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Autore: Nero inchiostro    23/12/2013    4 recensioni
Quando la paura è una malattia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho paura di essere felice


 

 

Ho paura di essere felice. E’ questa la diagnosi.

Mi sono diagnosticata questo disturbo quando, un giorno, sdraiata sul divano ho incominciato a piangere. Le lacrime hanno iniziato a piovermi sul viso quando ho iniziato ad immaginare come sarebbe la mia vita se un giorno il ragazzo che amo mi lasciasse. La paura mi attanagliava e l’unica cosa che ho saputo fare è cominciare a piangere. Ho paura di essere felice, è questo che non mi permette di vivere completamente tutti i bei momenti che sto passando, non esistono medicinali, non so nemmeno se esista una cura ma ho paura di essere felice ed è questo che mi sono autodiagnosticata mentre, sdraiata sul divano guardavo la televisione senza guardarla.

Le mani quasi mi tremano, la voce è andata via. Ho smesso anche di piangere perché la paura non me lo permette più. Le ore scorrono, i minuti passano, scivolano i secondi e, seduta, con il computer portatile in grembo, scrivo della mia paura di essere felice perché altro non so fare. A volte osservo le persone sorridere e penso, immagino che siano felici di sorridere e null’altro, sono felici e basta ed io invece ad ogni sorriso devo combattere con la paura che la gioia sia passeggera, che sia solo uno spiraglio di sole prima della grande tempesta.

Ne ho avute a centinaia di grandi tempeste, si abbattevano su di me ogni qual volta ero felice e con il tempo ho sviluppato degli anticorpi che sprigionano paura ogni qual volta ho un periodo buono. Sto iniziando a pensare di soffrire di depressione, di aver bisogno di uno psicologo, di qualcuno che mi ascolti e non mi giudichi, che mi procuri una cura perché non riesco più a vivere in questo modo.

La mia paura mi sembra una cosa stupida adesso che ne scrivo. Forse la parola più azzeccata è: patetica. E se adesso, proprio in questo momento, la terra si aprisse sotto i miei piedi, mi lascerei inghiottire, dalla vergogna.

La mia paura spesso deriva dalle attese, da giornate storte, da pomeriggio vuoti e silenziosi. Credo. Mi sono autodiagnosticata questo disturbo e non so nemmeno da cosa proviene. Forse deriva dal fatto che cammino avanti con lo sguardo ancora indietro.

E rimango ancora qui, con la televisione accesa. Di nuovo la paura lascia un po’ di spazio alle lacrime e piango ancora.

Ho paura di essere felice, e se sapessi di averla tutta la vita, preferirei morire. 

 

 

Al popolo di EFP, l'ardua sentenza. 

   
 
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