i suoi polpastrelli riescono a percepire.
- Harry, sto bene, ma…
-
- Chi diavolo è? Chi ti ha rapito? Cosa voleva da
te? Giuro che se ti ha torto un capello… io lo ammazzo. Dimmi chi è e non
passerà un altro solo giorno in libertà. Dio, Draco…
ho avuto così paura… -
E’ un flusso di pensieri e parole continuo… gli
uni contemporanei alle altre. Tutta l’agitazione,
l’angoscia, il senso di impotenza, la rabbia… tutto confluisce fuori dalle labbra di Harry e si
va a schiantare su quelle di Draco insieme a miriadi
di baci, leggeri e profondi.
Finchè Draco non gli afferra il polso e lo allontana.
- Harry. – inizia, la
voce come il ruggito di un cucciolo di leone: debole, ma
minacciosa. – Nessuno mi ha fatto niente, perché nessuno mi ha rapito. Io… -
Allora il ruggito diventa un miagolio. Uno
scurirsi sommesso di gola, labile e incandescente.
Le parole escono a fiotti dalle labbra di Draco, le lacrime cominciano a scorrere calde sulle sue
guance.
Ed Harry, per la prima
volta, ascolta. Ascolta davvero.
Ogni lacrima uno spillo in meno dagli angoli del
suo stomaco, ma una goccia di sangue in più.
Ascolta tutto, tutta la notte.
E capisce.
Quando Harry uccise il
Signore Oscuro, mi sentii invincibile.
Il macigno che mi pesava sul cuore si sgretolò
pezzo per pezzo, e finalmente realizzai: era finita.
La guerra, e tutto ciò che portava con sé: la
morte, l’angoscia,
la paura per le persone care, la sfiducia… con Harry,
grazie ad Harry, tutto era finito.
Fui davvero felice in un primo momento. Io, Draco Malfoy, insieme a tutto il
mondo magico, ero
libero.
Ma si sa, ogni gioia scorre in una diversa
sorgente, e prima o poi incontra una foce dove andrà disperdendosi.
Perché con la fine di una guerra ha inizio il
flusso dei ricordi.
E io ricordai ciò che ogni giorno cercavo di
scordare.
Mio padre non morì in un incidente. L’esplosione
che coinvolse la sua cella… non fu casuale.
Quel tipo di detonazione non è
dovuta ad un incantesimo, ma ad una pozione. Versata in grandi quantità,
dopo alcuni giorni, diviene esplosiva.
Il piano organizzato dai mangiamorte
era quello di versarla sulle mura di Azkaban attraverso alcuni
gufi fidati, insospettabili per la propria funzione di recapito della posta. Io
ne venni a conoscenza grazie a Severus, con la
promessa di non rivelarlo ad anima viva.
Distillai un’altra boccetta di pozione e la legai
alla zampa del mio falcone.
Non odiavo mio padre, ma ciò che rappresentava.
Gli sguardi maligni della gente su di me… se lui fosse morto, sarebbero
cessati?
Credo di aver aperto la finestra al falco dopo
aver bevuto un litro di Whiskey incendiario. Credo,
perché il giorno dopo, accanto al giornale con la notizia che la cella di Lucius Malfoy era saltata per
aria, c’era proprio una bottiglia vuota.
Dopo aver letto ne vuotai un’altra.
Non ne feci parola con nessuno. Tutti pensarono
fosse stato un tragico incidente, e Voldemort in
fondo non prestava troppa attenzione a chi moriva e a chi viveva. A meno che
non si trattasse di Harry Potter.
Sognai mio padre tutte le
notti per mesi. Imparai a scagliare cruciatus su me
stesso, con l’ausilio di un particolare specchio riflettente. Poi, per assurdo,
scelsi le file dell’Ordine.
Credo di essere stato presto stanco di quanto
tutti vedessero in me l’ombra sputata di mio padre. Ogni condoglianza mi
spezzava a metà ed ero io a dovermi ricucire, la sera.
Alla fine conobbi Harry.
Non nel senso che lo incontrai… mi innamorai di lui, come un ragazzino idiota.
Patricida e pure frocio.
Ma perlomeno ricambiato.
Credetti di
potercela fare a dimenticare tutto. Non fu così.
Allora decisi. Volevo farla finita, con tutto.
Non avevo abbastanza coraggio per togliermi la vita,
ma ne avevo abbastanza per crearmene una nuova.
Feci una cernita attenta e precisa di ciò che
volevo ricordare e ciò che al contrario volevo cancellare per sempre dalla mia
mente… e alla fine non risultò. Lasciai intatto solo ciò che riguardava il
mondo babbano che negli ultimi tempi avevo imparato a conoscere. Volevo
cominciare una vita nuova, pulita, un foglio bianco da riscrivere.
Ma non riuscivo a non pensare ad
Harry.
Così lo inclusi tra i
miei ricordi. Quanto avrebbe sofferto? Non ci pensavo.
Funzionò. Cambiò tutto.
Era tutto perfetto: io ed Harry,
in un mondo nuovo, senza alcun peso. O quasi.
Tutto fino a quando non andai a casa sua senza
preavviso. La porta era socchiusa, così non mi feci troppi problemi ad entrare.
Quello che vidi furono piatti e posate volare, niente di troppo originale. Una
casa che si puliva praticamente da sola, come la maggior parte delle abitazioni
magiche.
Eppure rimasi scioccato.
Harry non
era in casa, ed io proseguii stanza per stanza nell’ispezione di quello che io,
da perfetto novello babbano, ero convinto fosse un fenomeno paranormale. Piano piano, lentamente, cominciai a ricordare. Poco per volta,
come il profilo dell’orizzonte in un muro di nebbia, e l’incantesimo che io
avevo creduto essere infrangibile si rivelò molto più fragile di quanto
previsto.
Ripiombai nella stessa, precisa disperazione di
quattro anni prima. Solo più viva e bruciante, dopo la
mia vigliaccheria.
Ed architettai un altro piano.
In fondo, quando ti colpisce un dolore così
intenso, che altro puoi fare se non coprirlo con altro dolore? Con qualcosa che
tuttavia ti sembri più lecito?
Ancora confuso, andai a casa di mia madre. In
camera mia trovai la mia bacchetta, i documenti che attestavano l’eredità
ricevuta da mio padre, e tanto altro.
Non credevo che mia madre avrebbe pensato a quel
vecchio stratagemma del personaggio che agisce nell’ombra per l’Oscuro.
Quella era una trovata di Severus
per rivelarle le informazioni che aveva ricevuto come spia nell’Ordine senza
rivelarle effettivamente cosa facesse. Il fatto che Piton
fosse una spia non doveva essere sulla bocca di tutti.
Io avevo pensato semplicemente di sparire. Sì,
avevo fatto una replica della bacchetta di Harry e
glie l’avevo infilata nella tasca dei pantaloni la sera prima, con
disinvoltura. Sapevo che la portava sempre lì e non l’avrebbe cercata altrove. Harry è un uomo parecchio, parecchio disordinato.
Gli lasciai intendere che fosse una passaporta
quando toccandola sparii. In realtà mi smaterializzai fuori Londra, dove
mi aspettava una valigia di vestiti nuovi che avevo comprato per posta con
qualche centinaio di galeoni.
Qualche giorno più tardi avrei inviato ad Harry una lettera dove gli
dicevo di aver raggiunto Severus, latitante da anni,
che la passaporta apparteneva a lui. Che non avrei
voluto vederlo mai più, e qualcos’altro del genere.
Eppure (quanto ridicolo sono) non resistetti.
Volli vederlo ancora una volta, lui e la sua reazione.
Con addosso un
incantesimo schermante mi materializzai in casa sua e oh sì, vidi. La sua
rabbia, le sue lacrime, le sue mani sporche di sangue. La sua disperazione per
me. Mi sentii piegare in due.
Sapevo quel tipo di sofferenza a cosa conduceva…
e così, senza pensarci, lo schiantai. In modo leggero ma duraturo. Lo indussi
ad un sonno forzatamente prolungato, in modo che non potesse più farsi del
male.
E mi presi tempo per pensare.
A mio padre, al mio amore, alla guerra. A me
stesso.
Alla fine mi ritrovai di fianco al letto di ospedale
di Harry, con a seguito Lenticchia
e
E capii che non importava.
Che Harry era bello,
che noi insieme eravamo la cosa più bella che avessi mai visto.
Che un dolore insopportabile può essere assopito
anche da qualcosa che non sia dolore.
Sarei potuto
fuggire in eterno da una persona, ma non da un ricordo.
E mi ritrovai a stringere la mano di Harry, pregando affinché si svegliasse.
Non credo di aver mai fatto scelta più giusta, in
vita mia.
*
Elle était fort déshabillée
Et de grands arbres indiscrets
Aux vitres jetaient leur feuillée
Malinement, tout près, tout près...
La signorina era molto discinta;
Le grandi piante, senza discrezione,
Buttavano le chiome contro i vetri.
Maliziosette,
vicino, vicino…
( Première
soirée [Prima Serata] – Arthur
Rimbaud )
Le lacrime di Draco
bagnano il cuscino di Harry fino a mattina tarda.
Parlano, continuano a parlare. Draco continua a
piangere, e Harry continua ad abbracciarlo. Forte.
Come nella speranza di assorbire un poco di quella pena, un poco di quel
terrore.
Non è facile. Quella stanza, quella notte, ingoia
tanta violenza e tanto amore da rimanerne affrescata come da un pittore
d’astratti.
Harry sa di
potere perdonare Draco. Sa di averlo già fatto
quattro anni prima.
Ora lo vede come una macchia bianca su cui è
stata abbandonata una pennellata di tempera rossa: non ancora omogenea, i due
colori che fanno a pugni tra di loro. Ma prima o poi
diverrà un dolce rosa opaco, ne è convinto.
Il passato è un mostro che assale all’improvviso
in uno scroscio di panico: rimane lì, con l’alito sul collo, fino a quando paradossalmente, non ci si gira, lo si bacia, e quell’alito non lo si accoglie tra le labbra.
Harry cerca
di fare così con Draco. Lo bacia e lo
ribacia, respira il suo respiro.
Mentre gli accarezza il petto con mani calde e lo
sente ansimare tra le lacrime non lascia spazio ai suoi pensieri. Con la lingua
ripercorre la linea sottile del suo collo fino a lambire i capezzoli e poi giù,
ancora più giù. Fa tutto lentamente, in modo quasi esasperante, e mentre lo
gira sulla pancia gli bacia il collo, il mento, l’orecchio, gli accarezza la
schiena.
Continua a baciarlo ovunque possa giungere mentre lo penetra con un dito inumidito di saliva.
Mentre Draco tende la
schiena e sporge il bacino all’infuori gli ripete quanto sia
bello, quanto lo ami, quanto sia splendido dentro e fuori. Con le dita gli
accarezza le labbra e Draco le lambisce con la
lingua, niente più sale a rigargli le guance se non quello ormai passato.
Quelle stesse dita lo allargano piano piano, uscendo ed entrando con pazienza, ruotando e
separandosi a forbice, sempre pigramente, sempre adagio.
E la notte, succinta, si dipinge si sospiri,
ansiti, un poco di dolore. E di rosa.
La signorina era molto discinta;
Le grandi piante, senza discrezione,
Buttavano le chiome contro i vetri.
Maliziosette,
vicino, vicino…
End.