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Autore: Bertu    23/12/2013    10 recensioni
Lui: Giacomo Jack Zanni, 19 anni, capitano e unica punta della squadra di calcetto della scuola, rappresentante di classe, presidente del consiglio di istituto e sogno erotico di tutte le studentesse del Leonardo. Migliore amico di Giorgia e perdutamente innamorato di lei da sempre.
Lei: Giorgia Marton, ragazza semplice a cui piace giocare a pallavolo, cantare, ballare e spettegolare con Alessandra. Anche se lo nega è alla ricerca del grande amore, ma intanto si consola con la compagnia di Jack.
L’altro: Gianluca Tinti, 28 anni, architetto sexy con quel qualcosa in più che affascina ogni essere di sesso femminile. Conosce Giorgia per caso e non riesce più a fare a meno di lei.
La sua caratteristica: ottiene sempre quello che vuole.
Chi sceglierà Giorgia?
Il ragazzo o l’uomo?
Il migliore amico o l’ignoto?
Pronte a scegliere con lei?
Trailer : http://www.youtube.com/watch?v=7Zzeh2dmMA4
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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GRAZIE AD ANEROL EFP PER IL BANNER *^*
Capitolo 19
Giorgi's POV
- Allora… oggi pomeriggio è il vostro turno? –
Mangiando il mio gelato guardai Ale e la nonna, che, tutte impegnate a fissare le loro
coppette, ignoravano bellamente la mia domanda.
Nell’ultimo periodo non ero stata mai da sola: a scuola ero guardata a vista da Ale e
durante il pomeriggio la mia famiglia, la mia migliore amica e il mio fantastico ragazzo si
davano i turni affinché non rimanessi mai da sola.
Non so di cosa avessero paura, se di me stessa o di Giacomo.
Giacomo Zanni.
Il ragazzo che era stato il mio migliore amico per una vita, il mio ragazzo per un mesetto
scarso e colui che aveva spezzato il mio cuore in mille piccoli pezzi. L’aveva mandato in
frantumi, fregandosene bellamente di quello che sarebbe accaduto preferendo Elisa a me.
E così quella nana malefica mi aveva fregata per la seconda volta e ora non mi restava che
raccogliere i pezzi, di nuovo.

Mi era passata per la testa l’ipotesi di perdonarlo: avevo troppa voglia di riavere il mio
migliore amico vicino, di dividere con lui quello che mi stava succedendo, di parlargli di
come ero riuscita finalmente a riconciliarmi con i miei genitori… Ma poi mi ricordavo di
come era stato aggressivo a scuola, dell’insolenza che aveva mostrato a casa di mia
nonna, di come aveva trattato male Alberto, il fratellino di Ale, che voleva solo difendermi.
Mi ricordavo di tutte queste cose e ritornavo sui miei passi.
Fortunatamente il destino non sembrava volermi riservare solamente tristezza e delusione.
Avevo conosciuto Gianluca per sbaglio, e ora, dopo una corte “spietata e serrata” eravamo
insieme da due settimane.
Sabato scorso avevamo festeggiato la nostra prima settimana insieme. Nonostante ci
fossimo ripromessi di non regalarci nulla, appena arrivata a scuola il bidello mi aveva
consegnato una scatola. Con il cuore in gola, l’avevo aperta per trovare la metà di un
muffin ai mirtilli e cioccolato.
Io sto mangiando l’altra metà :)
Altri infiniti giorni di me e di te, piccola.
Gian
Elisa, molto gentilmente, mi aveva fatto notare che non era granché come regalo, ma
un’occhiata gelida di Ale l’aveva fatta tacere, abbassandole la cresta per tutta la giornata.
Io non l’avevo neanche sentita: ero impegnata a incollare il bigliettino del mio architetto
sexy sul diario circondandolo di cuori e faccine sorridenti.
La serata era stata semplicemente favolosa e romantica: pizza e film, interrotto e seguito
da coccole interminabili, sia sul divano che nel letto. Gianluca aveva ricevuto il benestare
da tutta la famiglia, nonna compresa, e così avevo potuto restare a dormire a casa sua
senza dover ricorrere a sotterfugi e tradire la ritrovata fiducia che ponevo in mia mamma.
Ma nonostante indossassi solo la maglietta blu del PoliMi (casualmente mi ero dimenticata
il pigiama proprio quella sera e la maglietta era corta al punto giusto), non era successo
nulla.

Niente di niente.

Cosa che se Ivan lo avesse saputo avrebbe preso in giro a vita il mio Gian. Oppure si
sarebbe messo a piangere dicendo che era un comportamento di un uomo maturo ed era
molto fiero di lui. Non capivo quell’uomo…
Fatto sta che eravamo nel suo letto e non succedeva niente.
Sentivo la sua erezione premere sulla mia coscia, sapevo di non essergli indifferente. Ma
quando avevo tentato di toccare con mano, lui si era portato le mie nocche alle labbra e le
aveva baciate, tentando, con quel bacio, di alleviare il modo brusco che aveva usato.
Vedendo il mio broncio aveva riso, facendo sorridere leggermente anche me.
- Piccola, sei proprio una tigre! Non c’è bisogno di bruciare le tappe -
- Ma io… -
Avevo cercato di protestare, ma Gianluca mi conosceva ormai benissimo. Aveva cancellato
qualsiasi cosa mi stesse passando per la mente con un bacetto sulla tempia.
- Anche io, piccola. Credimi! Mi sto sforzando tantissimo per non toglierti questa maglietta
e venerarti come avrei voluto fare dalla prima volta che ti ho visto. Ma meriti molto più di
questo… e voglio essere io quello a darti di più -
Poi aveva preso il mio viso tra le mani e mi aveva sovrastata, sia letteralmente che
metaforicamente. Anche se ero a cavalcioni su di lui, sentivo la sua presenza in ogni fibra
del mio essere. Mi sentivo… circondata. Sentivo le sue mani che, abbandonato il mio viso,
mi accarezzavano ritmicamente le cosce, ma mai senza spingersi troppo in là. Sentivo la
barba che mi pizzicava il collo e le sue labbra sulle mie.
Nessuno baciava come Gian. Perché, a dirla tutta, lui non baciava. No, lui ti faceva vivere
un’esperienza divina, paradisiaca, fuori dal normale, ultrasensoriale.
Orgasmica.
Non avrei mai potuto abituarmi ai suoi baci. Partivano lentamente, un piccolo sfioramento
di labbra… facevano pregustare cosa sarebbe successo ma poi si tirava indietro,
interrompevano il contatto e sorridendo maliziosamente. Ti sfidava a cedere ai tuoi istinti,
ti faceva tirare fuori il coraggio seppellito dentro di te.
Io gli avevo dimostrato più e più volte che non avevo bisogno che mi sfidasse. Non amavo
interrompere i suoi baci e quindi, quando capivo che si stava tirando indietro, mi sporgevo
ancora di più, stringendo i suoi capelli, accarezzandogli gli addominali, la schiena, le
spalle… Egoisticamente volevo che lui mi desiderasse e volesse quanto io desideravo e
volevo lui, anche se sapevo che era difficile.
Ma nonostante la differenza d’età e il rinnovato istinto di protezione che aveva pervaso
tutti coloro che mi circondavano, Gianluca era ormai uno di famiglia.
Aveva già conquistato i miei genitori quella domenica mattina quando mi aveva portato a
casa, ma la prova del nove l’aveva superata questo lunedì.
La nonna ci aveva invitati a pranzo.

Impeccabilissimo nella sua camicia bianca, l’architetto sexy si era presentato cinque minuti
in anticipo con un mazzo di girasoli per la nonna. L’aveva poi aiutata ad apparecchiare la
tavola per poi completare la sua opera conquistandola con i suoi modi galanti.
Mai volgare, mai una parola fuori posto ma contemporaneamente colto, simpatico e
arguto. Era riuscito a rendere interessante perfino la spiegazione dell’utilizzo del
programma AUTOCAD, indispensabile per qualunque architetto. Nonna quasi voleva
iscriversi all’università solo per vedere se tutti gli architetti, o futuri architetti, erano
interessanti come il mio Gianluca.
- Ѐ fantastico, vero? – avevo chiesto sospirando e guardando la sua Giulietta nera sparire
lungo il viale.
La nonna si era seduta con un espressione triste. Si era scusata per averlo giudicato male
quando ancora ci sentivamo solamente tramite mail. Aveva sempre preferito Jack a
qualsiasi dei miei pretendenti e adesso che sembravo finalmente accorgermi della sua
presenza non voleva che uno sbucasse dal nulla e mi distraesse dalla missione.
Avevo abbracciato la nonna per poi rincuorarla.
Non era colpa sua; eravamo tutte cadute nella sua trappola da “finto bravo ragazzo”.
- Fortuna che c’è Gian – aveva sussurrato, lasciandomi di stucco.
- Fortuna che c’è Gian, vero Giorgi? -
La domanda di Ale mi riportò alla realtà e fui costretta a interrompere il mio sogno a occhi
aperti. La mia migliore amica, capendo che mi ero estraniata dal discorso, ripeté la
domanda a mio beneficio.
- Fortuna che c’è l’architetto sexy! Sabato devo andare al compleanno di Enrico Bei Capelli
e so che non vuoi venire con me perché sei invidiosa dei suoi capelli – Ale mi guardò
facendo una smorfia e puntando il cucchiaio verso di me.
In effetti non me la sentivo proprio di andare al compleanno di Bei Capelli: tutti si
ricordavano la mia crisi isterica dell’anno scorso. Complice il troppo spumante, mi ero
chiusa a chiave in bagno piangendo. Non riuscivo a sopportare che i suoi capelli fossero
più belli dei miei. Sfortunatamente non era stato un evento isolato visto che l’anno primo
avevo fatto uno sproloquio sull’uccello di Avatar (avvenimento che Ale ancora ricordava
quando voleva farsi due risate) dopo aver bevuto un bicchierino di troppo di punch.
Tuttavia Bei Capelli continuava a invitarmi, dicendo che senza di me non ci si poteva
divertire. Ma quell’anno avevo gentilmente declinato l’invito: non volevo collezionare altre
figure di merda a quelle che avevo giù nell’album.
Lo avevo fatto anche per Ale, che in entrambe le occasioni mi era stata accanto
impedendo che la situazione degenerasse ulteriormente. In fondo se lo meritava, ma che
dire… tutti abbiamo un amico scemo che ci fa fare delle figuracce.
E tra noi due si capiva facilmente chi fosse.
Ad Ale dispiaceva che stessi a casa da sola, ma il mio fantastico architetto sexy aveva
risolto la situazione.
O meglio… Ivan lo aveva fatto.

Gianluca mi aveva detto che i suoi amici già mi adoravano, soprattutto Ivan, e non
vedevano l’ora di uscire di nuovo insieme. Anche perché la scorsa volta, complice la
rivelazione che avevo sganciato come una bomba senza curarmene dei feriti, tutti si erano
dimenticati il vero motivo che ci aveva spinto in quel locale.
Il karaoke.
Secondo la distorta visione della realtà di Ivan, una coppia non era tale e ufficiale finché i
partner non cantavano insieme. Credo che lo considerasse una specie di test d’affinità di
coppia o qualcosa del genere e Gianluca mi aveva detto che lui si era dichiarato ad Alice
cantandole “Can’t fight this feeling” con tanto di chitarra.
Una serenata in piena regola.
Un gesto degno di Ivan.
Gian mi aveva dato la notizia il pomeriggio prima, a casa sua. Seduta sul divano con la
testa dell’architetto sexy in grembo, gli accarezzavo tranquillamente i capelli, beandomi
della pace e della tranquillità che quel gesto mi procurava.
Lui si era passato una mano tra i capelli e aveva trovato la mia. Me l’aveva stretta forte,
per poi portarsela alla bocca e baciarla, centimetro per centimetro.
- Vai da qualche parte sabato sera? – mi aveva chiesto tra un bacio e l’altro.
Avevo faticato a rispondere: ancora una volta ero persa tra le sensazioni dei semplici baci
potevano darmi. Avevo dovuto schiarirmi la voce prima di rispondere.
- Credevo che saremmo usciti insieme, Gian. Non è questo che si fa quando si è fidanzati?
O vuoi già scaricarmi…?
Avevo cercato di usare un tono pressoché tranquillo e divertito, ma la voce mi aveva
leggermente tradito. Gian, il mio Gian, aveva cambiato posizione, sedendosi e portando le
sue labbra vicino al mio orecchio accarezzandomi la nuca.
- Non ti scaricherò mai, piccola. Sei mia e ora che ti ho trovata non ti lascerò andare -
Poi aveva iniziato a baciarmi delicatamente il collo mandandomi completamente in brodo
di giuggiole.
Un bacio un sospiro.
Un bacio un brivido.
Un bacio un passo verso il Paese delle Meraviglie.
- Non ti interessa sapere dove andremo? – mi aveva chiesto, un banale tentativo di
riportarmi alla realtà.
Io avevo scosso la testa, percorrendo la schiena con le mie unghie. Forse gli avrei lasciato
dei segni, ma in quel momento poco mi importava. Gli avevo baciato il mento per poi
arrivare alle sue labbra.
- Non mi importa, l’importante è stare con te. Il resto non conta -
Ripensavo a questo mentre asciugavo i piatti, facendo finta di ascoltare le chiacchiere di
Ale e della nonna.
Pensavo a Gian.
Perché ormai pensavo sempre a lui.
Notte, giorno, sera, mattina, pomeriggio…
E non vedevo l’ora di cantare con lui, di superare il nostro test, la nostra prima verifica
come coppia.
Non stavo più nella pelle.

***

Quel sabato sera entrammo nel locale con una consapevolezza diversa rispetto a sole due
settimane prima. Con la mano nella tasca posteriore dei mie jeans, l’architetto sexy
affermava il suo possesso. Era un gesto primitivo e se l’avesse fatto qualcun altro
certamente non lo avrei apprezzato.
Invece ora, e con lui, mi sembrava giusto.
Come teneva a ripetermi spesso non ero la sua ragazza, ma la sua donna e con quel gesto
da sexy uomo delle caverne intendeva dimostrarlo al mondo intero.
- Tinti! Giorgi! Siamo qui! -
Ivan sventolò il braccio e facendoci segno di prendere altre due sedie. C’erano già tutti: lui
e Alice, Matteo, Luca e una ragazza diversa da quella che avevo visto la prima volta.
Provai un senso di vuoto quando la mano di Gian abbandonò il posto che le spettava di
diritto per prendere la mia. Ci sedemmo e l’architetto sexy avvicinò le nostre sedie il più
possibile.
A questo punto tanto valeva sedergli in braccio.
Io personalmente l’avrei apprezzato di più.
- Abbiamo ordinato anche per voi – ci informò Alice con un sorriso.
- Grazie mille! – le dissi sorridendo. Poi mi girai verso Gianluca. - Ѐ colpa tua se siamo in
ritardo! Hai detto che Ivan arriva sempre con un ritardo minimo di… -
Non riuscì a finire la frase che mi ritrovai le sue labbra sulle mie.
Che modo piacevole di farsi chiudere la bocca.
- Così si fa vecchio! VAI E COLPISCI! -
Ivan scoppiò in un applauso. Alice, chiaramente imbarazzata, gli assestò una gomitata tra
le costole. Matteo sorrideva indulgente: doveva aver assistito a quella scena moltissime
volte. Luca invece era occupato con la tipa al suo fianco che cercava in tutti i modi di
avere un briciolo della sua attenzione.
- Dani! Ti ho detto che non voglio andare a casa tua! Quindi smettila di rompere, capito? -
La povera Dani si sedette ancora più lontano da lui, osservando con sguardo pieno di odio
me e Gianluca, che in quel momento sembravamo il prototipo della coppia perfetta.
Chiacchierammo per un po’, finché Ivan non iniziò a fissarci intensamente.
Era giunto il momento.
- Voi due non dovete fare qualcosa? -
Infatti…
Gianluca si passò una mano tra i capelli e sospirò, sorridendo.
- Allora, piccola? Lo facciamo? -
Annuì, incapace di dare una risposta.
Perché io con te Gian avrei fatto di tutto: cantare una canzone, cavalcare un cavallo,
scalare una montagna, attraversare La Manica a nuoto.
E soprattutto fare l’amore.
- La canzone l’ho scelta io piccioncini. Adesso andate e divertitevi – sorridendo, fece un
segno al dj, che ci consegnò due microfoni.
Non appena partirono le note la riconobbi subito.
Avevo pianto la prima volta che l’avevo sentita al cinema.
A Thousend Years, colonna sonora di Breaking Dawn Part 2.
Ivan aveva scelto solo una canzone d’amore. Ma LA canzone d’amore, almeno per quanto
mi riguardava. Amavo la musica, ogni genere di musica, ma quella era una delle poche
canzoni che sapevano toccarmi nel profondo.
Strinsi la mano di Gianluca e iniziai a cantare, cercando di non piangere.
Lui si avvicinò e mi strinse la vita, come se avesse capito cosa mi stava passando per la
testa.
The day we met
Frozen I held my breath
Right from the start
I knew that I found
A home for my heart
Beats fast
Colours and promises
How to be brave
How can I love when I'm afraid to fall
But watching you stand alone
All of my doubt suddenly goes away somehow
One step closer
I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more


Alzai lo sguardo, puntato su un punto immaginario tra i primi tavoli, e incontrai quello di
Ivan. E allora capì…
Lui era la versione di Alessandra per Gianluca. Tra tutti era lui il suo migliore amico.
Avevano parlato spesso di me, Gian gli aveva chiesto consiglio e Ivan doveva aver puntato
su di me, sulla ragazza che neanche conosceva, doveva averlo convinto a darmi il suo
numero, a non mollarmi un attimo, ad aspettare il momento giusto per ogni cosa, anche
per fare l’amore.
E quella canzone…
Quella canzone ci stava mettendo a nudo.
Perché Ivan, con un solo sguardo, mi aveva capita.
Aveva capito che, anche se cercavo in tutti i modi di nasconderlo, ero una ragazza ingenua
e indifesa, che tendeva a vedere sempre il meglio negli altri. Aveva capito che avevo
sofferto tanto e che ora avevo un po’ paura ad aprire il mio cuore e ad amare di nuovo.
Ma dopo aver incontrato Gian…
Anzi…! Non dopo averlo incontrato, era successo tutto molto tempo prima dell’aperitivo.
Dopo avergli parlato per la prima volta avevo capito che era diverso, che c’era di più in lui.
E, inconsciamente, avevo aperto il mio cuore a uno sconosciuto, fregandomi di quello che
sarebbe potuto succedere.
Perché lo amavo.
Non lo avevo mai detto ad alta voce, non l’avevo mai neanche pensato.
Ma l’amavo.
L’avevo amato per cent’anni e l’avrei fatto per altri cento.
Mi avvicinai di più a lui.
Gli posai il capo sulla spalla e inserì l’indice della mano libera nel passante della cintura.
Mi guardò.
Forse prima di allora non ero mai riuscita a decifrare il suo sguardo, non ero riuscita a
capirlo appieno. Ancora troppo scottata da quello che era successo con Giacomo non
avevo capito che Gianluca, il mio Gianluca, il mio adorato architetto sexy mi amava.
Mi aveva sempre amato, da quando mi aveva vista sperduta sulla panchina.
Oppure ancora da prima.
Che lo avessi veramente conquistato con la mia mail?
Lo guardai meglio, mentre portava il microfono alle labbra e iniziava a cantare con voce
sicura.

Time stands still
Beauty in all she is
I will be brave
I will not let anything take away
What's standing in front of me
Every breath
Every hour has come to this
One step closer


Dopo il primo verso mi guardò, sembrava volesse davvero dirmi quello che stava
cantando. Che ero bella, che sarebbe stato coraggioso e non avrebbe mai lasciato che
nulla mi portasse via da lui. Che ogni ora, ogni messaggio, ogni pomeriggio passato
insieme, ogni chiamata… Che tutto ci ha portato a questo.
A me e a lui.
A noi.
Come coppia.

I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more
And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I love you for a thousand more


Lui aveva sempre saputo che mi avrebbe trovata, che non doveva far altro che far
scorrere il tempo e io, la donna giusta per lui, sarei arrivata, sconvolgendogli la vita.
Perché anche lui mi amava, anche se non aveva il coraggio di dirlo ad alta voce. Forse era
spaventato anche lui come me, forse, ora che mi aveva trovato, aveva paura di perdermi.
Ma non sarebbe successo.
Io amavo lui.
Lui amava me.
Noi due.
La cosa più giusta al mondo.
Finimmo la canzone e gli gettai le braccia al collo. In punta di piedi raggiunsi il suo
orecchio.
- Ti amo – gli sussurrai, con una voce appena udibile. Avevo le lacrime agli occhi. Tutte le
difese che avevo costruito per non far entrare nessuno erano state abbattute.
Contrariamente a quanto avevo creduto, non erano cedute quando avevo visto il fattaccio:
erano rimaste salde, senza crepe. Ma le parole di quella canzone, il ritmo lento, le nostre
voci combinate…
Mi avevano dato il colpo di grazia.
Gianluca mi strinse più forte, facendo attenzione a non tirarmi i capelli. Poi mi guardò negli
occhi e riuscì chiaramente cosa significassi per lui.
Occhi traboccanti d’amore.
Occhi traboccanti di amore per me.
Labbra contro labbra mi confessò la verità.
- Ho capito che non potevo far senza di te dopo aver chattato per la prima volta su FB, e ti
amo da quando ti ho visto sperduta sulla panchina di fronte “Da Lorenzo”. Ti amo
tantissimo, piccola -
Lo baciai, ma solo un piccolo bacio a stampo e poi ritornammo al nostro tavolo.
Gli occhi di Ivan scintillavano; certamente si stava dando il merito di quello che era
successo sul palcoscenico. Incrociando il suo sguardo gli mimai un “grazie” con le labbra,
in modo che solamente lui mi sentisse e capisse. Il biondo non disse niente, rispose
facendomi l’occhiolino.
Il resto della serata fu… stupendo.
Beata nella mia bolla di felicità e abbracciata al mio ragazzo, rivivevo tutti i momenti che
avevamo passato insieme riuscendo a capirne appieno il vero significato. Ero stata cieca,
ma ancora una volta vigeva il detto “meglio tardi che mai”.
E quella sera sarei rimasta da Gianluca a dormire.
E sarebbe successo.
Adesso riuscivo a capire perché il mio architetto sexy non avesse mai voluto spingersi
troppo in là fino ad arrivare fino in fondo.
Lui voleva fare l’AMORE con me, non del semplice sesso.
Voleva che ogni gesto traboccasse d’amore.
Voleva che le parole e i gesti non fossero vuoti.
Voleva essere sicuro di quello che stava facendo.
Si era bloccato, e mi aveva bloccato, per rispettare questi principi. Era andato contro i suoi
desideri per rispettarli e portarli avanti fino in fondo. Forse si era ammazzato di seghe,
forse aveva fatto cinque docce fredde all’ora, forse aveva pensato a cuccioli morti o a altre
cose deprimenti pur di non cedere.
E ce l’aveva fatta.
E quella sera avremmo fatto l’amore.
Lo guardai rapita e lui mi scoccò un bacio tra i capelli.
La fiamma di Luca ci guardava come se volesse incenerirci con lo sguardo.
Ma poco mi importava.
Ero vicino a Gianluca e lui mi amava.



*^*
Questo capitolo è stato un po’ difficilino da scrivere xD Spero che non
sia completamente un cesso e che meriti quelle lacrimucce che mi sono
scese mentre scrivevo :D o tutte quelle che mi scendono ogni volta che
lo rileggo xD
La canzone che Ivan ha scelto per i piccioncini è “A thousend year”
di Christina Perry, ma i nostri carissimi cantano la cover di Melissa Bennoist e Jacob Artist
(come si è ben capito
io sono troppo gLeek xD). Vi lascio il link perché merita, davvero :) 

http://www.youtube.com/watch?v=nUKkews19n0
Riuscite a lasciarmi una recensione? Ve ne sarei immensamente
grata :D Buttate via un minutino del vostro tempo, ma rendete molto
felici le vostre scrittrici :D
So che questa situazione è… abbastanza improbabile. Cioè, con Gian
si farebbe altro che cantare una canzone! Però per me questo “feeling”
è importantissimo e quindi volevo inserire questa parte della mia vita
in UNM, che ne rappresenta un altro pezzettino.
Come dice Rachel Berry nella 5x03 di glee “ Before I meet Finn I used to sing alone".
E con questo capitolo vi auguro di trovare il vostro
partener, di cantare insieme a lui in macchina e non *^*
Di trovare il vostro Gian, forse più reale e meno perfetto, ma con la
capacità di scaldarvi e farvi battere il cuore.
Scusate il layout di questo capitolo ma sono dal pc di casa che non vuole funzionare come dico io...
-.-''
Per informazioni varie, due chiacchiere o semplicemente avere un amico in più aggiungetemi su fb! (Bertu efp)
Un bacione <3 <3
E BUON NATALE!!!
Robi

Ps: Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo *^* amo leggere le vostre recensioni e credetemi quando dico che sorrido come una schiocchina :P Grazie alle chiacchiere con Maria (è diventata zia *^*) e al fangirling con Anerol :D
E grazie a tutte.
Tanto love, tanto amore e tanti baci <3


 
   
 
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