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Autore: Ninriel    21/12/2013    1 recensioni
L'unica cosa che sembrava rimanere, impressa anche dopo il passaggio dell'acqua per lavare tutto e del tempo per dimenticare, era il tocco dei quelle mani.
Non di un paio in particolare, ma di tutte. Tutte le mani che si erano posate su di me quel pomeriggio in discoteca, e io avevo rifiutato per paura dei pregiudizi di chi mi stava accanto. Perché alla fine, era solo quello il motivo, e lo sapevo bene. Se fossi stata sola, mi sarei abbandonata al buio a quelle labbra, appartenenti ad un viso che non avrei mai visto, e mai avrei voluto vedere, e che io avrei per sempre associato solo ad un attimo di debolezza, incapace di ammettere di aver cercato con forza quei contatti, quella passione latente che mi avrebbe spinta contro un muro al pari di una puttana, quella passione condivisa con uno sconosciuto che mi avrebbe fatta sua solo per quella notte.
Quella passione che mi avrebbe trascinato giù.
Come una droga...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partiamo dal presupposto che non sono una troia.
Bene, ora possiamo cominciare.
 
Mi preparai bene quel pomeriggio. La mia prima volta in discoteca... chissà come sarebbe stato. Non era un evento importante, ma l'agitazione e la frenesia c'erano.
Io, poi, che non ero mai stata quel genere di ragazza, io che non avevo mai amato ballare, che avevo sempre preferito un buon libro alle uscite con le amiche..  eppure  ballai, ballai eccome.
Entrammo presto, e ci volle giusto il tempo di lasciare le giacche al guardaroba, perché la discoteca si riempisse. Una calca di corpi che si muovevano al ritmo di una musica che non era neanche cominciata, che era solo il riscaldamento di quella che sarebbe stata la serata vera e propria.  Io mi guardavo intorno, a metà tra il disorientato e l'intimorito. La situazione nuova, la quantità di persone che incuranti di tutto tranne che del ritmo di calpestavano, le coppie che pomiciavano indisturbate in mezzo a quel marasma di corpi.
E reprimevo una smorfia nel vedere quante ragazze si fossero conciate al limite della decenza, pur di rimediare qualcuno che le avvolgesse tra le sue braccia, e ballasse con loro per un pomeriggio.
Mi sentii più che mai inadatta. Ero vestita normale, fatta eccezione per i tacchi che mi ero concessa, di cui andavo fiera, e molto per giunta. Insomma, non è da tutti i genitori comprare alla figlia come prima scarpa alta, un tacco dodici, no?
Beh... vedere quelle ragazze, coperte a dicembre, da top che io non avrei messo neanche in pieno agosto, mi intristì. Qualcuno mi aveva detto che in discoteca ci si va per rimorchiare...io ci andavo solo per ballare, ma se avessi voluto abbordare qualcuno ? Sul serio mi sarei dovuta conciare in quel modo?
Alla fine, anche se si dice “l'apparenza non conta”, non è vero niente. Le persone si fermano a ciò che i loro occhi vedono, e non pensano che tutti hanno una storia, non pensano che i comportamenti di ognuno di noi, hanno radici più profonde di una semplice abitudine. E così per tutte le ragazze intorno a noi in quel momento. Così anche per me, almeno un po'. Ballavamo per dimenticare tutto, ma io non potevo concedermi il lusso di seppellire me stessa come loro, come quelle che si dimenavano ad occhi chiusi le une sulle altre, trovando quella libertà che a casa i genitori negavano, quella spigliatezza inusuale per persone di solito chiuse... spigliatezza che io, essendo in compagnia, non riuscivo a mostrare per la paura di essere giudicata ragazza facile.
Ed intanto ballavamo, io e le mie amiche, attente a non finire in mezzo a quelle scene lesbo che si vedono solo nei film, e che a quanto pare avevano il potere di trasformare anche il migliore dei ragazzi in un cane eccitato.
Balla, balla, balla. Non si pensava altro, in mezzo alla pista. Balla. Dai il massimo di te, sfoga tutto in quel ritmo martellante, e ignora la voce del tizio con il microfono, che cerca di dare anima alla festa ma l'unica cosa che ottiene è deprimere a causa della sua poca fantasia.
Ogni tanto venivamo travolte da gruppi di ragazzi urlanti diretti verso le ragazze meno vestite. E a me, infondo andava bene. Non avevo neanche preso in considerazione l'idea di poter attirare qualcuno, fino a quel momento. E mentre ballavo, e saltavo, e piano piano mi scioglievo, sentii delle mani calde poggiarsi sui miei fianchi. Mani sconosciute, ma che portarono uno strano calore a diffondersi nel mio petto, una sensazione che non avevo mai provato: l'essere avvolta da un petto ampio, un petto in cui poter trovare conforto.
In quel momento, non pensai a nulla se non a quel contatto invadente e al torace appoggiato sulla mia schiena. E continuai a ballare per qualche istante, pensando che avevo senza dubbio esagerato con le one-shot rosse, se in quel momento tutta la mia attenzione era concentrata sul mio fondo-schiena, che si muoveva a ritmo di musica contro il bacino di quel lui misterioso.
Fu un attimo, poi mi resi conto di quello che stavo facendo, e degli occhi sgranati delle mie amiche, fissi su quello sconosciuto tanto invadente, che ebbe anche il coraggio di chiedermi – Mi dai in bacio?- proposta che io, ovviamente, respinsi con un -No!- esclamato con stupore e...beh, stupore. Sul serio, non credevo che mi sarei trovata in una situazione del genere. Anche le mie amiche mi guardarono esterrefatte, stupite dall'audacia di quel ragazzo di cui neanche avevo visto il viso, ma il cui tocco, -speravo a loro fosse sfuggito- si era spostato sul mio bacino, ed era impresso a fuoco sulla mia pelle.
Mentre continuavo a ballare, pensai che se fossi stata sola probabilmente non lo avrei respinto. Cioè, il bacio lo avrei rifiutato, ma avrei continuato a ballare con lui, contro di lui, come se nulla fosse. Non fu l'unica volta, quella sera. Furono molteplici, le mani che si posarono su di me, e sempre respinsi con gesti dettati dalla paura di sembrare facile, dal timore che qualcuno avrebbe potuto scambiare la mia semplicità a lasciarmi andare così facilmente, per ciò che era in realtà: un desiderio di essere scaldata e protetta come nessuno aveva mai fatto.
E intanto ballavo. Ballavo, e ballavo, e annegavo tutto in quei movimenti frenetici, e lasciavo tutta me stessa nei brevi tocchi degli sconosciuti, sperando che ciò che stavo vivendo fosse un sogno eterno, un sogno di pazzia e perdizione, un sogno del quale avrei voluto rimanere per sempre.
Ma come ogni cosa, dall'istante fuggente di una stella cadente, alla lunga vita di una quercia millenaria, anche quella serata finì, lasciandomi vuota.
E tutte le sensazioni travolgenti, che fino ad un'istante prima avevano permeato  quella sala, dalle pareti a chi era in pista, scivolarono come un velo impalpabile, lasciando solo la realtà.
Tornai a casa, quella sera, immersa nei miei pensieri, senza badare al dolore leggero ma presente dei tacchi, né alla strada che passava  buia accanto al finestrino della macchina.
Nella doccia, l'acqua scrosciava sulla mia pelle come aveva fatto la musica, e cadeva scivolando lungo le mie spalle, quasi incurante che io cercassi di trattenerla. Era un'altra cosa che fuggiva, che mi ricordava di come il tempo fosse sempre lì impietoso, incapace di concedere il perdono.
Il tempo.
Non era forse alla base di tutto?
Il tempo passava, e le persone cambiavano. Il tempo passava, e cambiava il mondo...e cambia tuttora. Il tempo passa, e cambiano le convinzioni, i principi di una vita, cambiano le mode e le usanze, e cambi tu. Cambi dentro, e magari non te ne accorgi, ma cambi comunque. Non è una cosa che si può fermare, è un evento al quale si dovrebbe assistere con orgoglio, con la felicità di aver vissuto in un era diversa, di aver visto com'era il modo prima che cambiasse di nuovo, prima che la sua continua evoluzione stravolgesse per l'ennesima volta i panorami familiari, per lasciare spazio a nuovi orizzonti.
Io intanto pensavo, ed il tempo sembrava essersi fermato. O forse no, non fermato. Sembrava passarmi accanto, sfiorarmi con le sue spire impalpabili ma andare oltre, trascinandomi con sé quasi senza farsene accorgere.
L'unica cosa che sembrava rimanere, impressa anche dopo il passaggio dell'acqua per lavare tutto, e del tempo per dimenticare, era il tocco dei quelle mani.
Non di un paio in particolare, ma di tutte. Tutte le mani che si erano posate su di me quel pomeriggio, e io avevo rifiutato per paura dei pregiudizi di chi mi stava accanto. Perché alla fine, era solo quello il motivo, e lo sapevo bene. Quando sei circondato da persone che conosci ormai da una vita, sei sempre frenato, costretto a mantenere i comportamenti che hai sempre usato davanti a loro, per paura che un tuo mutamento determini anche il loro cambiamento nei tuoi confronti.
Perciò io avevo sempre respinto quelle mani, e perciò io ora rimpiangevo di averlo fatto. I pregiudizi. Ecco una cosa che il tempo non cancella, non intacca. Modifica, semmai. Ma i pregiudizi rimangono, ed un passo falso è la fine, il biglietto di sola andata per il paese del peccato.
Vai a letto con tutti? Sei una troia. Non importa che tu sia stata appena lasciata, e stia cercando di annegare nel piacere di amplessi che in realtà non contano nulla, perché la gente non guarda mai dentro, ma si limita alle apparenze. E come biasimarli? Non c'è tempo per nessuno ormai. 
Cosa sarebbe successo se avessi accettato quei corpi premuti contro il mio? Sarei sul serio sembrata una puttana, per il solo fatto di essermi concessa seppur in modo minimo, così facilmente? Mi pentivo, di aver ceduto alla forza delle regole di buona condotta imposte dalla società. Avrei dovuto lasciare tutto, per una sera.
Muovermi a ritmo di musica con qualcuno, non da sola. E poi magari...sarebbe stato tutto diverso se avessi accettato quelle mani, quei corpi.  Sì, perché solo di quello si sarebbe trattato. Non avrei accettato un ragazzo in sé per sé, avrei accettato solo l'immagine che mi ero fatta di lui. Avrei ceduto e delle mani estranee, e al loro movimento sulla mia vita, e probabilmente non mi sarebbe importato di chi avessi avuto dietro, come non mi era importato per quei pochi istanti che erano passati prima di respingerli.
Se fossi stata sola, magari stanca dalle giornate sempre uguali, mi sarei abbandonata al buio a quelle labbra, appartenenti ad un viso che non avrei mai visto, e mai avrei voluto vedere, e che io avrei per sempre associato solo ad un attimo di debolezza, incapace di ammettere di aver cercato con forza quei contatti, quella passione latente che mi avrebbe spinta contro un muro al pari di una puttana, quella passione condivisa con uno sconosciuto che mi avrebbe fatta sua solo per quella notte.
Quella passione che mi avrebbe trascinato giù.
Come una droga...





Nda: Beh, che dire... spero che questo testo vi sia piaciuto. La prima parte, quella della discoteca, delle mani delgli sconosciuti e della richiesta del bacio... è avvenuta veramente, ed è ciò che mi ha dato l'ispirazione per questa OS. Naturalmente, sarei felice se lasciaste un commentino :)

 
  
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