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Autore: LunaMag    22/12/2013    1 recensioni
Grazie alla mia migliore amica ho conosciuto i Fun. Proprio lei mi ha convinta a scrivere una storia su di loro, perchè sto passando un periodo difficile, e distrarmi mi aiuta. In questa storia parlo di una ragazzina di 16 anni di nome Miriam che, a causa del suo spirito ribelle, viene portata fuori dall'italia per passare l'estate in una specie di collegio. Anche lì lei riuscirà a far risaltare il suo spirito, conoscendo nuove persone e divertendosi da matti.
Ovviamente, non mancheranno i problemi e le preoccupazioni.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Jack Antonoff, Nate Ruess, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Durante le lezioni ero impaziente, forse troppo, che arrivasse il momento della pausa, quella dopo pranzo, perché lo avrei rivisto, perché gli avrei detto che era lui il ragazzo che amavo e con cui volevo stare.
Ero distratta, non facevo altro che pensare a lui, a cosa dirgli. Mi stavo persino preparando un discorso!
Quando vuoi che il tempo passi in fretta, non lo fa mai. I minuti sembravano ore.
Ma, finalmente, dopo una straziante mattinata d’ attesa, era ora di pranzo, il momento si avvicinava.
Non riuscii a toccare cibo. La paura che lui non mi volesse stava pian piano aumentando. Era inversamente proporzionale al tempo: meno ne mancava, e più avevo paura.
Dopo pranzo avvertii Syria, e in fretta mi diressi da lui.
Mi fermai dinanzi alla sua porta, sospirai, infine bussai.
Aprì, ci fu qualche secondo di orribile e imbarazzante silenzio, poi la mia voce lo ruppe:
“Ehi, è da un po’ che non ci si vede!”. Risi, per fargli capire la mia ironia.
“Beh si, è vero”. Sorrise anche lui.
Mi mancava stare sola con lui, era da tanto, troppo tempo , che non succedeva.
Mi persi nei suoi occhi, ci furono altri attimi di silenzio. L’atmosfera stava diventando molto imbarazzante.
“Dai entra, ti offro da bere!”.
Era la prima volta che entravo nel posto in cui viveva. L’ansia mi stava facendo quasi tremare, quindi mi sedetti per non farglielo notare.
Lui prese due bicchieri, grandi, di cristallo, e li posò sul tavolo. Prese della grappa e la versò all’interno di quei trasparenti e cristallini bicchieri, con del ghiaccio.
Dopodichè, si sedette: era arrivato il momento giusto, dovevo dirglielo.
Avvicinai a me il bicchiere e lo guardai dritto negli occhi.
“Jack, ecco…io..” bene, mi ero scordata tutto il discorso. Iniziai a giocherellare con il bicchiere, stavo entrando in panico. Decisi di dirgli ciò che mi suggeriva il cuore il cuore, il discorsetto poteva andare a farsi fottere.
“Allora, io non so se tu sei fidanzato, se ti vedi con Lena, o con qualche altra ragazza, ma sai cosa c’è? Io ti ho sempre continuato ad amare, non aspettavo altro che un segno, che mi dicesse che fosse giusto tornare da te. Stamattina mi sono accorta di averli ricevuti da tempo, ma li ho sempre ignorati, inconsciamente.
Ieri sono stata benissimo con te, e avevi ragione quando dicevi che eravamo perfetti insieme! Sei entrato nella mia vita, come una tempesta, ma sei stato sempre così piacevole che non ho potuto e non posso fare a meno di te!”
Smisi di parlare, la stanza era così silenziosa senza il suono della mia voce! Gli unici rumori erano provocati dai nostri respiri e dal mio cuore, che batteva più forte che mai.
*P.O.V.  JACK*
Ero sul divano, avevo appena finito di mangiare. Nate aveva raggiunto Syria in albergo e io ero rimasto solo.
Di solito in istanti come quelli riposavo, ma quel giorno non ci riuscivo: avevo uno strano presentimento.
Sentii bussare alla porta, la aprii senza esitare, probabilmente Nate si era scordato qualcosa. Invece no, era Miriam.Era un po’ pallida e notevolmente tesa.
La guardai, probabilmente sbarrai anche gli occhi, non mi aspettavo di vederla, non mi aspettavo che bussasse alla mia porta.
Nessuno dei due parlava, regnava il silenzio. Poi lei lo ruppe, con un’affermazione un po’ stupida, un'affermazione da lei, le risposi reggendo il gioco. Ci fu di nuovo una pausa di silenzio.
Toccava a me parlare, quindi decisi di farla entrare e di bere qualcosa insieme.
Percepivo la sua ansia, avevo il presentimento che dovesse dirmi qualcosa, altrimenti non si sarebbe mai precipitata a casa mia. Il problema è che non sapevo cosa avrebbe dovuto dirmi: poteva non voler più essere mia amica, o che continuassimo ad esserlo. Iniziavo a preoccuparmi di quella sua visita.
Infatti, mentre versavo la grappa, i secondi mi sembravano interminabili. Per la seconda volta temevo le sue parole.
Poi iniziò a parlare. Mi disse che doveva dirmi qualcosa e immediatamente mi si strinse lo stomaco.
Iniziò a giocherellare con il bicchiere, e sembrava molto tenera quando lo faceva, ma allo stesso tempo, mi faceva pensare al peggio.
Parlò, mi disse tutto, infine smise di parlare. Si sentivano solo due rumori: i nostri respiri e il suo cuore.
Al momento non mi ero ancora reso conto di ciò che aveva detto.
Dopo pochi secondi realizzai il tutto, capii che aveva detto di armarmi, non potevo crederci.
Ero senza parole, così non dissi nulla, ma mi diressi verso di lei e l’abbracciai.
*P.O.V. MIRIAM*
Mi aspettavo che parlasse. Invece no, mi abbracciò. Ero così confusa! Non sapevo come interpretare quel maledetto abbraccio!
Poi avvicinò le sue labbra al mio orecchio e sussurrò:
“Io ti ho sempre aspettato”.
Ci guardammo, dritti negli occhi, ci baciammo.
Fu un bacio liberatorio, che era stato represso per tanto, davvero tanto tempo.
Non appena le sue labbra si posarono sulle mie, la felicità mi pervase, non ero più maledettamente indifferente  come gli altri giorni.
Mi sentivo finalmente libera dal grande masso che mi si era formato sullo stomaco, e che lo schiacciava.
Mi prese in braccio, io mi aggrappai a lui, proprio come un koala.
Volevo non dovermi staccare più dal quel dolce abbraccio, dal suo corpo possente, da lui.
Mi portò sul letto, si sedette, io invece rimasi seduta su di lui, a cavalcioni. Ci abbracciammo nuovamente.
Sentii una piccola pressione che proveniva dai suoi pantaloni, proprio da lì sotto.
Feci finta di nulla, lo baciai. Sentivo la pressione aumentare sempre più, gli accarezzai i capelli, lui fece scorrere le sue mani lungo la mia schiena.
Pian piano gli tolsi la maglietta. Volevo assaporare ogni singolo istante che passava, specialmente quegli istanti, in cui l’amore e la passione stavano ormai prendendo il sopravvento.
*P.O.V. JACK*
Sin da quando la presi in braccio, il mio “amichetto” si era voluto far sentire. Temevo che se ne fosse accorta, e che mi dicesse qualcosa in riferimento a ciò che mi stava succedendo lì sotto. Speravo di farmi passare quel momento di voglia.
Ma lei mi baciò con passione, poi mi accarezzò i capelli. Non riuscivo a resistere, l’eccitazione aumentava.
Le mie mani iniziarono a muoversi ormai da sole. Le accarezzai la schiena, dolcemente, poi passai alle natiche.
Lei mi tolse la maglietta, con una lentezza da un lato, straziante, dall’altro estremamente eccitante. Il procedere così lentamente rese i momenti di piacere ancora più eccitanti di quanto già lo fossero.
Le tolsi la t-shirt, ormai tutto si stava per compiere.
L’avevo fatto altre volte, ma con lei era diverso. Con lei c’era tanta voglia di farlo, avevo anche una strana sensazione, che non so spiegare, ma che rendeva tutto più speciale.
*P.O.V. MIRIAM*
Mi tolse anche i pantaloni, io, inizialmente, mi limitai ad abbassargli la zip e i boxer, poi tutto avvenne naturalmente, in modo spontaneo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Iniziammo con dei preliminari, in alcuni momenti lui emetteva dei gemiti, quasi strozzati, come se non volesse farmeli sentire.
Arrivò il momento dell’atto completo, ormai eravamo una cosa sola. Lui, durante le prime spinte mi ripetè sussurrando:
“Ti faccio male?”. Sapeva che per me era la prima volta, era stato davvero molto premuroso.
Alla sua prima spinta sentii un dolore lancinante che, già dalla seconda, si alleviò, lasciando posto al piacere.
Fu indimenticabile.
Dopo aver finito ci addormentammo, l’uno abbracciato all’altra.

  
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