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Autore: madelifje    21/12/2013    4 recensioni
A dodici anni ho avuto l’idea di salire sul tetto.
Lo spettacolo da lassù è bellissimo: si vedono le ultime luci ancora accese delle case, i lampioni che illuminano le strade deserte e, alla mia destra, i campi.
Mi sdraio sul plaid cercando di trovare la stella polare. Poi controllo di avere montato l’obbiettivo giusto sulla mia Canon, metto a fuoco e scatto la foto.
Giselle diceva che un giorno Alianna Crawford sarebbe diventata qualcuno.
Oggi è il 7 settembre 2012 e sono le ventitré e quindici minuti.
Alianna Crawford è ancora la ragazza invisibile.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Inside of the darkness.


 
It's so hard letting go,
I'm finally at peace, but it feels wrong,
Slow I'm getting up,
My hands and feet are weaker than before.
And you are folded on the bed
Where I rest my head,
There's nothing I can see,
Darkness becomes me.
-Of Monster and men, Silhouettes


 

Non vi racconto quanto sia stata terribile la scorsa notte, perché almeno questo voglio risparmiarvelo.
Non ho nemmeno considerato l’idea di dormire e ho guardato e riguardato quelle foto.
Sono state scattate ad una festa? Dove? Chi è il ragazzo che viene picchiato? E perché? Cosa c’entra tutto questo con Giselle?
Perché deve in qualche modo essere tutto collegato.
Lei non vuole che Nathan prenda il rullino con le foto, quindi me lo consegna. Una settimana dopo muore.
Chiamo Ed per la decima volta della giornata, ma il suo cellulare è ancora spento. Ho chiesto a Vincent, Bridget, Willow, persino Chad, ma nessuno l’ha visto.
C’è solo un posto in cui non ho ancora controllato.
 
J-man sta giocando a carte con un ragazzo interamente ricoperto di tatuaggi. All’inizio non si accorge minimamente della mia presenza, poi però solleva lo sguardo per scacciare una mosca sopravvissuta chissà come al freddo, e allora mi vede. Fa smammare il tipo tatuato ad una velocità impressionante e poi mi invita a sedermi.
-Birra? –chiede quando il mio fondoschiena si appoggia sulla sedia e la mia borsa sul tavolo di legno.
-Ma come fai a bere?
-Con la bocca?
Ecco Capitan Ovvio. –Ehi, tu hai diciotto anni!
La sedia di J striscia sul pavimento per avvicinarsi e lui assume un tono cospiratorio. –Mike Capellone, il barista, -e qui la sua testa si muove in direzione dell’uomo –è convinto che io mi sia appena laureato al college. È bello quando Bart si prende dei giorni di ferie. Allora, dolcezza, ripeto: birra?
Rifiuto ancora e mi passo una mano fra i capelli. –Stasera passo.
Ed non si vede e io sono troppo timida per porre qualsiasi domanda diversa da “che ore sono?”. Bevo un sorso dalla Heineken di J quando lui si volta e mi immergo nelle mie riflessioni.
Non deve per forza esserci sotto qualcosa. Non è mica obbligato ad andare a bere tutte le sere! È all’ultimo anno anche lui, dovrà pur studiare.
-Senti, forse è meglio che me ne vada.
È stata decisamente una pessima idea e spero che J non lo vada a raccontare a…
-Ali? –mi blocco. –Quando vedi Ed, digli che è uno stronzo. Solo gli stronzi danno buca agli amici per due sere di fila!
 
A scuola ancora non si vede. Ogni volta che qualcuno mi chiede di lui vorrei mettermi ad urlare.
Nemmeno i precoci preparativi per il ballo di Natale riescono ad innervosirmi come una volta.
È tutto così normale, troppo normale. Potrei chiudere gli occhi e descrivere tutto quello che sta succedendo e che succederà a breve. Potrei elencare i discorsi che verranno affrontati dai vari gruppetti e anche il luogo in cui avverranno. Potrei avvertire la signora Fogg di non parcheggiare lì la sua Audi, perché Brian Holloway gliela righerà anche oggi. E quel ragazzo con i capelli lunghi non dovrebbe ascoltare le classifiche del baseball in radio anche oggi, perché la sua fidanzata non le sopporta. So che Bridget farà fare a me la coda per la focaccia, che Vincent riceverà una dichiarazione d’amore, che la prof di storia dimenticherà il libro in aula insegnanti, che Ella McHenry si scotterà con la cioccolata calda che in realtà sarebbe per la sua compagna di corso –ma che lei assaggia ogni giorno-, che Willow mi invierà un messaggio a metà della terza ora, che il bidello calvo canterà le canzoni dei Queen mentre lava il pavimento del corridoio del primo piano, che il bidello alto si farà figo perché lui sì che ha i capelli e che al ragazzo che legge gli annunci del mattino andrà di traverso la fanta lemon.
A volte è bello essere la ragazza invisibile.
Non oggi.
Oggi è solo maledettamente snervante.
Perché lui non c’è da giorni, eppure tutto continua ad essere schifosamente normale.
L’ultima campanella arriva dopo una lentissima agonia, e se non fosse per il pensiero di Andrew e quelle foto che pesano nella mia borsa come un promemoria, probabilmente mi metterei a cantare.
Però posso sempre correre via da qui.
 
Mi sembra di essere tornata indietro.
Prima che a Vincent venisse in mente di chiedere ad un certo Ed Sheeran di bigiare con noi, perché l’aveva sorpreso a guardarmi durante l’intervallo. E dire che, solitamente, non mi guarda mai nessuno.
Mangio, bevo, parlo di cose insignificanti, scatto foto e faccio pensieri troppo strani.
Come fa Ed Sheeran a ridurmi così?
 
Davanti a me c’è una lattina di coca cola alla ciliegia. Alla fine ho avuto il coraggio di comprala.
Andrew è in ritardo, o forse io sono arrivata decisamente troppo in anticipo, sta di fatto che sono sola. E non è bello assaggiare la coca cola alla ciliegia da soli.
Willow entra nel bar come quasi ogni santo pomeriggio. I suoi occhi schizzano automaticamente verso il nostro tavolo abituale e mi vedono. Oggi però la reazione è leggermente diversa. Bocca spalancata, occhi sbarrati, orecchie che diventano sempre più rosse e parole concitate rivolte a qualcuno ancora fuori dalla porta. Qualcuno che evidentemente decide di non ascoltarla. Vincent entra, mi vede e, per un attimo, considera l’opzione di ignorarmi. Esibisco la mia migliore faccia perplessa e mi assicuro che entrambi se ne accorgano. Infatti Vince ride, mentre Willow mi mostra il dito medio.
A: Tu odi i miei amici alternativi, le ricordo in un messaggio.
La risposta è immediata.
W: Non farti troppi film mentali. Vince ha perso una scommessa e siamo usciti. Scommettiamo che non durerà neanche mezz’ora?
A: Durerà fidati. E tu l’hai appena chiamato Vince.
W: [messaggio visualizzato alle ore 16.50]
Soffoco una risata. Willow si alza e chiede qualcosa al barista, il quale ricompare nel giro di due secondi con un mazzo di carte.
È inutile che si sforzi tanto, Vincent è uno che non molla.
Torno alla coca cola alla ciliegia, mentre al tavolo dei miei amici inizia una partita a scala quaranta. Willow che dondola sulla sedia sicura di vincere, Vince che si gode il non-appuntamento più bizzarro della sua vita.
La porta si apre di nuovo. Andrew sfoggia un giubbotto Colmar e un’incredibile quantità di gel sui capelli. Si siede al mio tavolo senza cambiare espressione.
Willow cade dalla sedia.
-STO BENE! –urla mentre il povero Vincent si precipita da lei.
-Ciao.
-Ciao, Ali.
W: scappa, finché sei in tempo.
Andrew è tranquillo. Appoggia il telefono sul tavolo, guarda con sospetto la mia bibita –alla ciliegia? Ma è buona? – e chiama il cameriere per ordinare.
Le casse del 21 diffondono una canzone degli Artic Monckeys e le nike di Andrew battono a ritmo sul pavimento. A quanto pare Willow si è fatta male, ma sta cercando in tutti i modi di nasconderlo a Vince.
-Quello non è Vincent Sunders? –chiede Drew per rompere il silenzio.
-Sì, -dall’altra parte della stanza, Vince ha sollevato Willow e la sta aiutando a sedersi –ma al momento è impegnato.
-Sì, lo vedo.
Ancora silenzio. Ho deciso che la coca cola alla ciliegia mi piace.
-Perché siamo qui? –Ma sì, facciamola finita.
-Per parlare. Di quello che è successo alla festa.
Ecco. Lo sapevo.
-Sì, infatti… io volevo davvero scusarmi con te per… scusa. Hai tutto il diritto di non perdonarmi. Mi ero…
Completamente dimenticata di te. Come faccio a dirglielo?
-No, invece accetto le tue scuse. Avevo appena litigato con Ed, forse non… non avremmo dovuto, ecco. Amici?
-Sì. Amici. –tanto probabilmente non ci rivedremo mai più.
Lui sembra decisamente più rilassato. Felice, forse. Cosa ci trova in me?

C’è stato un tempo in cui parlare con Andrew mi risultava abbastanza facile. Oggi, con Ed che non si fa vivo da giorni e tutta la storia delle foto che non mi fa dormire, vorrei che fosse ancora così. Per questo lo assecondo mentre parla di scuola, di suo padre che vuole comprare una barca e circumnavigare il Sudamerica, della sua domanda d’ammissione al Williams College… e incredibilmente gli racconto della mia domanda alla Columbia, di cui non avevo avuto il coraggio di parlare a nessuno. Sto pensando che potremmo davvero tornare amici, quando lui si toglie la giacca. Sotto indossa una felpa. È blu elettrico, con una macchia arancione sul gomito.
I suoni si fanno ovattati. È come essere sulla giostra che gira del parco giochi, nel momento in cui sembra che si stia per sollevare da terra. Sai che non puoi scendere, non puoi fare assolutamente nulla oltre a chiudere gli occhi e urlare.
-Oh, hai visto la macchia? –chiede Drew, ignaro di tutto –Ce l’ho da anni, secondo Chad dà un tocco artistico alla felpa.
-Adesso devo proprio andare a casa.
-Ali?
Deglutisco e cerco di sembrare meno pazza. –Domani c’è un test importante e non voglio prendere una F. Scusa ma me ne ero dimenticata.
Lui ci crede. –Se vuoi ti do uno strappo.
-Ok. –prima arrivo a casa meglio è.  
Ci alziamo.
Andrew era con Nathan e Giselle quella sera. La sera in cui qualcuno è stato picchiato. Perché quelle foto sono così importanti? Cos’è successo veramente? Andrew è coinvolto? E dove cazzo è Ed, adesso che ho così bisogno di lui?
L’ultima cosa che Willow e Vincent si aspettano è vedermi uscire con Drew.
-Ali? Cos’hai bevuto? ALI! Non ti azzardare ad uscire! Non con lui! A…
Quando la porta si chiude non riesco a sentire la fine del discorso di Willow, ma posso immaginarla. Se non fossi così sconvolta probabilmente scoppierei a ridere.
Andrew è venuto con una vecchia panda. La sua macchina si è rotta e questo è il meglio che è riuscito a recuperare.
Dentro c’è profumo di limone e… oddio, naftalina!
-Era di mia madre… -si giustifica lui, con un sorriso che farebbe cedere le magre gambe di Willow.
Mette in moto. Scappare a casa non mi servirà a niente, perché è l’unico in grado di dirmi come sono realmente andate le cose. È a lui che devo chiedere.
Prendo fiato.
-So della festa.
Sistema lo specchietto retrovisore. –Quale festa?
-Probabilmente l’ultima a cui Giselle abbia partecipato.
La strada in mezzo ai boschi che porta a casa mia è silenziosa. C’è un silenzio quasi irreale, che mi permette di sentire il respiro di Andrew farsi leggermente affannoso.
-Come…?
-Avevi quella felpa.
-Il mondo è pieno di ragazzi con felpe di questo colore.
-Sì, ma quanti ne hanno una macchiata di arancione sul gomito? E quanti, tra questi, conoscono Nathan, Connor e… Giselle?
Nega. Di’ che tu in realtà non c’entri. Inventati qualsiasi cosa, ma non…
-Non avresti dovuto scoprirlo.
No. Non anche tu.
-Tu sai cos’è successo. –mormoro.
-Ali, è stato un incidente.
-Lei si è uccisa. Nessun incidente.
-Ma io non sto parlando di quello! Alla festa… non doveva andare così.
C’è tensione. Il sole, come dovrebbe succedere in ogni novembre che si rispetti, è già tramontato nonostante siano appena le sei e mezza di sera. Piove. Ogni tanto incontriamo qualche lampione fulminato e dalla bocca di Andrew scappa una parolaccia perché dannazione, questa proprio non ci voleva.
Io a malapena me ne accorgo.
-Ti riferisci al ragazzo che è stato picchiato?
Nessuna risposta. –Andrew, tu hai sempre saputo tutto. Eppure non me l’hai detto! Per questo volevo frequentarmi? Per tenermi d’occhio?
-No! –si volta verso di me –Sapessi quanto si è incazzato Nathan quando gliel’ho detto…
Non facevo fatica ad immaginarlo.
-E perché? Perché proprio io? Sapevi che saresti finito nei guai, però mi hai invitato ad uscire ugualmente!
Sorride. Il sorriso più aspro e triste che abbia mai visto. –Giselle me l’aveva detto. Mi ha parlato di te, quella sera, mentre impostava l’autoscatto. Io ero stupito, perché quasi nessuno sa usare le reflex analogiche, e allora lei mi ha spiegato che gliel’aveva insegnato la sua migliore amica Ali. Era una tipa tosta, forse non molto gentile, ma la persona migliore che conosceva. Mi ha detto di quella volta in cui hai tirato un pugno a Brian Holloway perché odiava i Pink Floyd. Tra parentesi, io ho sempre pensato che Brian fosse un coglione.
La pioggia batte incessantemente sul parabrezza. Mi rendo conto di stare per piangere e cerco di impedire al labbro di tremare così forte.
-Cosa… cosa le è successo?
Non mi ascolta. –Lei voleva parlare, capisci? Ma Nathan non poteva permetterlo, perché aveva paura. Non gli avrebbe creduto nessuno! Era troppo strano per sembrare un incidente. Lei però insisteva…
-Che incidente?
Come parlare al muro. -Eravamo coinvolti tutti. Avremmo dovuto mantenere il segreto. Ma lei no! Era testarda, Gis. E una bravissima ragazza.  Anche io avrei voluto parlare, solo che… Non c’entravo niente con loro, ok? Io ero lì perché a Connor serviva un amico sobrio per tornare a casa. Non potevo immaginare come sarebbe andata a finire.
Mi manca l’aria. Un’idea ancora troppo indefinita e sfocata per essere espressa ad alta voce si fa strada nella mia testa. -E come è andata a finire?
La vibrazione del cellulare segnala una chiamata in arrivo.
Quando leggo il nome sul display mi sento morire.
Ed ha davvero un tempismo allucinante.
Schiaccio la cornetta verde e stringo il telefono tra le mani, come ho visto fare nei film, sperando che lui senta. Lui deve sentire.
-Lei voleva parlare. –la sua voce si spezza e gli ci vuole qualche secondo prima di continuare –Quello che forse non sai, è che anche Nathan aveva paura. Più di noi. Ali, non potevo dirtelo. Mi avresti odiato.
-Dirmi che cosa?!
E Andrew, come una bottiglietta di coca cola che qualcuno ha agitato troppo a lungo, scoppia. Crolla, Drew, e una lacrima gli riga la guancia destra. Solo una, perché lui ha la prontezza di asciugarla.
-Il ragazzo si chiamava Miguel. Era un cliente di Nathan, e un giorno gli ha richiesto più pillole del solito. Non so di che farmaco si trattasse.
Fari. Non so da dove siano spuntati. Tra la pioggia e il movimento dei tergicristalli non si vede quasi nulla.
-Andrew…
-È successo tutto così in fretta… Giselle non poteva parlare. –Ed? Sei ancora lì? –E io nemmeno. È meglio non farlo arrabbiare, Nate, soprattutto se è già terrorizzato. Lei l’ha fatto davvero incazzare. Non so cosa le abbia fatto e neanche se le abbia fatto qualcosa, ma di sicuro so cosa l'abbia spinta a fare quello che ha fatto.
I fari sono troppo vicini.
Urlo il nome di Andrew.
Lui si volta, appena in tempo per vedere  l’altro veicolo venirci addosso.
Freni che stridono, le gomme che scivolano, un colpo e il terrificante rumore di vetri infranti.
Stavolta è la fine.
Un’esplosione.
Dolore, tanto dolore.
Poi il buio.  
 



Non uccidetemi. Probabilmente me lo merito, ma almeno lasciatemi spiegare. 
Senza troppi giri di parole: il capitolo non voleva uscire.
Tra lo studio, il pianoforte, gli allenamenti e altri casini proprio non riuscivo a scrivere.
Mi fa ancora schifo, ma ho capito che meglio di così non posso fare. Dopo più di un mese passato a fissare quel maledetto cursore lampeggiante di word, finalmente ci sono riuscita. Tra ieri e oggi, ma ci sono riuscita.
Visto che stasera non posso uscire, mi sono detta «Perché non aggiorni Invisible?» e, purtroppo per voi, l'ho fatto.

Ho deciso di cambiare impaginazione perché penso che così sia meno stancante da leggere (ho scoperto che per il mio galaxy bata diminuire di poco lo zoom), soprattutto per i computer fissi che hanno lo schermo più largo. 
Ho capito come concludere la storia - finalmente - e penso di arrivare massimo ai 30 capitoli, ma credo di concludere prima. 
Ho anche iniziato un'altra ff su Ed. Forse rimarrà nel mio pc, ma se mai dovessi pubblicarla sarà dopo questa o comunque quando avrò finito di scrivere Invisible.
Poi boh, mi sembra incredibile che ci sia ancora qualcuno che legge questa storia. I vostri messaggi nella posta di efp sono dolcissimi, siete davvero le migliori. Grazie, grazie davvero ♥
Baci,
Gaia ♥

P.S. so che mi odierete per la fine di questo capitolo :)

 
  
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