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Autore: madamebo    22/12/2013    0 recensioni
"Le stelle brillavano di più quella notte, non volevano sentirsi comparse all’arrivo di quelle che tutti attendevano. Sara le preferiva a futili stelle cadenti. I comuni astri rimanevano immobili, ogni notte le davano la certezza che almeno loro non sarebbero cambiate"
la solita banale storia di una complessata, eppure in lei si nasconde una tempesta, a farla scoppiare basterà un soffio....
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La Lucky strike che tratteneva in equilibrio tra le dita consumava lentamente, lei fissava il foglio bianco, cercava il modo per imprimere tutto quello che avrebbe dovuto fare in quel momento, tutti i sogni che aveva il diritto di preservare, un’estate, la sua giovinezza e il tempo bastardo che le stava portando via tutto. Ma non trovava le parole. Le nuvole fuggivano , erano di troppo in quella notte. Gli occhi di tutti erano al cielo, in attesa di una leggera scintilla che precipitava, meditando un desiderio degno di quell’attesa. Era la notte dei desideri, come la definivano i romantici. Lei, però non era una persona romantica, o meglio non lo era più. La cenere tingeva l’erba perfetta su cui era seduta e il foglio rimaneva bianco. Lei quella notte sarebbe rimasta sola con le sue sigarette e una penna trovata per caso nella borsa. Finora le uniche cose che precipitavano violentemente erano le lacrime sul suo viso. Era giusto così. Era diversa da tutte le altre diciottenni; non era da tutte ritrovarsi sola, con un quaderno in mano nella notte dei falò, in un parco sperduto ad aspettare la sua stella. Un solo desiderio: fuggire da se stessa. Si odiava, infatti. Perché non poteva essere come tutti gli altri? Incoscienti, senza pensieri, senza paure? Sarebbe stato tutto più semplice: chiudere gli occhi e buttarsi tra la folla, tra le labbra che amava, tra le risate della sua tenera età. Non le mancava il coraggio, ma aveva paura di non riuscirlo a fare. Era convinta di non farcela. Tutte le occasioni perse con la consapevolezza di non essere abbastanza, erano l’enorme peso radicato sul suo stomaco e la causa dei i suoi snervanti mal di testa. Lei questo lo sapeva, sorrideva fingendo che non le importasse. Era stupida, in fondo, molto stupida. Vedeva la sua stranezza come qualcosa che appartenesse esclusivamente a lei, l’unica cosa solo sua nella sua vita. Non faceva altro che rimanervi attaccata, lo considerava l’unico modo per distinguersi, solo appiglio per essere un gran donna. Non capiva di non essere affatto diversa, la maggior parte degli adolescenti hanno paura. Paura di essere quello che sono, paura di buttarsi, di crescere. Paura di vivere. Molti lottavano, lei era immobile davanti ad una scogliera e aveva troppa paura del vuoto per buttarsi. Sulla collina del parco, circondata da coppiette a gruppetti con la chitarra, si sentiva pazza col quel quaderno in mano. Sentiva occhi estranei che la scrutavano, deridendola o compatendola, non le importava. Voleva che sparissero, folgorati dalle stelle. Sarebbe stato questo il suo secondo desiderio. Avrebbero potuto dire di tutto della ragazza sulla collina quella notte,in ogni descrizione , però, ci sarebbe stata una sola lampante verità: era sola. Ora nella tua mente,lettore, di questo sono certo, l’immagine della ragazza della collina si fa sempre più nitida; puoi scorgere il suo volto, un volto incerto dagli occhi lucidi. I fianchi adagiati sulla distesa verde, magari ha le gambe incrociate, su quelle c’è il quaderno. Nella mano sinistra, o nella destra, a te la scelta, trattiene la penna, tra le sottili labbra la sigaretta quasi consumata. Riguardo Sara, si chiamava così la ragazza, tu lettore conosci solo i tormenti e la solitudine ma del resto non sai un bel niente. Cancella l’idea di una povera ragazza complessata, rifiutata, vittima tra carnefici suoi coetanei. Era attorniata da amici, gente con cui bere ,sballarsi e ridere, era una stronza, tutti credevano lo fosse perché era proprio questo il suo obiettivo: farsi credere tale. Era capace di giocarsi l’affetto delle persone, con un commento perfido inutile o un pettegolezzo che non riusciva a trattenersi. Era quel genere di persona che non avrebbe dovuto essere triste, ma penso che la sua tristezza se la meritasse. Le stelle brillavano di più quella notte, non volevano sentirsi comparse all’arrivo di quelle che tutti attendevano. Sara le preferiva a futili stelle cadenti. I comuni astri rimanevano immobili, ogni notte le davano la certezza che almeno loro non sarebbero cambiate. Lì avrebbero aspettato la fine del suo per sempre. Le stelline, quelle che si disegnano come puntini gialli nel blu, sono enormi masse di fuoco che splendono per milioni di anni luce. Pensate a Rigel, l’ultima insignificante stella del Carro, una nana blu dalle dimensioni colossali. Anche quella notte rifletteva nel cielo. La luce che vedeva in quel momento, era stata riflessa otto milioni di anni luce addietro. Rigel sarebbe potuta anche essere scoppiata, ma tu lettore, potrai scoprirlo solo fra milioni di anni. Per quanto possano sembrare imperiture le stelle e per quanto questa fosse l’unica certezza di Sara, anche loro si sarebbero spente. Alla ragazza sarebbe piaciuto essere una di loro, brillare di giallo ogni notte, senza cambiare, senza sentirsi inopportuna. Un giorno si sarebbe spenta. Ma tutti se ne sarebbero accorti troppo tardi. L’unica cosa che in realtà la distingueva da una stella era la paura. Un timido bagliore illumino per un attimo il cielo. La fisso in silenzio. Voleva brillare anche lei. Doveva trovare solo qualcuno per cui farlo. Lui stava aspettando la sua stella. “C’erano tante stelle quella notte, il ragazzo dai capelli verdi si alzò e iniziò a tracciare linee incomprensibili sulla sabbia….” Aveva trovato le parole. Si accese un’altra sigaretta e iniziò a scrivere.
  
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