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Autore: Kiji    24/12/2013    0 recensioni
Lay sta passando un momento difficile. La sua popolarità è la più bassa del gruppo e viene costretto ad accettare qualcosa che lo sconvolge: un duetto con Jonghyun degli SHINee. Potrà l'odio tra i due protagonisti, essere messo da parte per la buona riuscita del progetto? Amore, odio, gelosie.... tanti sentimenti che verranno messi in gioco in una sola storia. Spero vi piacerà ed aspetto con pazienza i vostri commenti...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Lay, Lay
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Lay impegnati! Come vuoi affrontare un duetto così importante quando ancora sbagli movimenti elementari? – Il maestro urlava troppo forte nella piccola stanza prove. Ero stato obbligato a seguire lezioni extra, ma era troppo difficile concentrarsi dopo tutte quelle ore a sgobbare in altre aule. Il sudore impregnava ormai completamente i miei vestiti, cambiandone totalmente il colore, mi sentivo sporco e lento. I movimenti del mio corpo non corrispondevano a ciò che realmente volevo fare, non mi ero mai sentito in quel modo, patetico. Incrociai le gambe, troppo vicine l’una all’altra e caddi pesantemente al suolo. Il braccio doleva per l’impatto con il legno scivoloso, ma non potevo arrendermi.
– Mi dispiace, ricominciamo. – Volevo far vedere a tutti il mio talento, ma ci sarei davvero riuscito? Mi impegnavo così tanto e desideravo solo risplendere nel palco, quella luce che a volte faticavo a raggiungere. Passo dopo passo, ero esausto ma non riuscivo a fermarmi. Quando finalmente la musica venne spenta, non sentivo più le gambe, fremevano mentre si infrangevano per terra.
– Grazie per il suo aiuto maestro, mi impegnerò sempre di più. – Lui mi guardò per un solo istante prima di voltarsi ed uscire dalla porta. Era così severo, ma in fondo sapevo  che era per il nostro bene. Mi rialzai a fatica, restando a fissarmi allo specchio, chi era quella persona che osava scrutarmi con occhi sgranati? Non mi riconoscevo più. Era passata una settimana dall’annuncio del nuovo duetto che mi attendeva, eppure le mie condizioni fisiche ritardarono la partenza dei preparativi.
– Lay, il video sarà molto difficile per il tuo attuale livello. Devi affrontare delle lezioni extra per tenere il passo di Jonghyun, ricordati che tutto questo lo facciamo per il tuo bene. – Il manager era protettivo nei nostri confronti, sebbene non riuscissi a capire se il suo interesse fosse davvero disinteressato. Così, dopo le stancanti prove per imparare la melodia, i passi di quel video impossibile, ancora dovevo lavorare per migliorare. Afferrai in silenzio la borsa con i vestiti puliti, mi sembrava un sogno potermi lavare, ero distrutto.
Non attesi neanche di tornare in dormitorio, avevo solo bisogno del conforto del getto d’acqua calda, era qualcosa di vitale. Entrai in silenzio nei bagni della compagnia. Non ci andavo spesso, eppure erano davvero confortevoli. Guardai l’ora, troppo tardi per poter incontrare qualcuno, cosa che mi confortò di cuore. Presi a spogliarmi lentamente, anche solo il contatto della pelle con la leggera stoffa dei vestiti, doleva terribilmente. Una volta nudo, mi gettai addosso quelle leggere gocce d’acqua, canticchiando un motivo tutto mio, qualcosa che scaturiva solo dall’interno del mio cuore. Totalmente immerso nei miei pensieri, turbinanti dentro di me, non mi accorsi neanche della porta che leggermente si apriva a pochi passi di distanza.
– Non pensavo fossi il tipo che cantava sotto la doccia. – Al solo suono di quella voce, mi irrigidii terribilmente. Voltandomi all’improvviso, non riuscii a fare a meno di notare lo sguardo rigido di Jonghyun. Incapace di articolare parola, ripresi ad insaponarmi, lentamente ma con impegno. Mi sentivo a disagio, sotto il suo controllo vigile. Per quale motivo la sua sola presenza mi incuteva una strana sensazione in tutto il corpo?
– Come mai non sei ancora al dormitorio? Gli allenamenti sono finiti da un pezzo. – Biascicai senza convinzione. In fin dei conti, lo sapevamo entrambi che poco mi importava di ciò che quella persona facesse nella sua vita.
– Faccio sempre doppi allenamenti. E’ normale per me finire a quest’ora. Fin dal mio primo giorno in questa compagnia, mi è stato insegnato a dare il massimo. Noi non siamo stati privilegiati come voi. – Faticai a capire le sue intenzioni, eppure succedeva spesso di sentire quelle critiche.  Giravano così tante voci secondo cui noi Exo eravamo un prodotto “commerciale” per quell’epoca di crisi. La pubblicità esplosiva che, ancor prima di debuttare, ci accompagnò, segnò totalmente il nostro destino in quel mondo competitivo. Noi eravamo i principi, i fortunati prescelti che, senza fatica si erano imposti nel mercato.
 Eppure nessuno di loro sapeva lo sforzo che facevamo giorno dopo giorno e la passione che in ogni istante, dimostravamo al mondo. La rabbia ribolliva dentro di me, ma non potevo sfogarmi, sarebbe stato sconveniente.
– Non capisco cosa intendi dire. Non abbiamo mai avuto alcuno sconto, questo è sicuro. – Strinsi i denti mentre pronunciavo quelle parole trafittive. Avrei voluto picchiarlo, vedere il sangue scorrere tra le pliche della sua pelle e sentirlo implorare perdono, ma dovevo sottostare.
 – Questo è da vedere. Se davvero ti sei impegnato così tanto, per quale motivo fai sempre gli stessi errori? Non che i tuoi hyung siano migliori. Belle canzoncine però, complimenti. – Il suo sguardo di sufficienza, quelle parole orribili rivolte agli amici più importanti che avevo, persi la ragione.
Mi voltai di scatto, osservando il suo petto nudo e, con un balzo mi avventai su di lui. Il contatto del mio pugno sul suo viso, fu un rumore paradisiaco. Scalciavo e lo colpivo, con tutta la forza che avevo, ma sebbene il dolore, sembrava impassibile. Vidi il rossore nella sua pelle trasparente e solo quando le sue mani circondarono i miei polsi, mi accorsi che la battaglia era finita.
– Brutto bastardo, non ti permetto di parlare male dei miei amici! Tu non sai nulla di noi, dell’impegno che ci mettiamo per dimostrare il nostro talento agli stupidi come te. Puoi deridermi, insultarmi, ma non ti permettere mai più di toccare i miei fratelli o giuro che ti ucciderò con le mie stesse mani! – Liberandomi dalla sua presa, mi asciugai di fretta, con rabbia, circondato da quel silenzio impalpabile. Non disse nulla, non provò neanche lontanamente a scusarsi per le sue parole, ma in fin dei conti non mi aspettavo neanche che lo facesse. Mi vestii con i primi stracci puliti che trovai e, chiudendo il borsone impregnato di vapore, uscii dalla stanza sbattendo la porta pesantemente.
Ero furioso, non mi importava di aver sbagliato, né delle conseguenze che inevitabilmente il mio gesto avrebbe comportato, ero pronto a tutto. Quando vidi il manager, appostato vicino alla macchina, salii dietro senza emettere alcun rumore. Speravo di cuore che partisse in fretta, avevo una voglia matta di gettarmi sotto le coperte e dormire un sonno profondo e senza sogni.
– Cosa aspettiamo Hyung? – Dissi senza pensarci mentre lui esitava a mettere in moto.
– Jonghyun mi ha chiesto di aspettarlo, stava facendo una doccia, credo. – Ancora quel nome, non riuscivo a sopportarlo. Il solo pensiero di condividere quel piccolo spazio, poi ancora la mia stessa camera insieme a quell’individuo ignobile, mi dava il voltastomaco. Uscii di colpo nel parcheggio, prendendo la mia borsa pesante tra le mani.
– Prendo un taxi, ci vediamo al dormitorio. – Non aspettai la sua risposta, né mi fermai alle sue urla disperate ed intimidatorie. Avevo bisogno di respiro, quei brevi istanti solo per me, ma nessuno riusciva a capirlo. Indossai il cappello nero ed uscii dalla porta secondaria, l’unica non ancora bloccata dalle fan scatenate. Ascoltai il rumore del vento che si infrangeva tra i vicoli di quella strada isolata ed un brivido mi percorse la schiena. Camminai lentamente, non avevo fretta.
Volevo solo seguire fino in fondo la scia dei miei pensieri, confusi e disordinati. Il marciapiede, da desolato, si iniziò a popolare, ma nessuno fece caso a me, a testa china ed occhi confusi. Salii senza problemi nel primo taxi che riuscii a trovare e mormorai brevemente la destinazione. Accasciando la testa allo schienale, mi abbandonai alla stanchezza. Sarei riuscito ad arrivare alla fine di quei tre mesi? Non ne ero completamente sicuro, ma che altra scelta avevo? Chiusi gli occhi, era tutto sparito nel nulla. Mi chiesi da quanto tempo non sorridessi veramente, ma non c’era una risposta concreta a quella domanda, o forse non volevo rispondere. Mi ero accorto di amarlo troppo tardi.
Sapevo che era impegnato, che non poteva rispondere al mio amore, eppure successe troppo velocemente per poterlo controllare. Quando capii che quei battiti così forti non erano dettati dall’amicizia, qualcosa crollò dentro di me. Ero cambiato e non in meglio. Le mie giornate, da meravigliose, divennero delle pene difficili da affrontare, ma per quanto ci provassi, era impossibile liberarmi della sua vicinanza. Lo bramavo, volevo a tutti i costi afferrare la sua pelle delicata, le sue labbra da baciare, anche se proibito. Kris era diventato il centro dei miei pensieri e delle mie angosce, ogni istante di quelle lunghe ore di lavoro. Nel momento esatto in cui il taxi si fermò, guardando quel palazzo a vetri in cui vivevamo, sospirai debolmente pagando il costo della corsa e scesi lentamente.
Non avevo voglia di rinchiudermi in casa, di vedere Jonghyun e di sentire i rimproveri del manager per il mio comportamento “violento e scorretto”. Come poteva capire? Girai il viso, incamminandomi verso il piccolo parco vicino.
La desolazione di quel luogo mi incupì ancora di più il morale, ma forse era meglio restare da solo. Sedendomi nella squallida altalena consumata dal tempo, mi sentii di nuovo bambino. Sembrava quasi di sentire nuovamente la voce di mia madre, preoccupata che cadessi, un altro luogo e un altro tempo che non sarebbero più tornati. Non ricordo quanto tempo rimasi immobile, troppo per quello che riesco a ricordare. Non mi accorsi neanche dei passi che si avvicinavano lenti, troppo immerso nei ricordi. Le giornate passate a ridere, i sogni di gloria che condividevamo, la musica che ci univa, ma non era abbastanza.
– Vuoi restare lì a congelare per tuta la notte? Torniamo a casa. – Alzando lo sguardo, gli occhi impenetrabili di Jonghyun mi stupirono. La sua mano era rivolta verso di me con fare gentile, differente dalla sua espressione accigliata. Non sapevo qual’era la cosa giusta da fare, ma per una volta, un solo momento, mi fidai di quel calore che mi attanagliava la punta delle dita, anche se, forse, fu solo un grosso ed inutile errore.
  
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