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Autore: nikoolas96    21/12/2013    5 recensioni
Questa è la prima storia che pubblico qui, nonché la prima storia che scrivo in assoluto, spero vi piaccia e spero di ricevere tante recensioni e tante critiche in modo da potermi migliorare! La storia parla di un ragazzo Nik, che racconta la sua amicizia con un suo coetaneo, Vince e l'evoluzione di uno dei rapporti più "densi" che abbia mai avuto in vita sua. E voi, cosa ne pensate? Che cos'è per voi la vera amicizia? "Semplice" o "complicata"?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio amico Vince.
 
E all’improvviso, in quello che sembrava un giorno come gli altri, ecco che sento il cellulare squillare e una notifica arrivare da un numero apparentemente sconosciuto.
Mi ci vuole un attimo, soltanto leggere per far scattare in me una scintilla che, evidentemente, in quel momento non era scattata per nulla. I miei sospetti erano fondati: era lui. Era tornato.
Ed ecco che dopo mesi sembra tornare una speranza.
Non è facile spiegare qual è il mio rapporto con le persone a cui voglio bene. A volte tendo ad affezionarmi anche troppo a chi reputo un amico importante, a volte rischio persino di dipendere da quelle stesse amicizie, a volte rischio solo di farmi tanti castelli in aria su storie ipotetiche che, alla fin fine, storie non sono. Tuttavia quando reputo un’amicizia davvero importante, sono sempre il primo a farsi in quattro per i miei amici, per mantenere vivi quei legami che mi sembrano così preziosi da quasi apparirmi indissolubili, ma alle volte non è proprio così.
Sono un ragazzo di diciassette anni “apparentemente” normale, ho tanti amici, la scuola non è mai stato un problema (Tranne negli ultimi tempi)  e ho una grande passione: la musica.
Si può dire che la musica sia quella cosa che mi fa sentire in cima al mondo, che mi da più soddisfazione, sicurezza in me stesso e anche una buona dose di spensieratezza che, alle volte non fa mai male, quando canto o suono riesco a sentirmi davvero bene con me stesso e con il mondo.
Come “artista” ma anche come persona ho tanti lati positivi e negativi e anche qualche delirio “mistico” o qualche dubbio esistenziale che ogni tanto infesta la mia mente, ma c’è una cosa in cui ho sempre creduto: l’amicizia.
Forse il mio concetto di amicizia può essere ritenuto un po’ platonico o da “suora”, ma per me un amico è una persona su cui si può sempre contare, che non sparisce per poi tornare quando gli fa più comodo o quando non sa a chi rivolgersi, è una persona preziosa, importante e soprattutto qualcuno che vuole davvero il tuo bene. Sembrerò un po’ esagerato, ma ho sempre concepito tipi e tipi di amicizie: le amicizie sterili, le amicizie deleterie, quelle spensierate, ma soprattutto quelle importanti.
Ecco, Vince era una di quelle e noi ci conoscemmo quando le cose nella mia famiglia non andavano affatto bene, non ci incontrammo, ci conoscemmo in rete e cominciammo a parlare del più e del meno. Dalle semplici chiacchierate in chat cominciammo a sentirci anche via telefono o videochiamata, ma sentivo che piano piano si stava formando un legame, un filo che ci univa con la stessa consistenza del diamante! In parole povere: mi stavo affezionando a lui.
Lo so, lo so, per un diciassettenne in preda agli ormoni più che un’amicizia questa cosa può sembrare il prologo di una storia e beh, forse era così, forse i miei sentimenti potevano significare qualcos’altro, ma non sono mai stati creati i presupposti perché tra noi potesse nascere qualcosa di più di una semplice amicizia, perché né io né lui ne abbiamo mai minimamente parlato o abbiamo discusso a riguardo. Dopotutto sapevo solo ciò che lui voleva farmi sapere e per quanto la nostra amicizia potesse essere florida era effimera allo stesso tempo.
Tuttavia, continuammo a sentirci, a parlare e a passare dei bei momenti tra una diatriba e l’altra del sito dove ci eravamo incontrati e in cui eravamo ancora iscritti entrambi come utenti. Quando il sito dovette dichiarare chiusura, non smettemmo di sentirci, anzi, continuammo come se tutto ciò non fosse mai successo perché avevamo trovato altre cose che avevamo in comune.
Quando era molto giù di morale mi chiamava e io facevo lo stesso, mi sentivo importante e questo mi faceva stare bene, mi faceva bene aiutarlo, instaurare un legame solido, cosa che non avrei mai potuto fare con le persone che avevo vicino a me neanche se ci avessi provato: tutti mi guardavano con occhi diversi, si fermavano alle apparenze e a loro bastava così, probabilmente se fossi andato oltre quello che era il semplice “Nik di facciata” mi avrebbero emarginato e persino linciato.
Alcune persone proprio non capiscono cosa sia l’apertura mentale.
Le cose, tuttavia, iniziarono a cambiare quando Vince si innamorò. Non ebbe scampo. Quei sentimenti lo travolsero come una lancia, un fulmine, un dardo: ebbe la sua prima cotta.
All’inizio ero felice per lui, lo vedevo svolazzare o filosofeggiare di qua e di la perché era stato notato, aveva parlato o era andato a un evento con la persona che gli piaceva e io stavo bene perché lui stava bene, anche se non potevo nascondere un po’ d’invidia visto che io avevo sempre avuto paura, terrore di instaurare una relazione con chiunque, ma forse, nel profondo, ero anche io un inguaribile romantico. Il colmo ci fu quando si baciarono: stappammo lo champagne (Virtualmente parlando, è ovvio) e pretesi che mi raccontasse tutto quello che era successo, per filo e per segno. Mi sentivo davvero felice per lui (Tralasciando quel retrogusto amaro che non potevo fare a meno di provare, forse per la mia insicurezza… Chissà?) e lui lo era dieci volte più di me. Era tutto perfetto.
E poi ci fu l’inizio della fine.
Il tutto iniziò, appunto, quando la storia finì. I due ruppero ed in un primo momento io gli stetti vicino, con lui che mi diceva “Nik, io non ce la faccio, sono innamorato!” ed io, che non sapevo cosa fare o cosa dire, cercavo solo di fargli sentire la mia presenza, di dirgli “Io sono qui.”. Ma a quanto pare è servito davvero, davvero a poco. Infatti, dopo circa un mese dalla loro rottura, Vince sparì, così come era comparso: dal nulla. A dire il vero più che sparire si allontanò ed anche in fretta: gli mandavo messaggi per chiedergli come stava, gli scrivevo in chat ma nulla, le conversazioni erano sterili, minimali, banali ed io me ne accorgevo, solo che all’inizio non ne compresi il perché. Non sapevo perché si allontanava sempre di più da me, fatto sta che lo faceva e la mia testa (E il mio orgoglio) mi dicevano di non pressare la mano, che forse era solo un periodo e che non sarebbe stato giusto assillarlo: dopotutto chi ero io per assillarlo? Ero solo un suo amico, per di più neanche mai visto e anche se sapevo che il nostro legame era molto forte sapevo anche che era, come ho già detto, allo stesso tempo effimero.
E come avevo calcolato, lui si allontanò del tutto fino a smettere di sentirci e passarono sei mesi prima che mi ricontattasse di nuovo. A dir la verità lo fece, ma per cose futili che neanche calcolai più di tanto. Quando ci risentimmo gli feci presente il fatto che era completamente sparito e che io ci ero rimasto malissimo, anzi, glielo feci proprio pesare. Lui mi disse che gli dispiaceva e che era perché la sua delusione amorosa lo aveva praticamente distrutto, allora me ne feci una ragione pensando che non fosse giusto interferire così con la sua vita, dopotutto non ci ero mai passato, non potevo sapere se una delusione amorosa valesse la pena di distruggere un’amicizia o meno.
E provammo ad andare avanti.
Le cose funzionarono per un certo periodo di tempo e io ero davvero contento di risentirlo, che fossero tornate le nostre chat, le nostre videochiamate e i nostri sproloqui (Per lo più miei soliloqui, devo ammetterlo!) al telefono. Ero felice di riavere di nuovo il mio amico, il mio caro Vince.
Così come iniziarono, le cose finirono un’altra volta. Ci furono altre discussioni, questo è certo, in cui lui mi sbatteva praticamente la porta in faccia tutte le volte (Metaforicamente parlando) disconnettendosi dalla chat ogni qual volta tra noi due si instaurava un punto di non ritorno e io non lo accettavo, non potevo assolutamente accettarlo. Mi sentivo uno schifo, praticamente pari a zero, uno zerbino e anche una nullità, sentivo come se di me non gli importasse nulla, niente di niente e ogni qual volta questa cosa ricapitava (Anche se parlavamo della sua storia finita) il mio sentimento non faceva che amplificarsi: la verità era che ero ancora molto diffidente, avevo paura che così facendo sarebbe sparito di nuovo, che non ci saremmo più sentiti e che avrei dovuto incassare, inerme un’altra volta e non volevo. Non volevo perché sapevo come mi sarei sentito, sapevo che sarebbe stato troppo da reggere per il mio orgoglio smisurato, ma sapevo anche di essere testardo, cocciuto e ottuso a volte. Non riuscivo mai a capire quando era tempo di mettere la parola fine.
A malincuore era proprio quello che fui “costretto” a fare, non perché me lo impose, perché era l’unica opzione disponibile, perché le avevo provate tutte e, sinceramente, perché ero stanco di sentirmi in quel modo per qualcuno che ormai non meritava più la mia amicizia e a cui neanche importava di meritarla.
E così chiudemmo, definitivamente, anzi: chiusi.
Il punto è: perché tutto questo? Insomma, vi sarete chiesti il perché di tutto il discorso, no?
Come stavo dicendo, a distanza di dieci mesi dall’ultima volta, si riaccende in me una scintilla e mi ritrovo a ridere come un cretino, ridere di gioia, perché dentro di me ho sempre sperato che un giorno sarebbe ritornato, che un giorno avremmo potuto riallacciare quel legame e provarci un’altra (Ancora) volta e con quel messaggio me ne aveva dato la possibilità!
C’era una cosa che non avevo calcolato: la nostra incompatibilità.
Oramai era chiaro che noi due non avevamo lo stesso concetto di amicizia, per me era una questione di equilibrio, per lui una questione di occasione. Per me era una questione di volontà, per lui una questione di predisposizione. Eravamo le due facce di una stessa medaglia, ma chi poteva dire chi di noi aveva ragione? Di certo non io, ma una cosa era certa: non potevo continuare ad illudermi.
Nella discussione che avemmo, sempre via messaggi, in sostanza lui sostenne che io ero troppo “complicato”, io che lui era troppo “semplice”. Non sopportavo la sua leggerezza, non sopportavo il suo svalutare il mio modo di essere, sminuirlo e criticarlo: non ne aveva il diritto! Non lui, che non aveva mai provato a conoscermi davvero mentre io ce l’avevo sempre messa tutta. “Nik (Mi dicevo), la tua concezione di amicizia sarà anche pesante, complicata o incoerente, come dice lui, ma per te è una cosa davvero preziosa! Che senso ha sminuirla perché qualcuno ti considera senza valore?”.
Ed ecco perché mi decisi a vomitare tutto, e a dirgli per l’ultima volta di non volerlo nella mia vita, che non avrei rinnegato me stesso per lui che non aveva fatto altro che giudicarmi senza averne il diritto e che soprattutto non aveva la minima idea di cosa fosse davvero un’amicizia! O almeno, di quello che io pensavo fosse la nostra amicizia.
E fu così che ci salutammo, forse per sempre, forse no, chissà, ma almeno posso dire che il retrogusto amaro che ogni tanto ritornava non ha più ragione di tormentarmi: devo solo imparare a conviverci! C’est la vie! Magari le cose sarebbero potute andare diversamente, magari no, chi lo sa? Posso solo dire che gli ho voluto bene, davvero bene e magari crescendo, troverò anche una spiegazione o capirò che forse neanche ne esiste una, forse è tutta una questione di sentimenti…


<b><i>{Vince}</i></b><b><i>Nik</i></b>
{V} {N}
   
 
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