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Autore: Water_wolf    21/12/2013    10 recensioni
Tutti conoscono Percy Jackson e Annabeth Chase. Tutti sanno chi sono. Ma ancora nessuno sa chi sono Alex Dahl e Astrid Jensen, semidei nordici che passano l'estate a sventrare giganti al Campo Nord.
Che cos'hanno in comune questi ragazzi? Be', nulla, finché il martello di Thor viene rubato e l'ultimo luogo di avvistamento sono gli States.
Chi è stato? No, sbagliato, non Miley Cyrus. Ma sarà quando gli yankees incontreranno il sangue del nord che la nostra storia ha inizio.
Scritta a quattro mani e un koala, cosa riusciranno a combinare due autori non proprio normali?
Non so bene quando mi svegliai, quella mattina: so solo che quel giorno iniziò normale e finì nel casino. || Promemoria: non fare arrabbiare Percy Jackson.
// Percy si diede una sistemata ai capelli e domandò: «E da dove spunta un arcobaleno su cui si può camminare?» Scrollai le spalle. «L’avrà vomitato un unicorno.» «Dolcezza, questo è il Bifrost» mi apostrofò Einar. «Un unicorno non può vomitare Bifrost.»
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Scopriamo che ci sono altri semidei
 

•Alex•


Quest’impresa si stava rivelando alquanto seccante. Non potevo riposare nemmeno un minuto che già veniva fuori un altro mostro?
E non un mostro qualunque, ma un gigante del ghiaccio. Avevo già affrontato diversi di quei bestioni a Midgard, ma non pensavo di vederne uno girare tranquillamente - certo, come no- proprio davanti all’aeroporto in cui eravamo atterrati.
Che fosse questo quello di cui mi aveva parlato mio padre? C’erano i giganti dietro? E quelle ragazze chi erano? Non ricordavo di spedizioni o altre imprese dal Campo, eppure, se stavano combattendo il gigante dovevano vederlo e le loro armi e armature dovevano essere state fatte apposta.
L’unica spiegazione era che fossero semidee come noi. Forse erano delle Valchirie, le serve di mio padre. Di solito raccoglievano i più eroici caduti, ma erano pur sempre spiriti guerrieri e non disdegnavano un po’ di azione, soprattutto se ciò implicava decapitare un gigante.
Il problema era che stavano avendo la peggio. Alcune si stavano ritirando con vistose ferite, probabilmente dovute alla caduta di mattoni vari a causa del gigante e solo una mezza dozzina manteneva la posizione, guidate dal loro capo.
I suoi occhi elettrici squadravano con odio il gigante, mentre incitava le sue compagne ad attaccare, anche se l’imponente avversario non sembrava risentire delle ferite che le frecce gli infliggevano.
Una piccola premessa: forse voi non avete idea di cosa significhi veramente “Gigante”. Non è poi così alto o grosso, non un grattacelo, ma è l’aspetto che li rende orripilanti: bestie che vanno dai cinque ai dieci metri e spessi come sequoie, braccia robuste e piedi così ingombranti da poter schiacciare un autobus come un foglietto di carta. I loro volti, poi, sono terrificanti: sembrano grottesche sculture raffiguranti un volto umano distorto, come se fossero stati scolpiti da una persona che aveva solo una vaga idea di come fosse fatto il viso  più o meno gradevole di un uomo.
Premessa finita e tornando a noi, stavamo affrontando una specie di palazzina ambulante che stava cercando di schiacciare delle ragazze armate di archi e frecce, mentre maree di mortali correvano in tutte le direzioni.
E noi eravamo appena sfuggiti ad un Wyrm, avevamo rubato un aereo e fatto un sogno condiviso. Possibile che non potessimo fermarci un secondo? Domanda stupida, dato che eravamo mezzosangue.
«Dobbiamo aiutarle!» sbottai, prendendo la mia spada, iniziando subito ad analizzare le circostanze. Bisognava tenere d’occhio la situazione, d’altro canto ogni nemico aveva un punto debole e dovevo trovare qualsiasi cosa potesse darmi un vantaggio.
«Spero che tu abbia un piano, capo. Questo non è un mostriciattolo» borbottò Einar prendendo la sua sigaretta elettronica, che divenne una lama.
Anche Astrid si era preparata, mettendo mano alle sue mezzelune, squadrando il gigante con decisione. Sapevo che non si sarebbe arresa.
«Seguitemi, dobbiamo dar loro una mano!» ordinai, correndo in avanti, saltando addosso alla ragazza dagli occhi azzurri per scansarla appena in tempo dal piede del nemico.
Lei non sembrò molto contenta delle mia vicinanza, ma non protestò - anche perché l’avevo salvata- e io non mi persi in chiacchiere. Il gigante era stato colto di sorpresa dal nostro arrivo, ma si stava riprendendo presto, tentando di schiacciare i nuovi nemici. Anche le guerriere dovevano essere rimaste scioccate dal nostro arrivo, dato che, per un attimo, il clamore dello scontro si acquietò.
Ma, secondo voi, quanto sarebbe durata una pausa del genere con la presenza di tanti mezzosangue in un posto solo?
Nemmeno un secondo, perché il gigante del ghiaccio ricominciò a pestare i piedi e tirare pugni a tutto ciò che si muoveva.
«Astrid, dobbiamo distrarlo e portarlo lontano dai feriti!» urlai per farmi sentire sopra i ruggiti del gigante, mentre evitavo una mano enorme che aveva schiacciato il suolo a pochi centimetri da me.
Lei sembrò aver capito le mie parole, perché subito si mosse lontano dalle guerriere in ritirata, portandole verso una delle lunghe strade che uscivano dall’aeroporto. Io, ugualmente, mi mossi da quella parte, colpendolo alle caviglie, per fare in modo che si concentrasse su di me.
Anche le semidee sopravvissute avevano iniziato a seguirci guidate da quella con lo scudo, tenendosi a distanza di sicurezza. Il problema era che quel gigante non sembrava avere punti deboli e le frecce gli davano solo fastidio, così come le armi mie e dei miei compagni. In pratica, non riuscivamo a colpire i suoi organi vitali.
«Cacciatrici! Mirate alla testa mentre lo teniamo occupato!» ordinò la guerriera armata di lancia, lanciandosi in avanti con furia, continuando a colpirlo al polpaccio.
Il gigante, però, non sembrò gradire che qualcuno gli punzecchiasse le gambe e, di nuovo, tentò di schiacciarla. Ma, questa volta, la ragazza non fu colta di sorpresa ed evitò appena in tempo l’attacco, per poi rimettersi in piedi con agilità. Un nugolo di frecce volò verso la testa del mostro che si protesse con il braccio.
«È più veloce di quel che sembra! Dobbiamo trovare una soluzione!» sbottai, saltando oltre una macchina per non essere travolto da un piede enorme intento a dare un calcio ad un autobus, come se fosse un pallone da calcio.
Per farlo fuori avremmo dovuto colpirlo alla testa, ma dalla posizione in cui ci trovavamo era impossibile. Avevo bisogno di un tiratore bravissimo e di farlo inciampare. Mi guardai velocemente intorno e vidi un posto che faceva al caso mio: un grosso spiazzo erboso che fiancheggiava l’autostrada e si estendeva per parecchio sia in lunghezza che in larghezza. In poco tempo elaborai una strategia che avrebbe potuto funzionare - cosa non facile quando hai un bestione di otto metri che ti vede benissimo spiaccicato sull’asfalto tipo frittella.
«Einar, hai l’occasione di renderti utile! Come sei messo, nel tiro con l’arco?» chiesi speranzoso, ad alta voce, mentre continuavo ad indietreggiare, seguito dalla ragazza dai capelli neri e da Astrid.
«Ehi, capo! Stai parlando con uno che ha gli occhi messi bene… mi chiedi se posso farcela?» mi rispose di rimando, con un sorrisetto divertito.
Per tutto lo scontro si era tirato fuori dal combattimento, come se non volesse aiutarci e facendo il minimo indispensabile per colpire il gigante - tipico dei figli di Loki.
«Allora spera di esserlo davvero, perché ti voglio lassù!» sbottai minaccioso per fargli capire che gli avrei staccato la testa, se provava a farci qualche scherzo.
Lui seguì la direzione che avevo indicato: un alto albero dai rami robusti circondato da tavolini da pic-nic e panchine. Il posto perfetto per qualsiasi tiratore.
«Attenta!»
L’urlo della nostra nuova compagna mi raggiunse all’improvviso e la vidi appena in tempo, mentre salvava Astrid dal gigante.
Le due si lanciarono un veloce sguardo di intesa e iniziarono ad attaccare insieme, coordinandosi in modo da non essere un bersaglio facile. Erano perfettamente in sincronia e sembravano riuscire a capirsi all’istante.
«Portiamolo verso il parco! Einar ha bisogno di uno spazio aperto per tirare!» ordinai, richiamando la loro attenzione.
Le ragazze che stavano combattendo sembrarono dubbiose sul fatto di seguirmi o meno, cosa che mi sembrava parecchio strana, ma fu Astrid a convincerle.
«Andiamo! Se lo dice c’è una ragione, dobbiamo seguirlo!» garantì, iniziando ad attirare il gigante.
Le altre sembrarono rassicurate, come se si fidassero più di una donna che di me.
Nonostante i miei dubbi, decisi di rimandare al prossimo momento di calma la discussione, anche perché dovevo evitare di fare la fine delle gomme da masticare sotto una scarpa. Astrid continuava a colpirlo alle caviglie per poi correre via, mentre la guerriera con lancia e scudo la copriva, tenendo il gigante su di sé. Le altre ragazze continuavano a mirare alla testa, inseguendolo e riparandosi dietro muretti e macchine per evitare di essere viste.
Einar, intanto si era impadronito dell’arco e delle frecce di una guerriera caduta e attendeva il momento giusto per tirare. I figli di Loki potevano sembrare solo degli ottimi ingannatori, ma la verità era che molti di loro potevano competere con i figli di Skadi, in quanto a capacità di tiro. Non per niente Robin Hood era uno di loro.  
L’inseguimento durò diversi minuti, dato che spesso il gigante si fermava, iniziando a lanciare macchine e panchine scambiandoci per birilli e noi dovevano cortesemente ricordargli a colpi di spada di muoversi. Una volta riuscì ad afferrare Astrid per una gamba, ma la sua nuova amica la trasse subito in salvo, trafiggendo il polso del bestione, costringendolo a indietreggiare. Alla fine, però, ci ritrovammo lontano dalla strada,  dove le automobili sfrecciavano via.
«Fatelo voltare verso di me!» ci richiamò Einar, che era appostato in cima alla sua postazione, pronto a tirare, l’arco già teso.
«Ok, ci penso io!» risposi di rimando, prendendo una Runa Trappola dallo zaino e un’altra della Caduta Controllata. Le rune erano varie e se si era bravi - o figli del Dio delle Rune, come me- potevi farci di tutto.
«Ehi, grassone! Sono qui! Vieni a prendermi!» urlai a gran voce, per farmi sentire.
Gli occhi di tutti, guerriere comprese si voltarono su di me. Dovevano avermi preso per pazzo, ma avevo un piano. Il problema era che, per metterlo in pratica, dovevo farmi attaccare. E il mostro ci cascò come uno scemo - non che i giganti brillassero di intelligenza. Ruggendo come un leone furioso, alzò il pugno e lo abbatté al suolo nel punto in cui ci sarei stato io, se non mi fossi spostato pochi secondi prima.
Per pochi attimi il gigante rimase bloccato in quella posizione e io ne approfittai per saltargli sul braccio, aggrappandomi al bracciale che teneva al polso. Il mostro furibondo iniziò a scuotere l’arto, cercando di disarcionarmi, ma vi assicuro che se cavalcate una viverna farete delle evoluzioni che vi insegneranno a rimanere saldi e mantenere l’equilibrio in qualsiasi situazione e contro qualsiasi nemico. Continuai ad arrampicarmi, quasi incurante dei tentativi del gigante di buttarmi giù. Ci misi poco ad arrivare all’altezza del collo e, con un unico colpo, gli piantai la spada all’altezza della carotide.
Il gigante rantolò dolorante, voltandosi come cercando di ritirarsi.
«Einar! Colpisci, ora!» gridai, mentre stringevo la Runa Trappola, che evocò una lunga catena di metallo che inchiodò il gigante nella sua posizione, rendendo al mio compagno facile colpirlo.
Infatti, vidi subito lo scintillio della freccia argentea che veniva scagliata dall’albero vicino. Il proiettile sibilò, tagliando l’aria come una vespa impazzita e si conficcò nell’occhio destro del gigante.
Per un attimo rimase paralizzato con un’espressione di sorpresa e dolore sul viso, poi iniziò a disgregarsi in una nube di cenere e polvere. Già questo mi sembrò strano, dato che di solito diventavano neve. Ma non avevo tempo per pensarci: ero in cima a sette metri di roba che si stava sfaldando e rischiavo di precipitare al suolo. Fortuna avevo con me la Runa della Caduta Controllata. Fu come se un geyser si fosse acceso sotto di me, rendendo la mia discesa più lenta. Il mostro si era già disgregato, quando arrivai a terra e le guerriere si stavano radunando poco lontano.
«Anche questa è fatta» mi dissi, lasciandomi cadere su un ginocchio.
Prima il Wyrm, poi il sogno e infine il gigante, la giornata si stava facendo davvero pesante. Mi chiesi se avrei potuto sostenere un altro scontro. Mi facevano male le braccia e avevo sicuramente un paio di contusioni a causa delle botte prese dai vari mostri.
«Ehi, che tiro, gente!» esultò Einar, correndo verso di noi.
Prima che potesse raggiungerci, però, una delle ragazze che avevamo soccorso gli fece lo sgambetto facendolo cadere lungo e disteso a terra, dopodiché ricevette un bel ceffone in faccia - cosa che stavo cominciando a desiderare fare anche io.
«La prossima volta prenditi il tuo, di arco, ladro!» scattò quella, furibonda, guardando Einar come se volesse incenerirlo sul posto.
A quanto pareva, però, non aveva molta esperienza con Loki e i suoi figli, dato che, iniziavo a pensare, e tutt’ora penso, che essi provino un piacere perverso a prendere in giro gli altri per poi farsi maltrattare.
«D’accordo, bellezza… non toccherò mai più il tuo arco, anche se avrei preferito un buon ristorante con vista sul mare al posto di uno schiaffo. Che ne dici di ‘sta sera? Non ho nulla da fare.»
L’impatto della suola dello stivale della ragazza contro il naso del figlio di Loki - e il crack che ne seguì-, furono risposte abbondantemente eloquenti alla proposta.
Intanto il gruppo di guerriere si era riunito. Alcune erano ferite, ma nessuna sembrava grave. Il loro capo - la ragazza con lo scudo scolpito in maniera improponibile- si fece avanti con sguardo deciso e mi si piantò davanti con aria di sfida.
«Ce la cavavamo benissimo da sole, ma dato che ci hai dato una mano, credo che i ringraziamenti siano d’obbligo» biascicò, quasi le venissero fuori a fatica quelle parole.
In effetti, avevo notato un bel po’ di sguardi diffidenti e riottosi verso me ed Einar. Sguardi che, però, escludevano Astrid che, al contrario, qualcuna squadrava con ammirazione. Intuii che il rapporto con i maschi non doveva essere dei migliori, per loro; cosa che mi dette da pensare. Le Valchirie erano guerriere, certo, ma trattavano gli uomini alla pari, senza allontanarli o respingerli. Certo, provavi a toccarne una e lei ti tagliava la mano, ma non ti faceva a pezzi con lo sguardo. Invece, quelle ragazze mi stavano dicendo con gli occhi: «Vai via, pervertito maschilista!»
«Di nulla. Ci si aiuta, tra semidei. Cosa ci faceva quel gigante del ghiaccio, qui?» chiesi, stringendole cordialmente la mano.
«Gigante Iperboreo, vorrai dire. Credo che ci stesse inseguendo. Io, comunque, sono Talia» rispose lei, semplicemente.
Poi si rivolse ad Astrid. «Ciao! Non ti ho mai vista al Campo. Siete nuovi?»
Che razza di domanda era? Come faceva a non averci mai visto, se ci stavamo sempre. Era lei che non si era mai vista.
«Io ci sono sempre stata, al Campo. Sei tu che non ho mai visto. Chi sei? Una valchiria?»
«Non ho idea di chi tu sia… e sono una  CACCIATRICE. Non ho idea di cosa sia una valchiria.»
«Be’, allora svegliati! Io ho combattuto molto a lungo! Faccio parte del Campo Nord da molto tempo! Non ti ho mai vista in vita mia!» sbottai, irritato.
 Non la sopportavo proprio, sembrava stessimo parlando di due cose completamente diverse.
I nostri sguardi si incrociarono e la sua mano andò subito alla lancia. A quanto pareva, la gratitudine per la salvezza non la esulava dal sospetto.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando. Non ti ho mai visto al Campo Mezzosangue. Chi mi assicura che tu non sia una spia di Crono? Non c’è da fidarsi con degli sconosciuti, soprattutto se maschi, senza contare che siamo in guerra» replicò lei, minacciosa, puntandomi contro la lancia.
Fortunatamente, ero stato abbastanza previdente da mettere anche io mano alla spada.
«Nemmeno io so di che tu stia parlando, ma non sono il tipo da fare la spia, anche se mi porto dietro un figlio di Loki. Quindi modera i termini. Sono qui per una missione importante e non mi farò fermare da voi!»
Le nostre armi erano incrociate e le sue compagne ci tenevano sotto tiro. Astrid e Einar non sembravano particolarmente felici di ricominciare a combattere, d’altro canto avevamo appena finito di affrontare due mostri davvero grossi e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Il problema era che quelle non sembravano intenzionate a lasciarci andare.
«Ora basta!» intervenne Astrid, cogliendo tutti di sorpresa. «Siamo tutti esausti, qui. Possiamo assicurarvi che non siamo spie. Se lo fossimo, poi, perché mandare dei ragazzi in una compagnia di sole donne? Stiamo solo cercando un oggetto importante.»
Ragionamento che non faceva una piega. Anche Talia doveva averci pensato, perché abbassò la lancia, anche se non la ripose. Evidentemente stava riflettendo. La sua indecisione e il suo sospetto era davvero forte e aveva, probabilmente, una gran voglia di attaccarci, ma non era così impulsiva.
«Di te potrei anche fidarmi… ma loro sono dei maschi… non mi piacciono» disse, rivolgendosi alla figlia di Hell.
«Siamo partiti insieme. Se vi fidate di me, potete fidarvi anche di loro… be’, forse di Einar no, ma Alex è il mio comandante e posso garantire per lui» rispose Astrid decisa. Era una tipa tosta e nonostante la fatica, stava tenendo testa a quella pseudo-valchiria con la lancia.
«D’accordo» concesse con un sospiro. «Mi sembri una brava ragazza, porteremo i tuoi amici al Campo Mezzosangue dove sarà Chirone a chiarire la situazione. Ma state attenti, voi due: provate a fare un passo falso e le mie Cacciatrici vi trasformeranno in puntaspilli!» aggiunse minacciosa, rivolta a me ed Einar. A quanto pare non le piacevano i ragazzi.
Le Cacciatrici si calmarono un po’ e riposero le armi, anche se continuavano a tenerci d’occhio. In particolare Einar, che continuava a lanciare sguardi provocanti e bacetti alla cacciatrice che aveva gli aveva rotto il naso. Cacciatrice che non apprezzava le presunte “attenzioni” del figlio di Loki, dato che continuava a rispondere con occhiate di fuoco e insulti in una lingua un po’ strana che non conoscevo.
Talia dette ordine alle sue guerriere di mettersi in marcia e noi le seguimmo. Procedevano a passo spedito, ma riuscivamo a mantenere il passo. Astrid era stata accolta quasi come un’amica da quel gruppo che sembrava, invece, ignorare completamente la mia presenza e di Einar. Parlavano con lei in modo naturale e entusiasta.
La figlia di Hell, però, così poco abituata ad una conversazione da “amici” si ritrovò subito in difficoltà. Se da una parte la vedevo felice di avere persone che la trattavano come amica, dall’altra era un po’ in imbarazzo per tutte quelle attenzioni.
Solo Talia le rivolgeva poco la parola, ma comunque in maniera amichevole e sincera, chiedendole come aveva viaggiato, quale musica le piaceva, i suoi gusti in generale.
In effetti, sembravano molto affiatate e non mi sorpresi quando mi resi conto che tra loro due stava già nascendo una buona amicizia.
Rimanemmo in silenzio per quasi tutta la camminata, che durò quasi tutto il giorno, dato che arrivammo a piedi nel centro di New York, ma qualcosa, dalle loro parole, intuii. Talia era a sua detta una figlia di Zeus e anche alcune delle sue compagne avevano genitori “divini”. Mi ci volle un po’ per arrivarci, anche perché ero esperto solo di mitologia norrena, nonostante quei nomi mi riportassero alla mente una mitologia diversa dalla nostra: quella greca.
Il mio cervello iniziò velocemente a elaborare quanto era stato assorbito. Se c’erano altre divinità, allora c’erano altri semidei. Possibile che avessimo parlato erroneamente di due campi diversi? Probabile.
Quindi c’è un altro campo, oltre a quello Nord? Dovetti dedurre che fosse così, a meno che alle Cacciatrici non piacesse prenderci in giro.
Aveva parlato di spie di un certo Crono. Ma chi era? Il nome mi suonava familiare, ma capitemi, non ero esperto in mitologia greca. Inoltre, dovevo dedurre che stavo per rischiare un incidente politico non da poco.
Ero un figlio di un Re degli Dèi che stava per prendere a calci la figlia di un altro Re degli Dèi… non volevo pensare a cosa sarebbe potuto succedere.
Poi mi vennero a mente le parole di mio padre. Aveva accennato a qualcosa di inaspettato. Lo sapeva? E se sì, perché tenerlo nascosto? Ed Hermdor? Lui lo sapeva? Perché non ci avevano informati quando eravamo partiti?
Un sacco mi domande mi frullavano in testa e feci poca attenzione all’itinerario preso, che, una volta usciti dalla città, si districava in piccoli sentieri di campagna. A quanto pare le Cacciatrici non apprezzavano le automobili, ma quando arrivai in cima ad una collina, mi resi conto che ci trovavamo in un campo estivo, simile al nostro.
Una serie di edifici abbastanza grandi disposti ad U capovolta al centro di una vallata molto grande con nel mezzo un focolare. Ogni edificio era simile in dimensioni, ma era arredato in modo diverso, cosa che ricordava molto i templi del nostro campo. Il problema era che non vedevo i dormitori per le Orde. Dove abitavano, i semidei greci?
«Seguitemi» ci intimò Talia, conducendoci ad un enorme edificio in legno a due piani, dove ci attendeva una strana creatura: un uomo anziano, di bell’aspetto dalla vita in su, ma dalla forma di cavallo bianco nella parte sottostante.
«Buongiorno, Talia» salutò sorridendo, per poi avvicinarsi a noi aggiungendo: «Ci hai portato nuovi semidei? Ultimamente non ne accogliamo molti, così grandi poi, avrebbero già dovuto attirare parecchi mostri.»
La figlia di Zeus stava per intervenire, ma io la precedetti.
«Io sono Alex Dahl, figlio di Odino. Siamo qui per cercare un oggetto di grande valore.»
Alla parola “figlio di Odino”, il centauro - sì, perché di un centauro si trattava- emise un respiro sorpreso e la sua parte animale si agitò. Qualcosa lo aveva spaventato.
E non poco.

 
koala's corner.
Buone feste a tutti! Questo capitolo è stato scritto da AxXx, per chi non se lo ricordasse.
Per la questione delle rune, non preoccupatevi se per il momento non capite molto, ci sarà un capitolo in cui Alex spiegherà a Percy la loro funzione. La storia è invece ambientata tra il quarto e il quinto libro della prima serie.
In 'molti' ci hanno chiesto della Alrid, la coppi Alex/Astrid, e abbiamo deciso che potremmo inserirla. Quindi non disperate oh fanboys e fangirls! ^^
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, che vogliate dircelo con una recensione e buon Natale!

 
Soon on Sangue del Nord: POV di Annabeth, scopriamo una "lievissima" rivalità tra dei nordici e greci....
 
  
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