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Autore: angelikakiki    23/12/2013    29 recensioni
“ Stasera dormirò con te” mi dice.
Scuoto la testa. Non voglio fargli pena. E quando glielo dico, lui si mette a ridere.
“ Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Devo capire se posso ancora… voglio tornare ad essere me stesso, Katniss. Ma mi serve il tuo aiuto” mi sussurra. Annuisco. Lo voglio. Lo voglio accanto a me. Come sempre.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il giorno dopo, vengo svegliata dall’aroma di qualcosa di dolce. Apro gli occhi. Sono sul letto di Peeta. Che è successo ieri? Ah, sì. Gale. Peeta. Io lo amo. La consapevolezza di amare Peeta Mellark è ancora qualcosa di nuovo ed inaspettato. Devo farci l’abitudine. Peeta entra in camera. Tiene tra le mani un vassoio verde, carico di dolci. Me lo porge.

“ Per te. Sarebbe l’ora di pranzo, ma diciamo che questo è una specie di colazione-pranzo, se si può definire tale” mi spiega. Lo guardo attentamente. Mi sembra… felice. Si può essere felici dopo una sbronza del genere? A quanto sembra sì. Nei suoi occhi non vedo stanchezza o confusione. È semplicemente… allegro. Ma perché? Penso che sia contento che io sia tornata. Perché non può ricordarsi le parole che ho detto.

“ Grazie… tu come stai, piuttosto?” gli chiedo afferrando una ciambella dal piatto. È davvero buonissima. Come tutto quello che cucina Peeta, del resto.

“ Non sono mai stato più felice in tutta la mia vita!” esclama. Ok. Allora… non può ricordarsi della mia affermazione. Non può, dai. È impossibile. Era ubriaco, no? Quindi… Annuisco, provando a simulare la mia mancanza di interesse per la questione. Forse, se faccio così, penserà di essersi immaginato tutto. Lui ride. Dopo qualche secondo, si fa improvvisamente serio.

“ Parlando di cose meno belle… ti fa male la guancia?” domanda. OH NO. Lui si ricorda. È per questo che è così pimpante. Mi porto istintivamente le dita sulla guancia sinistra.

“ No, non mi fa male” dico velocemente. Peeta annuisce, abbassando gli occhi.

“ Ieri ho davvero esagerato. Non pensavo potesse succedere a me di…

“ Posso sapere per quale assurda ragione ti sei scolato…?” comincio sentendo la rabbia salirmi velocemente.

“ Oh, non lo so” taglia corto lui immediatamente increspando un po’ le labbra “ Mi sembrava la cosa più logica da fare, visto che pensavo che non ti avrei mai più incontrato. Forse speravo di morire in qualche modo. Non lo so. Ieri sera ero davvero disperato, mi dispiace” mi spiega velocemente. Sospiro. Vorrei poterlo biasimare, dandogli dell’esagerato. Ma, effettivamente, non sono nella posizione più adatta per fargli la predica. Neanche io sapevo se sarei più tornata. Fino al bacio di Gale.

“ Haymitch ti ammazzerà quando scoprirà che hai preso le sue scorte” osservo. Peeta solleva le spalle.

“ Gliele ricomprerò, non c’è problema” dichiara sorridendo. Annuisco. Passiamo qualche istante così, con io che mangio e lui che mi guarda estasiato.

“ E’ vero quello che hai detto ieri sera?” mi domanda. Abbasso lo sguardo. Provo a svicolare.

“ Che cosa? Ero tanto stanca, non mi ricordo bene” esclamo con una vocina fin troppo acuta. Lui sghignazza un po’.

“ Ah no, eh?” mi chiede guardandomi con fare adorabile. Cavolo, è davvero adorabile, è un bel problema. Sa che sto mentendo. Vorrei potergli dire che in realtà so benissimo quello che ho detto e che, probabilmente, lo penso davvero. Ma non mi escono le parole. Io non sono come lui, non sono in grado di produrre discorsi toccanti e particolarmente ricchi di emozioni. Ne sono proprio incapace.  Quello che invece riesco a fare è fissarlo come un pesce lesso, arrossendo un po’. Mi dà un bacio sulla testa.

“ Come stai? Com’è andata al Distretto 2?” mi domanda facendosi più pratico e serio.

“ Bene. Ho perdonato Gale. E…” mi interrompo. Non posso dirglielo. Non posso dirgli che mi ha baciata, che ho capito di amare lui e non Gale. Non ancora. Non ce la faccio.

“ Ok. E le cose lì come stanno andando?

“ Ancora rivolte. Ma penso che le cose andranno meglio, ora che…” mi fermo. Prim. Angelique. Sento delle urla. Mi copro le orecchie. Urla ovunque. Peeta mima qualcosa con le labbra. Ma non lo sento. Non sento niente, non voglio sentire niente, piango e… Peeta mi abbraccia, mentre mi agito sul letto. E sento… calore. Tanto calore. Calore buono, finalmente. Sospiro, in una sorta di estasi. Lui mi aiuta. Lui ci riesce. Nessun altro può. Mi prende il volto tra le mani.

“ Li abbiamo fatti uscire. Te ne sono tutti riconoscenti. Abbiamo salvato sei innocenti. Dobbiamo essere fieri di noi” mi spiega mentre piango.

“ Ma Prim…

“ Ho parlato con sua madre. È fiera di lei. Se ne è andata lottando per quello in cui credeva. Non esiste morte migliore, non esiste” esclama lui convinto. Annuisco un po’. Lo abbraccio io. Mi conforta, mi rende felice, mi consola, mi fa stare bene, finalmente. Voglio lui, ho sempre voluto lui. E mi vengono in mente le parole di Johanna “ io ucciderei per un amore così”. E’ vero, sono un’ingrata. Voglio renderlo felice almeno la metà di quanto mi renda felice lui. Sospiro.

“ Allora, ascoltami. Oggi io e te facciamo un patto” mi dice. Lo guardo attentamente. Che patto vuole fare?

“ Faremo qualsiasi cosa ti vada di fare. Qualsiasi cosa. E, a fine giornata, io ti farò una domanda. E pretendo che tu sia assolutamente sincera. Te lo dico, non devi mentirmi o divagare, qualsiasi sia la risposta. Ci stai?” chiede con enfasi. Lo guardo interrogativa. A che gioco sta giocando? Non lo so. Lui ha detto ‘qualsiasi cosa’. Che sia…? Non saprei. Ma so esattamente quale sarà la domanda che mi farà a fine giornata. Il punto è: io sono pronta a rispondergli? Bhe, potrebbe non essere quella a cui sto pensando ora, no? Potrebbe semplicemente chiedermi se Gale mi ha baciata o no. In quel caso risponderei un sì amaro e carico di vergogna, ma non sarebbe particolarmente faticoso da parte mia ammettere una cosa del genere. Spero che sia così. Sarebbe davvero meschino non accettare un patto così, sembrerebbe che abbia qualcosa da nascondere. E non voglio che possa pensare ciò.

“ Ci sto” dichiaro tendendogli la mano. Lui l’afferra prontamente.

“ Bene. Quindi… che cosa vuoi fare adesso? Posso accompagnarti dentro il bosco, farti una torta, scrivere un po’ il libro, farti le focaccine o…” comincia. Gli premo un dito sulle labbra.

“ Oppure potrei portarti al lago” dico improvvisamente. Non so perché mi sia venuta questa idea, ma mi accorgo che è davvero buona. Sì, voglio fare questo. Lui mi guarda perplesso.

“ Oh, em… sì, ok. Vuoi passare tutta la giornata lì?” domanda. Annuisco.

“ Ti avverto solo che il tempo non è dei migliori” mi informa. Scuoto la testa.

“ Non mi importa. Voglio andare lì” dico. Lui annuisce e fa una chiamata a Sae per avvertirla che non ci troverà a casa. Prepara dei panini, e dentro lo zaino mettiamo due teli, così da poterci stendere sull’erba. Prendo anche il mio arco. Non si sa mai. Ci incamminiamo.

“ Ti ha baciata, eh?” mi domanda di botto. Rimango un po’ spiazzata. Gale. Come fa a sapere che…? Bene, adesso so che non è questa la domanda prescelta della fine della giornata. Non gli rispondo, ma, stranamente, lui sorride amaramente.

“ Oh, è normale. L’avrei fatto anche io. Le avrei tentate davvero tutte!” mi dice mentre scavalchiamo il filo spinato. Lui mi precede, e mi dà le spalle.

“ Non è stato proprio un bacio vero” ammetto io. Non so perché ho usato esattamente queste parole. Ma mi accorgo che la penso davvero così. I baci veri, ormai, appartengono solo a questo ragazzo che cammina davanti a me. Lui alza le spalle.

“ Ho capito. Bhe, pensi di rivederlo ancora?” mi domanda. Leggo tra le righe la sua tristezza. Ma stavolta davvero, non ne ha motivo. Lo afferro per un braccio, costringendolo a girarsi. So che non sono proprio il massimo della femminilità e della dolcezza, quando gli dico:

“ Io ho scelto.

Peeta rimane come folgorato da questa affermazione. Non riesco a interpretare però se ha ben afferrato il senso delle mie parole o no. In realtà non sono sicura di averlo afferrato bene neanche io. Lui, invece, rimane così, immobile e stupito. Sbuffo, procedendo davanti a lui. Non penso che sappia la strada. Arriviamo alla solita casetta, per poi vedere il lago. E’ strano condividere con Peeta un luogo così. Mi ricorda un po’ la mia vecchia vita. Mentre la mia nuova vita sta in piedi accanto a me. È una sensazione bizzarra. Peeta stende i teli sull’erba, e guarda il lago.

“ Hai imparato a nuotare qui, eh? Mi sembrava strano che tu sapessi nuotare, considerando che siamo cresciuti nel Distretto 12” osserva. Dopo qualche secondo, capisco a cosa si sta riferendo. I Settantacinquesimi Hunger Games.

“ Sì, ho imparato qui” taglio corto. Vedo che vorrebbe chiedermi di più, ma non osa. L’acqua è cristallina e luccicante, in contrasto con il cielo grigio che ci si prospetta davanti. E’ terribilmente invitante. E poi, non mi faccio un bagno da giorni, considerando gli Hunger Games. Abbandono l’arco per terra.

“ Io mi tuffo!” dichiaro togliendomi il giacchetto. Non fa proprio caldissimo, ma il freddo non è neanche insopportabile. Si può fare, insomma. Mi sfilo la camicetta. Tira un po’ di vento, ma non mi importa. Peeta mi guarda esterrefatto, quando mi levo anche i pantaloni. Sono rimasta in biancheria intima, ma va bene così. Stiamo parlando di Peeta. Basta vergognarsi del proprio corpo. So che qualsiasi cosa farò, lui non se ne andrà. Quindi perché avere il timore di sembrare… brutta ai suoi occhi? Lo guardo. Gli tendo una mano.

“ Vieni anche tu. L’acqua non è molto alta. E possiamo rimanere nelle parti in cui si tocca, se per te è un problema” affermo. Peeta mi guarda esistante. Poi, i suoi occhi guizzano sul mio reggiseno rosa. Mi costringo a non arrossire.

“ Non so se è una buona idea. E l’acqua non è il mio problema in questo momento ” osserva intimorito e rosso in viso. Scuoto la testa.

“ Qualsiasi cosa io voglia. Questi sono i patti, no?” replico. E’ bella questa sensazione di potere. Mi piace.  Mi scocca un’occhiata imbarazzata e divertita allo stesso tempo, ma ancora non dice niente. Si alza in piedi e si toglie i pantaloni. Sorrido. Ho vinto io. Dopo essersi tolto anche il maglione e la maglietta, ci avventuriamo verso il lago. Tocco l’acqua con un piede: è inspiegabilmente calda. Sorrido ancora di più, e mi ci tuffo senza pensarci due volte.  Peeta è esitante, lo vedo, ma dopo un primo attimo di incertezza, si tuffa anche lui, con un piccolo gemito. Sì, è davvero piacevole stare dentro il lago con questa bella acqua calda che ci avvolge. Immergo anche la testa. Peeta mi imita. Appena risale in superficie, mi getta addosso un po’ d’acqua. Ci schizziamo a vicenda, felici. Dovrei essere triste. Dovrei essere triste, per Prim, per Angelique, per Rue, per Finnick, per tutti quelli che ho perso. Ma adesso non riesco a fare a meno di pensare a quanto sono fortunata ad avere Peeta accanto a me. E so che Gale non può darmi questo. Nessuno potrà mai. Mi avvicino a Peeta, cingendolo con le mie braccia e mi ci aggrappo letteralmente. Restiamo così, abbracciati, mezzi nudi. Lui mi accarezza i capelli bagnati, e sento il suo respiro sul collo. Ancora quei brividi. Mi stacco leggermente, guardandolo negli occhi. Un sorriso. Sorride veramente, sorride per la gioia di stare con me. Lo bacio. Sì, noi combaciamo. E’ come una vecchia melodia che non stufa mai. E infatti ne voglio ancora, voglio di più. E anche lui, sento che si sta lasciando andare completamente. Mi dà un bacio deciso, un bacio che approfondisce sempre di più, facendosi più intimo di qualsiasi altro bacio mi avesse mai dato. Mi stacco un po’, intontita e dolcemente confusa.

“ Peeta… io devo dirti una cosa” borbotto. Lui sembra non ascoltarmi davvero. Mi vede, ma non mi guarda. È come… incantato.

 “ Devo dirti una cosa” ripeto con più convinzione. Ma forse il tono intimorito della mia voce mi tradisce. Mi preme il suo indice sulle labbra.

“ Se è quello che penso… te la renderò facile, Katniss. Non ti devi sforzare. So che non sei… a tuo agio nel dire alcune cose” osserva. Ok, basta. Questo è troppo. Ha proprio esagerato. Io… non so dare un nome alle emozioni che si accalcano nella mia testa. Ma so dimostrare molto bene tutto ciò: una lacrima e un sorriso. Una semplice lacrima illumina il viso di Peeta che, raggiante, mi bacia ancora, e ancora, e ancora. E io ne voglio di più, davvero. E so, in cuor mio, che lo vuole anche lui. Sento che il vento sta cominciando a farsi più forte. Peeta mi fa cenno di uscire dall’acqua, e io lo seguo. Quando usciamo, lo vedo arrossire vistosamente. Ne capisco il motivo solo troppo tardi: la mia biancheria intima si è incollata alla mia pelle, lasciando intravedere praticamente tutto. Afferro velocemente un asciugamano e mi copro. Mi stendo sul prato con Peeta guardando il cielo minaccioso.

“ Forse pioverà. E’ una brutta giornata” dichiaro.

“ Sì. Forse pioverà. Ma no, non è una brutta giornata. È la più bella della mia vita” sottolinea Peeta. Ha ragione. Sorrido. Mi metto seduta e i miei occhi indugiano sul suo zaino. Lo stesso che aveva portato a Capitol City. Lo stesso in cui… arrossisco al pensiero. Guardo Peeta, che ha gli occhi chiusi. La più bella giornata della sua vita. E direi che se la merita. Ma perché non renderla… migliore? Ma lui vorrà? Ha detto che possiamo fare qualsiasi cosa io voglia. Ma io lo voglio? Lo scruto attentamente. Io voglio sentire il suo calore sulla mia pelle, le sue mani tra i miei capelli e il suo respiro sul mio collo? Sì, con tutta me stessa. Voglio che lui sia il primo a…? Ma certo. Solo lui potrebbe fare una cosa del genere. Non permetterei di farlo a nessun altro. Mi fido di lui? Ovvio. E allora perché non buttarsi, per una volta nella mia vita? Concedermi un po’ di felicità. Per una volta. Dovrebbe essere facile.

“ Mi stai fissando” mi dice Peeta di botto, facendomi sobbalzare. Apre gli occhi.  “ A che pensi?” chiede.

“ Io…” Mi arriva una goccia in faccia. Sta cominciando a piovere. Mi alzo di scatto.

“ Sta per scatenarsi un temporale. Andiamo a casa!” esclamo. Mi stanno cominciando a venire i brividi per il freddo. Lui se ne accorge, mentre ci rivestiamo. Mi abbraccia scaldandomi con le sue mani.

“ Dai, appena arriviamo a casa ci facciamo un bagno caldo per togliere il freddo” mi dice.

“ Ce lo facciamo insieme?” chiedo io confusa. Non so se Peeta ha interpretato la mia come una proposta o come una semplice domanda per chiarire le sue parole. In realtà, non so neanche io che sfumatura di significato voglio dare alla mia domanda.Ma mi sorride.

“ Sì. Insieme, se è questo che vuoi” sussurra.

“ Insieme” mormoro. E mi accorgo di volerlo davvero.

Arriviamo a casa di Peeta zuppi fino al midollo e infreddoliti. Ok, andare al lago forse non è stata una buona idea. Ma ne è valsa la pena, in fin dei conti, no? Peeta si fionda in bagno, e fa scorrere un po’ d’acqua. Bene. I miei occhi vengono catturati dal mio riflesso proiettato sullo specchio della camera da letto. Sono… orrenda, davvero. I miei capelli sono bagnati e informi, il poco di trucco che avevo è letteralmente tutto colato sulle guance. Provo a darmi un contegno, o almeno a rendermi presentabile, avvalendomi dell’asciugamano. Faccio un respiro. Ho davvero acconsentito a farmi un bagno caldo con lui? A quanto sembra sì, perché sento che mi sta chiamando. Sto tremando come una foglia. Quando sente che non rispondo, mi chiama ancora, stavolta più allarmato. No, non posso fargli questo. Devo avere il coraggio di fare… ciò che so di volere realmente. E cosa voglio più di stare con Peeta, in questo momento? Niente. Rispondo debolmente, sfilandomi la camicetta. Mi slaccio i pantaloni. Sono ancora in biancheria. E fin qui non ci sono problemi. Appena entro in bagno, noto che lui è ancora vestito. Mi sento terribilmente a disagio. Ha chiuso il rubinetto dell’acqua.

“ Solo se lo vuoi davvero. Nessuno ti obbliga” mi dice. Esito un secondo. Ma in fondo sì. Abbiamo tutto il tempo del mondo, a quanto sembra. Quindi perché fare ora una cosa del genere? Potremmo aspettare mesi… anni… fino a che non prenderò il coraggio di… ma di fare cosa, alla fine? Di spogliarmi? Quando lo facevo davanti a Cinna e al mio staff non era un problema. Allora perché adesso mi freno? Perché è quello che c’è sotto il gesto. Vuol dire fidarsi, abbandonarsi a qualcuno. Non avere solo io le redini della situazione. Mettersi in gioco, lasciarsi andare, per una volta. E voglio farlo.  Perché so che dall’altra parte, c’è lui. Mi tolgo lentamente il reggiseno sotto lo sguardo stupito di Peeta. Prova a guardarmi negli occhi, ma vedo che non ci riesce molto bene. Ridacchio un po’. Anche lui ride imbarazzanto, mentre riapre il rubinetto e si sfila la maglietta. Ok. Ce la posso fare. Si leva anche i pantaloni. Ok. Perché sto sudando freddo? L’ho visto in boxer più e più volte. Ieri, per esempio. Quindi perché ho questo terrore di… ecco, l’ha fatto. Si è tolto la biancheria ed è entrato nella vasca. Lui non arrosisce, sembra che si denudi davanti a qualcuno tutti i giorni. Non osa guardarmi, però. Meglio, visto che tocca a me. Mi sfilo lentamente gli slip e mi precipito dentro l’acqua. È calda, è accogliente. La vasca è abbastanza grande per entrambi, e la schiuma copre un po’ di cose che… normalmente sono coperte. Adesso mi sta guardando negli occhi. Mi sta proprio scrutando.

“ A che pensi?” gli chiedo. Mi accorgo che la mia voce è incredibilmente rauca, e ho la mandibola leggermente contratta.

“ Sto cercando di capire se potrebbe darti fastidio. Perché o ti rimetti qualcosa addosso oppure…

“ Oppure?” provo a dire confusamente.

“ Bhe, non lo so. Adesso come adesso so a malapena come mi chiamo. Non so” afferma. È imbrazzato, lo vedo. Mi esce una risatina nervosa. Lui si sporge verso di me. Ecco. E adesso? Che cosa devo fare?

“ Ascoltami, tu adesso mi devi dire espressamente cosa vuoi fare. Perché la situazione è abbastanza ambigua, non so se hai notato!” dice sorridendo. Anche io non posso controllare la mia euforia.

“ Quindi, stiamo nudi in una vasca di acqua calda, e…” dico provando a razionalizzare.

“ E vorrei che venissi più vicina. Ma solo se lo vuoi” si limita a dire semplicemente. Mi giro e gli faccio segno di allargare la gambe. Mi posiziono con la mia schiena sul suo petto. Sento… qualcosa sulla mia schiena. Provo a non ridere. Ma non ci riesco. La situazione è tragica, ma non è assolutamente seria. Ridiamo insieme. Con le labbra mi sfiora il collo. E voglio di più, stavolta penso di essere pronta. Lo lascio fare. I suoi baci cominciano a farsi più esigenti. Alludono ad altro. E immagino di sapere di cosa si tratta. Siamo rimasti dentro questa vasca abbastanza. Mi scanso.

“ Andiamo di là” dichiaro alzandomi. Lui distoglie appositamente lo sguardo da me, mentre mi infilo l’asciugamano.

“ Non posso” sussurra con gli occhi lucidi.Scuoto il capo e gli stampo un bacio sulla testa.

“ Questo fallo decidere a me. Ti prego” chiedo io implorante. Sospira. Si alza anche lui, legandosi un asciugamano in vita. Sembra scocciato.

“ Potrei ucciderti, Katniss” afferma ancora, pensando che possa davvero crederci. Mi avventuro in camera da letto, sdraiandomi sul soffice materasso. Inspiro profondamente. Ha un buon aroma, quello del pane, di Peeta, del… dell’amore, penso. Infatti sto per dare a Peeta quello che… ciò che sapevo che sarei stata disposta a dargli. Voglio farlo. Arriva anche lui, ma non si adagia accanto a me. Rimane in piedi a fissarmi. È combattuto. Io non intendo distogliere il mio sguardo da lui. Lui fa qualche passo incerto verso di me e si siede sul letto.

“ Io non posso farlo. Non posso, Katniss. Mi dispiace, ti giuro. Non…”

Basta, mi ha stancato. Non so dove trovo il coraggio di fare una cosa del genere. Non oso neanche immaginarlo. Ma mi alzo in piedi e mi metto a cavalcioni sulle sue gambe. Lui rimane di sasso, quasi spevantato. Prova a scansarmi leggermente, ma io non me ne vado. Basta fuggire. Ho sempre pensato, durante gli Hunger Games, che, ad un certo punto, devi smettere di correre, girarti e affrontare chi ti vuole morto. Ma ci vuole coraggio per fare ciò. E il nemico di Peeta, in questo caso, è sé stesso. Sappiamo entrambi che, se sopravviveremo a questa prova, le cose andranno meglio. Ma lui deve avere il coraggio di farlo. E io voglio aiutarlo, dandogli tutta me stessa sia in senso letterale che figurato.

“ Perché? Perché ora, perché con me, perché vuoi…?” comincia lui. Alzo le spalle.

“ Lo sai perché. È una cosa nuova per entrambi. E l’affrontiamo insieme, vero?” chiedo. Ecco, di tanto in tanto riesco ad essere anche io brava con le parole. E, per una volta, hanno l’effetto desiderato. Perfetto, Peeta non sa come rispondere. Assaporo il sapore della vittoria, baciandolo. Mi scansa ancora.

“ Io… vorrei, te lo giuro…

“ Peeta, la vita è troppo breve, hai capito? Guarda Angelique, guarda Prim, Rue, Finnick! Finnick ha sposato Annie nel bel mezzo della rivolta! Bisogna afferrare il momento, il…” dolce della vita. Se vediamo qualcosa di dolce sarà meglio… prenderlo al volo. Finnick. Finnick Odair. I cavalli. La zolletta di zucchero. Finnick. Annie. Hearten. Suo figlio. Finnick ha un figlio che non conoscerà mai. Perché Finnick è morto. Mi scanso da Peeta, che mi guarda allarmato. Mima qualcosa con le labbra. Non so cosa sia. Mi stendo sul letto, tappandomi le orecchie. Piango disperata. Nella mia testa, un turbinio di pensieri. Finnick, con il suo costume per la Parata… Cinna, e i suoi abiti che vanno a fuoco… il fuoco del Distretto 8, con l’ospedale, in ospedale lavora mamma, e anche Prim era brava e… Sento delle braccia avvolgermi. Peeta. Peeta mi sta avvolgendo. Mi calmo un po’. Sì. Lo risento. Risento la vita, quella vita che ho sentito dentro la camera di Capitol City. Fuori piove. Dentro questa stanza, invece, c’è il sole. Un sole giallo, brillante. Il giallo del dente di leone. La speranza. La speranza di vivere, di essere felici. Lo guardo negli occhi. Anche lui la sente, lo posso percepire. Mi prende il viso tra le mani, e mi bacia. E sento quella fame, che adesso riconosco essere fame di amore, di luce, di pace. Rispondo a questo bacio e penso che potrei farlo per tutta la vita. È tutto così veloce, non capisco esattamente cosa stia succendo. È solo un tornado di emozioni. Paura, sì, ma anche desiderio. Di cosa, poi? Di Peeta. Perché è sopra di me e, stavolta, penso che voglia farlo sul serio. Mi accorgo solo troppo tardi che il mio asciugamano è andato, così come il suo, e che le mie gambe abbracciano le sue. Sento il freddo della sua protesi sul polpaccio, che mi riporta alla realtà. È quello che voglio, vero? Non si può tornare indietro? No, basta fuggire. Questa è la mia pace. Peeta me la sta dando. Si ferma un secondo, accaldato. Mi guarda negli occhi. Io sono troppo confusa per restituirgli uno sguardo intenso come il suo.

“ E’ quello che vuoi. Vero o falso?” domanda. Bene. Ci siamo. Stiamo a un punto di non ritorno. Vero o falso? Vorrei dire vero, ma la paura mi blocca. Paura di cosa, non lo so. Appunto, posso avere paura di Peeta, il ragazzo che voleva farsi uccidere per me, che mi ha sempre protetta, che, nonostante il depistaggio, riesce sempre a pensare a me? No. Non posso davvero avere paura di lui. Sebbene sia confusa e spaventata, riesco a sorridergli.

“ Vero” sussurro. Lui si concentra ancora sulle mie labbra, baciandomi ovunque, sul collo, sul petto… e a questo punto penso che sia il momento. Non so esattamente come funzioni la cosa. Ma so che se ci penserò troppo non mi deciderò mai. Sembra leggermi nel pensiero, quando si ferma per aprire il cassetto di un comodino. Tira fuori qualcosa di… strano. Mi metto leggermente seduta. Non capisco. Lui poggia questa cosa sul letto, e continua a baciarmi. Ma mi sento molto spaesata.

“ Peeta, che cos’è… quel…?

“ Tu non vuoi avere figli, per ora, no?” domanda. Eclisso sul fatto che non esiste un ‘ per ora’. Io non voglio avere figli e basta. Mai. Ma so che solleverei solo proteste, affermando ciò in questo momento. Quindi mi limito ad annuire. Lui mi accarezza le braccie, le gambe e…

“ Se ti faccio male, dimmelo, ok?” chiede. Annuisco ancora, stavolta presa dal panico. Che cosa sta…? Mi sta toccando. Lì. Aiuto. Non so come comportarmi. Lui continua a baciarmi, il che è un bene. Non vedrà il mio imbarazzo. Ha un tocco delicato, attento. E va bene così. Ma dopo pochi istanti, capisco che non mi basta più. Ormai abbiamo superato l’ostacolo, penso, quindi… come al solito, probabilmente mi sta leggendo nel pensiero. Sento che il tutto sta diventando più frenetico e movimentato, e letteralmente vado a fuoco. Immagino che anche io debba fare qualcosa simile alla sua, ma… come faccio? Non ne ho la più pallida idea. Provo a pensare, quando capisco che forse l’ideale sarebbe iniziare a… a ricambiare la cosa. Quindi allungo una mano e a lui sembra far piacere. Improvvisamente, mi ferma. Non so perché. Velocemente, si infila quel… quel coso di cui mi annoto mentalmente di chiedere il nome. Mi guarda negli occhi. Non so perché, ma fatico a sostenere il suo sguardo. È profondo, intimo, troppo intimo. La sua espressione è sconvolta, ma anche felice. Non so proprio come descriverla.

“ Qualsiasi cosa… me lo dici e mi fermo. Hai capito?” domanda. Provo a dire un ‘sì’. Ma dalle mie labbra esce solo uno strano suono sibilato.

“ Katniss, devi… devi dirmi che mi vuoi, che lo vuoi, perché sennò io…” sussurra tra i denti. Gli premo l’indice sulle labbra.

“ Zitto. È… è quello che voglio” dichiaro. Ridacchia un po’ e, con un’ultimo sguardo eloquente,  lentamente si fa strada dentro di me. Cio che sento è un’esplosione. Sensazioni nuove e diverse mi arrivano al cervello e non riesco a organizzarle in modo razionale. Fa male, è vero. Ma lui mi bacia, ancora e ancora e, in questo momento, il dolore passa in secondo piano. Dapprima doloroso, anche il semplice atto comincia a diventare estremamente piacevole. Ormai non fa neanche più male. Mi piace. Sto facendo… lo sto facendo davvero. Con Peeta. E sto bene, sono contenta, sono… innamorata, ecco. Sì, innamorata di Peeta, il ragazzo che mi sta baciando con tutta la passione che ha. Le sue mani mi afferrano i fianchi, provocandomi tantissime scintille che sento irradiarsi per tutto il mio corpo. Sento la fatica, e penso che vorrei faticare così tutta la vita. Le scintille arrivano fino al mio petto, e mi fanno un po’ gemere. Mi sento stupida, ma non mi importa: so che Peeta non penserà questo di me. I respiri sono corti e irregolari, ma ormai i nostri movimenti sono decisi.  Apro le palpebre. Peeta ha gli occhi chiusi. Non mi sta baciando, visto che l’aria scarseggia e la bocca ci serve per respirare. Ma è comunque vicino a me. Molto vicino. Sento che sta accellerando i suoi movimenti. Richiudo gli occhi. Mi afferra i polsi. Sbarro le palpebre spaventata. Che stia… no… non ora… per favore… no. No, non vuole farmi del male. Lo vedo dal suo sguardo. I suoi occhi azzurri e limpidi mi sorridono. Mi rilasso con un lieve sospiro,  e chiudo ancora gli occhi. Da frenetiche, le sue spinte si fanno calme e intense. Respiro. Ancora scintille dentro la gola. Gemo. Mi sta scoppiando il ventre, il cuore, la testa. Tutto va a fuoco, un fuoco caldo, accogliente, pacifico e curatore, che non ha nulla a che vedere con il mio, rabbioso e carico di ira. Questo è il fuoco di Peeta. Con un’ultimo respiro denso di piacere, Peeta si toglie da me. Sento l’aria fredda rimpiazzare il calore del suo corpo sulla mia pelle. Sospiro. Lui scappa un secondo in bagno, e non ne capisco il motivo. Ma non è un problema. Mi spiegherà tutto quando tornerà. E poi, adesso come adesso, sono troppo sconvolta per farmi troppe domande. Dopo qualche istante, Peeta torna e si sdraia sul letto. Si è messo i boxer. Mi sento in imbarazzo per la mia nudità. Abbasso lo sguardo, e i miei occhi indugiano sulla porta del bagno, dove ci sono i miei vestiti. Mi sto per alzare, ma lui mi parla:

“ Aspetta… un secondo” mormora. Mi blocco e lo guardo. Che cosa c’è? Al mio sguardo interrogativo, lui sorride.

“ Io… voglio imprimere questo ricordo nella mia mente per sempre. Quando avrò i miei attacchi, voglio revocare questa immagine, questa emozione, questo momento. Ti prego” il suo tono è implorante, e io non ho voglia di dirgli di no. Nonostante sia imbarazzatissima, provo a non arrossire. Ma non ho il coraggio di guardarlo. Lui mi scruta, sento il suo sguardo addosso.

“ Posso… andare a prendere i vestiti?” chiedo.

“ Sì. Certo” mi risponde sottovoce. Mi fiondo in bagno. Devo guardarmi allo specchio. Devo. Alzo i miei occhi sulla mia immagine. Mi sento… sono diversa. A stento riconosco la ragazza devastata e mentalmente confusa del Distretto 12. Mi sento… bella. Le mie gote sono rosse, i miei occhi dilatati e sprizzanti di… gioia? A stento mi soffermo sulle condizioni della mia pelle, non esamino neanche troppo i miei capelli arruffati. No, la mia espressione è cambiata radicalmente. Meno dura e risoluta, più… vulnerabile. Ma in senso straordinariamente buono. È quasi… dolce. Non mi riconosco. Ma mi piace. Indosso reggiseno e mutande e raggiungo Peeta. Sento un lieve dolore nella parte bassa dell’addome, ma non mi importa. Sono felice. Peeta guarda il soffitto.

“ A te è… piaciuto quanto è piaciuto a me, vero?” chiede. Ma che domanda stupida. Rido un po’. Anche la mia risata è cambiata. È argentina e limpida. Sgombra da problemi.

“ Sì. E a te… come è andata?” domando. Lui si gira verso di me. Mi guarda intensamente.

“ Katniss, io… penso che il termine ‘ benissimo’ sia riduttivo. Non ci sono parole per descrivere…

  Quindi, che farai, dipingerai questa cosa in uno dei tuoi quadri?” domando io ironizzando. Lui scuote la testa.

“ Non esistono colori tanto belli” afferma. Arrossisco. È bravo con le parole. È bravo.

Passiamo il resto della serata a mangiare e a scherzare su tutto ciò che ci capita a tiro. Mi preprara un vassoio carico di una specie di pane pieno di olive. Mangiamo sul letto, disseminando briciole ovunque e ipotizzando i commenti che Haymitch farebbe se venisse a sapere della nostra nuova esperienza. Poi parliamo di Sae, immaginando la sua espressione quando ci vedrà tornare a casa mia domani mattina, con i capelli scompigliati e un sorrisi larghi sulla faccia. Lui mi parla dei suoi progetti: vuole riaprire la sua panetteria. Io lo sostengo, dicendo che sarebbe proprio una bella idea. Io invece gli comunico la mia idea di fare un pranzo con tutti quanti, anche con i vincitori di questi Hunger Games. Lui è d’accordo, e propone di invitare anche Johanna, Beetee, Annie ed Haymitch. Poi lui comincia a giocherellare con i miei capelli, dicendo che è una cosa che gli è sempre piaciuta fare. Anche io la trovo rilassante e piacevole. Ci stendiamo sul letto, ancora con il sorriso a fior di labbra. Abbiamo spento la luce, quando lui mi sussurra:

“ Ho rispettato il patto. Devo farti una domanda” mi dice. Sento il sorriso sciogliersi sul mio volto. Oh, no. No. No. No. Ci siamo. Questa giornata è ricca di cose nuove, per me. Non posso davvero dirglielo. No. So quello che mi chiederà. Annuisco lentamente.

“ Sì. Chiedi.

L’ho detto. Sto firmando la mia condanna. Ma, in fondo, di quale condanna sto parlando? Io… io amo Peeta Mellark. È così, no? Quindi posso dirglielo… glielo devo dire, io…

“ Tu mi ami. Vero o falso?” sussurra. Nella penombra, mi volto a guardarlo. Sento il panico assalirmi. È ora. Devo dirglielo. Ma non trovo il coraggio. Dire una cosa del genere vuol dire renderlo ufficiale. Ammetterlo a me stessa, ammettendolo a lui. Che io lo ami, ormai è una certezza. Vedo i suoi occhi scintillare un po’. Quanto amo i suoi occhi. Quanto amo lui. Ed è proprio ora che capisco che prima o poi questo momento era destinato ad arrivare. Amo come mi fa sentire. Come se ci fosse qualcosa di bello nella mia vita che nessuno mi potrà mai portare via. Qualcosa per cui vale la pena svegliarsi la mattina. Che, nonostante tutto, rimanga con me. Nella mia testa, fuochi d’artificio, pane appena sfornato, zuppa, campi di forza, proposte di matrimonio… una perla. Una semplice perla mi fa capire come mi sento quando sto con Peeta. Mi sento una rarità, mi sento bene. Sento che posso diventare una perla, io, piccolo pezzo di carbone, come direbbe Effie. Peeta è il mio futuro. Aveva ragione Gale, in qualche modo. Ho scelto chi è indispensabile alla mia sopravvivenza. Ma non nel senso brutto. Ho bisogno di Peeta. Ho bisogno dei suoi baci, dei suoi abbracci, di lui. Senza di lui, sarei morta. Ed è in questo momento che riesco a raccogliere il coraggio necessario per sussurrare, senza esitazioni:

“ Vero.

Spazio autrice: 8 pagine di Word. Ok. Allora… per quanto riguarda il capitolo, spero che vi piaccia. Succedono un sacco di cose importanti, e quindi si può pensare che io voglia finirla qui. Ma… questo non è l’ultimo capitolo. E neanche il penultimo. So perfettamente quando voglio finire di raccontare questa storia, e manca ancora un bel po’. Sappiate solo, che, sfortunatamente, i problemi non sono finiti, anzi. Ci saranno altri colpi di scena, posso assicurarvelo. Ma devo dirvi, grazie. Grazie a voi sono riuscita a scrivere tutto ciò. Grazie a chi recensisce. Grazie a chi ha messo la mia storia tra le preferite/ ricordate/ seguite. Grazie a chi l’ha indicata per le Storie Scelte del sito. Grazie semplicemente a chi legge e, silenziosamente, mi trasmette il suo supporto. Grazie. Vi auguro buone feste. Spero che possiate considerare questo capitolo come una sorta di “ regalo” per tutte voi. GRAZIE.

Angelikakiki.

  
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