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Autore: Jack_Chinaski    24/12/2013    0 recensioni
Rapporto padre - figlio gay
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gelosia
 
Antonio e Sara si sono lasciati da quasi un mese, a causa dell’ottusa gelosia del primo.
Per diverso tempo si è allontanato, conscio della contro produttività dell’atteggiamento e nel tentativo di poter plasmare una nuova personalità.
Nonostante tutto, ama intensamente e follemente Sara, e un futuro immediato privo di lei è inimmaginabile.
Così,  passati giorni, si presenta sotto casa sua, suona tre volte, con timore e dolcezza, il suo citofono e la invita a scendere per proporle un discorso su come abbia intenzione di cambiare, di concederle tutto lo spazio e la comprensione fin ora venute meno.
Un discorso bello, lungo, un discorso preparato davanti allo specchio, ripetuto alla sorella e alla madre.
Un discorso invincibile.
Infatti, dopo tanti tentennamenti e mezzi rifiuti, Sara, innamorata tanto quanto lui, capitola e si decide a concedere a questo presunto “nuovo” Antonio un periodo di prova.
Lui, infondo al suo cuore, sa di voler cambiare, ma di non poterlo fare così velocemente, così drasticamente e, per evitare disastri, spinge la loro relazione verso altre direzioni.
Gli impegni cominciano ad aumentare vistosamente, inventa l’impensabile, inventa l’impossibile pur di tenersi alla larga dalla maggior parte degli eventi sociali di gruppo a cui lei vuole andare.
Si concede poco e spesso e volentieri solo per vedersi a casa di uno o dell’altro, lontano da terzi, lontano da altri uomini.
Usando questa tattica,  riesce a far scorrere buona parte del periodo di prova e Sara, è seriamente decisa a far tornare nella sua vita in pianta stabile, Antonio.
Antonio è felice, al settimo cielo, e sente di aver appreso qualcosa da questo tempo, di essere riuscito a lavorare su stesso e sulle sue incapacità di controllo dell’ Otello insito in lui.
Come era prevedibile, i due tornano insieme.
Un buon periodo questo, un momento pieno di felicità, di ritrovata serenità.
Ma la prova del nove è lì e lui lo sa.
Comprende che la sfida finale, il confronto fra i suoi demoni e il mondo sta per arrivare e deve essere pronto, non deve cedere nemmeno un centimetro alle sue ossessioni.
Un sabato sera, uno come tanti, Antonio, non fa storie, nessun impegno, reale o immaginario, anzi propone lui stesso di organizzare un’uscita coi vecchi amici. In mezzo alla gente, fra tanti altri uomini sconosciuti e, probabilmente, libidinosi.
Sara è molto contenta di ciò,  approva l’idea e organizza con gioia la cosa.
Quando mancano poche ore all’uscita, l’ansia di Antonio comincia a impadronirsi di lui.
Seduto alla sua scrivania, mezzo vestito, preme i polpastrelli della mano destra con vigore sul suo petto e respira piano, cadenzato.
Non è un infarto, lo sa, è la sua belva, il suo animale imprigionato che ruggisce, affamato dalla lunga degenza in quel buio a cui lui stesso l’aveva assegnato.
Antonio è in crisi, non vuole più uscire, è troppo presto, è troppo presto per affrontare il mondo.
Ma il tempo a disposizione è finito, deve fare la sua parte per Sara, per il suo amore e per il suo bene.
Finisce di vestirsi, prende le chiavi della macchina, bacia sua madre, le dice che le vuole bene ed esce.
La serata inizia male, Sara è bellissima, il suo metro e ottanta viene lievitato da un paio di tacchi neri accompagnati da un gonna, scura, e da un camicetta bianca tendente al trasparente.
Antonio non la guarda più, sa di doversi trattenere da qualsiasi commento, da qualsiasi sguardo.
Si sta giocando tutto il suo futuro con lei.
L’incontro è in pizzeria, per cominciare così la movida notturna, lei oramai procede avanti e lui la segue fissando e memorizzando ogni centimetri delle mattonelle del locale.
Però la fortuna non lo assiste, le sedie opposte alla folla sono già prese e così si ritrova ad avere una visuale completa del posto e a notare gli sguardi famelici diretti alla sua donna.
L’ira lo pervade, in pochi attimi colpevolizza tutti. Se stesso, gli altri, lei.
Vorrebbe alzarsi e litigare, come spesso è accaduto, ma  sa di non potere, vorrebbe dire mettere fine a tutto.
Così un’idea, malsana ma allo stesso tempo affascinante per la sua utilità, prende possesso della sua anima
Ora tutto è in mano al caso, l’idea si può fare, è semplice e velocemente attivabile.
Tutto sta nel coltello, se è uno di quelli appuntiti alla fine non ci sono speranze, ma se è rotondo può recidere abbastanza.
E’ rotondo, finalmente il fato gira dalla sua. Lo toglie con cura dalla confezione di plastica monouso, lo gira, lo rigira e poi è un attimo.
Il sangue, dai suoi occhi, sgorga copiosamente su tutto il tavolo e i suoi vicini, terrorizzati, rabbrividiscono e istintivamente gli sfuggono.
“Sara! Sara!”
Urla, ora l’udito è l’unica cosa che gli rimane per avere un contatto con lei, per sentirla vicina.
“Amore mio! Amore mio, ma che cazzo hai fatto?!”
“L’ho fatto per noi, amore, per evitare che la mia gelosia ti tormentasse,  che fosse d’impiccio fra di noi e ci dividesse”
Senza riflettere,  s’alza per abbracciarla, ma la totale inconsapevolezza dello spazio circostante insieme alla debolezza per l’immediata anemia lo fanno solo finire rovinosamente sul tavolo.
“Sara…”
“Sara, vieni qui. Va tutto bene, tesoro, ci pensiamo noi”
Una voce maschile, nota e sconosciuta al contempo.
Chi era costui? E cosa voleva da lei? Cosa le stava facendo, la stava toccando? E dove?
Il lampo della folle saggezza riattraversò la mente di Antonio  comprese di possedere ancora un deficit, una limitazione.
L’udito avrebbe fatto ancora più danni di prima, pensò, ora che privato della vista non poteva associare le parole alle azioni e alle immagini in movimento attorno a lui, attorno a lei.
Mentre deviazioni come queste affollavano un cervello fin troppo pieno, qualche mano caritatevole aveva messo fine al suo dissanguarsi appoggiando qualche straccio intorno ai suoi occhi e chiudendo per tamponare la ferità.
Il sangue gli impastava la faccia, aveva gli occhi in fiamme e non ci provava nemmeno più a sentire le palpebre.
Qualcuno lo strinse a sé, ne sentiva il pianto e ne riconobbe in un attimo l’odore.
Lei era lì, tutto andava bene, lei era lì.
Parole continue, ripetitive, cercavano di lenire le ferite invisibili di lui, promesse di felicità, di futuro, di prosperità uscivano dalla bocca di Sara in cammino per il suo cuore e ciò che rimaneva della sua coscienza.
Ma Antonio, quello che lei conosceva come tale, non c’era più, e mentre la stringeva a sé, in realtà, cercava l’elemento finale per la sua correzione, per plasmare definitivamente il suo nuovo io.
Le accarezzo i capelli a lungo, finché non trovò la matita da lei inserita prima per tenere su i capelli e la privo di essa.
Lei balzò all’indietro, per capire cosa accadesse, e quel lasso bastò a lui per infilare con tutta la forza in suo possesso la punta della matita nel canale dell’orecchio destro.
“Dio mio, no!”
Urlò, più di lei, e violentemente si agitò su se stesso rimanendo fermo nel suo posto.
Ansimava, disperato, il panno avvolto poco prima intorno al suo viso ricominciò a impregnarsi e lacrime rosse bagnarono il suo viso già sporco.
Gli mancava poco, doveva fare l’ultimo sforzo e poi sarebbe stato perfetto, intoccabile.
Niente l’avrebbe più raggiunto, niente l’avrebbe più condizionato.
“Ti prego, ti prego… bast..”
Il silenzio e il buio, più totali. Ora era veramente fuori, veramente libero.
Sapeva di stare urlando ancora, ma non aveva idea di cos’altro succedesse intorno a lui ed era felice.
Abbandonò i resti di sé sulla sedia in attesa di qualcosa, dopo un po’ svenne.
Quando si riprese, sentì di essere in movimento, il suo corpo dondolava, così capi di essere dentro l’ambulanza.
Chiamo Sara, una volta, due, tre, e non ebbe alcuna risposta.
Alzò la mano, sperando di riconoscere la minutezza della sua, e quando un’altra la strinse non ritrovò quella sensazione di sempre.
Ma forse, si disse, si sbagliava, in realtà quella mano era la sua eppure non aveva più possibilità di esserne certo.
Né il suo viso, né la sua voce l’avrebbero più potuto raggiungere laggiù dove s’era andato a rintanare da solo.
La sua gelosia, alla fine, l’aveva reso cieco e sordo a tal punto da non poter più sentire il suo amore nemmeno se fosse stato lì.
   
 
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