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Autore: Tinosa    23/12/2013    1 recensioni
E se tua madre, quella che ti ha cresciuto, che ti ha avuto in grembo per nove mesi, che è presente per ogni tua difficoltà, non ti amasse? Avresti il coraggio di ribellarti a questo?
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Bondage
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-Dopo secoli di assenza e di pausa creativa, ritorno a pubblicare su Efp una nuova storia originale, scritta qualche anno fa e revisionata per l'occasione. Spero vi piaccia e che vi faccia riflettere. Grazie e Buon Natale.-

Ero solo nella mia stanza. Non riuscivo a pensare a nulla, davanti ai miei occhi si ripeteva sempre la stessa immagine. La luce penetrava poco a poco dalle fessure nascoste delle tapparelle. Non conoscevo il motivo, ma la stanchezza aveva invaso il mio corpo. Disteso sul letto, avevo chiuso gli occhi, ma in quel preciso istante l'immagine tornò ancora.
Sempre più nervoso muovevo tutte le dita della mano, come se suonassi un pianoforte, e le lacrime inavvertitamente scendevano.
Sentivo all’esterno il suono candido del canto degli uccelli che esultavano l'arrivo della primavera, ma questo non riusciva a placare la continua ossessione di quell'immagine. Non riuscivo a reagire perché avevo pochissime forze e cercavo invano di sorridere a questo incubo. Ma non ce la facevo, avevo solamente paura.
Tutto è cominciato la sera precedente, quando sono uscito dalla solita pizzeria, e come mia abitudine, ho mangiato una margherita con un paio di bottiglie di birra. Sentivo la testa più leggera, forse ero ubriaco, e, infatti, farfugliavo parole senza senso chiedendo invano informazioni agli sconosciuti che mi passavano davanti durante il tragitto. Poi ho camminato verso l'immenso mare della mia città per cercare sollievo nello sciabordio delle onde e per ricordare ancora il sapore della pizza. I miei occhi lentamente si chiudevano, ma io volevo continuare a camminare. Dopo circa un'ora sono arrivato nei pressi di un parco giochi. Quel parco giochi. Improvvisamente avvertivo forti dolori allo stomaco e alla testa, e così mi sono seduto su una panchina e contemporaneamente mi sono disteso. In quello spazio dedicato ai bambini, erano legati brutti ricordi e forse questo ha peggiorato il mio dolore interiore. Non so se era un sogno, ma in quel momento ho chiuso le palpebre completamente, trascurando il mio male, e davanti al nero degli occhi ho visto un bambino. Era molto semplice: basso, capelli castani e occhi azzurri come il cielo, probabilmente aveva sei-sette anni.
Stava gridando per la gioia, perché suo padre lo aveva portato al parco giochi. Quel parco giochi. Lui però non lo poteva sapere, era bendato. Dopo il genitore gli ha tolto la benda e le urla del bambino sono diventate ancora più intense, tanto da disturbare le mie orecchie. Ha cominciato a giocare con l'altalena, poi con lo scivolo e con tanti altri giochi. Il papà era sempre presente e lo aiutava. Il suo amore era profondo.
Ho assistito alla scena in silenzio, poi mi sono alzato con un sussulto nel cuore. Non avevo sognato. Tutto era accaduto realmente. L’uomo e il pargolo erano lì, tra il divertimento dei giochi. Strizzai gli occhi e vidi me stesso in quel bambino. Non potevo crederci, ma era identico a me. Perché prima non me ne ero accorto? Eppure ho visto il suo corpo, il colore dei capelli. Ero meravigliato, non sapevo cosa fare, se avvicinarmi, e chiedere chi fosse veramente oppure gridare come lui, scappando però via. Infine decisi di stare calmo, non feci nulla, mi alzai solamente dalla panchina e andai verso l’uomo, che purtroppo non era mio padre, morto tanto tempo fa. La prima cosa che ho notato in lui erano gli occhi, e rividi gli stessi di mia madre. Allora rimasi ancora più sorpreso. Ho cominciato a dire frasi sconnesse ma, per la paura, sono scappato via. Ero turbato. Non avevo più paura del bambino che ero io, ma per gli occhi di quell'uomo. 

Mia madre ha sempre avuto un forte senso di disprezzo nei miei confronti, e tra tutti i miei fratelli e sorelle, ero l'unico a essere trascurato da lei. Quando ho cominciato a capire il freddo rapporto che avevamo, mi sono avvicinato a mio padre. Io non la odiavo, ma non volevo soffrire. Allora cominciai a capire che la figura paterna era la più rassicurante e sincera. Quest’affetto profondo che provavo verso lui, ha però alimentato la rabbia nel cuore di mia madre verso di me.
Andando a scuola, chiedevo ai miei compagni riguardo il loro rapporto con la mamma, e tutti mi rispondevano che era fantastico, speciale. A quelle parole mi sentivo male, e non mi spiegavo perché quei nove mesi, in cui sono cresciuto dentro il suo corpo, non hanno suscitato in lei un amore materno. Era molto cattiva con me, e mi faceva tanti dispetti: giocava solo con i miei fratelli, portandoli anche al parco giochi. Quel parco giochi. Io non ero geloso, anzi i miei fratelli capivano e mi consolavano. Purtroppo mio padre non conosceva il comportamento di mamma nei miei confronti, stava fuori per lavoro tutta la settimana, dal lunedì alla domenica.                                       

Disteso sul letto, quell'immagine tornò. Gli occhi di mia madre ossessionavano i miei occhi, e non riuscivo ad immaginare nient'altro. In quell’attimo ho avuto un rimorso: non ho mai avuto il coraggio di reagire e chiedere spiegazioni a mia madre della sua cattiveria. Forse avevo il carattere di mio padre, tranquillo, ma vigliacco, e questo non riusciva a creare in me un pizzico di coraggio.
Adesso scrivo questa storia dedicata a lei, che è volata in cielo da due giorni. Gliela dedico perché mi ha lasciato una lettera prima di morire, e mentre scrivo, la sto rileggendo per l'ottava volta e le lacrime per l'ottava volta stanno scendendo. Mi voleva bene, mi amava nel profondo, ma non riusciva a dimostrarmelo perché era malata. Era malata di una profonda tristezza che portava con sè dalla gioventù: l'incidente stradale di suo fratello. Mio zio, vedendo tante foto, era uguale a me, due gocce d'acqua, sembravamo gemelli. Io non l'ho mai conosciuto, però mia nonna me lo descriveva come una persona che aveva il mio stesso carattere con una particolarità: era coraggioso. Accettava la vita così com'era e non aveva mille pregiudizi sulle situazioni nuove. Amava la vita. L' incidente stradale ha cambiato profondamente la vita di mia madre, che non riusciva più a sorridere, e il dolore è rimasto per molto tempo, fino a quando sono nato io. Questa mia nascita ha creato un sentimento sinistro e nascosto in lei. Un fatto inspiegabile!
Termino questa mia storia, dicendo a mia mamma il bene che le voglio e che passi un'eternità felice con papà e con suo fratello. Ti amo mamma.


Ogni riferimento a luoghi e/o personaggi è puramente casuale. Questa storia è frutto d’immaginazione dell'autore, senza nessun scopo di lucro. Grazie per la gentile attenzione.
  
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