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Autore: Chemical Lady    24/12/2013    1 recensioni
[Tratto dal Capitolo Terzo ]
La casacca del colore delle foglie vive, gli occhi grandi ed espressivi, il pugnale in cinta. Non poteva essere.
Mentre Felix si alzava in piedi, attendendo un qualsiasi cenno, quest’altro si abbassava, mettendosi in ginocchio davanti a lei. Sorrise, alzando un sopracciglio con una certa dose di soddisfazione, prima di sussurrarle “Coraggio, dillo.”
Wendy deglutì a vuoto un paio di volte, ipnotizzata “Tu…. Tu sei…”
“Chi sono, io?”
“… Tu sei Peter Pan.”
Il sorriso sul volto del ragazzo si allargò ancora di più. Con uno sguardo veloce e un piccolo cenno del capo congedò Felix, che sparì in un istante.
“E tu sei Wendy Darling.”
***
[Tratto dal Capitolo Quattro]
“Ora li chiami ‘affari’?”
Peter lo guardò per un istante “Come dovrei chiamarli?”
Il Capitano sorrise appena, smaliziato “Come dici sempre? Oh si…” attese un paio di secondi, prima di parlare “ I tuoi ‘Giochi da Bimbi Grandi’, ragazzo.”
Anche Pan si concesse un sorriso lascivo “Oh, quelli che posso fare solo con te, mh? Beh, avremo tempo anche per quelli, ma prima ho faccende serie di cui parlarti.”
Incuriosito, si sbrigò a seguirlo.
***
[LostBoys Centric]
[DarlingPan; CapitanPan]
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Killian, Jones/Capitan, Uncino, Pan, Trilli, Wendy, Darling
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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~  The Price
to Pay.


Capitolo Quarto.
A Reason to Smile.

 






Tootles fu il solo a comportarsi come se si fosse accorto della presenza di Wendy all’accampamento.
Dopo averle appoggiato una coperta sulle spalle, sedendosi accanto a lei al falò, le aveva più o meno spiegato come funzionavano le cose all’accampamento: non aveva nulla da temere, sino a che Peter si fosse dimostrato benevolo nei suoi confronti.
Considerando che lui stesso aveva affermato di aver inviato Ombra a prenderla per potarla lì, non si sentiva affatto un’ospite sgradita solo parecchio confusa. Cosa sarebbe successo?
Sapeva che a Neverland il tempo non scorreva, quindi non sarebbe stata mai più lontana di una notte da casa sua. Nonostante ciò, iniziava a sentirsi ansiosa. E se sua madre fosse entrata in camera? Avrebbe punito Bae perché non le aveva impedito di partire?
Fiutando tutta quell’angoscia, Too le offrì la sua tenda, per farla riposare un po’. Lui avrebbe dormito con Nibbs, o con Pockets, che avevano più spazio degli altri.
Wendy ci mise parecchio ad addormentarsi, tirandosi addosso le coperte di pelli che componevano il letto di Tootles, trovandole inspiegabilmente morbide. Trovò un po’ di tregua solo quando avvertì le voci attorno a lei affievolirsi, così si convinse che anche gli altri dovevano essersi ritirati a riposare.
Destandosi, dopo quelle che le sembravano ore, si sentì affamata come se non avesse desinato da mesi. Cautamente, uscì dalla tenda, rimanendo quasi sconvolta nel notare che il cielo era esattamente identico a quello che si era lasciata alle spalle prima di coricarsi.
La sola differenza stava nel fatto che non c’era nessuno lì attorno, segno che gli altri stavano ancora dormendo. La fame non sembrava volerla abbandonare, così strisciò per il campo, avvicinandosi nuovamente al falò.
Aveva fatto male i conti, però. Di spalle, rispetto a levi, stavano due figure. La prima incappucciata, china in avanti. Temendo che fosse Felix sussultò, tentando di tornare indietro, ma una lancia appoggiata in malo modo alla corteccia di un albero la tradì: si inciampò in essa rischiando di cadere e rovesciando, al contempo, quello che sembrava un piccolo arsenale di darti e archi.
Le due figure si voltarono verso di lei e la giovane tirò quasi un sospiro di sollievo. Quasi, perché anche se quello non era Felix, il suo aguzzino, non era di certo qualcuno di molto meglio. Era Peter.
“Ti sei svegliata presto, Wendy.” Disse lui, sporgendo in avanti la mano, per invitarla ad avvicinarsi. Lei si rimise diritta, sistemandosi i capelli nervosamente e percorrendo la distanza fra loro a piccoli passi, imbarazzata.
Prese la mano di Pan, che la aiutò a sedersi su un tronco, tra lui e l’altro giovane che le sorrise allegramente. “Il mio nome è Rufio.” Si presentò con una piccola reverenza da seduto, mentre Peter abbassava il cappuccio e muoveva le braci del fuoco utilizzando un bastone. La ragazza sorrise a Rufio, ma non disse nulla quando notò qualcosa davanti a lei. Disposta su di una piccola griglia di ferro, sopra al fuoco, c’era della carne. Il profumo che emanava la distrasse da ogni formalità che la buona etichetta le imponeva.
Peter la guardò divertito, ridacchiando “Immagino che tu sia affamata, non mangi nulla dal tuo arrivo, dopotutto.”
“Non mangia da quando l’ho vista al campo la prima volta, quindi?” chiese stupito il modo, come se fossero passati mesi e mesi. “Rimedio io, nessun problema.” Allargò le gambe, chinandosi in avanti e raccogliendo da terra una manciata di terra.
La bionda la guardò da prima incuriosita, poi confusa e infine spiazzata “Non vorrai darmi da mangiare della terra, vero?” chiese timorosa. Che razza di scherzo era mai quello?
La risata cristallina dei due giovani però le fece intuire che doveva essersi persa un passaggio. Rufio strinse tra le mani quella piccola zolla, sfregandola tra di esse mentre mutava. Alla fine si ritrovò con una fetta di carne bianca, che sembrava pollo o qualcosa di simile.
Peter gli passò un bastoncino e lui la infilzò, prima di adagiarla sul fuoco. Ripetè quell’operazione altre due volte, sotto lo sguardo sempre più meravigliato di Wendy.
“Puoi fare le magie?” chiese eccitata, prima di voltarsi di tre quarti verso Peter “So che tu puoi volare, combattere ed esultare, ma non credevo che potessi anche fare magie! Tanto meno i tuoi bambini.”
“Posso fare qualsiasi cosa voglio.” Affermò con determinazione Peter, sorridendole compiaciuto “Gli Sperduti invece hanno il potere che ha ogni bambino quando arriva qui: possono realizzare ogni loro capriccio. Entro certi limiti, si intende.”
“Prova anche lui.” la incitò Rufio “Chiudi gli occhi, la prima volta è più semplice così, e pensa a  qualcosa che desideri molto ora.”
“Non credo di poterlo fare…” tentennò Wendy, storcendosi le mani per il nervosismo.
Peter alzò appena un sopracciglio, senza farsi vedere. Il cuore di quella ragazza era pieno di purezza, ma non era abbastanza.
“Invece puoi” Rufio le prese una mano, per impedirle di continuare a torturarla con l’altra e le fece segno di prendere un respiro “Se credi, tutto è possibile qui. Provaci, coraggio!”
La biondina gli sorrise timidamente, prima di chiudere gli occhi e concentrarsi. Era così affamata da desiderare solo una cosa, ovvero cibo. Pensò a suo padre, a quanto amava il pollo e…. Era strano. Ricordava poco di suo padre, eppure era stata via così poco. Storse appena il naso, infastidita da quel senso di vuoto. Perché non ricordava quale era la salsa preferita del suo papà? Si concentrò parecchio e alla fine vide un immagine, da prima sfocata e poi sempre più nitida.
Quando il ricordo tornò, sentì qualcosa di freddo e liscio fra le mani. Per poco le sfuggì un urletto quando vide che aveva davanti a sé la salsa piccante di suo padre, con tanto di etichetta nuova, come se fosse appena uscita da un alimentari.
Peter e Rufio la guardarono curiosi, chinandosi sulla bottiglietta come per volerne carpire ogni segreto,  poi fu quest’ultimo a chiedere “Che cos’è?”
“Una cosa davvero molto buona” le disse la ragazza, stappandola e iniziando a versarne il contenuto sulla carne che stava ancora cuocendo, voltandola per poterlo fare su entrambi i lati.  “Non vi deluderà, ve lo assicuro. Il mio papà la adora.”
Il moro sussultò appena a quelle parole “Il tuo…. Cosa?”
“Il mio papà” ripeté Wendy, senza capire cosa ci fosse di così difficile in quella frase.
Pan, osservava la scena in silenzio, mentre Rufio portava il pugno chiuso al capo, tamburellandosi appena la fronte “Una volta sapevo cosa era un papà, ma ora mi sfugge.”
“Non è la sola cosa che ti sfugge, se è per questo.”  Il biondina scattò di lato, appoggiandosi a Peter, mentre Felix la osservava divertito. Era apparso dal nulla, senza fare il minimo rumore. “Oh, che bel quadretto, davvero. Quindi la ragazzina rimarrà per molto?”
Peter passò un braccio attorno alle spalle di Wendy, che solo in quel momento si accorse di essersi fatta troppo vicina “Dovresti trattare meglio i nostri ospiti, Felix. Senza contare che abbiamo preparato la cena anche per te.”
“Ma che dolci, sono commosso.” Prese posto accanto a Pan, appoggiando il pesante bastone che portava sempre con sé. Abbassò a sua volta il cappuccio, prendendo da terra quattro sassi e appoggiandoli davanti a sé “Allora io mi permetto di portare qualcosa da bere. Sidro per tutti, immagino.”
“Io non bevo sidro.” Si intromise Wendy, ma non servì a nulla. si ritrovò tra le mani un boccale pieno di un liquido ambrato dall’odore pungente. Doveva essere anche alcolico, come quelle bevande che a casa sua rimanevano chiuse all’interno di uno stipetto di legno, sotto chiave.
Peter, vedendola in difficoltà, prese un sorso veloce, poi appoggiò una mano sulle sue, strette attorno al boccale “Non  è un problema. Basta che pensi a cosa desideri bere e apparirà.”
Lei lo guardò, arrossendo se possibile ancor più di prima. La mano di Peter era grande, tiepida al punto giusto e lievemente ruvida,  callosa. Non per questo, però, meno bella. Decise di concentrarsi, così richiuse gli occhi e, una volta aperti, ecco davanti a lei una bella tazza in ceramica ricolma di profumato latte caldo.
Sorrise raggiante “Grazie.”
“Hai fatto tutto da sola.” La corresse Peter, mentre Rufio iniziava già a servirsi, seguito a ruota da Felix. Mangiarono praticamente in silenzio, interrotti solamente dal chiacchiericcio basso del moro, che raccontava – non nei dettagli truculenti- di come aveva recuperato qualcosa per Pan.
Proprio a metà di un esilarante racconto su come Binky e Marmaduke avrebbero tentato di acchiappare una rana sulla via del ritorno, fallendo miseramente, Peter si voltò si scatto. Wendy si impietrì a quel movimento così secco e rapido, riuscendo solo a portare la coda dell’occhio sul viso di ragazzo. Sembrava stranito e sorpreso, ma in un certo senso anche sollevato.
“Che succede?” domandò a tono basso Felix.
Pan deglutì, facendo scendere e risalire velocemente il pomo d’adamo, prima di rispondere “È tornato.”
Entrambi si guardarono sorpresi, ignorando gli sguardi curiosi della biondina “Così presto?” domandò Rufio “Hai mandato Ombra ad avvisarlo prima di iniziare a cucinare…”
“Ha fatto quello che andava fatto” si intromise Felix, buttando a terra i bastoncini spolpati da tutta la carne “Peter chiama, Lui corre.”
Il moro sbuffò, fulminandolo con lo sguardo, prima di rivolgersi al capo “Devo andare ad accoglierlo?”
Peter scosse il capo “No, andrò io dopo. Prima, però, ho un altro appuntamento.” Sorrise appena, pragmatico, facendo segno a Felix si alzarsi “Tu rimani con Wendy…. Presentale il resto della famiglia.”
Rufio gli rivolse un cenno quasi galante “Come desideri.” Si sporse per appoggiare una mano sul braccio della ragazzina, che si sentì sollevata. Per ora, quel morettino sembrava il più affidabile, insieme al ragazzo che le aveva ceduto la tenda. “Vieni, è ora di dare la sveglia all’accampamento.”
“Va bene!” trillò allegra, alleggerita dall’entusiasmo di Rufio. Si voltò per salutare Peter ma di lui e di Felix non c’era già più traccia.
 
 
 
 
 
La Selva poteva diventare un luogo davvero pericoloso, quando oscurata dalla notte.
La ragazza avanzò cauta, torturandosi la treccia di lunghi capelli neri e mordicchiandosi il labbro.
Si erano dati appuntamento, non appena le due stelle dell’Isola avrebbero preso a brillare di luce lunare. Eppure non c’era. Non che fosse una pavida, assolutamente no! Le cose però erano cambiate troppo a Neverland e ormai non riconosceva più la terra che l’aveva cresciuta e resa tenace.  
Si avvicinò al limitare del sentiero, trattenendo il respiro quando sentì dei passi avvicinarsi. Se suo padre si fosse accorto che era scappata di nuovo…
“Lily!” al solo udire la voce di Peter chiamarla, si rilassò immediatamente.
Camminò verso di lui non appena lo vide apparire fra le fronte degli alberi, buttandogli le braccia al collo e stringendolo a sé “Credevo che non saresti più venuto.”
Lui sorrise, ricambiando l’abbraccio “Te lo avevo promesso, ricordi?” sciolse quel legame, prendendole la mano e sedendosi con lei su una roccia “Dobbiamo fare in fretta, o si accorgeranno che non sei più nella tenda.”
Lei scrollò il capo “Mio padre non tornerà presto. Sta preparando una battaglia, Peter, una battaglia contro di te.” lo guardò seria, scuotendo poi piano il capo con una nota rassegnata nella voce “Non voglio che vi scontriate, non avrebbe alcun senso. Tu sei il solo che può porre un freno a tutto questo se solo-”
Lui le accarezzò le braccia, guardandola tristemente “Non posso evitarlo, Lily. Tuo padre ci vuole fuori dall’Isola e io non posso andare dai miei Sperduti e dire loro che non possiamo più stare qui tutti insieme. In nessun altro mondo ci  è concesso. Devo difendere la mia famiglia dalla tua, ad ogni costo.”
Lei tentò di rilassarsi, sebbene il suo sesto senso non smettesse di ripeterle che non doveva fidarsi di Pan. Non più. In un certo senso, esso non aveva mai smesso di metterla in allarme da quando l’aveva conosciuto, molto tempo prima.  
Eppure c’era qualcosa nel ragazzo,  qualcosa che la teneva ancorata a lui “Voglio bene ad entrambi, non voglio che vi facciate la guerra. Ho provato a parlargli, ma lui dice che tu sei uno Spirito Negativo. Se solo ti conoscesse meglio, forse-”
“Abbiamo già preso questa via, tempo fa.” Peter la interruppe brusco per la seconda volta,  ritornando poi ad addolcire il tono “Tu sei mia amica, vero?” la guardò annuire vistosamente, mentre le stringeva le mani nelle sue “Allora devi dirmi quello che sai. Solo così potrò difendere i miei Bimbi!”
Vide l’indecisione sul volto della giovane, ma essa si dissolse quando si fece più vicino, sfiorandole la guancia con le labbra in un timido bacio. A quel punto si sciolse come neve al sole, perdendo così ogni titubanza. Riusciva ad imbrogliarla ogni maledetta volta. Con voce bassa, sussurrò senza colore, come se quell’ammissione le costasse davvero cara. “Intendono aspettare che sorga il primo sole dopo tanto buio, per accerchiare la Laguna delle Sirene. Mio padre sa che hai un patto con loro, quindi correrai ad aiutarle e lui intende intrappolarti dentro ad un oggetto magico molto potente. Ti prego, fa attenzione.”
Vittorioso, Pan sorrise e Lily sentì lo stomaco sprofondarle nelle ginocchia. Aveva sbagliato ancora tradendo il suo clan, lo sapeva.  Lo guardò assente mentre si alzava in piedi e  la aiutava  a fare lo stesso “Non mi accadrà nulla, te lo prometto.” Le prese il viso fra le mani, baciandole la fronte “Ora torna a casa, aspetta mie notizie e, come sempre, non dire nulla a nessuno.”
La ragazza si limitò ad annuire mestamente “Quando scapperemo finalmente insieme alle Grotte dell’Eco?”
Peter sorrise deliziosamente “Non ancora, dolcissima principessa, ma ti prometto che non rimarrai delusa. Ora vai!”
Lo strinse un’ultima volta, prima di allontanarsi rapidamente, fuggendo ma sentendo al contempo la sua mancanza. Peter invece rimase immobile, perdendo gradualmente tutta la dolcezza dai suoi occhi verdi, che tornarono freddi e distanti. Un piccolo applauso partì da dietro di lui.
Si voltò verso Felix, esibendosi in un piccolo inchino, “Che ne pensi?”
“Sei un artista, Peter. Inganneresti persino il Signore del Mare, tanto sei credibile.” Asserì il biondo, ridacchiando di gusto “Così non sanno ancora che abbiamo noi il  Vaso di Pandora.”
“Come potrebbero saperlo?” domandò Pan, “Ho maledetto i Cannibali, non possono mettere un piede fuori dalla loro Baia e gli Indiani non hanno il coraggio di avventurarsi così a sud. Quella stupida di Tiger Lily ci ha detto tutto quello che ci serve per passare alla controffensiva.”
“Vorrai dire all’attacco vero e proprio.” Tentò Felix, mentre si incamminavano fianco a fianco verso la via del ritorno. “Hai un piano, vero?”
“Quando mai non ne ho uno?” rilanciò Pan, ricevendo come ricompensa una piccola spintarella scherzosa “Dopotutto, ho promesso a Lily che non mi accadrà nulla o sbaglio?” Felix sbuffò una risata mal celata, scambiando uno sguardo complice con il capo. “Ciò significa, amico mio, che dovrò ammazzare suo padre.”
 
 
 
 
 
La presenza di Wendy non era più sgradita.
La ragazza lo percepì nell’istante in cui Rufio prese a presentarla ad ogni Sperduto, sottolineando ogni volta che era ospite di Pan in persona.
A quelle parole, nella maggior parte di casi, si aprivano sorriso cordiali anche laddove prima albergava la più grande indifferenza.
Non tutti parevano felici della cosa però.
Nell’esatto istante in cui il moro l’aveva presentata a Tinkerbell, Wendy aveva sentito il gelo scenderle addosso.
La fatina l’aveva guardata con diffidenza da dietro l’orecchio di Rufio, prima di saltellare fino a terra e riprendere così un’altezza più umana. Si era chinata su di lei, visto che era di parecchi centimetri più alta, e l’aveva esaminata a fondo.
“Perché Peter la vuole qui? Non è chi stiamo cercando!”
A sentire quelle parole, Wendy si incupì ulteriormente. C’erano troppi segreti e troppe cose che non sapeva, per i suoi gusti.
Rufio corse ai ripari rapidamente, mantenendo sempre una certa calma “Ma come, non sei felice di avere un po’ di compagnia femminile? Sei la sola ragazza qui da…. Da…. Da sempre!”
Nibbs si fece avanti, appoggiandosi al morettino  e ridendo viscidamente “E dividere i favori e le accortezze di Peter? Giammai!”
“Stai zitto, coniglietto, se non vuoi che ti metta sulla griglia!” gli intimò la fatina, prima di guardare nuovamente Wendy. Le sembrava sciatta e decisamente troppo piccola per suscitare l’attenzione di Pan. Cosa ci doveva trovare in lei per farla rimanere addirittura all’accampamento, non riusciva a capirlo. Non aveva senso!
Nessuna ragazza poteva entrare lì, eccetto lei!
Con la coda dell’occhio, Rufio vide Felix tornare al campo. Stranamente, però, era solo.
Corrugò la fronte confuso, prima di appoggiare una mano sulla spalla di Tink per accarezzargliela “Rimarresti un istante con Wendy? Devo parlare con Felps.” Non attese risposta “Grazie sei un fata!”
L’interessata lo guardò malissimo, prima di riprendere le sue piccole forme e fare la linguaccia a Wendy, tornando  dentro ad una lanterna blu, appesa ad uno dei rami bassi dell’albero. La sua stanza, che Rufio e Ted avevano foderato di piccoli pezzi di stoffa colorata solo per lei.
Lui sospirò rassegnato, prima di sorridere a Wendy per rassicurarla “Torno in un battito d’ali. Ma non quelle di una fatina pestifera!”
Dalla sua lanterna, Tink lo guardò male, affacciandosi solo per un secondo.
Il moro si diresse verso quello che non sapeva bene se definire ‘amico’- nonostante i molti anni passati insieme a Neverland- e si appoggiò con un piede al tronco su cui si era seduto. “Peter?”
“Da Hook” si limitò a rispondere secco il  biondo, senza nemmeno guardarlo. Continuò tranquillo a sbucciare una mela, utilizzando un piccolo coltellino.
Rufio sbuffò, abbassando la voce “Ogni volta la stessa storia. Riapparirà tra un bel po’, quindi.”
“Passando dal sentiero alto che porta al vallo di montagna, abbiamo visto che il Capitano ha sbagliato le misure, nell’atterraggio.” Rise, guardando l’altro con una smorfia maligna sul volto “La nave è distrutta, inchiodata sulle rocce. Sicuramente ha perso anche qualche uomo. Peter non ha saputo resistere, doveva correre a sfotterlo.”
“E tu lo trovi divertente perché… ?”
“Perché non sono noioso come te.”
Rufio assottigliò gli occhi “Devo ricordarti le tre regole?”
Felix perse il sorriso, “C’ero anche io quando sono state decise, sai?” gli ricordò aspramente “Mai tornare indietro, mai tradire la magia e mai innamorarsi. Peccato che Pan si stia solamente intrattenendo.” Spostò gli occhi da Rufio solo per guardare perfido Wendy “Vedrai, quando tornerà si sbarazzerà della ragazzina. Se ha il Capitano, con cui divertirsi, non servono ulteriori distrazioni.”
Il morettino sospirò, prendendosi la radice del naso tra pollice e indice, prima di scrollare il capo e alzare le mani, in segno di resa “Io non voglio saperne nulla. Affari di Peter. Se crede che questa malsana… alleanza con Hook ci gioverà, io mi fido di lui.”
Girò quindi sui tacchi, tornando verso la povera Wendy. Non voleva davvero saperne nulla, perché sapeva che se ne sarebbe pentito se no. Sarebbe rimasto lì, in attesa, eseguendo l’ordine che gli era stato affidato.
Come sempre.


 
 
 
Hook si affacciò oltre il parapetto della nave quasi distrutta, guardando il suo equipaggio che si era accampato su una striscia di sabbia poco più avanti rispetto a dove si trovava lui.
Si era detto che li avrebbe raggiunti, ma non aveva avuto il cuore di lasciare la Jolly. Non era mai successo niente di simile e, sicuramente, la colpa non era sua.
Del timoniere, forse, o la vela incantata di Pan aveva fallito. Ma non era colpa sua.
Si battè piano l’uncino in fronte, cercando di fare mente locale. La chiglia era andata. Fortunatamente, tutti i suoi ragazzi erano sul ponte, o ne sarebbero morti la metà. L’albero di Mezzana era crollato su quello di Trinchetto, distruggendo mezzo parapetto di prua.
Non aveva più una nave, inutile continuare a mentirsi. La Jolly Roger era morta tragicamente per via un brutto atterraggio a Neverland.
“Maledetta Isola!” sbottò stizzito, dando un calcio ad un secchio abbandonato, che rotolò fino in fondo al ponte in pendenza. Rischiò persino di scivolare, tanto che per aggrapparsi fu costretto ad aggrapparsi con l’uncino, lasciando un lungo solco profondo nel legno lucido della nave.
Di bene in meglio.
Scrollò le spalle “Sono un idiota.”
“Lo hai capito solamente adesso?”
Il Capitano trasalì, voltandosi di scatto e notando che qualcuno se stava a fissarlo divertito, nell’ombra della vela crollata, seduto sulla prua rialzata da uno scoglio.
Il suo Demone.
Si scambiarono uno sguardo, poi Hook smise di tentennare.  Assottigliò gli occhi “Non è il momento, ragazzo. Sto dando l’addio alla mia nave.”
“Quanto dramma per tre assi verniciate di colori orrendi, Killian.” Pan scese con un piccolo saltello, senza necessitare di aggrapparsi a nulla per mantenere un equilibrio perfetto. Rise, camminando sicuro verso di lui lungo il ponte in pendenza. In forte pendenza.
“Avevi a disposizione un oceano intero,  nonostante ciò ti sei incagliato. Sei davvero il Capitano più cattivo e temibile di tutti!”
Questi sbuffò, piccato sull’orgoglio di abile marinaio “Non è colpa mia se la vela incantata che mi hai regalato prende i venti che preferisce, Pan.”
Questi lo guardò senza credere ad una sola parola, prima di appoggiare entrambe le mani sui suoi occhi. Quando prese a dimenarsi, agitato dalla loro vicinanza improvvisa, gli fermò la mano e l’uncino, bloccandoli contro il suo petto “Avanti, stai al gioco, Killian! Rivuoi la tua nave o no?”
A quelle parole, Hook smise per un istante di dimenarsi, guardandolo appena un po’ diffidente. Poi, lentamente si abbassò un poco verso di lui, permettendogli di fare il suo stupido gioco.
Passarono poco più di tre o quattro secondi – ne era certo, visto che si era messo a contare- che avvertì un forte sussulto e poi un suono molto forte, come di metallo che viene raddrizzato. Quando Pan levò le mani, la Jolly con loro due sopra era di nuovo in mare, messa alla fonda.
Il Capitano non riuscì a trattenere un sorriso grande e sincero, mentre alzava gli occhi verso le sue vele di nuovo in piedi. Si prese un attimo per camminare lungo tutto il ponte, notando che la nave non solo era tornata tutta insieme, ma sembrava rinata. “Dovrei chiamarti più spesso per la manutenzione.” Disse divertito, voltandosi a guardarlo “Ti ringrazio.” Asserì in fine, ricevendo un cenno al posto del classico ‘prego’. Si avvicinò a lui, appoggiandosi contro al parapetto nelle medesima posizione del ragazzo. Da riva, nessuno parve accorgersi di nulla.
Sicuramente stavano dormendo, o erano troppo ubriachi per alzare la testa.
Quello era il progetto di Hook, prima dell’arrivo del suo Demone.
Fu proprio lui a spezzare il silenzio placido composto solo dai loro respiri e dall’incresparsi delle onde “Sei arrivato in fretta. Ho mandato Ombra a chiamarti e sei corso qui.” Non riuscì a trattenere un sorrisetto strafottente. “Ti sono mancato?”
Rimasero a studiarsi per alcuni istante, mentre il Capitano osservava quel maledetto sopracciglio alzarsi come da copione, poi distolse lo sguardo, sbuffando una risata un po’ acuta, che tradiva il suo imbarazzo. Conservare la sua dignità davanti a quel ragazzino era impossibile.
Pan ghignò, tornando ad appoggiarsi al parapetto della nave con entrambi i gomiti, volgendo lo sguardo all’orizzonte notturno.
“Sì, ti sono mancato.”
“Noto con piacere che ti adori ancora fare domande e risponderti da solo.”  Sbottò risentito Killian, prima di sentire la mano del ragazzo risalire il suo fianco, fino alla spalla. Si irrigidì, in attesa della prossima mossa.
Ad essa, Pan si appoggiò, mentre si sporgeva per sussurrare al suo orecchio, senza trattenere nemmeno un po’ la soddisfazione “Non puoi mentire a chi può leggere la tua mente, Killian. Ora vieni, andiamo a parlare di affari.”
In un primo istante, il Capitano si aspettò il peggio. Era sempre stato un po’ timoroso, quando Peter era così vicino a lui, perché sapeva esattamente di cosa il ragazzo fosse capace. Quanto meno, serbava questo timore per la prima sera di ritorno da un altro mondo, quando non gli era ancora chiaro se tutto fosse rimasto come lo aveva lasciato o se Pan fosse cambiato. Era imprevedibile come l’alba, il suo umore poteva tingersi di qualsiasi colore e se avesse deciso che non gli era più utile….
Beh, la sua sorte sarebbe stata chiara.
Nel sentirlo però parlare così, con quella punta voluttuosa nella voce, si rilassò e  lo guardò staccarsi da lui per avviarsi verso la botola che conduceva sottocoperta e, inevitabilmente, alla sua cabina “Ora li chiami ‘affari’?”
Peter lo guardò per un istante “Come dovrei chiamarli?”
Il Capitano sorrise appena, smaliziato “Come dici sempre? Oh si…” attese un paio di secondi, prima di parlare “ I tuoi ‘Giochi da Bimbi Grandi’, ragazzo.”
Anche Pan si concesse un sorriso lascivo “Oh, quelli che posso fare solo con te, mh? Beh, avremo tempo anche per quelli, ma prima ho faccende serie di cui parlarti.”
Incuriosito, il Capitano si sbrigò a seguirlo, lasciando cadere la botola sopra alle loro teste e assicurandosi che nessuno, dall’esterno, potesse aprirla e disturbarli.
 
 
 
 
 
Rufio aveva appena finito di fare il secondo giro di controllo alle tende, verificando che si fossero coricati tutti, quando si rese conto che in effetti mancava qualcuno.
La lanterna di Tink era spenta, così la aprì, notando che la fata non c’era.
Sospirò profondamente, sapendo esattamente dove avrebbe potuto trovarla. Si apprestò ad uscire dal campo, facendo un cenno a Cubby che teneva il primo turno di guardia. Percorse il sentiero fino alle pendici orientali della selva, tenendo sempre la destra per evitare di finire nella Valle Oscura. Quello non era affatto un bel posto.
Arrivato a destinazione, trovò la fata seduta su un masso, con le ginocchia strette al petto e il viso affondato tra di essere. Sospirò rammaricato, alzandosi in volo nonostante avesse quasi del tutto esaurito la polvere volante. Si sedette accanto a lei, sospirando pesantemente “Tink che ci fai qui, seduta tutta sola?”
Poteva anche evitare di porre quella domanda, dopotutto. Conosceva benissimo la risposta.
Alzò gli occhi verso l’imponente albero, dalla corteccia larga e i rami spessi e ricchi di foglie e fiori.
Il Thinking Tree era una sorta di istituzione, a Neverland. Tutti gli Sperduti sapevano che quello era il luogo in cui Peter si ritirava quando doveva pensare o riposare. Succedeva, ogni tanto, che usasse troppo la magia, che abusasse del suo immenso potere, rimanendone come travolto. Così dormiva tra le fronde fitte, vegliato da Tink che passava da un fiore all’altro, assicurandosi che la polvere di fata fosse sempre abbondante.
Quello era il suo ruolo, lì, ed era anche il motivo per il quale Pan le aveva ridato le ali.
La fata questo lo sapeva. Sapeva che alla fine era lì per una serie di eventi tra loro correlati a cui riusciva a stento a trovare una spiegazione logica. Sapeva che Peter le sorrideva e la teneva con sé perché gli dava un contributo assai prezioso.
Era realista, ma non riusciva comunque a non sentirsi tradita.
Per questo, non rispose apertamente alla domanda di Rufio ma ne pose un’altra “Quanto rimarrà quella ragazzina?”
Il morettino prese un respiro profondo, grattandosi i capelli sul capo “Io non lo so, Tink. Potrebbe essere poco o molto. Non dipende da me mandarla a casa o meno. Nemmeno lei vuole stare qui, comunque. ”
La fata sbuffò a voce alta, tornando ad affondare il volto tra le ginocchia. Si sentiva però rincuorata dalla presenza di Rufio; sin dal suo primo giorno a Neverland, quel ragazzo era stato la sua roccia. Ogni paura, incertezza o pericolo li aveva superati grazie a lui.
Si erano sempre confidati, reggendo uno i pesi dell’altro.
Il moro soprattutto. Che Tinkerbell fosse folle d’amore per Peter non era un segreto per nessuno. Come ogni fatina, smaniava dalla voglia di mostrarsi sempre bella ed efficiente per il capo, che la lusingava sempre con complimenti che però suonavano sempre forza.
Tutti i complimenti di Peter suonavano forzati, a parte quelli per il suo braccio destro o, occasionalmente, per Felix.
Lo accettava, aspettando il giorno in cui sarebbe riuscita a dimostrargli quanto davvero volesse aiutarlo ed essere perfetta per lui.
…. Poi arrivava quella ragazzina e riusciva a farsi voler bene a tal punto da rimanere, nonostante fosse evidentemente inutile. Cosa mai poteva dare a Pan? Solo pensieri! Ecco cosa!
Li aveva visti, prima, al falò. Aveva visto come si era comportato con lei, aveva visto il suo braccio correre dietro alle sue spalle in quel modo così naturale che a lei non era mai stato concesso facilmente.
Bruciava di gelosia.
“Perché non è qui?” domandò con insistenza, tornando a fissare i rami più alti come se si aspettasse di vederlo sbucare lassù.
Rufio si morse le labbra, ringraziando che Tink non lo stesse guardando in viso “Sta curando alcuni affari. Sai, gli Indiani si sono fatti più audaci.”
“Quindi è con Tiger Lily?” domandò piccata.
Il ragazzino scrollò le spalle, capendo che non aveva esattamente sistemato le cose “Lo sai com’è Peter. È uccel di bosco: se ha qualcosa in mente è capace di sparire per un sacco di tempo. Che stia ingannando ancor di più Lily o che stia trattando con le sirene, non sarai di certo tu a convincerlo a tornare prima. Inutile che lo aspetti qui, vieni al campo e riposa.”
Lei però parve irremovibile “Devo parlargli.”
“Cosa speri di ottenere?” insistette Rufio, cercando di tenere un tono pacato “Lo sai che qualsiasi cosa potrai mai dirgli, a lui non importerà. Se per quella ragazza ha in mente un disegno preciso, tu non puoi far altro che abbassare il capo e annuire.”
Tink strinse i pugni “Faccio tanto per lui, mi deve un minimo, non credi?”
Il moro attese che lei ricambiasse il suo sguardo, prima di alzarsi in piedi, sollevandosi in volo dal masso “Pan non deve nulla a nessuno, lo sai benissimo. Noi dobbiamo qualcosa a lui, ovvero la possibilità di essere rimasti qui. Siamo la sua famiglia, Tink, la sola che ha e che abbiamo noi a nostra volta. Non discutere, ha più pensieri che capelli sul capo ora come ora. Appoggiamolo e basta.” Le porse la mano “Va bene?”
Questa però scrollò il capo con nervosismo,”Io lo appoggio sempre, vorrei solo ricevere qualcosa in cambio! Una ragione in più per sorridere!” un vortice verde la abbracciò e in un  battito di ciglia tornò delle dimensioni di una mela o poco più.
Rufio la guardò volare sino in cima all’albero, prima di sparire del tutto dalla sua vista. Non poteva seguirla, non aveva il permesso nemmeno di toccarlo quell’albero.
Solo Tink poteva.
Così, sconfitto, fece ritorno al campo.
“Vorrei essere io la tua ragione per sorridere, Tink.”




Nda:
Piccolo aggiornamento Natalizio^-^
Auguro a tutti delle bellissime festività e non mangiate troppo che, se scoppiate, non potete scoprire come andrà avanti la storia!
Come spenderete questi giorni? :D

Grazie a chi legge, ma in particolare a chi recensisce.
Siete straordinari. 

Un abbraccio
Jessy

 
TANTI AUGURI!!
 
  
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