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Autore: Helmyra    23/12/2013    1 recensioni
[TES Morrowind] “Sarò chiaro sin da subito, donna. Se preferisci sentirti tale, dato che indossi abiti maschili... ti tocca fare il callo a molte cose, il tuo nome sarà il male minore. Capisci cosa intendo?”
“Sì.” Rispose, con le mani che le prudevano per la rabbia.
“Purtroppo, ti ritrovi a pagare gli errori di un'altra persona. Ed io ho una reputazione da mantenere, giochiamo a carte scoperte, in modo da venirci incontro. Il nome è un male minore: dovrai mentire, rubare, uccidere. Fare il lavoro sporco, ciò che i tuoi superiori definiscono gavetta. Il labirinto in cui ti stai addentrando ti potrebbe portar via il senno. Sei un'elfa spensierata, anche se hai l'età per metter su famiglia: ti fingi adulta, ti fingi uomo. Sai mentire, bene. È un passo avanti.”
Aryon, il più giovane consigliere Telvanni, si ritrova contro l'intero concilio e una nuova, maldestra assistente da addestrare. Ma non tutto il male viene per nuocere...
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A bordo dell'Elf Skerring, Galos si trastullò in una specie di sogno ad occhi aperti, una dolce aspettativa che saziava l'animo prima di pregustare la gioia più autentica. Pazienta quel che basta, carissima. Presto vivremo insieme, così come io e te abbiamo sognato.

Non capiva come la riconoscenza si fosse tramutata in stima, desiderio di protezione, affetto: quando lasciò la casa di Adrusa la prima volta, provò sì una strana sensazione di vuoto... ma non la smania di seguirla nelle piccole faccende quotidiane, di udire la sua voce mormorare una serafica cantilena e di sfiorare quelle labbra.

Bussò sulla lastra di pietra con il pomo del bastone, inspirando ed espirando fino allo spasimo. Avvertì dei passetti leggeri ed incerti farsi strada fino alla porta: immaginava la mano di lei posarsi sulla fredda arenaria per spalancarla con impazienza, invece socchiuse appena la lastra levigata; lasciando che un sottile lembo di luce rischiarasse la sua figura in penombra.

“Da quando in qua sei così guardinga?” Sogghignò, e nel riconoscere quella voce l'elfa emise un gemito di sorpresa.

“Sei... sei tu. Galos, finalmente! Credevo che avrei dovuto attendere per mesi...”

“Gli dei sono dalla nostra parte, se benedicono la nostra unione e avverano le nostre preghiere. Oh, Adrusa... non sai quanto mi sei mancata.”

Sigillò la porta e la prese per mano, per condurla al centro dell'atrio. Adrusa non proferì parola, ma egli leggeva sul suo volto trepidazione, entusiasmo. Sfiorò le guance alte e arrossate, e saggiò il contorno del suo viso ovale che culminava in un profilo elegante e volitivo. Lei lo trasse a sé, e quando la cinse in un abbraccio gli apparve ancor più sola e vulnerabile.

“Mia cara.” Adrusa schiuse le labbra, invitandolo a ricambiare il suo affetto con un semplice dono, bramato in attimi persi a riflettere, a sperare.

Posò un bacio fugace sulle sue labbra, augurandosi che la guaritrice non lo respingesse: lei serrò le palpebre e sorrise, accarezzandogli la barba incolta sul viso.

“Mi dispiace, da giorni non vedo il tocco del rasoio.” Scherzò, per nascondere l'imbarazzo.

“Ah, che ne sai? Potrebbe addirittura piacermi.”

Non avrebbe notato dettagli talmente futili, soprattutto se era lì per lei. Rammentava spesso il primo incontro, avvenuto in contingenze avverse: era combattuta tra la tipica indifferenza verso i forestieri ed i principi morali dettati dalla sua professione. E come sempre, vinceva il bisogno di recare sollievo ai mali della vittima. Non le importava se lo sconosciuto fosse un soldato, un funzionario o un famigerato tagliagole: aveva affidato il suo destino nelle mani di Azura, e la dea l'avrebbe protetta. O ricompensata, magari, per aver permesso che i suoi pazienti potessero riprendere in mano le redini delle loro esistenze.

Chi l'avrebbe mai immaginato che quel caso disperato, ricoperto di ferite sanguinolente dalla testa ai piedi e con le vesti di un afrore appestante fosse in realtà un pezzo grosso? Il portavoce del ministro Aryon, per giunta. Lì per lì immaginò che si trattasse di un lestofante pronto a sorprenderla con le bugie più assurde. Invece, il dunmer era realmente chi sosteneva di essere... l'aveva osservato in segreto, mentre sfilava da una lunga catenella l'anello con le insegne di Tel Vos per firmare una lettera. E aveva esaminato il suo bastone argentato, che somigliava in tutto e per tutto a quelli che, di consuetudine, i ministri Telvanni donavano ai loro protetti.

“E dimmi, come procede la vita?”

“Cosa vuoi che cambi? Finché Therana sarà a capo di Tel Branora, continueremo a lavorare per noi stessi evitando di immischiarci nei suoi affari. Una maga, lì fuori, s'è messa in testa di spodestarla definitivamente... ma non credo che accadrà. Ha una taglia sulla testa e presto il capo delle guardie, Mollimo, farà leva sulla cupidigia del primo avventuriero disponibile per liberarsi del sassolino nella scarpa. Purtroppo, non tutti gli avamposti Telvanni sono come Tel Vos... invidio la vostra guida, almeno fa qualcosa di concreto per la popolazione.”

“Sai, potresti abbandonare quest'isola e venire con me, che ne pensi?” Aveva riflettuto su come porle quella domanda, ma trapelò dalla mente come un'osservazione innocua.

“Galos, ho la mia casa qui... e un piccolo smercio di pozioni. Il mio passato è legato a questo luogo, sebbene il futuro non sia roseo. Lo faccio per me stessa, e per mantenere vivo il ricordo di mia sorella, suo marito... e dei miei genitori. Prego sulle loro tombe e spero che mi preservino. E poi c'è Perla: non sembra, ma mi dà tanto da fare. Per me rimane sempre la bambina da accudire e coccolare, nonostante sia ormai adulta. Finché non la saprò al sicuro, tra le braccia di un uomo o presa da un'occupazione che la rende felice, la terrò d'occhio. Ero solo un'adolescente, ma le ho fatto quasi da madre, sai? Credo che sia questo il problema, non accetto di separarmi da lei.”

“Ma adesso puoi vivere per te stessa, mia cara. Non per me... ammesso che la mia compagnia ti faccia sentire libera.”

“Io con te sono libera, Galos. Anzi, di più... mi sento speciale.”

Adrusa seppellì la testa nel solido petto del compagno, per nascondere il volto in fiamme per quel proposito audace. Era sempre stata presa dal lavoro, dai doveri imposti dalla tradizione... e mai aveva desiderato con forza di condividere una parte di sé con un uomo. Ah, Galos. Le aveva strappato il cuore e se n'era appropriato, avvinghiata dal violento richiamo della sua solerzia.

“Sarai stanco,” disse, e l'altro represse un sospiro. “lascia che ti offra qualcosa da bere.”

“Ho promesso a me stesso di smettere, prima o poi. Ma se insisti... sai bene che non posso rifiutare.”

Svitò il tappo da un piccolo otre in pelle di netch e riempì a metà un bicchiere di vetro.

“Bagna la lingua, sono molti gli aneddoti che dovrai raccontarmi. A proposito, che n'è stato di quell'assistente di cui mi hai accennato? Alla fine Aryon l'ha preso a servizio?”

“Ah.” Galos portò di nuovo la mano sul vetro soffiato, sicuro che un sorso di skein l'avrebbe aiutato a sciogliere il nodo alla gola. “No, purtroppo. Vedi... ho commesso un gravissimo errore, non ho proprio scusanti. Il ministro è stato parecchio reticente sulla questione, ma a quanto sembra ha un'idea chiara sull'identità del mandante. Ebbene, il mago era una spia... un ragazzo così giovane, posto sulla via della corruzione da uno stregone privo di scrupoli...”

“Non sai quanto io sia stata fortunata a trovare una guida come Seryne Relas... mi ha istruito in tutto ciò che so, richiedendo in cambio qualche visita per tenerle compagnia. Non ha mai accettato di entrare in politica, perché temeva che lo studio della magia diventasse esclusivamente uno strumento volto al perseguimento dei propri fini. Quando ero giovane, anch'io desideravo la popolarità, ma mi sono ricreduta ben presto. Tuttavia... ho spronato Perla ad entrare nei Telvanni, convinta che se la sarebbe cavata. Invece, è rimasta invischiata in un guaio più grosso di lei. Adesso non vuole più saperne, trascorre le giornate aiutandomi con gli ingredienti delle pozioni e fermentando erbe. Vedi, anch'io mi addosso la colpa di ciò che le ho procurato, e non ho il coraggio di consigliarle altrimenti. È l'affetto che nutre nei miei confronti che l'ha danneggiata... perché ha solo me ed io sono ciò che l'è rimasto della sua famiglia. Non sei l'unico, come puoi ben notare.”

“Mi capita di scorgerla di rado, quando sono in giro. E di', non è che per caso mi odia e io lo ignoro?”

“Perché mai dovrebbe? Secondo me... è imbarazzata. Fa di tutto per lasciarci da soli e non vuole disturbarci. Ma adesso è a caccia di piume di volatili delle scarpate. Tornerà al più presto, vedrai.”

“Mm... non me la figuro a farsi beccare da uno stormo di rumorosi uccellacci!” Rise Galos, mentre Adrusa prendeva posto accanto a lui sulla panca.

“Be', diciamo che lei fa come loro: vola in alto!”

“Pe... Perla sa levitare?” Le domandò, mentre gli balenava nel cervello un piano alquanto astruso...

“Certo! D'altro canto, come farebbe a stanare quelle perfide bestie dai nidi, sulle cime degli scogli? Seryne non ha trascurato la sua educazione, le ha insegnato un po' di questo e di quello: conosce le principali magie d'Alterazione, mastica qualche attacco elementale; ma è la più astratta delle discipline ad affascinarla. Secondo te, chi era a nascondere le scarpe a tua insaputa, a rubarti il cibo dal piatto e a far fluttuare i libri per la stanza? Per la barba di Sheogorath, quando ci si mette combina più scherzi di un bosmer. Sì, forse è al dio della pazzia che s'è consacrata!”

“Ah, buono a sapersi!” Esclamò il mago, vuotando il bicchiere e d'umore troppo risollevato per porre freno alla sete di liquore.

“Cosa? Ti fa piacere che mia nipote sia mezza matta?”

“Ma no, cara!” Sorrise, arrotolando una ciocca dei suoi capelli neri e lucidi attorno al dito. “Che sappia levitare. Per un mago che si possa definire tale è un requisito a dir poco fondamentale.”

 

Fissò gli occhi al cielo, verso le cime aguzze degli alti faraglioni di pietra che costeggiavano l'isola: era lì che gli uccelli maledetti avevano stabilito il loro covo, una postazione privilegiata per pescare ed assalire gli ignari naviganti.

Durante una tediosa lezione di storia, Seryne Relas le aveva raccontato che il Mundus è una creazione degli dei, e come tale è perfetta. Eppure, Perla non sopportava che creature ignobili ed infide come i volatili delle scarpate si avventassero con cattiveria contro ogni forma vivente che avesse gambe e zampe per camminare. Già, qualcosa non aveva funzionato nei piani delle divinità.

Esseri abietti, pensò, avvicinandosi alla battigia carica di risentimento.

Perlomeno, le piume sono utili per le pozioni di levitazione! In quel momento contraddisse se stessa: in qualche modo, le orride bestiacce arrecavano realmente dei benefici alla specie umana e mer... ma solo da morte.

Ignorò le questioni metafisiche e spiccò il volo, dirigendosi verso la tana dei predatori.

La reazione delle belve non si fece attendere: appena fu in linea d'aria con la cima più bassa degli scogli, delle ali enormi si spiegarono al vento e un canto sgraziato salutò il suo arrivo.

“Sì, bravi! Risparmiatemi il viaggio, venite giù... venite da me!” Esclamò, lanciando sfere di fuoco verso lo stormo, fermo sopra la sua testa.

“Tu, padre! Non vedrai crescere tuo figlio!” Chissà dove aveva letto quella frase d'effetto, forse in qualche racconto delle passate ere sull'epopea Velothi. Due fra gli aggressori più grossi stramazzarono rumorosamente sulla sabbia; mentre quattro figure più piccole, di sicuro le femmine e i loro piccoli, vorticavano a spirale in attesa di un passo falso.

“E voi, figli! Non vivrete a lungo per seppellire i vostri genitori e piangere al loro capezzale!” La maestra Relas l'avrebbe senz'altro biasimata, se fosse stata spettatrice di una scena così ridicola.

Scomodare gli eroi per combattere i cliff racer. Assurdo!

Quando anche gli altri finirono al suolo, Perla scese in picchiata verso la riva e si chinò in basso, per strapparne le piume dalle ali e riporle in un fagotto di canapa.

“Pensa se fossi stato vivo. Che male, che male al sedere!” Rideva, compiendo l'ingrato compito, atteggiandosi in un'esternazione di finto compatimento.

“Allora, ho il marshmerrow, ho il riso salato, ho le piume... ho tutto.”

Ripassò a mente il promemoria, sperando che non si fosse dimenticata nulla, e riprese il viaggio verso casa; felice di aver portato a compimento i doveri della giornata. Mentre varcava il portale di Tel Branora le arrivò alle nari il prelibato sentore di patate delle ceneri e spezzatino di alit, condito dal fetore endemico di uova kwama andate a male. Pur di pernottare nella taverna più rinomata della costa di Azura, ovviamente dopo quelle della capitale Telvanni, i viaggiatori di turno erano disposti ad ignorare le stranezze della città, che in qualche modo la rendevano uno dei luoghi più insoliti dell'intera Vvanderfell.

Camminò a passo svelto sul lungo corridoio rialzato, fino a raggiungere la porta di casa. Era tornata prima del solito, e sicuramente la zia ne avrebbe gioito.

Spalancò la porta senza bussare, per poi appendere il fagotto ad un gancio di ferro inchiodato accanto ad un arazzo sbiadito.

“Sono a casa!” Esclamò, convinta di trovare sua zia al lavoro dietro alambicchi, storte e forni. Invece, era seduta accanto al suo amico, quel signore sconosciuto che avevano trascinato in casa circa un anno prima per salvarlo da morte certa. Galos, si chiamava: un elfo di una certa età, sicuramente più anziano della zia, ma non tanto da sfigurare in sua presenza. La prima impressione si dimostrò ingannevole: era piuttosto malconcio, per non dire con le ossa quasi rotte, sporco e delirante. Era stata la sua tutrice a metterlo in sesto, purificando la pelle da sangue e terra.

Allorché si riebbe, ebbe modo di rivederlo nel suo abbigliamento quotidiano da gran signore della nobiltà Telvanni. Prima che il bellimbusto svelasse la propria identità, la tediavano alquanto quelle occhiate furtive riservate alla zia: giaceva a letto, perdinci, ma non tralasciava nessun dettaglio della sua figura snella. Be', anche lui non era male, in tutta franchezza: un paio di occhi chiari e vivaci miravano l'elfa amata con sincerità e desiderio. I capelli, corti e castani, erano pettinati alla moda utilizzando una specie di sostanza brillante che li teneva in posa per l'intera giornata. Che elegantone.

Inoltre, il volto pulito, solcato da leggere rughe d'espressione ai lati della bocca e sulla fronte, culminava in un naso regolare e veniva valorizzato dalla linea delle labbra sottile e decisa. La zia diceva sempre che l'onore di un dunmer, e non l'aspetto, lo rendevano meritevole di fiducia: non negava, però, che il forestiero le avesse fatto breccia nel cuore anche grazie a quel profilo sfuggente.

Aveva reclinato la testa sulle sue spalle e appariva rilassata, a proprio agio: Galos le stringeva una mano, ma entrambi si voltarono verso di lei, forse aveva interrotto qualcosa...

“Ah, Sera! Non sapevo che foste qui. Siete sempre il benvenuto a casa Andrasi.”

“E io non intendo alterare le tue abitudini quotidiane, cara Perla. Siediti, è da tanto che non ci vediamo.”

Si comportava come se fosse un membro della famiglia... non le dispiaceva, in fin dei conti, ma prima o poi ci avrebbe fatto il callo... un elfo sotto lo stesso tetto, dopo anni di reciproco sostegno tra donne. Ricordava con vaghezza la presenza del padre e del nonno, come un sogno lontano, perso tra le pagine ingiallite di un vecchio diario.

E poi questo mago, che amava la zia e avrebbe garantito loro agiatezza e stabilità. Non era affatto il tipo da pensare ai pregi di una relazione vantaggiosa, eppure si sentiva quantomeno risollevata.

Si accomodò al lato opposto e sorrise impacciata: doveva avere un aspetto terribile, le ciocche dei capelli che zampillavano dalla crocchia, i pantaloni di cuoio incrostati di fango. Galos continuò a fissarla con interesse, come se fosse stata una specie animale in via d'estinzione.

“Magari sono stato precipitoso nel farti notare che potrei provocarti disturbo, cara. Tuttavia ci si incontra di rado, e spero che non hai nulla in contrario alle mie visite.”

“Ci... ci mancherebbe altro!” Balbettò, colta alla sprovvista.

“Ho raccontato a Galos che vai a caccia di volatili delle scarpate, e si è mostrato molto attento alle tue escursioni. Gradirebbe farti da guida, l'indomani, per assisterti e consigliarti nella raccolta degli ingredienti. Sono sicura che ti farebbe piacere!”

Già... come se fosse possibile rifiutare con leggerezza la richiesta di chi l'aveva trattata come una figlia! Si era fatta piccola piccola quando la maestra Relas le aveva dato della stupida zuccona, riguardo delle questioni che non aveva minimamente considerato.

Giri sempre attorno a tua zia, persino adesso che è in compagnia di quel dunmer. In che modo devo spiegarti che, quando stanno insieme, gli amanti desiderano rimaner soli? Evita di tornare a casa la sera, se è vostro ospite... di' ad Adrusa che le lezioni dureranno fino a notte inoltrata e che dormirai qui. O inventa qualsiasi scusa. Non chiedermi approfondimenti.

Immaginava che si trattasse di... quella cosa, che accadeva all'improvviso, almeno nei romanzi. Eppure, non ne sapeva molto: ciò che le interessava era stare lontana il più possibile dalla coppia felice, ignorando del tutto le dinamiche private.

“Ne... ne sarei immensamente lieta, Sera.” Rispose, ricordando che le avevano insegnato anche le buone maniere.

“Ah, perfetto. Alzati presto, domattina, e aspettami fuori la porta di casa. Non credo che la maestra avrà problemi a lasciarti andare, né Adrusa a fare lo stesso con me.”

Se n'è accorto, sbuffò Perla, portando una mano alle lunghe orecchie. Telvanni... Benché non tutti fossero dei pazzi misantropi alla stregua di Therana, ve n'erano molti che adombravano il carattere subdolo dietro una rassicurante cortesia di facciata. Per i suoi gusti, Galos era fin troppo perspicace, soprattutto se aveva capito in che punto cesellare un metallo malleabile, per modellarlo a proprio piacimento.

Si insospettì: che interesse aveva nel farle da segugio mentre si aggirava per l'isola? Si tormentava le dita nell'inutile tentativo di affermare qualcosa di intelligente, o di porgere una domanda riguardo a... cosa? L'andamento delle ricerche? La salute del ministro? O quando avrebbe avuto intenzione di trasferirsi... no, meglio non accennare alla relazione con la zia. Sebbene la maestra si fosse impegnata nell'istruirla nell'arte della conversazione, sulle domande personali, e quindi vietate, e quelle concesse ma ritenute troppo frivole; l'unica impressione che ne aveva ricavato era una gran confusione. Nel dubbio, pronunciò la prima frase che reputò opportuna.

“Mi auguro che il tempo sia bello! Spero che vi farà piacere osservarmi durante la raccolta di fiori ed ingredienti, ed insegnarmi qualcosa di nuovo. A lungo andare, la vita a Tel Branora può apparire noiosa, perciò...”

Galos aggrottò la fronte, poi comprese appieno la situazione.

“Mi spiazzi con la tua cortesia, Perla. Perdona la sfrontatezza, piuttosto, ma gradirei conoscere quali incantesimi padroneggi e quanto tempo la tua insegnante ha dedicato alla tua istruzione.”

“Le ho parlato di Seryne, cara.” Lo interruppe Adrusa, ma gli lanciò al contempo uno sguardo sconcertato, allarmata da un presentimento.

“La maestra sostiene che prima o poi qualcuno dovrà prendere il suo posto,” spiegò l'elfa. “quindi ha rivelato a me e alla zia ciò che sa in materia di Alterazione, Misticismo e Distruzione. Ha detto anche... che voi Telvanni non avrete nulla in contrario, casomai entrassi nel giro. Basta che la concorrenza sia leale; o meglio, che i prezzi siano a vostro favore.”

“Perla!” Adrusa avvampò, ma Galos non batté ciglio, anzi sorrise divertito.

“Oh, scusatemi! Comunque... sminuzzo erbe e raccolgo fiori da quando ero bambina. Ho cominciato ad affinare la mira con gli incantesimi a lungo raggio non appena adolescente, e... ho scelto di concentrarmi sugli arcani del Misticismo più o meno nello stesso periodo.”

“Hai letto il libro di Tetronius Lor?”

“Sì... ma gli inizi lasciavo parecchio a desiderare. Mi esercitavo spostando oggetti da un luogo all'altro, scovando la chiave della dispensa di dolci e materializzandomi all'improvviso per spaventare i clienti della maestra...”

“E scommetto che ti divertivi anche a nascondere le scarpe a tua zia. Dico bene?”

“Eh, sì.” Portò la mano del cuore ai lati della tempia ed essa scivolò fin sotto al mento, ritrosa. “Ma questo tanto tempo fa.”

“Immagino.”

Certo, trastulli infantili... Eppure, non aveva esitato a punirlo con scherzi della peggior risma per qualche innocuo segno d'apprezzamento nei confronti della zia. Bugiarda.

L'elfa fiutò il pericolo e finse un atteggiamento noncurante, sebbene avesse intuito a chi fosse riferita la precedente osservazione.

“Conosci il metodo per intrappolare l'anima di un essere vivente?” Non pretendeva che avesse la competenza di un esperto incantatore, ma gli bastava che fosse in grado di riempire le gemme: Aryon ne avrebbe tratto enorme giovamento, portando avanti gli esperimenti senza interruzioni.

Mostrava un carattere atipico per un mistico, e al contempo ne possedeva le caratteristiche peculiari: giocava con la fisicità del Mundus, si beffava delle leggi fisiche e sottometteva la realtà al proprio volere. Dietro la presunta bonarietà, però, vi era agitazione... per via del passato, magari. O di un futuro indecifrabile, di cui non riusciva a divenire l'artefice.

Indipendente, e altresì mite e legata al destino: Aryon avrebbe apprezzato, pizzicando le corde giuste non avrebbe faticato a farne un'ottima seguace. Un'elfa gli avrebbe allietato le giornate, rinfrancandolo con le sue movenze delicate e la voce ovattata: sebbene la nipote di Adrusa non avesse il rispetto esoterico dell'etichetta tipico delle signore Telvanni, avrebbe recuperato anni di negligenza in poche lezioni. D'altronde, sarebbe stato comunque un guadagno.

Si acquattò sul tavolo, reclinando la testa sul dorso della mano, e fissò il bordo della tenda ondeggiare, cullata da un lieve spiffero; poi gli rivolse la parola.

“Vendere gemme dell'anima fa parte del nostro sostentamento. Quindi, l'ho fatto perché serviva.”

“E riguardo le formule d'Illusione?”

“Qualcuna per illuminare le caverne, per perforare le tenebre.”

“Non è un problema, rimedieremo quando sarà possibile.”

“Galos, Perla ha già Seryne Relas che le insegna magia, ed è felice così.”

“È felice perché non può aspirare al meglio... perché è costretta ad accontentarsi. E a causa di una pessima guida, ha rinunciato ad una carriera nel casato Telvanni. E io non sono disposto a lasciare che...”

“Ne parleremo più tardi, io e te, da soli.”

La ragazza si fece indietro sulla sedia, e sfuggì a quella sorta d'inquisizione ritirandosi all'angolo del camino, accanto all'attizzatoio e alla spatola sporca di fuliggine. Una fiamma debole, sul punto di spegnersi... un'immagine calzante, rispecchiava la sua vita in quel momento, l'entusiasmo innocente di un apprendista sprofondato sotto un cumulo di terra brulla ed arida.

“Zia, ti preoccupi inutilmente, se pensi che io consideri di rischiare la vita, la reputazione... per il capriccio di un nobile. Resterò qui con te, perché la famiglia conta più d'ogni altra cosa.”

“Magari è ciò che pensa anche chi critichi senza conoscere. Provaci, Perla. Concediti almeno una possibilità.”

Una possibilità... come se fosse l'ultima cosa al mondo.

“Io... devo andare.”

Rimpianse la decisione subito dopo, ma era meglio troncare sul nascere qualsiasi illusione. Specie quelle nei confronti di se stessa. L'esperienza uccide l'entusiasmo, attraverso il confronto con l'amara realtà.

“Ti aspetterò davanti la porta. Semmai ci ripensassi, non precluderti la strada a priori. Si prenderà cura di te... è una brava persona.”

Finse di non ascoltare, e proseguì oltre.

Il tempo dei sogni e quello della fanciullezza era finito.



Ho promesso che avrei aggiornato prima di Natale. Ecco qui il capitolo, per tutti quelli che vorranno leggere.
Dopo una ventina di pagine, frammentate in quattro parti differenti... vi presento Perla, la protagonista di questa storia. Un nome particolare e non molto dunmer, questo è vero. Però, se la zia usa lo stesso soprannome che le hanno dato i suoi genitori, è per un motivo specifico. Nel corso della storia fornirò degli indizi, nel frattempo divertitevi ad immaginare perché. :)
Abitando in paese si diverte con poco... e ha un modo di fare abbastanza strampalato, che la metterà nei guai o le creerà un'infinità di equivoci. Ovviamente, imparerà a confrontarsi con tutti i problemi che derivano dall'essere un'apprendista Telvanni, lasciandosi alle spalle parte del buonumore che la caratterizza.
Spero solo di riuscire a descrivere bene i personaggi e a narrare al meglio la storia: vado un po' a rilento, nell'esigenza di variare situazioni, emozioni, dialoghi... non è sempre facile.
E ancora... buon Natale e buone feste! :)
  
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