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Autore: TheMask    21/12/2013    1 recensioni
Questa fan fiction è una What if sui personaggi principali del Death Note.
Mi sono chiesta: se anche loro andassero al liceo, come passerebbero le loro giornate?
E' un po' OOC, me ne rendo conto e chiedo venia, ma spero possiate gradirla ugualmente! :)
Fatemi sapere che ne pensate se vi va!
estratto --->
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“COSA INTENDI DIRE?”
“Quello che ho appena detto.”
“NON CI SPEREREI SE FOSSI IN TE! E ORA ESCI DI QUI!”
“E perché dovrei?”
“PERCHè SE NO VENGO LI E TI STRAPPO I BULBI OCULARI!”
“Mi sembra un’ottima risposta” rispose infine il ragazzo, lievemente preoccupato per i suoi bulbi oculari.
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Fissavo uno scantinato illuminato quasi a giorno dalle finestre in alto, che davano probabilmente sulla strada sopra di noi, pieno zeppo di… quadri.
Appesi e appoggiati alle pareti, impilati l’uno sull’altro. Un cavalletto illuminato, sotto una delle finestrelle, ospitava una tela ancora incompleta.
Ma non era solo questo a farmi sentire come se qualcuno mi avesse calciato fuori dal mondo per proiettarmi in un sogno strano e surreale.
Tutti i dipinti raffiguravano, ora chiaramente, ora in modo quasi astratto, due volti femminili, che si alternavano nella stanza dando e restituendo molteplici sguardi.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Beyond Birthday
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eilà, cari amici miei, giovani e vecchi e anche - ma solo perchè è carnevale (?) - le signore di mezz'età finte bionde con un po' di ricrescita che mettono solo calze di carne!
Si, tentavo di distrarvi con nonsense. Oppure no. Oppure i pinguini hanno il sangue arancione. 
Da cosa volevo distrarvi? Mah. Chissà.
Potrebbero essere molte cose.... 
Ok, lo ammetto, mi vergogno del fatto che il mio ultimo aggiornamento risale a.... PUFF, un sacco di tempo. 
Vi chiedo davvero scusa, anche se mi rendo conto che succede molto spesso ultimamente, e mi dispiaccio della mia intollerabile incostanza. Io per prima smetterei, a un certo punto, di seguire una storia che va avanti così lentamente, davvero.
Ma se continuare a seguirmi nonostante i ritardi e lunghi momenti di silenzio  - momenti nei quali ogni volta che accendo il computer c'è la cartella dei miei documenti world che mi lancia sguardi di rimprovero e disperazione che mi bruciano dentro, sigh sob - sappiate che siete la LuCE dEi miEi oCChi, THE BEST FOREVAH ecc ecc.
No, scherzi a parte, vi ringrazio seriamente di tutto cuore per le tante possibilità.
Ma la verità è che il tempo incalza sempre, e sempre di più. La verità è che a volte devi sceglierti delle priorità e spesso non puoi, anche se magari lo vuoi, dedicare tempo a EFP, per mille motivi. La scuola, le attività extrascolastiche, la chitarra, gli amici, e qui, e là, e la stanchezza. Immagino che ognuno di noi sappia bene che ci sono miriadi di ragioni per cui, a volte, mettersi alle dieci e mezzo a scrivere, con la testa altrove,  il corpo che ti urla di andare a letto e il Rocci che ti guarda con sadismo e cattiveria, non è consigliabile. Anche perchè in certe condizioni, se scrivi, il documento world si incendia da solo perchè ciò che scrivi ricorda troppo, davvero troppo, gli escrementi del tuo adorato cagnolino, che mangia come un bue, è piccolo e tenero, e poi al parco espelle montagne da record mondiale, anzi, universale.
Non mi soffermerò oltre nelle mie noiose scuse, e vi lascerò subito alla lettura di questo nuovo capitolo, ma prima fatemi dire che, se anche non ve lo prometto, vi assicuro che tenterò sempre di rispettare scadenze un minimo decenti per questa storia, e per EFP in generale.
Spero mi perdonerete, alla fine. Di nuovo.... :(

Mina





Io e Beyond ci guardammo con determinazione.
“Cosa proponi di fare?” gli domandai.
“Li picchiamo a sangue fino a che non sputano l’intestino crasso?”
“Cosa proponi di fare realisticamente?”
Momento di silenzio.
Sbuffo.
“Non lo so” esalò, lasciandosi cadere sulla panchina e guardando il cielo.
Scossi la testa.
“Dovremmo andarci a parlare secondo te?” chiese Beyond, sbuffando di nuovo.
“No, non credo che sia la cosa più giusta. Finiremmo per incazzarci, litigare e ucciderci a vicenda. O sbaglio?”
“Infatti hai ragione…”
“Beh, potete usare la cosa a vostro vantaggio”  mormorò il tipo, infilandosi le mani in tasca.
“Cosa intendi, scusa?” chiesi, guardandolo fisso.
Non mi rispose subito, troppo impegnato a tirare fuori dalle tasche un accendino rosso e un pacchetto di sigarette.
Se ne accese una e rimise in tasca il resto, con gesti lenti.
“Allora?”
Il ragazzo espirò fumo alla propria sinistra, per poi stringersi nelle spalle.
“Dico solo che, se non fate sapere a quei due che li avete smascherati e li tenete sulle spine… – fece un tiro dalla sigaretta, fermandosi – presto o tardi il nostro amato direttore si stuferà di sprecarli per Beyond e… - altro tiro – ve li toglierà lui stesso dalle palle, per usarli da qualche altra parte. La cosa migliore sarebbe che non ottengano ciò che vogliono, né loro né il direttore, tantomeno.”
Beyond sbuffò per la terza volta.
“Averli fra i piedi sapendo cosa stanno tentando di fare sarà difficile. Ma forse è l’idea migliore.”
“Pensi che ci vorrà molto perché il vostro direttore ce li tolga dalle palle?”
“No, non ci vorrà molto” rispose il tipo, benché la mia domanda fosse rivolta a Beyond.
“E tu che ne sai?”
“Lo so e basta. Quello che mi preoccupa è che… potrebbe comunque non arrendersi all’idea di separarvi. Penso che abbia numerosi e più facili modi per farlo, ma utilizzare Aki e Kendra lo diverte, per questo non li ha subito messi in atto. Tolti loro due sarete scoperti però. Potrebbe spostare Beyond in un’atra sede, per esempio, o fare qualsiasi altra cosa.”
Io e lui ci guardammo intensamente.
“Ma cazzo, non c’è un fottuto modo per farlo smettere!?” sbottò Beyond, alzandosi.
“Stai calmo” lo riprese freddamente il tipo.
Vidi il mio ragazzo in uno di quei rari momenti in cui avrebbe fatto a meno anche delle mani pur di legalizzare l’omicidio e fare fuori qualcuno coi denti. Si trattenne alla vista di due uomini che attraversavano lentamente la via.
“Mi chiedo solo – disse poi con un tono così distaccato da concorrere a quello del tipo – che senso abbia cercare una soluzione se tanto, qualsiasi cosa io faccia, le conseguenze sono sempre le stesse. Se mi vuole morto prima o poi riuscirà ad avermi morto, l’hai detto anche tu.”
“Non è il caso di disperare. Se lui decidesse di usare altri mezzi, conseguentemente, non ricompenserebbe Aki e Kendra. Loro non la prenderebbero affatto bene e ci sono buone probabilità che in quel caso il direttore non sia più un problema. Ma bisogna tenersi pronti. ”
“Cosa… intendi?”
“E’ solo un’ipotesi. Ma di solito indovino quando ne faccio una. Devi stare attento Beyond. Non farti beccare, qualsiasi cosa tu decida di fare. Il mio consiglio è l’attesa, le cose spesso si risolvono dopo poco, se si ha la pazienza di attendere in modo intelligente. Ora devo andare”
“Grazie per le informazioni, comunque” disse Beyond, alzatosi.
“Figurati B, è stato un piacere”
“Ma come fai a sapere tante cose?”
L’altro sorrise, facendo scintillare il piercing e abbassò lo sguardo elettrico. Dopo pochi secondi si era già allontanato.
“Ei… stai bene?”
Il mio ragazzo si lasciò cadere sulla panchina, sbuffando sonoramente.
Quando mi guardò non sembrava stare affatto bene. Che domanda idiota.
“Mi dispiace averti tirata dentro questa… cosa”
“Non hai alcuna colpa, perciò non dartene di immaginarie, ok?”
“Infatti è colpa tua” asserì.
“Cosa?”
“Se tu non fossi come sei… ma grazie al cielo lo sei.” Sorrise.
“Dove siamo, alla sagra delle carie ai denti?”
Rimanemmo su quella panchina per ore, abbracciati sotto il cielo freddo. Parlammo molto a lungo di quella situazione, di cosa dovessimo fare, di cosa avessimo pensato, di quali progetti avevamo per il futuro.
Decidemmo di seguire il consiglio di quel tipo, resistendo ai due e tenendoci pronti a eventuali sviluppi.
Mi raccontò molto, gli raccontai molto.
Perché nonostante tutto, anche se eravamo spaventati, disgustati e non sapevamo per qual motivo dovesse capitare tutto a noi, quella felicità che prima ci aveva avvolti non era scomparsa e nel momento di sconforto, l’avevamo ritrovata senza sforzo, oasi in cui rifugiarci almeno per un po’, per quanto possibile.
Si fece buio intorno a noi, ma continuammo a ignorare l’orologio e le chiamate perse. Stavamo bene insieme, così. Anche se ci fosse stato silenzio fra noi, non ci saremmo alzati da quella panchina per nulla al mondo.
Per una volta non pensammo che a quei momenti. Sentivamo una terribile paura. Paura di cosa, non lo saprei dire. Forse, temevamo una separazione forzata, forse temevamo solo che quel tempo passasse troppo in fretta.
Eppure sembrava che si fosse fermato.


Lucia e Mello erano rimasti a scuola insieme, decisi a studiare per la verifica di chimica del giorno successivo. Erano andati a mangiare una pizza all’angolo, chiacchierando fittamente come al solito, e poi erano risaliti in classe.
Era incredibile quanto si trovassero bene insieme, quei due.
Due che, tra l’altro, erano tutto fuorché simili, a prima vista.
Lui scontroso, freddo, difficile, lei dolce, aperta, logorroica a volte.
Eppure insieme era come se si equilibrassero. Mello parlava, lei lo lasciava parlare.
Lucy lo ascoltava attentamente, così come lui si trovava ad ascoltare attentamente lei. E nonostante il tempo che passavano insieme, avevano sempre cose da dirsi, argomenti da discutere.
Non che fossero d’accordo su tutto, certo, ma rispettavano le opinioni dell’altro. Discutevano animatamente, ridevano, si svagavano…
Uscivano insieme più di quanto non sembrasse a prima vista, si scrivevano.
Certo, Mello era sempre Mello. Non che la respingesse, a dire il vero.
Solo che a volte prendeva le distanze. Gettava la pietra e nascondeva la mano.
Era come se tentasse di convincersi che non era così attaccato a lei quanto i fatti provavano.
Lucy gli lasciava i suoi spazi, ma avvertiva la sua freddezza, in quei brevi silenzi, in alcune risposte concise.
Si ripeterono chimica a vicenda per tutto il pomeriggio, mettendo insieme gli appunti di entrambi per una maggiore completezza.
Il sole si scaldò e poi si affievolì al ritmo delle loro parole e delle loro annotazioni, sbiadendo il colore degli evidenziatori. Il banco al quale erano seduti l’uno davanti all’altro conobbe gli sbuffi e le risate dei due, nei momenti di leggerezza.
Nell’aula risuonò alcune volte lo schiocco del cioccolato che Mello assumeva quasi fosse cocaina sotto gli occhi di Lucy, che ancora si chiedeva come diavolo facesse a mantenersi magro nonostante tutto.
E infine, verso le sei, pochi minuti prima che passasse la bidella a controllare che non ci fosse nessuno prima di chiudere la scuola e andarsene a casa, si alzarono, si infilarono giacca e zaino e, lentamente, uscirono.
Percorsero fianco a fianco un tratto di strada, stupendosi di quanto già si fosse fatto buio, e ad un incrocio si fermarono a chiacchierare ancora un po’.
Se ne rimasero li, parlando del più e del meno, senza saper racimolare la volontà necessaria a separarsi.
Mello era pensieroso, ma ascoltava con attenzione le parole dell’amica, appoggiato al muro.
Con metà del cervello l’ascoltava, in effetti, ma con l’altra metà era al ricordo di una discussione con Matt. Gli aveva parlato, alcune volte, di Lucy, e il parere del rosso era stato chiaro sin dall’inizio.
“Amico mio, hai una cotta” aveva dichiarato, incrociando le braccia, dopo aver ascoltato le sue parole.
Il biondo l’aveva guardato malissimo, tirandogli subito dopo un cuscino e dandogli del coglione.
“Ma si può sapere che cazzo hai nella testa al posto del cervello? Altri capelli?”
“Eddai, guarda che non mi prendi in giro! Cioè, per un po’ ho anche avuto il dubbio che tu fossi gay, ma poi sono giunto alla conclusione che mi ero sbagliato! Ed infatti hai una cotta”
“Cosa?! Matt, che cazzo stai dicendo?”
“Beh, dai, i requisiti per essere gay li avevi tutti eh!”
A Matt era arrivato un altro cuscino in faccia.
In quel momento Mello, appoggiato a quel muro nell’aria fredda della sera, ripensando a quelle parole e sovrapponendole a quelle di Lucy, non sapeva che pensare.
Non gli era mai piaciuto avvicinarsi troppo alle persone, era sempre stato abbastanza ostico se non per Matt, col quale era cresciuto. Eppure quella ragazza gli faceva venire voglia di… essere un po’ diverso nella sua relazione col mondo.
I suoi lineamenti, i suoi occhi… gli si erano impressi nella mente e non aveva bisogno di guardarla per sapere che espressioni aveva.
Come lei capiva sempre i suoi umori solo guardandolo in viso distrattamente, così lui conosceva i suoi pensieri prima che venissero espressi.
Si smascheravano a vicenda continuamente, due persone che amavano mostrare facce costruite al mondo e che avevano solo bisogno di qualcuno che le distruggesse ogni tanto.
“Tutto a posto Mel?”
Era l’unica oltre Matt a poterlo chiamare così senza farlo incazzare.
“Certo…” rispose lui, tirando fuori un’altra tavoletta di cioccolato dalla tasca della giacca e scartandola lentamente.
“Ti dicevo, fra poco ci sarà un loro live e ci terrei ad andarci. Voglio dire, dovresti venire anche tu stavolta perché un conto è sentirli alle prove, quando fanno i cretini, un altro è ascoltarli dal vero. Penso che dovresti esserci.”
Il cioccolato schioccò sotto i denti di Mello.
“Ne vuoi un po’?”
Lucy lo guardò stupita: non l’aveva mai visto offrire il suo cioccolato a nessuno, al massimo regalare qualche tavoletta di cioccolato bianco, che lui non amava. E già quello…
Lui staccò tre quadratini della tavoletta, porgendoglieli.
Seguì con uno strano sguardo i movimenti dell’amica e proprio quando aveva il cioccolato fra i denti la fermò con un gesto della mano, come insoddisfatto.
Lucy arrossì, senza capire.
Mello si chinò su di lei senza pensarci, seguendo un istinto che non sapeva da dove venisse, e morse quel cioccolato spezzandolo in due.
Ne sentì il sapore dolce e amaro in bocca, quel sapore che tanto adorava, e vide il suo stesso colore negli occhi spalancati della mora davanti a lui.
Quando si riappoggiò al muro non sapeva che dire, notando l’imbarazzo causato.
“Scusa…” disse allora, tentando di accennare un sorriso scherzoso.
Lucy si rabbuiò, abbassando lo sguardo per un secondo.
“E’ uno scherzo?”
“Dai, Lu… non te la prendere, non volevo-”
“Non è affatto divertente” lo interruppe lei gelidamente.
“Senti, dai… non facevo mica sul serio… io… Lucy?”
“Tieniti i tuoi scherzi e fai pace col cervello, Mello”
Dopo un attimo di silenzio, la ragazza guardò l’orologio.
“Io.. devo andare. Ho da fare” senza una parola di più, si allontanò velocemente dal biondo, il quale rimase stupito a fissare il punto dov’era sparita.
“Coglione” sussurrò infine, tirandosi uno schiaffo.
 
“Amore, sono in iper-ritardo! Ma come abbiamo fatto a non vedere l’ora?” esclamò Matt, balzando giu dal letto con un’espressione alquanto comica.
“Dai, stai tranquillo, ce la facciamo!” replicò Cleo, con un sorriso, tirandosi a sedere.
“Ce la faccio, vorrai dire!”
“Ti accompagno per un pezzo”
“Non era una richiesta vero?”
“No, infatti!” puntualizzò lei.
“Allora muoviti, dobbiamo correre!” rispose rassegnato il ragazzo, sapendo che se anche avesse cominciato a discutere, sarebbe stata una battaglia persa in partenza.
Pochi minuti dopo, dunque,  i due correvano in strada, scansando per un pelo ora una vecchietta, ora un signore in pausa sigaretta, e tirandosi dietro tutte le loro maledizioni insieme alle giacche che ancora si stavano infilando.
Si fermarono solo all’angolo di quella sperduta stradicciola che nell’angolo più estremo ospitava la panchina divenuta nel tempo punto di ritrovo dei ragazzi della Wammy’s.
Senza fiato, Matt rise alla vista delle gote arrossate della sua ragazza.
“Tempo!” richiese lei appoggiandosi al muro con due mani.
“Sette minuti!” informò il rosso guardando il telefono.
La mora alzò un pugno in segno di vittoria, senza ancora il fiato sufficiente a dire alcunché.
“E abbiamo altri sette minuti per noi, volendo, ma nei rimanenti sei dovrò correre via solo soletto.” continuò.
Cleo si rialzò con la faccia di una sopravvissuta di guerra e lo abbracciò ridendo.
Si strinsero sostenendosi a vicenda, ancora stanchi della folle corsa appena fatta insieme.
“Che farei senza di te?”
“Ti compreresti un pupazzo che dice – ti voglio bene- ogni volta che lo strizzi!”
“Ma che idea sarebbe? Lo romperei dopo due minuti e non smetterebbe più di parlare. A quel punto l’unica soluzione sarebbe di lanciarlo giù da una finestra e sperare che l’altezza sia sufficiente! E se non lo fosse dovrei scendere e-”
“Hai finito?”
“Si”
Cleo gli fece una linguaccia.
“Sono già passati due minuti!”
“Mamma mia, sempre a mettere ansia alla gente tu! Rilaaaassati!”
“Ma voglio stare con te…”
“Perché con chi sei?”
“Beh, metti che sei un clone mandato da un terribile-”
“Matt, no.”
“Si, ma se-”
“No”
“Ma-”
Cleo, stanca, lo zittì con un bacio.
“Tu tronchi la mia immaginazione!” sussurrò lui, anche se non ne sembrava affatto dispiaciuto.
“Chiamala col suo vero nome: follia pura!”
“Tsk!”
Rimasero a guardarsi e prendersi in giro per i rimanenti minuti di tempo che avevano, per poi, molto lentamente, salutarsi.
Cleo era già di molti passi lontana, quando Matt, che ancora le parlava, supplicandola di restare, si lasciò sfuggire qualcosa.
“DAI AMORE! Rimani qui!”
“TI HO GIA’ DETTO CHE NON VOGLIO METTERTI NEI CASINI!” fece lei indietreggiando sempre più.
“CIAO ALLORA! CI VEDIAMO DOMANI!”
“CIAO AMORE!”
“TI AM… ops… ”
Cleo si bloccò di colpo, arrossì, diventò viola, impallidì, e infine fuggì silenziosamente.
Il volto del rosso rifletté pedissequamente quello della ragazza, mentre la sua mente cominciava a vorticare, insultando il mondo e sé stesso.
Infine in ragazzo, mormorandosi contro parole che non riporterò, voltò l’angolo.
Si avvicinò alla fine della strada con le mani in tasca e lo sguardo saldamente ancorato al terreno, finché lanciò un’occhiata alla panchina alla quale era abituato e la vide occupata da due volti familiari.
“Beyond?”
 
Mello camminò nel buio serale con passi svelti e un’espressione capace di fulminare senza neanche che dovesse alzare lo sguardo tutti gli sfortunati passanti che incrociavano la sua strada.
Passò velocemente accanto alla pizzeria, illuminato dalle insegne e dalle stelle offuscate sopra di lui.
“Ma che cazzo, fino a due ore fa c’era un sole.. ”
Una voce saccente parlò nella sua mente: “Si chiama notte, genio del male! Sai, avviene quando la terra, girando su sé stessa..”
“Ora anche le voci! Sto messo bene…”
“Beh, pensa ai passanti che vedono un tipo strano parlare da solo, con la stessa espressione di un pazzo omicida pentito!”
Mello pensò che stava decisamente impazzendo.
“Ma che idiozia! Non sei impazzito! Guarda che è  normalissimo avere una coscienza!”
Il biondo tirò un violento calcio a una lattina.
“E’ inutile che mi ignori, tanto so tutto quello che pensi e anche di più! Volevo solo metterti una attimo di chiarezza in più sulla questione che stai vivendo. Lo so che non ti interessa. Lo so. Ma te la dirò lo stesso: è molto chiaro che a te questa ragazza piace e quella di prima non era una casualità era un indizio preciso! Non vedo perché tutta questa indecisione comunque!”
“Cristo santo... ”
“Puoi semplicemente rispondermi nella tua mente al posto di terrorizzare le persone, sai?”
Dimmi che almeno questo me lo sto immaginando, ti prego!
“Così, bravo! Pensale le cose! Almeno tutto sembra più normale!”
Mello svoltò in una viuzza laterale.
“Allora, che hai intenzione di fare con lei?”
Ma che…?
“Intendo, sembrava abbastanza arrabbiata! Dovresti parlarle e spiegarle che non era solo uno scherzo. Per me capirebbe…”
Dico, non mi drogo, non ho bevuto, non ho fumato! Che fosse il scaduto il cioccolato?
“Te l’ho già detto che sono la tua coscienza, scemo!”
Mello si limitò a massaggiarsi le tempie, sospirando rassegnato.
Sarò bipolare… cazzo…
Certo, e io sono Mago Merlino! Cioè, non che non sarebbe divertente esserlo, ammettiamolo, trasformarsi ogni due per tre in qualcosa di diverso, volare, partire per Tibuctù quando si vuole…
Ma perché non la finisce?
Guarda che io sono frutto della tua malata mente!
Molto malata per concepire una cosa così… Lo sapevo che studiare rimbambisce quando si è stanchi…
La vuoi finire di sviare l’argomento per il quale sono qui?
Se ne parliamo poi la pianti di rompere il cazzo, qualunque cancro del cervello o strana altra cosa tu sia?
Ei, mi potrei anche offendere eh!
Stiamo messi bene…
Comunque si, se ne parliamo potrei anche lasciarti stare…
Allora che cazzo vuoi?
Te l’ho già detto! Devi accettare il fatto che di piace Lucy e tentare di risolvere la cosa! è da un po’ che hai capito che stravede per te. E te ne esci prendendola per il culo così? Certo che tu con le donne proprio…
Senti, non credo siano affari tuoi, ma comunque a me non piace Lucy. Punto. Poi che interesse ha la cosa per te, non so…
Caro, è inutile che dici di no, io ti conosco se permetti, so cosa pensi da quando sei nato e vuoi che non mi accorga che hai una cotta?
Ma figurati!
E perché prima l’hai quasi baciata?”
Ma che?! Ma non è vero! È solo la mia fottuta dipendenza dal cioccolato. Era li e ne avevo voglia. È tutto qui.
Certo… e dovevi avvicinarti così? Dovevi proprio guardarla così? Cazzo, non me la berrei neanche sotto l’effetto di stupefacenti pesanti, figuriamoci ora!”
Sarà stato un momento di follia passeggera. Cazzo ne so.

“Accettalooo” cantilenò la voce.
Anche se fosse? Tanto ormai si è incazzata, percui…
“Le cose si possono risolvere facilmente. Lo sai perfettamente, se tu andassi da lei e le dicessi che facevi sul serio eccome, ti perdonerebbe subito. Altroché, ti salterebbe addosso e via!”
Ma non ho alcuna intenzione di farlo.
“Beh, ne abbiamo parlato, devo ammetterlo. Spero solo che tu ci pensi ancora, perché non troverai tante ragazze che ti capiscano come lei. Adieu!”
Mello scosse la testa, chiudendo per qualche secondo gli occhi e cercando di convincersi che probabilmente era tutta colpa della stanchezza.
Così riflettendo, le mani in tasca e lo sguardo perso, si trovò presto a svoltare nella viuzza secondaria che ben conosceva. Non ebbe bisogno di alzare lo sguardo per schivare il palo davanti a lui e poté così svoltare in un vicolo, con la ferma intenzione di accamparsi sulla panchina per il tempo di un po’ di cioccolato, riflettere, e poi tornare alla Wammy’s.
Alzò lo sguardo, sapendo bene che quel programma, in quanto l’avrebbe portato ad arrivare con un certo ritardo, gli sarebbe costato quantomeno una lavata di capo.
“Cosa ci fate voi qui?”
 



Ebbene sì, sono ancora io, qui a rompervi fino alla morte!
Non preoccupatevi, nulla di lungo in realtà!
Volevo chiedervi se vi è piaciuto il capitolo e una vostra opinione in merito, se vi va :)
E soprattutto, AUGURI A TUTTI!
Buone feste, buon Natale, buon Capodanno e buona Befana! 
Divertitevi, riposatevi e mettetevi la crema solare!
Love you all

Mina
 
  
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