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Autore: funklou    23/12/2013    20 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Good days, bad memories.

Un tornado non lo si può fermare. 
E Luke Hemmings, se si puntava su una cosa, poteva davvero sembrare così determinato da far paura. 
"Ma come fanno certe idee a venirti in mente?" lo interrogò Calum, sempre più spazientito. 
Luke lo guardò con uno sguardo truce per secondi infiniti, ed Avril ringraziò di non essere stata al posto del moro, perché si sarebbe lentamente corrosa incontrando quelle iridi che quasi non riconosceva più. 
"Sono stanco di stare qui." affermò alzandosi dal letto a andando ad aprire l'armadio. 
Michael e Calum gli furono subito vicino.
"Ma dove cazzo vuoi andare?" gli chiese rabbioso Michael. 
Luke si girò, lo guardò. Ma l'altro non sembrava intimidito per niente. Avril poté giurare che l'avrebbe ammazzato di lì a poco. Chiuse la mano a pugno, le nocche gli diventarono bianche. Si morse il labbro e gli occhi li fece diventare due fessure. Avril non poteva permettere tutto questo, e così "No!" quasi urlò "Non fa niente, va bene. Andiamo dove vuoi, però ora ti calmi. E ovviamente verremo con te." 
Attirò subito l'attenzione di tutti i presenti. Michael e Calum la osservavano come se fosse stata una pazza, come se avesse appena ucciso qualcuno. E forse un po' era davvero così. Luke, invece, la esaminava come se davanti a lui non ci fosse stata davvero una persona. Impassibile.
Si tolse poi la maglia in silenzio, con un movimento rapido ed esperto. Si sbottonò i pantaloni con nonchalance e li fece ricadere a terra. Avril aveva esaminato ogni suo minimo movimento, sentendosi subito la gola secca. Diventò paonazza in viso e "Vado a prendermi un bicchiere d'acqua, mh?" disse e uscì con passo svelto dalla stanza. 
Si sentiva ancora il viso in fiamme, ma per fortuna di sotto non c'era nessuno. Si versò un bicchiere d'acqua, poi due. Udiva voci lontane provenire da sopra, facendola sentire in colpa. Stavano litigando e solo grazie a lei. Perché avrebbe potuto tacere e lasciare che Luke si sfogasse su Michael, invece di intervenire. Se ne stava quasi pentendo: Calum e Michael ora ce l'avrebbero avuta con lei per il resto dei suoi giorni. 
Poi udì la porta sbattere e alcuni passi sulle scale. Calum le lanciò un'occhiata incazzata, che non fece altro che farle aumentare il senso di colpa. Avrebbe voluto urlare uno "scusa", ma quel silenzio pensante la bloccava. 
Luke si era cambiato: ora indossava una maglia nera con delle scritte bianche indecifrabili, una semplice felpa scura e dei jeans che gli fasciavano le gambe divinamente. E forse avrebbe dovuto smettere di fissarlo, ma era proprio inevitabile. Aprirono la porta, sempre con un religioso silenzio, e uscirono. Fu Michael a mettersi alla guida nella macchina sul viale. Avril si sedette sui sedili dietro, Calum anche, siccome Luke affiancò Michael. 
La situazione era imbarazzante. 
Poi sentì un peso sulla spalla, e con cautela si girò, intenerendosi per quella vista: Calum le si era poggiato addosso, chiudendo gli occhi. 
"Sei tanto incazzato?" gli sussurrò piano, in modo che solo lui sentisse. 
"Un po', ma non mi va di parlarne ora." 
Avril annuì, spostando la sua attenzione sullo specchietto laterale. Da lì si intravedeva parzialmente Luke, e osservandolo meglio si rese conto che la sua situazione non fosse del tutto migliorata. Il viso era ancora pallido, segnato da evidenti cerchi scuri intorno agli occhi, ed aveva la stessa aria stanca. Avrebbe decisamente dovuto lasciarlo riposare nel suo letto.
La macchina si fermò dopo circa 15 minuti, ritrovandosi in un parcheggio che era familiare ad Avril. Respirò un'aria umida e fredda, facendole ricoprire la pelle di piccoli brividi. Michael chiuse la macchina, e insieme si diressero verso la discoteca. Solo quando lesse l'insegna Black And Gold, riuscì a collegarlo al posto a cui era stata tempo fa con Vicky. 
Il locale sembrava dover esplodere da un momento all'altro e quasi la porta tremava al ritmo della musica. Entrarono sotto lo sguardo di un buttafuori enorme e subito Avril venne stordita da una canzone house troppo alta, troppo movimentata, che si impossessava del suo cuore e glielo faceva rimbombare nel petto col suo stesso ritmo. Era piuttosto buio, con luci soprattutto blu. 
Sentì una mano incastrarsi con la sua, spaventandosi immediatamente. Si rilassò solo quando capì che fosse solo Calum e "Tranquilla, sono io. Non voglio che ti perda." le disse all'orecchio, cercando di sovrastare la musica. 
Avril gli sorrise, e poi tra tutto quel casino cercò gli altri. Fortunatamente erano non molto più avanti di loro e riuscirono a raggiungerli dando qualche spinta. Sentiva la mano di Calum stringersi più forte alla sua, e in qualche modo si sentiva protetta anche solo con quel contatto. 
Quella da proteggere, però, quella sera, era un'altra, di persona.
Luke era sudato esattamente come i giorni prima, ed Avril ne era preoccupata. 
Quella sera, non si sarebbe divertita. Sarebbe solo stata al suo fianco, l'avrebbe controllato e nient'altro. 
Vide Michael poggiare una mano dietro la schiena di Luke e spingerlo in una zona meno affollata, così decise di seguirli insieme al moro. 
Quel piccolo angolo che erano riusciti a trovare era meno illuminato, ma più tranquillo e silenzioso.
"Stai bene?" le venne da chiedere a Luke di spontaneo. 
"Sì, vi preoccupare troppo, ve l'ho detto." rispose lui con un tono tagliente e infastidito.
Luke era scontroso e nervoso, forse più del solito, e questo non faceva che ferire la ragazza che cercava di farlo stare bene. 
"Lascialo stare." le consigliò Calum con un bisbiglio che solo lei sentì. 
Le loro mani erano ancora intrecciate, e Luke sembrava proprio puntare il suo sguardo su quelle. D'istinto, Avril strinse di più la presa. La sua mano stava quasi sudando da tutto quel nervosismo. Calum la guardò perplesso e gliela accarezzò col pollice, nello stesso momento in cui Luke le lanciò un'occhiata rabbiosa. 
"Vado a prendere da bere." Calum spezzò quel silenzio ansioso e le lasciò la mano. Se ne andò, sparendo tra la folla, ma non prima di non averle dedicato un ultimo sguardo. 
"Qual è il tuo problema?" sbottò lei.
"Vado con Cal." interruppe Michael, dileguandosi pure lui.
"Io non ho nessun cazzo di problema." fece Luke, appoggiandosi al muro e mettendo le mani nelle tasche. Si guardava intorno, evitando di proposito Avril e questa la mandava in bestia.
"Non è vero." e questo le uscì proprio acido e cattivo, senza farlo apposta. Se ne pentì immediatamente.
Luke parve risvegliarsi e finalmente la guardò.
"Cosa vuoi da me, Avril?" sputò con freddezza.
"Non cambiare discorso, cazzo!"
Luke le afferrò il braccio e con un gesto secco la fece scontrare contro il proprio corpo. I battiti che il cuore di Avril lasciava non erano nemmeno contabili. I loro visi erano vicinissimi, i loro occhi immersi in una miscela di verde e azzurro.
"Smettila di avvicinarti a Calum." 
Lo disse diretto, schietto, a denti stretti e come un sussurro, capace di cospargere paura. 
Avril deglutì a vuoto.
Non voleva tremare, non davanti a Luke.
"Sei geloso."
"Non lo so, ma se vi vedo ancora così penso che andrò fuori di testa."
Occhi che si incontrano, labbra che fremono, respiri che si fondono. 
E solo quando Luke le lasciò il braccio per poggiarle una mano sulla guancia e le loro labbra si erano quasi incontrate, Avril si rese conto che quella a tremare non era lei.
"Stai tremando." constatò piano, alternando lo sguardo tra i suoi occhi e le sue labbra "Stai bene?" 
Luke non rispose. Puntava solo le sue iridi in quelle della ragazza, perdendo ogni emozione. 
Un muro, il grigio, l'apatia.
Avril indietreggiò un po' e Luke prese a grattarsi con la stessa foga di qualche ora prima. Grattava braccia, collo, come se fosse stato appena punto da miliardi di zanzare.
"Che succede?" chiese spaventata. 
Luke si sedette, strisciando la schiena contro il muro.
"La rota." bofonchiò.
Avril si guardò intorno per cercare Calum e Michael, ma senza successo. Nessuno si accorgeva si accorgeva di loro, occupati a ballare e a bere.
Il panico.
Si abbassò anche lei e gli passò una mano tra i capelli.
"Tutto bene?" 
"Ho freddo. Mi fa male..." e la voce gli si mozzò dal dolore, facendogli spalancare gli occhi. Posò una mano sul ginocchio, se lo strinse e "...Tutto." finì la frase. 
Avril si chiedeva perché una persona dovesse soffrire se non assumeva una fottuta dose di eroina. Era assurdo. 
Luke si morse il labbro come un dannato alle prese col dolore propagato per tutto il corpo, ed Avril gli tolse la mano che teneva sul ginocchio per stringerla nella sua. Era gelata. E Luke sudava, sudava freddo. 
"Dobbiamo solo riuscire ad uscire da qui, okay? La porta secondaria è vicina, Luke." 
"Ho freddo." continuava a dire lui, senza ascoltarla.
Le gambe gli tremavano come se fossero stati trenta gradi sotto zero. E Luke iniziò a piangere. Qualche lacrime gli cadde sulle guance, ma Avril fu sempre pronta a catturargliele. Era agitata, in preda all'ansia e al panico.
"Perché piangi ora?" domandò ingenuamente, sembrando una bambina di dieci anni spaventata.
E Luke iniziò a piangere assomigliando ad un disperato, scosso tra un singhiozzo e l'altro. 
Avril non poteva gestirlo, non era così forte. 
"Resta qua, io vado a chiamare gli altri. Ma ti prego, non muoverti."
Lui non diede alcuna risposta, si mise solo le mani sugli occhi. Avril si alzò e andò verso quell'ammasso di persone. Spingeva, insultava, urlava. Cercava quel maledetto bancone. 
La musica le annebbiava i sensi, ma per fortuna dopo alcuni minuti di ricerche li vide. Si catapultò sul posto e iniziò a gridare: "Luke sta a rota, questo ci muore qua!" e mentre parlava, senza accorgersene, cominciò anche lei a incepparsi tra i singhiozzi. 
Sarebbe stato sempre così. Piangeva uno e piangeva anche l'altra. Fondevano emozioni, dolori. Fondevano l'uno con l'altra. 
Calum si alzò facendo cadere in dietro la sedia e senza pensare a nulla corse in soccorso di Luke, seguito da Michael. Davanti ad Avril rimanevano solo i due bicchieri sul bancone quasi vuoti e abbandonati dai due ragazzi, una sedia capovolta a terra e infiniti occhi puntati addosso. Se ne vergognò un casino. Andò anche lei a infiltrarsi nella mischia, forse questa volta con più calma, per raggiungerli. Ma ora Luke era in buone mani. 
"Metadone, metadone!" sentì gridare da Calum anche a distanza di qualche metro. Non aveva idea di cosa fosse, ma l'importante era che gli facesse bene. 
Avril non la guardò, quella scena. Aprì la porta secondaria e uscì dalla discoteca, respirando a fondo l'aria fresca di quella sera. Era tutta colpa sua, era stata proprio lei a non impedire questo. Probabilmente, non pensava che la situazione fosse così disperata. Luke doveva stare a casa, doveva vedere intorno a se soltanto delle mura, doveva trattenere il respiro e smetterla di vivere per tutti i giorni che gli sarebbero serviti per uscirne. Doveva sopportare tutto con il grigio che aveva. 
La porta poi si aprì, rivelando Luke sostenuto da Calum e Michael. Avril abbassò la testa, come se le avessero appena detto di essere la colpevole. 
"Andiamo a casa." disse Calum.
"Tieni." Michael le lanciò le chiavi e lei le prese al volo. 
Fecero il giro esterno della discoteca e, quando arrivarono al parcheggio, Avril aprì la macchina. Si girò e vide Luke con un'espressione contratta dal dolore. Aprì la portiera dietro per facilitare Luke a salire, e Michael e Calum lo fecero sedere. 
"Vai tu davanti." asserì il moro. 
Avril annuì ed eseguì l'ordine. Quando l'auto partì tra il buio, si ricordò di sua madre. Si batté una mano sulla fronte e "Porca puttana!" imprecò, attirando facce sconcertate.
Prese velocemente il cellulare e compose il numero. Passarono solo due squilli.
"Pronto?" parlò in preda all'ansia.
"Avril! Dove sei finita?" sbraitò sua madre, facendola preoccupare ancora di più.
"Sto tornando a casa. Io... Scusa."
"È tutta la giornata che non torni a casa. Quando arrivi, facciamo i conti."
"Mam-"
Non fece in tempo a replicare che il tu-tu-tu le arrivò alle orecchie. Ripose il cellulare in tasca, sbuffando e accasciandosi al sedile. Gli altri, dopo alcune occhiate, avevano ricominciato a farsi i loro fatti. 
"Ti porto a casa, quindi?" chiese Michael, distogliendo lo sguardo dalla strada per pochissimi istanti.
"Sì."
I restanti dieci minuti passarono in un silenzio tombale, interrotto solo da alcune indicazioni di Avril per la strada. Quest'ultima tirò quasi un sospiro di sollievo quando intravide le mura di casa sua. Stava soffocando.
Non cercò gli occhi di Calum, quando scese dalla macchina. Mormorò solo un "grazie" ed entrò in casa. 
Aprì la porta e incontrò il buio. Si scorgeva solo una fioca luce provenire dal salotto. Con passo felpato lo raggiunse e, quando varcò la soglia, vide sua madre addormentata e stesa sul divano. Sorrise tristemente, per poi spegnerle la luce. Si era addormentata aspettandola: cosa c'era di più triste? 
Salì le scale con le palpebre pesanti, consapevole di essere una delusione totale.

A scuola, i professori sembravano sempre più agitati. Sempre più scontrosi, più severi. Un qualcosa che mandava in bestia Avril.
Quel giorno, quando Harvey entrò in classe, c'era una certa tensione. 
"Avete visto Hemmings, Hood o Clifford?" domandò alla classe mentre poggiava una valigetta piena di fogli e libri. 
Nessuno rispose, ognuno si faceva i fatti propri. Tranne Avril, che storse il muso. Nessuno dei tre c'era, quella mattina. E la gente la squadrava e bisbigliava, facendole abbassare lo sguardo. Solo una cosa la fece sorridere: quando suonò la campanella dell'ultima ora, fuori dalla scuola c'era proprio Calum. E stava aspettando lei. Quando vedeva il moro, aveva questa voglia di gettargli le braccia al collo e stringerlo fino a stritolarlo; di sorridergli, sorridergli per tutto il giorno, senza un vero motivo. 
Ma non quel giorno, perché la notte prima non era stata solo un'immaginazione. 
Calum la guardò scendere le scale tra tutti quegli studenti e avvicinarsi, senza una particolare emozione dipinta sul volto.
"Ciao."
"Ciao." 
"Che ci fai qui, tu?" domandò Avril.
"Luke oggi sta bene, ho pensato di lasciarlo solo con Michael per venirti a prendere." alzò le spalle e iniziarono ad incamminarsi.
"Luke sta bene, quindi?"
"Sì, ieri era il terzo giorno, quello più terribile. Secondo i miei calcoli, oggi dovrebbe avere una crisi solo di notte. Vuoi andare da lui?" 
Avril annuì, puntando i suoi occhi sull'asfalto. Allora girarono a sinistra, diretti verso il ragazzo. Lei aveva voglia di parlargli, raccontargli qualsiasi cosa le venisse in mente, ma non poteva. E quei silenzi, quegli sguardi colmi di parole e quelle frasi non dette la convinsero a parlare.
"Senti, Calum. Mi dispiace. Mi dispiace per ieri, avrei dovuto impedirgli di uscire."
"Già, avresti dovuto. Ma ormai è andata così, cosa ci puoi fare? Ti ho già perdonata."
Si guardarono e si sorrisero. Avril sospirò più serena, perché ricevere un sorriso da Calum era l'unica cosa che riuscisse a raggiungere l'apice della felicità. Perché a Calum sorridevano anche gli occhi, che si assottigliavano leggermente, lasciando intravedere quel colore nocciola così semplice e al contempo così raro. Calum era bello. Ché se in una persona semplice riesci a trovare tutti quegli aspetti introvabili, quei gesti insoliti, quegli atteggiamenti ineguagliabili, allora deve essere proprio speciale. E infatti lo era: Calum era atipico, impareggiabile, irripetibile.
Entrarono in casa Hemmings senza nemmeno avvisare e, quando Avril aprì la porta, si ritrovò davanti la copia quasi esatta di Luke, solo un po' più alta. E questa copia stava per indossare una giacca, stava per infilare le chiavi nella tasca e probabilmente per aprire la porta, ma lei lo precedette. Aggrottarono entrambi la fronte.
"E tu saresti...?"
Il modo di parlare era esattamente quello di Luke: stessa bocca, stessi denti. 
"Avril, un'amica di Luke."
"Jack, fratello di Luke." fece lui con fare sbrigativo, per poi sistemarsi e "Ora devo scappare, ho un esame all'università. Ciao ragazzi!" disse.
Avril e Calum si spostarono per farlo passare dalla porta ed entrarono finalmente in casa. E mentre salivano le scale, Avril era ancora sbigottita da quel ragazzo. Non sapeva nemmeno che Luke avesse dei fratelli. Forse non sapeva proprio niente di lui. 
Entrati in camera, videro Luke e Michael giocare alla play. 
"Ciao belli!" li salutò Calum sdraiandosi a peso morto sul letto. Avril lo seguì, ma tenendosi comunque abbastanza distante, perché Luke era stato chiaro la sera prima. 
"Ciao Avril." le parlò proprio il biondo, girandosi un attimo e tralasciando per poco lo schermo su cui era in corso una partita di FIFA. 
Allora era vero: Luke stava davvero meglio. Da quando le riservava tutta quell'attenzione? Avrebbe voluto sorridere, ma proprio non ce la fece, presa dalla sorpresa di quel saluto. 
"Ciao." si limitò a dire, e lui si rigirò.
"Oggi Calum e Michael mi hanno permesso di uscire, ma solo questo pomeriggio." affermò lui palesemente contento "Se vuoi puoi venire con noi." 
Ciò che le venne spontaneo di fare fu spalancare gli occhi e guardare prima uno, poi l'altro. Calum si strinse nelle spalle e "Te l'ho già spiegato oggi." si giustificò. 

E quel pomeriggio uscirono tutti e quattro insieme per le vie di Sydney, senza mai perdersi di vista, come se fossero stati legati da un filo invisibile. E, in modo astratto, quel filo un nome ce lo aveva pure: amicizia.
Camminarono per un po', tra qualche risata e il fumo delle sigarette, fino a quando un negozio non attirò l'attenzione di Avril: un negozio di cd. Si appiccicò alla vetrina, in cerca del regalo per sua madre, e quando lo trovò si precipitò dentro. Intimò agli altri di aspettarla fuori e, quando uscì, era soddisfatta del suo acquisto. Finalmente aveva ritrovato il cd dei Beatles, finalmente avrebbe fatto qualcosa di buono per sua madre. 
Da quel momento, Luke iniziò a continuare a lamentarsi, perché lui voleva andare in un negozio il cui nome era Inferno Giallo
"Cosa sarebbe questo posto?" gli chiese allora Michael. 
Luke gli lanciò una strana occhiata, e Michael sembrò ricambiarla. Avril era semplicemente perplessa. 
"Sapete dov'è un parrucchiere vicino? Io voglio ritingermi i capelli, mi fanno schifo." esordì lei, provocando degli sbuffi dai ragazzi. 
"Okay, va bene, vengo io con te." le concesse il moro "Michael, tu accompagna Luke in quello strano negozio, ci ritroviamo qui, mh?" 
E con quell'accordo, si divisero per circa un'ora. Ed Avril, quel giorno, per la prima volta, dal parrucchiere ci uscì con un colore diverso dal suo solito azzurro. Quella volta, l'azzurro lo sostituì con un fucsia, sfumato con del blu nelle ciocche sotto. Erano colori che non si era mai sognata di tingere, eppure aveva voluto tentare. E ciò che la sorprese fu proprio il fatto che quei colori le piacessero da morire. Nuova vita, nuovi colori. 
Cambiarsi, ripristinarsi. 
Avril era l'insieme dei colori che alimentava il grigio di Luke, e probabilmente l'azzurro ormai era finito, perché Avril, stanca. lo era davvero. Ma si era rimessa in gioco, era già pronta per combattere un'altra guerra. 
Calum storse il muso, perché - parole sue - quei colori proprio non gli piacevano. Ma lei se ne infischiava altamente. 
Quando tornarono al posto di ritrovo, Avril e Luke si osservavano attentamente. 
"Cos'è quel coso?" chiese schietta indicando le sue labbra.
"E cos'è quel colore?" ribatté lui puntando il dito sui suoi capelli. 
Michael e Calum stavano di sicuro trattenendo le risate: Avril e Luke sembravano come se si fossero visti per la prima volta.
"A me piace. Piuttosto, dimmi tu che cosa ti sei fatto lì."
"Questo coso è un semplice piercing. Non ti piace?"
"Sei un pazzo."
Non rispose alla sua domanda perché non voleva dargliela vinta. Le piaceva quel piercing, eccome se le piaceva. Pensò quasi che fosse ancora più attraente. Quando sorrideva, poi, riusciva ad attirare ancora di più l'attenzione sulle sue labbra. Un punto sicuramente a sfavore per Avril. 
Luke le fece una linguaccia e "Torniamo a casa, dai." proferì.

Avril non voleva che arrivasse la sera. La spaventava da morire, ché sera voleva dire che dopo ci sarebbe stata la notte, e per notte s'intendeva solo un'altra crisi. Calum era stato chiaro, ed era stupido basarsi su dei calcoli fatti, eppure non riusciva a stare tranquilla. E la sera, nonostante tutto, era dovuta arrivare.
Michael e Calum erano di sotto per mangiare qualcosa, e Luke ed Avril erano rimasti in camera. Quando parlavi di cibo al biondo, assumeva un colore così pallido da lasciar perdere. E la voglia di mangiare era passata ormai anche ad Avril.
Aveva inviato un messaggio a sua madre spiegandole la sua assenza, inventando un'amica immaginaria da cui stava. Alla fine, poi, aveva anche aggiunto che aveva una sorpresa per lei. Non era il massimo e lo sapeva, ma era sicuramente meglio che sparire senza lasciare nessun avviso. 
Luke si alzò e andò ad aprire la finestra. 
"Ho caldo."
Una folata di vento entrò nella stanza, provocando ad Avril dei brividi. 
"Come fai ad avere caldo?" gli chiese infatti, ma lui sembrò non sentirla e si rimise a letto. 
"Vieni qua." le ordinò, picchiettando la mano sulle lenzuola del letto. Non aveva nessun ghigno in viso, nessuna cattiveria, nessuna stanchezza. Era semplicemente normale.
Avril si sedette di fianco a lui, ancora tremante per il freddo che si intrufolava nella stanza.
"Stai bene?" gli domandò, forse per la millesima volta quella sera. 
Luke sbuffò, ma annuì lo stesso. 
"Tu, piuttosto? È preoccupata tua madre?" 
"No, non credo. Non mi ha ancora chiamata." 
Luke prese a fissare il soffitto cadendo in catalessi. Era piuttosto silenzioso.
"Io, comunque, non ci credo che stai bene." Avril diedi voce ai suoi pensieri, consapevole che non si sarebbe arrabbiato. Perché Luke aveva dei momenti in cui avrebbe spaccato il mondo, ed altri il cui non avrebbe fatto male neanche ad una formica, come se gli avessero sottratto tutte le energie.
Alzò le spalle e "È solo un giorno in cui Ashton si sente proprio che non c'è." affermò, incrociando le braccia sotto la testa. 
Ed Avril davvero non riuscì a contenersi. Gli si sdraiò a fianco, poggiò la testa sul suo petto e cercò di abbracciarlo, circondandogli il bacino col braccio. Luke con quel contatto chiuse gli occhi e le accarezzò lentamente i capelli con le punte di un colore diverso. 
E solo in quel momento, Avril riuscì a smettere di tremare. Stava bene, così. Stava bene con Luke.
Eppure, c'era un qualcosa che le ronzava in testa, un pensiero che le sembrava quasi proibito da esprimere, da quanto era assurdo. 
"Senti, Luke..." iniziò incerta.
"Mh?"
"Ashton com'è che se n'è andato?" 
Luke fermò quel movimento lento che consisteva nell'intrufolare la mano tra i capelli e toglierla dopo alcuni istanti, e aprì gli occhi. Avril alzò la testa per osservarlo meglio, impaurita di aver fatto la domanda sbagliata. E Luke sembrava davvero che avesse davanti una carrellata di ricordi. 

13 aprile 2011.
Luke se lo era sempre chiesto perché le vacanze di Pasqua dovessero durare così poco tempo. Avrebbe voluto rintanarsi in casa e giocare con la sua nuova play station, senza dover fare assolutamente niente di impegnativo per tutto il giorno. 
Però, quel 13 aprile, i suoi piani furono stravolti da un ragazzo poco più alto di lui, dai capelli biondi e piastrati, gli occhi verdi e un sorriso a cui non si poteva di certo dire no. E così, si ritrovò col suo migliore amico e i suoi genitori e contemplare ogni immagine che passava veloce dal finestrino, solo per raggiungere il lago. A Luke i laghi non piacevano un granché. Ashton, invece, ne era affascinato. Ogni tanto, inventava storie su storie riguardanti essi: raccontava che ci fossero dei cadaveri appoggiato ai fondali dei laghi, perché la gente spesso ci cadeva direttamente in macchina, e nessuno li poteva più trovare. Luke rideva alle cazzate che Ashton diceva, però, nonostante tutto, gli aveva promesso che durante le vacanze pasquali sarebbero andati insieme. E infatti, ora si trovavano proprio sulle rive, in cerca di un parcheggio. 
"C'è un sole che spacca le pietre!" 
"Appunto, si muore di caldo. Io entro subito." annunciò Luke quando arrivarono sulla piccola spiaggia. 
"Vengo con te." 
Lasciarono gli zaini vicino ai genitori di Ashton, si svestirono e corsero velocemente fino a quando l'acqua non arrivò loro all'altezza delle caviglie. 
"Porca puttana, ma è gelata!" si lamentò Luke, tornando subito indietro. 
Strizzò gli occhi, accecato dal sole, per riuscire meglio a vedere Ashton.
"Non fare la femminuccia!" rise quest'ultimo, avanzando nell'acqua.
"Ma stai zitto, hai la pelle d'oca." lo rimbeccò Luke, sedendosi a riva. 
Si girò indietro e vide i genitori di Ashton sistemare i vestiti che avevano abbandonato e fece una smorfia. Odiava quei due. 
Riportò l'attenzione sul suo migliore amico, che al momento era immerso nell'acqua che lo inghiottiva fino al petto.
"Dopo un po' ti abitui!" tentò di convincerlo, urlando per farsi sentire. 
Luke scosse la testa, e l'altro la immerse nell'acqua gelida per alcuni secondi, per poi riemergere con i capelli completamente zuppi.
Luke si sdraiò al sole e Ashton piano piano ritornò a riva. Quando lo raggiunse, lo sovrastò con la sua ombra e si strizzò i capelli sul suo corpo. Luke spalancò gli occhi e "Sei coglione?!" gridò, alzandosi di scatto.
"Due!" 
E presero a rincorrersi come due bambini: Ashton continuava a prendere dell'acqua e schizzargliela addosso, ma quando Luke riuscì ad inchiodarlo alla sabbia, iniziò a tirargli pizzicotti per tutto il corpo.
"Mi fai male!" si lamentò, ma all'altro si formò soltanto un ghigno sul viso
E continuarono questa battaglia fino quando entrambi non furono sfiniti, accasciandosi per terra, con i corpi rivolti al sole. 
Il lago non aveva vita. Era silenzioso, non aveva odore. Era in continua lotta con Luke, che si sforzava per cogliere ogni sua singola e piccola onda. 
Ruotò la testa di lato e osservò Ashton. 
Il lago era esattamente il loro opposto: erano rumorosi, esposti al mondo. Avevano un legame che a nessuno poteva risultare irrilevante. Eppure, solo loro sapevano cos'erano. 
Luke non subiva Ashton, Luke lo amava consumando ogni briciola del suo essere. Ovviamente, non era l'amore che univa gli innamorati: era quell'amore che conferma le persone, che le fa sentire vive, protette e sicure. Quello che ti occupa i pomeriggi, che ti stampa un sorriso sulle labbra, quello che Luke non avrebbe più provato, senza Ashton. Era quell'amore che colorava.
Luke gli avrebbe dato di tutto. Luke si sarebbe sgretolato pur di mantenere vivo ciò che li legava. Perché lui lo sapeva, nonostante i suoi 15 anni, che quel rapporto fosse un qualcosa di speciale.
L'altro si voltò, lo guardò pure lui. Si sorrisero: anche Ashton lo sapeva.

La madre di Ashton li chiamò da lontano per pranzare, e loro si affrettarono a raggiungerla.
Il pomeriggio, tutto sommato, passò tranquillamente. Giocarono a calcio, risero fino alle lacrime e poi ricominciarono a schizzarsi.  Luke recuperò un sasso e lo lanciò nel lago, cercando di farlo rimbalzare, ma senza successi. Sbuffò e si risdraiò a pochi centimetri dall'acqua. Ashton gli camminò di fianco e "Vado a farmi un ultimo bagno." lo avvisò.
"Poi mi spiegherai come fai a non morire di freddo."
Ashton rise e, se solo Luke avesse saputo che quella sarebbe stata la sua ultima risata, se la sarebbe goduta, l'avrebbe registrata e l'avrebbe messa in ripetizione all'infinito.
Sentì i piedi di Ashton entrare in acqua e chiuse gli occhi. Passarono pochi minuti e cercò ancora di fare a gara con il lago, ma ogni volta lo batteva. 
Ma quella volta, cazzo, non avrebbe dovuto batterlo.
Perché dentro c'era Ashton, ed Ashton si sarebbe dovuto sentire.
Sgranò gli occhi, si alzò di scatto e cercò quegli occhi verdi da ogni parte. Gridò il suo nome, lo gridò fino alla gola secca. Si buttò anche lui in acqua, e quella volta se ne fregò del gelo. Il cuore gli sbatteva contro il petto come a volerne uscire mentre cercava quel corpo. Andò in apnea e, quando riuscì a percepire qualcosa sotto il suo tocco, cercò in tutti i modi di portarlo a galla. Luke si muoveva, scalciava, urlava. 
Ma gli occhi di Ashton erano chiusi.
Non appena raggiunse la riva, davanti a lui vide le facce sconvolte dei genitori del suo migliore amico e alcune persone radunate, incredule anche loro. Lasciò il corpo sulla spiaggia e cadde a terra in ginocchio. Gridava il suo nome, ogni tanto la voce gli si incrinava, spezzata dai singhiozzi. Qualcuno chiamava un'ambulanza, qualcuno piangeva. 
Qualcuno si dipingeva di grigio. 

Quella fu l'ultima volta che Luke lo vide. Glielo portarono via in una barella, perché nessuno sapeva che gli stavano staccando una metà. E lui provò ad urlarlo, ma le grida della madre di Ashton erano più forti delle sue. Gli disse di non andare con lui in ambulanza, di averle ucciso un figlio.
Luke si ammutolì. Quando muore una persona la senti di più di quando era viva, la senti che ti entra dentro, senti il suo ricordo che ti si incastra nelle costole. Urli perché non sai cosa ha provato quando è morta, o se ha sofferto, se si è resa conto di star realmente per smettere di vivere. 
Gli proibirono di andarlo a trovare all'ospedale, e Luke la notte non dormì più. 
E poi il giorno decisivo cadde il 16 aprile. Glielo dissero così, come se avesse avuto un cuore di pietra: Ashton era morto. Vedi le labbra che si muovono e dicono proprio quella parola. Quella che mette fine a tutto. E tu lo percepisci il niente che ti si insinua dentro, che ti cattura e senti di avere solo quello. Il niente. Perdi tutto. 
Quella sera, Luke distrusse ogni cosa. Tirava calci e pugni alle porte, alle finestre. Si tagliò la mano destra e pianse ancora di più, perché quel sangue non era niente in confronto alla morte. 
Calum e Michael ci provarono a stargli accanto, ma quando una persona muore, non le senti, le persone. Non senti niente. L'unica voce che vuoi sentire è proprio quella che sei destinato a dimenticare.
Ti ghiacci, smetti di funzionare, perché una metà non ce l'hai più. E non puoi fare altro che disperarti, ché quella metà si è persa e non ritornerà mai. 








Hei people!

Ieri sera mi ero spaccata il culo per riuscire a pubblicare e, proprio mentre ero alla fine, il mio pc si è spento, Tralascio tutte le mie imprecazione ché forse è meglio.
Comunque, eccomi qui con un altro stupidissimo capitolo! *voce di Leonardo Decarli* 
No, okay, devo dirvi che fa un po' male scrivere come sono andate le vicende. So che aspettavate da troppo tempo questo flashback, e io ve l'ho scritto. Ovviamente non è terminato, ci sarà un altro flashback o forse due. 
Ricordatevi solo che dove ci sono io ci sono anche i ma. Quindi...
Passando alla parte iniziale, Luke ed Avril stanno iniziando ad instaurare un legame tutto loro, fatto di colori mischiati male, di lacrime, di sorrisi, di sguardi. Io penso che sia un legame forte, anche se loro non se ne rendono conto.
Ma non lo si può battere il legame che ha con Calum. Credo di averlo descritto abbastanza bene, perché io questo ragazzo kiwi lo vedo proprio così. 
Poi vabbè, come non potevo non mettere il nuovo piercing di Luke? A me piace da morire, e credo che gli si addica bene in questa storia lol.
Dal prossimo capitolo ci saranno dei cambiamenti, e io lo so già che mi odierete, uff.
Vorrei ringraziare tutte voi per ogni singola recensione che mi avete lasciato, per ogni minimo interessamento, anche solo per aver letto tra le mie righe. 

Come vedete ho inserito un nuovo banner. Vi piace di più questo o quello che avevo prima?


Luke e il suo nuovo piercing, omg
 



Luke ed Ashton



Calum, Luke e Michael



E boh, questa gif mi fa un po' annegare nelle lacrime.
 

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