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Autore: Soul of Paper    22/12/2013    5 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell’autrice:

Un altro lungo capitolo con cui si chiude quella che definirei la seconda fase della storia, nel prossimo ci saranno diversi eventi importanti ed entreremo nella terza fase che ci riserverà parecchie soprese.

Questo capitolo tratta tematiche delicate e che sono state per me molto difficili da scrivere. Spero di essere riuscita a mantenere una visione realistica ed obiettiva sul tutto, anche se, come vedrete, queste tematiche delicate ci vengono presentate dalla voce di una delle due “parti” in causa che quindi difficilmente può essere oggettiva al 100% nel suo punto di vista. Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre anche le critiche mi aiutano a migliorarmi e a correggere ciò che non funziona.


Non penso proprio che riuscirò a pubblicare un altro capitolo prima di Natale, quindi auguro a tutte voi un buon Natale e vi ringrazio ancora per avere avuto la pazienza di seguire questa storia fin qui.

Grazie alle festività dovrei però avere più tempo per scrivere e quindi gli aggiornamenti dovrebbero essere più frequenti che nelle ultime e incasinatissime settimane, salvo imprevisti…

Ancora auguri!
 


Capitolo 15: “Promises”
 

Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro 


“Gaetano…”
 
Si blocca sui suoi passi, sicuro di aver sentito pronunciare il suo nome e non da una voce qualsiasi.
 
“Gaetano…”
 
Sorride alla conferma che non è un’allucinazione uditiva provocata dall’orario e dai suoi desideri: forse la conclusione di questa lunga notte insonne sarà migliore del previsto.
 
Con cautela, lanciando un’occhiata verso la porta della stanza di Livietta e accertandosi che la ragazza non sembra intenzionata ad uscirne nuovamente, si dirige verso un’altra porta, quella che per lui è ormai diventata la porta più importante non solo della casa, ma forse del mondo intero.
 
Si avvicina con circospezione e, di nuovo, sente la voce di Camilla che lo chiama, in un tono ancora basso ma che sembra diventare sempre più impaziente.
 
Apre la porta con un sorriso sulle labbra, che svanisce per poi rinascere in una risata a stento trattenuta, quando la vede: in mezzo al letto, attorcigliata completamente tra le lenzuola, stesa su un fianco, rivolta verso la porta, bellissima e soprattutto profondamente addormentata.
 
Totalmente ammaliato, chiude la porta dietro di sé e compie i pochi passi che lo dividono dal letto matrimoniale, sedendosi al suo fianco. Per lunghi attimi rimane ad ammirarla, illuminata dai raggi della luna che filtrano dalle finestre, incerto se svegliarla o lasciarla riposare. Ma quando la sente chiamarlo in maniera tanto intensa da suonare disperata, decide di intervenire.
 
“Camilla… Camilla, svegliati,” la esorta, accarezzandole un braccio in modo via via più vigoroso, “sono qui, amore mio, stai sognando, svegliati.”
 
“Gaetano!” esclama in un mezzo grido, aprendo gli occhi all’improvviso e sembrando tranquillizzarsi quando se lo trova davanti.
 
“Stavi sognando, professoressa,” la rassicura lui con un sorriso, scostandole una ciocca di ricci da davanti agli occhi e accarezzandole la fronte.
 
“Ma cosa ci fai qui? Che ore sono?” chiede lei all’improvviso, guardando verso il comodino, “le quattro del mattino?”
 
“Ti ho sentita che mi chiamavi ed eccomi qui,” le spiega, mentre lei si mette a sedere e si stropiccia il viso.
 
“Oddio, mi si sentiva fin nello studio? Ti ho svegliato?” chiede Camilla, arrossendo visibilmente, preoccupata all’idea di aver parlato tanto forte.
 
“No, no, tranquilla, ero sveglio, ti ho sentita dal corridoio…”
 
“Ma cosa ci fai in piedi a quest’ora?” gli domanda, osservandolo poi meglio, notando la postura rigida e innaturale, “hai male al collo?”
 
“Un po’…” ammette con un sospiro, massaggiandosi le spalle.
 
“Te l’ho detto che non dovevi portare la spesa, oggi!” lo rimprovera Camilla, preoccupata, “domani mattina, anzi diciamo pure stamattina, chiami di nuovo in questura e ti prendi almeno un’altra giornata di malattia. Saresti in prognosi ancora per qualche giorno, quindi niente scuse! E basta sforzi, e poi chiamiamo il fisioterapista per i massaggi.”
 
“Camilla!” sbuffa lui, “lo sai che non posso assentarmi ancora… il caso Migliasso…”
 
“Gaetano!” ribatte lei, fulminandolo con lo sguardo, con aria di chi non ammette repliche.
 
“Ok, ok, professoressa, ho capito. Domani telelavoro…” sospira, issando bandiera bianca.
 
“No, domani riposo e poco telelavoro. Se hai bisogno c’è Torre e ci sono anche io.”
 
“Con tutto il rispetto per Torre, lo sai che sei tu la mia detective preferita,” le dice, facendole l’occhiolino, “però non voglio che ti cacci nei guai, quindi direi che possiamo affidarci a Torre, mentre tu quando torni da scuola puoi assistere un povero infermo.”
 
“Scemo!” ribatte lei ridendo e colpendolo leggermente sul petto.
 
“Ehi, prima ti preoccupi per me e poi mi picchi?” protesta Gaetano, fingendosi offeso, “e comunque professoressa, non divaghiamo, perché anche io ho una domanda per te. Che cosa stavi sognando poco fa? Non ti chiedo chi perché lo so…”
 
“Hai una faccia da schiaffi, te l’ha mai detto nessuno?” ribatte lei, scuotendo il capo con un mezzo sorriso di fronte allo sguardo sornione e compiaciuto dell’uomo.
 
“Sì, ma non cercare di distrarmi, Camilla. Cosa succedeva nel tuo sogno?”
 
“Gaetano…” sospira lei, diventando rossa come un peperone e nascondendosi il viso tra le mani, “ti prego, dai, mi vergogno.”
 
“Mi sembra che l’ultima volta alla fine sei stata tu che hai insistito per raccontarmi i tuoi sogni e non è stato poi così male, no?” le fa notare con voce ironica e sensuale insieme, ricordando come il racconto dei sogni di Camilla avesse scatenato in tutti e due una passione famelica e molto, ma molto appagante.
 
La donna si limita a confermare col capo ma continua a coprirsi il viso, mentre il rossore le arriva ormai fino al decolleté.
 
“Cos’hai sognato stavolta di così inconfessabile, professoressa? Frustini? Corde? Catene?” le domanda con un sorriso, riferendosi scherzosamente al sogno della donna a base di confessioni “estorte” con tanto di manette e cella.
 
“Eddai, piantala di fare lo scemo!” lo implora lei colpendolo di nuovo sul petto, accorgendosi dell’errore tattico commesso quando lui le blocca le mani con le sue, obbligandola a guardarlo a volto scoperto.
 
“Camilla!” la esorta semplicemente, fissandola negli occhi, e la donna sa di dover cedere, forse di voler cedere ma di averne paura in egual misura.
 
“Ok, ok, io te lo racconto, però mi devi promettere di non preoccuparti e di non… di non prenderlo troppo seriamente, ok?” lo prega con voce improvvisamente timorosa.
 
“Camilla, però così mi fai preoccupare per forza, cos’è che hai sognato? Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa,” le risponde con tono più serio, cercando però di sdrammatizzare aggiungendo poi con un sorriso e facendole l’occhiolino, “oddio se hai sognato un altro uomo che si chiama Gaetano o se nel sogno eravamo in tre, forse preferisco non saperlo.”
 
“Gaetano…” sospira ricambiando il sorriso, allungando una mano per accarezzargli il viso, “nel sogno in effetti eravamo in tre, ma non so se la terza persona fosse un lui o una lei.”
 
“EH?” esclama lui non potendo trattenersi, mentre scenari vietati ai minori gli attraversano la mente e una gelosia bruciante gli attanaglia il cuore.
 
“Non in quel senso!” esclama lei di rimando, contenendo una risata all’espressione dell’uomo.
 
“E in quale senso?” le chiede non riuscendo ad evitare di alzare leggermente la voce e di indurirla allo stesso tempo.
 
“Gaetano…” ripete lei con un altro sospiro, prima di inspirare a fondo e saltare nel vuoto, “ho sognato… ho sognato di essere incinta.”
 
 
 
Silenzio.
 
 
 
I lineamenti di Gaetano sono pietrificati in un’espressione completamente sconcertata: occhi e bocca spalancati come quelli di un pesce lesso. Sarebbe quasi comico agli occhi di chiunque, ma Camilla, nello stato di agitazione e rimescolamento di stomaco in cui si trova, non è in grado di cogliere il lato umoristico della situazione.
 
“Gaetano… ti ho detto che non devi preoccuparti: è solo un sogno e non significa che voglio un altro figlio,” si precipita a spiegare, terrorizzata all’idea che lui pensi che lei lo voglia “incastrare” dopo solo pochi giorni di relazione.
 
“Quindi… quindi non vuoi un figlio da me?” le chiede, riprendendosi dalla paralisi, non riuscendo ad offuscare la delusione e l’amarezza che si impadroniscono della sua voce e del suo volto.
 
“NO!” esclama Camilla, dandosi mentalmente dell’idiota, “cioè sì… cioè… Gaetano… è chiaro che lo vorrei un figlio da te: ogni volta che vedo Tommy e vedo te… non posso fare a meno di pensare a come sarebbe stato avere un figlio nostro.”
 
“Lo so,” sussurra Gaetano con una voce dolce e malinconica insieme, “anche io quando vi vedo insieme ci penso spesso, sai?”
 
“Lo so,” ripete lei, stendendo nuovamente la mano per sfiorargli una guancia, “però è da così poco che siamo… una coppia, anche se ci conosciamo da una vita e poi… e poi io non sono più una ragazzina e anzi, il mio orologio biologico sta probabilmente scandendo gli ultimi rintocchi. E soprattutto non voglio che tu pensi che ti voglia incatenare a me con un figlio, che io-“
 
“Shhh,” la zittisce lui, tirandola a sé e abbracciandola più forte che può, “Camilla, non serve che ti scusi o ti giustifichi: lo so benissimo anche io che questo non è il momento adatto per pensare a un figlio e che… che in ogni caso, anche andando avanti ci saranno tanti rischi da considerare e io non voglio che ti succeda niente e non ti forzerei mai e, anzi, ti capirei se non te la sentissi di provare ad avere un altro bambino. Per me già stare con te, Tommy e Livietta in questi giorni è essere in famiglia, nonostante tutti i casini che ci circondano, e ho quasi paura a desiderare di più di così, lo sai? E in quanto all’incatenarmi a te: lo sono già da tanti anni, professoressa, senza bisogno di vincoli legali o biologici che ci uniscano e non ho alcuna intenzione di tentare di liberarmi. Non che ne sarei capace, anche volendo.”
 
“Gaetano…” sussurra lei commossa, baciandogli il collo delicatamente, attenta a non fargli male, “anche per me è… esattamente lo stesso. Da quando tu e Tommy siete venuti ad abitare qui, anche se lo so che sarà solo per qualche giorno… mi sento a casa, davvero a casa, malgrado tutti i problemi che ci sono, anche con Livietta. E a Tommy voglio un bene dell’anima: come dici tu non servono legami giuridici o di sangue per sentirsi una famiglia.”
 
“Già,” conferma lui, accarezzandole i capelli e deglutendo per cercare di sciogliere il nodo che gli si è formato in gola dall’emozione, “però è bello sognare, no?”
 
Camilla si limita ad annuire col capo, stringendosi ancora di più in quell’abbraccio, affondando il viso nella t-shirt bianca di Gaetano ed inspirando quel profumo che la fa sentire protetta e in pace con il mondo.
 
“In realtà… anche io una volta ho fatto un sogno simile, lo sai?” confessa Gaetano in un sussurro, quasi come se fosse immerso nei suoi pensieri o nei suoi ricordi.
 
“Hai sognato che aspettavamo un bambino?” chiede Camilla, sorpresa da questa rivelazione, sollevando il capo per guardarlo negli occhi.
 
“Sì,” ammette lui, ricambiando lo sguardo, “ho sognato che eri incinta, col pancione e che mi facevi montare la cameretta del bimbo o della bimba. Gialla perché non sapevamo se fosse un lui o una lei.”
 
“È un sogno molto più dettagliato del mio Gaetano, e suona anche molto più faticoso,” gli risponde con un sorriso talmente ampio e brillante da rischiarare la penombra della stanza.
 
“Non era affatto faticoso, era… indescrivibile,” sussurra con voce roca, accarezzandole il viso.
 
“Buono a sapersi: lo terrò a mente se mai dovessi fare un salto all’Ikea,” ribatte lei per alleggerire l’atmosfera, ottenendo come ricompensa una risata sincera e quello sguardo esasperato ed adorante che la fa sempre sentire la donna più fortunata e desiderata del mondo.
 
“E quando hai fatto questo sogno? Di recente?” domanda, colta da un’improvvisa curiosità, notando però quasi subito, dal repentino irrigidimento dei muscoli dell’uomo, di avere toccato un nervo scoperto.
 
“No,” sospira, dopo un attimo di esitazione, abbassando il capo, con aria di grande imbarazzo, “e… diciamo che se te lo racconto… ho paura che non ci faccio esattamente una grande figura, anzi…”
 
“Cosa vuoi dire?” chiede lei, completamente spiazzata dal brusco mutamento dell’umore dell’uomo e dell’atmosfera nella stanza, “Gaetano, lo sai che anche tu puoi parlarmi liberamente di qualsiasi cosa. E che sicuramente qualunque cosa mi dirai non cambierà l’opinione che ho di te.”
 
“Non ne sarei così convinta, se fossi in te,” ribatte lui, sollevando nuovamente lo sguardo per osservare la sua reazione, confessando poi, con voce rotta e leggermente tremante, “l’ho sognato… l’ho sognato quando Eva… quando Eva era incinta di Tommy.”
 
La paresi facciale questa volta colpisce Camilla, che rimane per lunghi ed interminabili istanti col volto contratto in una maschera di totale sconcerto. Mentre è ancora pietrificata, Gaetano scioglie l’abbraccio con un sospiro, mettendosi a sedere sul bordo del letto, con i piedi appoggiati sul tappeto, dandole le spalle.
 
“Lo so che questo non mi fa onore, per usare un eufemismo, né come marito, né come padre. E credimi che non è una cosa di cui vado fiero, Camilla,” le spiega, nascondendosi il viso tra le mani.
 
“Gaetano…” mormora lei, riprendendosi di colpo all’udire il tono dell’uomo: pieno di amarezza e di… disprezzo verso se stesso.
 
“Gaetano,” ripete, sedendosi accanto  a lui e appoggiandogli una mano sulla spalla, “Gaetano, ascoltami: non… non si sceglie cosa si sogna… né cosa si desidera nel profondo del nostro cuore. L’ho imparato a mie spese in questi mesi e… e allora anche i miei sogni fanno di me una pessima, pessima moglie, Gaetano.”
 
“Non è solo per il sogno, Camilla, è anche per… è anche per quello che ho provato al risveglio. Quando ho aperto gli occhi e ho visto Eva accanto a me, che riposava tranquilla, ho provato una tale delusione… mi sono sentito soffocare e ho capito… ho capito di avere sbagliato tutto, di avere commesso un errore irreparabile e nel quale avevo trascinato non solo Eva, ma anche una creatura innocente che non era nemmeno ancora nata.”
 
La voce di Gaetano diventa gradualmente più decisa, lucida, ma sempre terribilmente amara, dura e piena di disistima. Camilla vorrebbe rassicurarlo, calmarlo, consolarlo, ma sente la lingua incollata al palato: e per quanto si sforzi non trova le parole adatte, e dubita in cuor suo che ne esistano di adeguate alle circostanze.
 
“Sai, Camilla, con Roberta… con Roberta mi avevi fermato in tempo, prima che fosse troppo tardi. Ma poi eri sparita, te ne eri andata a migliaia di chilometri di distanza ed ero sicuro davvero di averti persa per sempre, che non ti avrei mai più rivista,” comincia a raccontare, incrociando lo sguardo di lei per un unico lunghissimo istante, per poi tornare a fissare il tappeto.
 
“In poco tempo, Roma mi era diventata insopportabile: troppi ricordi, tutti legati a te. Se passavo davanti al nostro bar o nella zona dove vivevi mi sembrava di impazzire. Ma il peggio era in commissariato e nel mio appartamento: ci avevamo trascorso talmente tante ore insieme, da quando ero tornato da Praga… Ho capito che avevo bisogno di cambiare aria, se volevo avere una minima speranza di rifarmi una vita. Ho chiesto il trasferimento e sono finito a Sondrio. Per distrarmi trascorrevo i weekend a Milano, giravo per locali… insomma cercavo di fare la mia solita vita da… da playboy,” ammette non potendo evitare che un mezzo sorriso agrodolce gli si dipinga sul viso quando la voce della sua coscienza, che suona stranamente identica a quella di Livietta, ci aggiunge uno “stronzo” finale.
 
“Ed è così che hai conosciuto Eva?” chiede Camilla, con la voce più neutra e cauta di cui è capace, accarezzandogli la schiena con movimenti circolari, quasi a fargli forza.
 
“Sì… Era la settimana della moda ed era ovviamente pieno di modelle. Tutte ragazzine, sembravano fatte con lo stampino: bevevano tanto, mangiavano pochissimo e parlavano… parlavano di cose da ragazzine. D’improvviso mi sono sentito vecchio e ridicolo, completamente fuori posto. E poi ho visto lei: un po’ in disparte, bellissima, algida, con un fisico da ex modella ma il viso di chi aveva fortunatamente già superato abbondantemente l’adolescenza, di chi aveva qualcosa da dire, e l’aria di voler essere da tutt’altra parte. Mi sono avvicinato a lei e le sue prime parole sono state ‘guardi che se non l’ha notato ho più di trent’anni: credo di essere completamente fuori dal suo target’.”
 
“Sì, suona proprio come qualcosa che potrebbe dire Eva,” commenta Camilla con un sorriso dolceamaro che si riflette perfettamente in quello dell’uomo: se da un lato prova una certa ammirazione e solidarietà femminile verso la svedese per una simile battuta, dall’altro lato non può evitare la fitta di gelosia che si impadronisce di lei ogni volta che pensa a Gaetano con un’altra donna. A maggior ragione una donna con cui ha comunque condiviso qualcosa di incredibilmente importante e che, nel bene o nel male, farà sempre parte della sua vita.
 
“Già… io le risposi che questo dovevo essere io a giudicarlo e che anzi, mi sembrava essere esattamente al centro del mio target e… abbiamo cominciato a parlare, o forse dovrei dire a discutere. Abbiamo praticamente passato la serata con lei che mi elencava tutte i motivi per cui stava solo perdendo il suo tempo con me – e che se restava era solo perché non poteva andarsene prima che finisse l’after-party dell’agenzia per cui lavorava – e io che glieli smontavo uno per uno. Alla fine ha ceduto e ha acconsentito di rivedermi, sempre con l’atteggiamento di chi mi stava facendo un enorme favore, ed è così che è iniziata la nostra relazione.”
 
“Capisco…” mormora Camilla, avvertendo il dolore nel petto farsi sempre più intenso, mentre comprende perfettamente, ancora prima che Gaetano prosegua a spiegarsi, che cosa di Eva lo avesse attratto tanto.
 
“Lo sai che mi sono sempre piaciute le donne forti e di carattere, no, professoressa?” le chiede, trafiggendola nuovamente con uno sguardo malinconico e confermando in pieno le sue intuizioni.
 
“Già…” è il commento laconico di Camilla, che è questa volta la prima a rompere il contatto visivo, sentendosi improvvisamente troppo fragile per sostenerlo.
 
“Camilla…” sussurra Gaetano, cingendole le spalle con in braccio sinistro e tirandola a sé, quasi a leggerle nel pensiero, “scusami, forse… forse non è il caso che ti racconti tutto questo.”
 
“NO!” esclama lei, sollevando il viso di scatto e stringendo più forte il suo braccio destro attorno alla vita dell’uomo, “cioè in realtà… in realtà è da tanto tempo che mi faccio domande su… su di te e su Eva. Ma non ho mai osato chiederti nulla, forse anche perché, sì, lo ammetto, il pensiero di te e lei insieme non è esattamente piacevole per me. Però se tu me ne vuoi parlare, se lo vuoi condividere con me, per me… per me è importante, Gaetano, anche se non è facile per nessuno dei due.”
 
“No, non lo è…” ammette Gaetano, baciandole i capelli e respirandone il profumo, quasi a farsi forza.
 
“La nostra relazione è stata in gran parte come il nostro primo incontro: eravamo quasi completamente diversi, non avevamo praticamente nulla in comune, ma all’inizio queste differenze ci attraevano e discutere era stimolante, affascinante e divertente. E penso… penso che ci siamo trovati in un periodo delle nostre vite in cui entrambi eravamo stanchi di una vita solitaria e desideravamo fortemente mettere radici, avere una famiglia e soprattutto dei figli. Lei aveva girato mezzo mondo, prima come modella e poi come fotografa, ed era lontana dai suoi parenti e da tutti i suoi affetti e beh… lo stesso valeva per me, anche se avevo viaggiato di meno. E così in poco tempo ci siamo ritrovati a convivere: un po’ a Milano e un po’ a Sondrio e dopo pochi mesi che ci conoscevamo mi ha annunciato di essere incinta. Si è trasferita in pianta stabile nel mio appartamento a Sondrio, dato che io dovevo essere in questura tutti i giorni, mentre lei aveva un lavoro freelance, e ci siamo sposati a tempo di record, giusto il tempo di fare le pubblicazioni. Una cerimonia semplice, in comune: come invitati solo mia sorella e i genitori di Eva, che penso stessero per morire di infarto quando abbiamo annunciato loro che la figlia era incinta si stava per sposare da lì a pochi giorni con quello che per loro era un perfetto sconosciuto. Non credo me l’abbiano mai perdonata, nonostante tutte le storie sulla ‘mentalità aperta’ degli scandinavi.”
 
“C’era anche Nino?” chiede Camilla, prima di potersi trattenere dal fare questa domanda, non del tutto sicura sul perché sia così curiosa di saperlo.
 
“Sì, e anche il marito di Francesca… Nino era strano quel giorno, mi continuava a fissare come se volesse dirmi qualcosa e credo che volesse chiedermi se ero sicuro di quello che stavo facendo. E ricordo che anche Francesca aveva commentato ironicamente che ero io la ‘nuova mina vagante’ della famiglia e che la stavo battendo in quanto a relazioni lampo e a colpi di testa, ma mi sembrava comunque felice per me, per il fatto che sarei diventato finalmente padre e lei zia. Però lo sai… è stato tutto molto surreale se riguardo indietro, è successo tutto talmente in fretta…”
 
“E poi?” sussurra Camilla dopo un attimo di silenzio e di riflessione da parte di entrambi, sollevando gli occhi e osservando Gaetano, che sembra completamente immerso in pensieri per nulla piacevoli.
 
“E poi sono cominciati i problemi: convivere per sette giorni alla settimana, ventiquattro ore al giorno, era diverso dal trascorrere qualche giorno l’uno nell’appartamento dell’altro. E ad Eva Sondrio andava stretta, abituata com’era alle metropoli e a viaggiare. Poi, non so se per via degli ormoni della gravidanza, ma il carattere di Eva ha cominciato a poco a poco a peggiorare: è diventata sempre più esigente e dura. Se all’inizio mi piaceva discutere con lei, se all’inizio le nostre differenze ci attraevano, in poco tempo mi sono reso conto che Eva non era solo forte di carattere, o un po’ testarda, ma completamente intransigente. Per lei era tutto o bianco o nero, non esistevano compromessi e le cose o si facevano esattamente come diceva lei, quando lo diceva lei, o erano liti interminabili. Il problema era che la pensavamo all’opposto su quasi tutto: avevamo gusti, ritmi, abitudini completamente diversi, quindi era una guerra continua. E io dopo un po’, sfinito, cedevo, sia perché lei era incinta e non volevo farla agitare, sia perché speravo che questa metamorfosi fosse solo temporanea.”
 
Camilla non riesce a parlare, può solo appoggiare la testa sul suo petto e stringerlo ancora di più a sé, continuando ad accarezzargli la schiena e aspettare che lui riordini le idee e ritrovi la forza necessaria per continuare.
 
“Ma poi, quando Eva era al sesto mese di gravidanza, ti ho sognata e quando mi sono svegliato… mi sono risvegliato in tutti i sensi e ho capito tutto… ho capito che non amavo Eva, che non l’avevo mai amata. Che anche se, per certi versi, forse inconsciamente alcuni aspetti del suo carattere mi avevano ricordato te, in realtà c’era un abisso tra di voi e non c’era minimamente paragone tra il tipo di rapporto che avevo con te e quello che avevo con lei. Mi sono reso conto che ero ancora innamorato di te e che il matrimonio con Eva era finito ancora prima di iniziare. Insomma, che avevo appena commesso la più grossa cazzata di tutta la mia vita, sposandomi con una persona con cui ero completamente incompatibile e che per di più non amavo e che non c’era rimedio o via di uscita. Mi sentivo in trappola e allo stesso tempo sentivo di essere una persona orribile, un marito terribile, sentivo di avere ingannato ed usato Eva e mi sono odiato con tutte le mie forze, Camilla.”
 
Volge il capo verso di lei e la trafigge con uno sguardo talmente carico di dolore da farle un male fisico. Solleva una mano per toccargli il viso ma lui la cattura in una delle sue prima che riesca a raggiungerlo. La stringe forte, in maniera quasi disperata e poi scioglie l’abbraccio, si alza e comincia a camminare per la stanza.
 
“Ero devastato dai sensi di colpa verso Eva e verso il figlio che aspettavamo. Ho cercato di fare finta di niente, ma mi rendo conto, col senno di poi, di essere diventato allo stesso tempo più freddo con Eva ma anche più arrendevole, conciliante, forse per cercare di ‘espiare’ le mie colpe. Non so se Eva se ne fosse resa conto, essendo una donna intelligente credo che qualcosa avesse intuito, ma la situazione ha continuato a peggiorare: più io ero passivo e accondiscendente, più lei pretendeva da me e cercava quasi la lite su ogni minima scemenza. Forse era un modo per mettermi alla prova, per capire dove potesse arrivare prima che io reagissi, per capire se mi importasse ancora di lei e della nostra relazione. Forse era solo esausta per la gravidanza, forse essendo sempre stata abituata a vivere da sola era proprio così di carattere, non lo so.”
 
Quello che omette di dire a Camilla è che anche a letto la loro relazione era andata degenerando di pari passo. Se i primi tempi erano stati di grande passione – Eva era la perfetta incarnazione del proverbiale “ghiaccio bollente” – a mano a mano i loro litigi si erano trasferiti in camera da letto e i rapporti erano passati da appassionati a quasi feroci: dei veri e propri duelli tra le lenzuola. Gaetano, spaventato da questa irruenza e dalla possibilità che facesse male a lei o al bambino, aveva cominciato a ridurre la frequenza dei rapporti tra loro. Quando aveva sognato Camilla, alla paura per il benessere di Eva si era presto sommata una crescente assenza di desiderio da parte sua. E anche se aveva giustificato i suoi rifiuti alla donna con la preoccupazione per la salute di lei e del bimbo, era quasi certo, con il senno di poi, che lei avesse capito che c’era anche dell’altro dietro al suo comportamento.
 
 “Fatto sta che poi Tommy finalmente è nato e per qualche mese il clima sembrava essersi rasserenato: eravamo entrambi felicissimi ed entusiasti di nostro figlio ed Eva era talmente concentrata su di lui che mi lasciava respirare. Ma pian piano la situazione ha ricominciato a degenerare: Eva era attaccata a Tommy in modo quasi ossessivo e non permetteva a nessun’altro di occuparsene, nemmeno a me. Qualsiasi cosa facessi era sbagliata: ogni volta che prendevo in braccio mio figlio sembrava che dovessi fargli del male da un momento all’altro. Non si fidava mai a lasciarmelo, praticamente non usciva più di casa e ho cominciato a sentirmi un terzo incomodo. Come marito non venivo assolutamente considerato e, a furia di sentirmelo ripetere o a parole o con i fatti, credo di essermi sul serio convinto di essere anche incapace a fare il padre, di non esserne in grado.”
 
Quello che Gaetano nuovamente preferisce tenere per sé, per non far soffrire Camilla con dettagli che, ne è sicuro, lei non vuole e non necessita sapere, anche se probabilmente li intuisce perfettamente, è che, se prima della nascita di Tommy era stato lui a porre un freno alla loro vita sessuale, dopo era stata Eva stessa a porre un muro quasi invalicabile tra loro, ad essere sempre più fredda e disinteressata ad ogni contatto con lui. Anche dopo la fine dell’inevitabile “stop” post-partum, non aveva più preso iniziativa in tal senso ed era diventata “mamma” full-time e non più “moglie”. E a Gaetano in fondo era andata bene anche così, anche se ogni tanto l’insoddisfazione si era fatta sentire, insieme all’ovvio dispiacere provato nel sentirsi non desiderato e non considerato. Le rare eccezioni che c’erano state, e che si potevano praticamente contare sulle dita di due mani, erano state ancora una volta delle vere e proprie battaglie, un modo per sfogare le reciproche frustrazioni, più che un atto di amore.
 
“Ho cominciato ad odiare il nostro appartamento, non avevo alcuna voglia tornarci la sera. Ho iniziato ad inventare scuse su scuse e a lavorare anche nei weekend. Al principio Eva sembrava non curarsene, poi ha cominciato ad essere gelosa, a farmi scenate ed interrogatori sul fatto che avessi un’altra donna. Lo so che quello che ho fatto è stato tremendo e degno del peggior vigliacco, ma mi sentivo talmente esasperato che alla fine ho avuto davvero un’avventura con praticamente la prima ragazza disponibile che mi è capitata a tiro. Eva ha scoperto i suoi messaggi sul mio cellulare… Col senno di poi credo di averlo fatto di proposito, di aver lasciato che lei li trovasse. Mi ha affrontato e gliel’ho confessato: sono ancora stupito adesso di essere sopravvissuto alla discussione furiosa che ne è seguita, ma è finita con lei che ha fatto le valigie e se ne è tornata a Milano, portandosi Tommy con sé. E credimi che lo so che quello che sto per dire probabilmente fa di me una persona ignobile, ma ho provato un tale sollievo, un tale senso di liberazione che raramente avevo mai provato prima in vita mia e credo… credo di avere trasferito il rigetto che avevo verso qualsiasi cosa riguardasse Eva anche su Tommy. Mi ero convinto ormai di non essere tagliato per fare il padre o per la vita di coppia e ho quasi “rimosso” Tommy dalla mia esistenza, anche perché ero ancora pieno di sensi di colpa verso di lui, mi sentivo responsabile per l’enorme errore che era stato questo matrimonio e sentivo… credo che sentissi di non meritarmi di avere un figlio, sai? E allo stesso tempo rivederlo mi faceva tornare alla mente brutti ricordi, mentre allontanandomene potevo fare finta di niente e cercare di dimenticare.”
 
Camilla è completamente paralizzata sul letto, non riesce a fare altro se non ascoltare Gaetano che si mette a nudo davanti a lei, facendo venire alla luce ferite profonde e probabilmente mai del tutto rimarginate, con una voce talmente lucida nella sua amarezza da farle quasi paura. Quello che lui le sta raccontando in realtà non la sorprende come forse dovrebbe: purtroppo aveva già intuito che fosse successo qualcosa di simile, sia perché, facendo due conti, era evidente come il matrimonio di Gaetano ed Eva fosse durato un lampo, sia dagli indizi, dai detti, non detti e sottotesti che aveva raccolto osservandoli insieme e dai commenti di entrambi e di Tommy. Però non si sarebbe mai immaginata che le cose tra loro fossero degenerate fino a questo punto, che si fossero fatti così tanto male a vicenda. E la cosa peggiore è che intuisce, dalla disperazione e dal senso di colpa nella voce di Gaetano e da quel poco di frequentazione che aveva avuto con Eva, che in fondo erano entrambi colpevoli ed innocenti in egual misura in questa storia, e che probabilmente nessuno dei due avrebbe voluto arrivare a tanto, ma non avevano potuto evitarlo. Erano semplicemente totalmente incompatibili, e questo non era colpa di nessuno dei due. Decidere di avere un figlio e sposarsi senza praticamente conoscersi invece era stata una decisione infausta e questo sì che era colpa di entrambi. Ma le cose col senno di poi e viste dall’esterno, sono sempre molto più semplici e chiare di quando ci sei dentro fino al collo, come Camilla ben sa dopo i suoi disastri matrimoniali.
 
“Anche l’appartamento che avevamo condiviso e Sondrio mi riportavano alla mente il mio fallimento, mi sentivo soffocare e ho deciso che era il caso di cambiare nuovamente città. Ho chiesto il trasferimento e, quando c’è stata l’occasione per Torino, l’ho accettata al volo. Ho messo ancora più distanza tra me, Eva e mio figlio. Ho ricominciato la mia vita da playboy, come e forse peggio di prima. Credo volessi inconsciamente allontanare ed eliminare alla radice ogni possibile tentativo di riconciliazione tra me ed Eva. Mi sono preso tutte le colpe, ho accettato la separazione con addebito e di poter vedere Tommy solo un paio di weekend al mese, ma in realtà piano piano ho ridotto la frequenza delle visite, trovando sempre urgenze sul lavoro per giustificarmi con me stesso. Lo so di essere stato un padre assolutamente terribile e un pessimo marito e che non ho scusanti, Camilla. E poi tu sei ripiombata nella mia vita… Eva nel frattempo si è resa conto di essersi quasi annullata per nostro figlio e che non poteva più vivere in simbiosi con lui, se voleva salvare quello che rimaneva della sua carriera, e me l’ha affidato e… il resto lo sai. Grazie a te ho capito che, anche se forse non me lo merito, posso farcela, che sono in grado di fare il padre, che Tommy ha bisogno di me e che, nonostante non sia nato nelle circostanze migliori, sebbene il matrimonio tra me ed Eva sia stato un tremendo sbaglio, lui invece è la cosa più bella che abbia mai fatto in vita mia, che non potrei più immaginare la mia vita senza di lui…”
 
La voce di Gaetano infine si spezza. I loro occhi si incrociano: pozze profonde in cui si rispecchiano perfettamente, senza bisogno di parole che non sono nemmeno in grado di pronunciare. Camilla estende un braccio, il palmo della mano rivolto verso l’alto. Lui, tremante, accoglie quell’invito silenzioso, intrecciando le dita della donna con le sue e lasciandosi trascinare da lei fino a ritrovarsi nuovamente seduto sul letto, completamente avvolto da quell’abbraccio di cui ha disperatamente bisogno e di cui allo stesso tempo sa di non essere degno. Ma è come un’assoluzione a lungo attesa e anelata e che, per quanto immeritata, non può e non vuole rifiutare.
 
“Camilla…” le sussurra infine tra i capelli, con la voce ancora rotta, “se dopo quello che ti ho raccontato… se tu avessi cambiato idea su noi due… se avessi dei dubbi, io lo capirei.”
 
“Gaetano,” replica lei con tono dolce ma deciso, separandosi leggermente da lui, quel tanto che basta per guardarlo negli occhi, ma mantenendolo comunque stretto nel suo abbraccio, “non devi nemmeno pensarlo, chiaro? Io ti conosco, Gaetano, ti conosco da una vita, ti conosco da prima che ti conoscesse Eva. Ho assistito anche ad un lungo periodo di convivenza tra te e Roberta e, per quanto le cose non fossero state tutte rose e fiori nemmeno con lei, ricordo benissimo che non siete mai arrivati ai livelli a cui siete arrivati tu ed Eva, nemmeno alla lontana. E fatico a ricollegare il mio Gaetano, il Gaetano che conosco con quello che mi hai raccontato, ma allo stesso tempo non ne sono del tutto sorpresa, perché tu ed Eva insieme… siete un mix pericoloso, questo l’ho capito fin da subito. Come capisco cosa vi abbia attratto l’uno all’altra, ma evidentemente non eravate fatti per avere una relazione stabile e duratura: siete troppo diversi, incompatibili. E credo che abbiate tirato fuori il peggio l’uno dell’altra, come credo che, paradossalmente, foste entrambi in buona fede e partiti con le migliori intenzioni. Ma se ho imparato qualcosa dai miei fallimenti in campo matrimoniale e dalla vita, è che accanendosi cercando di funzionare qualcosa di rotto, l’unico risultato è un’inevitabile esplosione e che unendo due solitudini si ottiene solo una solitudine ancora più grande. Quando vi siete conosciuti volevate entrambi esattamente la stessa cosa ma non eravate l’uno per l’altra le persone giuste con cui costruirla.”
 
“Sì, però… io sono anche quel Gaetano, Camilla. È una parte di me, ero sempre io, non era un’altra persona che agiva al posto mio. E…” cerca di spiegare, ma lei lo interrompe con un rapido bacio sulle labbra, che, come sempre, ha su di lui un impatto devastante.
 
“Anche io sono la stessa Camilla che ha quasi tradito suo marito fisicamente in un’infinità di occasioni e che l’ha tradito col pensiero, che forse è pure peggio, per tanti anni. Che stava con lui essendo innamorata di un altro, desiderando stare con un altro, sognandoselo tutte le notti. Immagino che questo non dia un’immagine molto positiva di me come potenziale compagna, Gaetano, e anche tu dovresti avere le tue riserve allora.”
 
“Non è la stessa cosa, Camilla!” protesta con decisione, da un lato non sopportando che lei si sminuisca in questo modo, e dall’altro non potendo evitare di provare una fitta al petto ascoltando quest’ennesima conferma dei suoi sentimenti per lui.
 
“È esattamente la stessa cosa, Gaetano. Nessuno di noi due ha un curriculum impeccabile in materia di relazioni sentimentali, anzi. Del resto se ce l’avessimo avuto non saremmo qui a parlare ora, io non mi sarei innamorata di te e sarei rimasta con Renzo ‘fin che morte non ci separi’ e tu avresti trovato una donna perfetta, non impegnata e incasinata come me, con cui avresti costruito una famiglia felice. Ma siamo, come mi hai ricordato giustamente tu tante volte, qui, insieme e ora. Io, una donna sposata, con una figlia e che si sta separando per la seconda volta da suo marito e tu, un uomo separato con un figlio che ha sempre faticato ad avere relazioni stabili. Se tu fossi una persona esterna, che non ci conosce, e qualcuno ti presentasse la nostra situazione in questa maniera, quante probabilità di successo ci daresti per questa relazione? Probabilmente molto poche. Eppure io sento che quello che c’è tra noi… funziona, Gaetano. Tu non sei Renzo e io non sono Eva: tu con Renzo non hai praticamente nulla in comune e io con Eva, a parte la testardaggine, un talento per gli interrogatori e un certo amore per i duelli verbali – amichevoli nel mio caso – e il gusto in fatto di uomini, nemmeno. E se le premesse sono completamente diverse, se la somma dei fattori è completamente diversa, perché il risultato dovrebbe essere lo stesso?”
 
“Camilla…” le sussurra lui con un sorriso tra il malinconico e l’orgoglioso, non potendo evitare di sfiorarle una guancia con la punta delle dita della mano destra e che la fitta al petto si intensifichi, ma è un dolore quasi piacevole, di quelli che ti fanno sentire vivo.
 
“Gaetano, sei stato proprio tu a dirmi in quel corridoio di ospedale, mentre decidevo se smetterla finalmente di scappare da ciò che provavo e provo per te e darci una possibilità, che quello che è successo con Renzo non deve necessariamente ripetersi con te, te lo ricordi, no?” chiede lei, ricambiando la carezza.
 
“E come potrei mai dimenticarmi di uno dei momenti più belli di tutta la mia vita, Camilla?”
 
“Gaetano…” gli sorride, non resistendo e stampandogli un altro breve bacio sulle labbra ancora dischiuse in un sorriso, “credo che avessi ragione, sai? Ammetto che quella del tradimento è una paura che mi porto ancora dietro, per via di quello che è successo con Renzo e perché so che tu sei un uomo che non passa esattamente inosservato tra la popolazione femminile. Ho paura di perderti, di perdere tutto questo e a volte mi sembra tutto troppo bello, troppo… perfetto per essere vero, nonostante tutti i problemi che stiamo affrontando insieme. Però appunto li stiamo affrontando insieme, Gaetano e… tu riconosci in quello che stiamo vivendo in questi giorni qualcuna delle dinamiche che avevi con Eva? Perché io non trovo alcuna somiglianza con i primi tempi di convivenza con Renzo. È tutto così…”
 
“…naturale!” dicono insieme, quasi all’unisono, sorridendosi di nuovo.
 
“Questa intesa che c’è tra noi, questa armonia, è qualcosa che forse ho avuto con Renzo dopo anni di matrimonio, quando le cose andavano ancora bene… Ma la cosa più straordinaria è che non posso nemmeno prendermi meriti che non ho dicendoti che sto facendo sacrifici o compromessi per farla funzionare questa convivenza, perché non è così. Non so tu, ma io non ho dovuto adattarmi praticamente in niente: abbiamo abitudini, gusti e orari molto più simili di quanto avrei mai osato immaginare, a parte Tommy che ha ovviamente le esigenze di un bimbo della sua età. Tu ti stai sforzando in qualche modo?”
 
“No, anzi... Dopo l’esperienza con Eva ero diventato allergico all’idea di convivere di nuovo stabilmente con una donna, la sola idea mi metteva ansia, ma qui sto così bene che l’ansia mi sta venendo al pensiero di dover tornare a casa mia quando saranno finiti i lavori, anche se siamo a un cortile di distanza…” ammette lui con una punta di malinconia nella voce.
 
“Lo so… non sarà facile lasciarvi andare, anche se possiamo sempre farci visita in due minuti d’orologio e guardarci dalla finestra,” replica lei, con lo stesso tono nostalgico, “però, Gaetano, quello che voglio dire non è che tra noi due saranno sempre rose o fiori o che non avremo mai problemi. Magari questa storia come mi auguro durerà per sempre, magari invece purtroppo non sarà così, però se tra noi non funzionerà non penso proprio sarà per gli stessi motivi per cui non ha funzionato tra me e Renzo o tra te ed Eva, capisci cosa intendo?”
 
“Sì,” le sussurra semplicemente lui accarezzandole i capelli e regalandole un altro sorriso, più ampio e luminoso dei precedenti.
 
“E poi credo che comunque vadano le cose non… non arriveremo a farci tanto male quanto ve ne siete fatti tu ed Eva. E sai perché? Perché prima dell’amore, tra me e te c’è sempre stata stima e un profondo rispetto, forse proprio più da parte tua che da parte mia, in realtà. Io con tutte le mie indecisioni di questi anni non posso dire di avere rispettato i tuoi sentimenti, Gaetano, ma tu con me sei sempre stato corretto, molto più di quanto mi meritassi. E spero davvero che, qualunque cosa accada, anche se l’amore tra noi dovesse… dovesse finire, questo non venga mai a mancare.”
 
“Anche tu sei sempre stata corretta, Camilla. Avresti potuto tenere i piedi in due scarpe, farmi fare il ruolo dell’amante, approfittando di quello che sentivo e sento per te – so che avrei acconsentito, che non avrei resistito, pur di poterti avere almeno un po’ per me, avrei accettato qualsiasi cosa, specie quando ti ho conosciuta. Ma quando hai deciso di darci una possibilità hai davvero deciso Camilla, hai lasciato tuo marito, nonostante tutti i problemi e le paure. Non mi hai mai dato false speranze o promesso qualcosa che non avresti potuto mantenere. E non posso che ammirarti ancora di più per questo e anche io spero che questo non cambi mai: potrei accettare di non avere più il tuo amore, anche se sarebbe un dolore devastante per me, ma se tu arrivassi ad odiarmi o disprezzarmi… non credo potrei sopportarlo.”
 
Uno sguardo, le mani che si stringono quasi convulsamente in quello che è un patto e una preghiera insieme.
 
“Gaetano…” sussurra lei con occhi lucidi, per poi aggiungere in tono più deciso anche se con voce sempre tremante, “promettimi solo una cosa: se mai dovessi capire di non amarmi più e di desiderare qualcun’altra… Ti chiedo solo di non mentirmi, di non… non tradirmi. Anche se sarà difficile e doloroso, preferisco essere lasciata, preferisco la verità a una bugia.”
 
“Camilla, io… te lo prometto, anche se non penso che potrei mai non amarti, mi sembra completamente impossibile. Ma se mai dovesse succedere, ti giuro che te lo dirò e mi prenderò le mie responsabilità. Però anche io voglio che tu me lo prometti, Camilla: se mai dovessi capire di non amarmi più o di amare un altro, non voglio che tu stia con me pensando a lui. Non… non voglio che tu stia con me per obbligo, o senso del dovere, o per pietà o per nulla che non sia l’amore. Voglio che tu viva davvero, che sia felice, anche se non con me.”
 
“Te lo prometto, anche se non riesco nemmeno ad immaginare di poter essere felice senza di te, lo sai?”
 
Un nuovo abbraccio, forte, stretto, ma non disperato, anzi, pieno di calma, pace e di una consapevolezza nuova.
 
Senza bisogno di parole, si stendono insieme sul letto, ancora abbracciati: la testa di Camilla sul petto di Gaetano, mentre lui le accarezza i capelli.
 
La luce pian piano comincia a filtrare nella stanza dalle spesse tende: è una nuova alba, la prima che riescono a vedere insieme.
 
O forse no – pensa Camilla con un sorriso intenerito, notando dai movimenti lenti e regolari del torace di Gaetano che si è finalmente addormentato.
 
Rimane ad osservarlo riposare ancora per un po’, poi, prima che la sveglia possa suonare, si slaccia con delicatezza e con una certa difficoltà dalle sue braccia, riuscendo miracolosamente a non svegliarlo. Stacca la sveglia e si avvia silenziosamente verso l’inizio di una nuova giornata, non prima di rivolgere un ultimo sguardo all’uomo che dorme sereno, abbracciato al suo cuscino.
 
Non ha mai desiderato tanto di poter fermare il tempo come in questo istante.
   
 
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