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Autore: BecauseOfMusic_    23/12/2013    1 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RULLO DI TABMBURI E CORI DI PERSONE IN FESTA MIEI AMATI LETTORI!!
SONO TORNATA CON UN NUOVO CAPITOLO L'ANTIVIGILIA DI NATALE: E' PROPRIO UN MIRACOLO!
Mi dispiace così tanto di avervi fatto aspettare una vita: non pensavo di impiegare così tanto per proseguire la storia, ma ho avuto un sacco di impegni e pochissime idee, perdonatemi.
Come sempre invito anche le persone che non hanno mai recensito la storia a farsi avanti e scrivermi un commento: muoio dalla voglia di avere una vostra opinione, anche negariva, per sapere come me la sto cavando e dove posso migliorare; scrivetemi, sono qui :)
Sapete che sono proprio contenta? Di capitolo in capitolo ci avviciniamo sempre più all'incontro tra Lilyth ed il re di Francia: cosa succederà? *musichetta di suspance*
Godetevi il mio regalo di Natale e passate delle belle vacanze!

ah...quasi dimenticavo: Buona Lettura!

BecauseOfMusic_






Ian sentiva il freddo metallo della lama contro la pelle della gola, mentre osservava Lilyth ed il suo ‘amico’ litigare.
Lui alzava la voce, scattava con la spada verso i due cavalieri inginocchiati a terra per cercare di smuoverla, di obbligarla a salire a cavallo, ma sembrava tutto inutile; avrebbe comunque potuto trascinarla via a viva forza, ma ebbe la netta sensazione che Will la temesse molto più di quanto lasciava trasparire il suo volto teso. La ragazza non faceva nulla di apertamente minaccioso, ma nei suoi occhi l’americano vedeva  i lampi di una collera crescente, dominata a stento: proprio come...
“Tieniti pronto” sibilò il Leone, inginocchiato accanto a lui.
“Come?” fece l’americano, distolto dal filo dei suoi pensieri.
Lilyth continuava a muoversi lentamente, misurando ogni passo, portando Will a dare loro le spalle: i suoi occhi incrociarono quelli di Martewall ed in un istante si compresero; cominciò a retrocedere lentamente, costringendo il suo avversario a seguirla tra gli alberi, lasciando soli i cavalieri ed i due uomini, che cominciarono ad inquietarsi.
Ian percepì i suoi muscoli irrigidirsi ed il cuore accelerare i battiti a causa del silenzio che aveva seguito la scomparsa della protetta del re di Francia: quando pochi istanti dopo si sentirono diverse urla si rese conto di avere paura per lei, e vide lo stesso sentimento negli occhi del compagno inglese.
 
Lilyth piangeva in silenzio, mentre cercava di disarmare il suo migliore amico a mani nude.
Le sue erano lacrime di rabbia, di odio, ma anche di tristezza: non voleva quella vita, non l’aveva mai voluta. Detestava essere una pedina di un gioco molto più grande di quanto lei potesse mai comprendere, odiava sentirsi usata, ma soprattutto non sopportava di dover subire e tacere; era questo che l’aveva portata a voler imparare l’uso delle armi, ad andare a cavallo, a comportarsi come un uomo: era il suo grido di indipendenza, non avrebbe mai accettato di sottostare alle loro regole.
Tutto questo però le si era ribellato contro: stava mettendo in pericolo la vita dei due cavalieri appena pochi metri più in là che erano andati a salvarla, stava perdendo il suo migliore amico, suo padre se ne era già andato; odiava sé stessa, odiava il fatto di essere così importante a livello politico, lo aveva sempre odiato.
Accecata dalle lacrime non vide in tempo la lama della spada e non riuscì ad evitare che le ferisse il braccio sinistro: sentì sprofondare la lama nella carne e non riuscì a trattenere un urlo.
Improvvisamente si ritrovò in un piccolo spiazzo di un campo di grano, due bambini si allenavano in segreto con dei bastoni, vigilati costantemente da un uomo giovane e forte, con le spalle ampie e il petto in fuori; gli abiti poveri non riuscivano a mascherare il suo portamento, e la terra che sporcava il suo viso ancora non aveva spento i suoi occhi di quel bagliore fiero e terribile tipico di chi è abituato a comandare; il bambino fece la stessa mossa con la quale Will le aveva ferito il braccio, perdendo l’equilibrio, e la femmina ne approfittò per puntare il proprio bastone contro lo stomaco dell’avversario, facendolo cadere.
La prima volta in cui suo padre era stato fiero di lei.
Il tempo smise di correre all’indietro e lei vide il suo migliore amico perdere l’equilibrio esattamente come tanti anni prima: anche se era disarmata strinse la mano destra in un pugno e lo colpì con tutta la forza  che aveva, mandandolo a terra per alcuni secondi che furono sufficienti a rubargli la spada e a costringerlo a seguirla fuori della macchia con la spada puntata tra le scapole.
 
Martewall e il suo compagno americano stavano lottando ferocemente contro i due uomini al soldo di Will: le loro spade piantate nel terreno pochi metri più in la.
Quando avevano udito gli urli provenienti dal bosco i soldati avevano allentato la presa, permettendo loro di allontanarli con una testata e lanciare le armi lontano; anche se i due cavalieri non erano intenzionati ad arrendersi erano entrambi ancora troppo deboli per reggere il combattimento a lungo, e in meno di pochi minuti si ritrovarono nuovamente sottomessi.
Il rumore di rami spezzati attirò l’attenzione dei vincitori, nel pozzo di luce creato dalla luna sul limitare del bosco comparvero due figure: Lilyth teneva in ostaggio Will, con il braccio ferito gli teneva le mani ferme dietro la schiena, mentre con l’altro gli puntava la spada alla gola.
“Lasciateli” disse con voce ferma, diretta ai sicari; sul volto di uno dei due comparve un sorriso beffardo.
“Lasciateli liberi” ripeté lei, avvicinandogli la lama alla pelle “O lui muore.”
Martewall non poté credere alle proprie orecchie: fino a pochi minuti prima diceva di fidarsi ciecamente di quell’uomo, ed ora sembrava disposta ad ucciderlo pur di salvarsi la vita; comprese la ragione che spingeva i due uomini a ridere: lei era una donna, e nessuna donna sapeva usare la spada. Anche lui la pensava così fino all’attacco nella radura.
La situazione rimase immota per alcuni istanti, poi Will ordinò ai suoi di slegare i cavalieri:
“Fate come dice.” La sua voce era carica di disappunto.
Appena furono in piedi Ian e il barone legarono i due sicari del biondo al tronco di un albero, insieme al loro capo.
“Marie” tentò lui con voce infervorata “ti supplico ascoltami: non c’è ritorno da tutto questo. La tua scelta qui, ora, significa vivere o morire.”
Lei lo fulminò, gli occhi grigi che lampeggiavano come delle saette “Se per vivere ho bisogno della protezione di un vigliacco come Giovanni SenzaTerra allora preferisco morire in Francia.”
William boccheggiò per diversi istanti, cercando qualcosa da replicare, ma si accorse che a nulla sarebbero valse le sue insistenze, Lilyth era decisa ad attraversare la manica.
Ian si rivolse al barone inglese: “Sarà meglio rimetterci in marcia subito, è quasi l’alba e Wenning potrebbe tornare da un momento all’altro.”
“Concordo, ho visto alcune coperte accanto alla cella, potrebbero essere utili” fece eco la ragazza.
“Prima, forse, dovremmo medicarvi” la interruppe l’americano.
“Non c’è tempo ora, non sento neppure il dolore, mi medicherò più tardi.”
“Ma, madame…” obbiettò lui.
“Non possiamo perdere tempo ora, sto bene. Dobbiamo assolutamente sbrigarci.” Concluse bruscamente il discorso lei.
Martewall si diresse verso la torre senza dire una parola, mentre i suoi compagni di viaggio preparavano i cavalli; in un paio di minuti furono pronti per partire: Lilyth si avvicinò nuovamente ai tre uomini legati, strappò della stoffa dalle loro divise e li bendò, per non permettere loro di vedere quale direzione avrebbero preso.
Terminata quest’operazione il trio si allontanò di qualche decina di metri a piedi per ingannare anche l’udito dei loro ‘prigionieri’,  poi montarono il sella  e si immisero galoppando su una strada secondaria che conduceva al borgo più vicino.
 
 
A Chatel-Argènt la padrona di casa conversava con il suo tutore, continuando a torturarsi le mani, accarezzando poi la pancia.
“Monsieur Guillame perché non sono ancora di ritorno? Mi avevate assicurato che non sarebbe servito loro poi molto, ma è ormai passato quasi un mese, e ancora mio marito non è a casa” gli disse con tono di accusa.
“Mia cara, vi prego di portare ancora un po’ di pazienza, sono certo che il vostro consorte sarà di nuovo in Francia prima di quanto pensiate.”
La donna bionda continuò a carezzarsi il ventre, pregando in cuor suo che il bambino aspettasse ancora quanto bastava al padre per essere di nuovo a casa, prima di venire al mondo.
 
Geoffrey Martewall osservava la strana fanciulla che lui ed il Falco avevano ‘salvato’ scaldarsi davanti al fuoco di bivacco che avevano allestito per la notte.
Dopo essere usciti vincitori dallo scontro con Will ed i suoi uomini avevano diretto velocemente i cavalli verso il borgo più vicino, che si affacciasse sulla costa, passando per strade secondarie.
Il piano era di imbarcarsi sul primo mercantile in procinto di attraversare la manica, tornando così sul continente: dopo sarebbe stata una passeggiata.
Il cavaliere americano si era lamentato del comportamento spregiudicato della giovane per quasi tutto il tragitto, cosa che in realtà sarebbe stata ritenuta normale da chi non avesse saputo l’abilità di Lilyth con le armi; ciò che però li aveva seriamente preoccupati era stato il gelido silenzio di risposta: non si era mai voltata indietro, mai aveva dato segno di aver sentito i rimproveri. Lei si accovacciò, allungando i palmi delle mani sulla fiamma, per scaldarle.
Mentre mangiavano lei parlò, quasi sussurrando: “Vorrei fare io il primo turno di guardia, messieurs, se a voi non dispiace”
Ian rimase di sasso. “Madame, no, non potete fare voi la guardia, non posso permettervelo!”
Lilyth lo fulminò con lo sguardo: “Fatemi indovinare: perché sono una donna?”
Il suo interlocutore rimase in silenzio, a disagio: si era talmente adatto ai costumi dell’epoca che non gli era neppure passato per la mente che una simile affermazione potesse offenderla.
L’inglese decise di intervenire, aiutando almeno un po’ la dama: “Rimango sveglio io, Falco, sono più riposato di te. Ti sveglierò tra circa tre ore.”
Ian si arrese all’evidenza del fatto che la ragazza non aveva intenzione di coricarsi, così andò a raccogliere le coperte dalle selle dei cavalli, ne tenne un paio per sé  e le altre le consegnò ai suoi due compagni di viaggio.
Quando si fu allontanato il barone prese il coraggio a due mani e si rivolse a Lilyth: “Milady, siete silenziosa da quando abbiamo abbandonato la radura della torre e non vi siete ancora fatta medicare…siete sicura di sentirvi bene?”
“Il mio braccio sta più che bene, milord, vi ringrazio per la premura.” Fu la risposta secca.
“Temo di dover insistere.”
Lei gli porse il braccio con fare spazientito.
Il feudatario di Dunchester cominciò a tamponare delicatamente la ferita, in silenzio; Lilyth osservava ciò che stava facendo senza realmente vederlo, il barone poteva vedere quanto fossero pieni di risentimento i suoi occhi grigi: pozzi senza un vero fondo, pieni di segreti che, solo per pochi istanti, gli pareva di conoscere dal primo all’ultimo.
“I vostri genitori sono ancora vivi, sir Martewall?” gli chiese con voce atona.
Lui si stupì leggermente di quella domanda, ma non si fece problemi a rispondere: “Non più, purtroppo: mia madre è morta diversi anni fa, mentre mio padre è stato giustiziato da re Giovanni perché si era rifiutato di pagargli ulteriori tasse.”
Le labbra di lei si assottigliarono in un sorriso amaro: “Abbiamo qualcosa in comune, allora: anche io ho perso mio padre da poco, ma questo voi già lo sapete. Mia madre, invece, mi è stato detto che è morta di crepacuore poche settimane dopo che ero salpata con monsieur De La Crois per l’Inghilterra.”
Continuò a fissare il terreno, mentre davanti ai suoi occhi scorreva un film invisibile: “Inizialmente non mi piaceva vivere in quella piccola casa, povera di qualsiasi cosa: mancava il camino per scaldarsi durante l’inverno, i pagliericci per i letti, il recinto per tenere qualche animale. Eppure, sir, dopo quel lunghissimo inverno arrivarono la primavera e poi l’estate: i campi di grano con le enormi spighe d’oro che quasi brillavano al sole, i pesci che luccicavano nel grande torrente a qualche miglio da casa, la vita del piccolo villaggio in cui abitavamo…tutto cominciava in qualche modo a entrarmi dentro, a diventare parte di me, ed io parte a mia volta di quel posto.
Ricordo con chiarezza mio padre, tutti i suoi ordini, i suoi modi da nobile, che credevo non sarebbe  mai riuscito a nascondere, le sue lezioni sulle armi che mi impartiva insieme a Will: per diversi anni sono riuscita a dimenticare chi fossi. La verità però, cavaliere, è che nessuno può fuggire dalla realtà, ed io stolta che ho creduto di avercela fatta sono stata punita perdendo le persone che amavo più della mia vita.”
Il barone inglese non si rese nemmeno conto di essersi irrigidito.
“Io e Will ci allenavamo insieme da quando avevamo compiuto dieci anni; ero stata io a chiedere a mio padre di insegnarmi a difendermi da sola: detestavo l’idea di dipendere da qualcun altro per essere in salvo.
Lo supplicai e lo disturbai talmente tanto che credo alla fine avesse accettato solo perché smettessi di chiederglielo!” il sorriso che era partito dagli angoli della bocca raggiunse anche gli occhi, illuminandoli.
“Volevo che mi insegnasse ogni cosa: la spada, la lancia, la lotta corpo a corpo e tutto ciò che sapeva. Appresi talmente in fretta che cominciai ad esercitarmi sola, perché il mio amico non riusciva a stare al mio passo: non avevamo la stessa ‘fame’ di sapere.
Forse è meglio così, dopotutto è stato proprio grazie a questa mia ostinazione se siamo riusciti a sfuggirgli stasera.”
Il suo sguardo mise finalmente a fuoco il presente, ed osservando Martewall scosse la testa leggermente: “Dovete scusarmi, vi ho annoiato con i miei ricordi ma non mi sono neppure resa conto che stavo parlando, io…”
“Non dovete assolutamente scusarvi, milady, i vostri ricordi sono affascinanti, sicuramente molto meglio dei miei.” La interruppe.
“Siete gentile, non eravate obbligato a star qui a sentire.” Gli rispose sorridendo leggermente.
L’inglese non riuscì a trattenersi dal dire: “William è il vostro promesso sposo?”diventando poi rosso come un pomodoro e maledicendosi mille e più volte. Si sentì un po’ più sollevato pensando che il suo rossore poteva essere benissimo attribuito al calore del fuoco.
Lilyth spostò lo sguardo dall’uomo alla fiamma, presa in contropiede: “No, no milord, è solo un vecchio amico d’infanzia; mio padre aveva detto che non mi avrebbe mai obbligata a sposare nessuno che non fosse stato anche di mio gradimento. Da parte mia non ho alcun interesse a sposarmi:  sono un lupo solitario, monsieur, ho molti altri progetti prima del matrimonio.”
Lui terminò il bendaggio alla ferita, chiudendosi in un silenzio imbarazzato; in seguito prese alcune coperte e le consegnò nelle mani della dama, congedandola con gentilezza: “Buon riposo, milady, domani finalmente riusciremo a salpare verso la Francia, e voi sarete un po’ più vicina alla libertà.”
Il sorriso che lei aveva pochi attimi prima si spense: “Non ne sarei così sicura, sir Martewall.”
  
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