Di
nuovo, nessuno ha letto o corretto questo capitolo. Quindi, di nuovo,
se è terribile ditemelo: posso modificarlo, cambiarlo,
riscriverlo completamente.
Sempre se qualcuno legge o commenta questo capitolo, comunque. Uff.
Oh bhè. Ringrazio i Rammstein
e i Kaizers Orchestra per avermi dato la musica. Inniettatemela
direttamente nelle VENE! OçO
*-_).(_-*
In molti non reputavano importante il Saiko-komon. Mentre il
Wakagashira e lo Shateigashira avevano il controllo del distretto, il
Saiko-komon era un semplice consigliere che controllava la parte amministrativa
della famiglia: alle sue dipendenze c’erano quindi i contabili e un consigliere
legale, nominati rispettivamente Kaikei e Shingiin, ed infine gli avvocati.
Quello che in molti non sapevano era che spesso era lui
quello che andava a stringere le giuste alleanze o che discuteva gli accordi
con le famiglie nemiche- o che convinceva alcuni pezzi grossi a fare uno
strappo alla regola per i protetti della Yakuza. Se questi accordi non andavano
a buon fine allora il Saiko-komon si ritirava di buon grado dalla scena, dando
le informazioni più importanti al boss e al resto della triade, e aspettava
pazientemente che l’Oyabun agisse: quando poi i pezzi grossi telefonavano,
impauriti o infuriati, per dire che accettavano l’accordo che veniva loro
offerto, era il consigliere che li informava educatamente di quanto fossero
felici di quel curioso cambio di piani.
Inoltre era al Saiko-komon che molti uomini della Yakuza
dovevano le pene così brevi che ricevevano quando catturati dalla polizia:
infatti, fra i vari dirigenti, politici e magistrati con cui era in accordo, c’era
sicuramente un giudice disposto a chiudere un occhio.
Sfortunatamente per Felix era lui quello che aveva tutte le giuste alleanze.
Quando sua sorella, il giorno dopo, venne a parlargli, lui
sapeva cosa stava per dire. Emily era Saiko-komon da poco tempo, troppo poco
per aver stretto un solo accordo utile: quello voleva dire che Felix era costretto ad
aspettare un giusto processo e che doveva scontare una giusta condanna.
La sorella però lo tranquillizzò: il consigliere legale aveva
assicurato che il suo era un semplice caso d’omicidio colposo, quindi la pena
era, di per se, breve. Era poi un punto a suo favore il fatto che non fosse
fuggito. Complessivamente non sarebbe dovuto rimanere in prigione per più di
tre mesi: se poi si contava la bravura dell’avvocato della famiglia, allora la
pena calava ulteriormente.
“Carlyle?” chiese
il giudice, scrutando Felix con circospezione. “Lei si chiama Carlyle?”
Vi fu un brusio nella sala: persino il procuratore non poteva
credere ad una pena così esagerata. Dal canto suo, Felix non ebbe la forza di
dire nulla quando due agenti di polizia lo scortarono di nuovo in prigione.
“Due anni! Due anni!” Emily quasi gridava da quanto era infuriata. “Cosa diavolo è successo?! Che cosa gli è preso a quel giudice?!”
“Favoloso, ho
finalmente un soprannome!” esclamò Felix con esagerata allegria.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sospirando. “Già. Comunque non ti preoccupare: tempo
due settimane e allaccerò le alleanze necessarie per farti uscire. Due anni!
Dimmi il suo nome e, credimi, quel giudice avrà le ore contate.”
“Sarei potuta diventare
una poliziotta. Intendo dire, starei benissimo con la divisa…”
Una settimana dopo Felix fu svegliato da quelle parole.
Nel corridoio della prigione due persone, un maschio e una
femmina, stavano esaminando le celle una ad una, scrivendo qualcosa su delle cartelle,
mentre parlavano del più e del meno mangiando gelatine.
“E poi io con chi avrei
diviso le mie ciambelle? Andiamo, Nora, devi ammetterlo: sei stata fortunata.”
Felix cercò di capire chi potevano essere quei due. Non li
aveva mai visti da quando era lì, il che, visto che era in prigione da poco più
di una settimana, non voleva dire granché.
Non erano poliziotti, quello era sicuro: ma se non lo erano
allora cosa ci facevano li?
“No, tu sei stato
fortunato: senza di me non avresti mai scoperto Sogni d’Amore. Lo sa persino
Isaac che Andrè senza Sogni d’Amore è un Andrè triste e sconsolato.”
Probabilmente erano due idioti, ma a maggior ragione: cosa
ci facevano lì due idioti?
Felix si sdraiò su un lato, in modo da poter vedere i due
sconosciuti mentre continuavano ad avanzare. Non indossavano una divisa, erano
in abiti civili- cosa che, ovviamente, non diede nessun aiuto a capire che lavoro facessero.
Non riusciva a capire chi diavolo erano: non erano due
poliziotti e non potevano essere della Yakuza, ma di sicuro non erano due
persone normali che stavano facendo un giro.
“Oh, siamo stati
tutti e due fortunati, d’accordo? D’altronde, ciò che preferisco di Sogni d’Amore,
è poter scherzarci sopra con te.”
Nora ridacchiò alla frase di Andrè. “Ooh, che tenero! Quindi, se per una volta guardassimo un film invece
che quella fiction…”
“Ne morirei.”
Completò Andrè, prendendo un’altra gelatina dal suo pacchetto. “Ormai non posso più farne a meno: Sarah
riuscirà a dire a Ryan che Marion è sua madre, prima che lui le chieda di
sposarlo? Jason non era morto? Qualcuno scoprirà mai che è stato Cippi il
canarino ad ucciderlo?”
Il duo si fermò di fronte alla cella di Felix, leggendo la
cartella che avevano in mano.
“Carlyle…” Felix
s’irrigidì sentendo la ragazza pronunciare il suo nome. “Questo nome mi è familiare! Potrebbe essere…”
“Colui che ci firma
gli assegni ogni mese!” Esclamò Andrè, allegramente.
Felix aggrottò la fronte: quelli erano due della Yakuza?
Impossibile.
Si, ovviamente era impossibile. Lo stipendio, nella Yakuza,
era sempre dato in contanti, mai in assegni.
“Forte! Pensi che sia
un cattivo momento per chiedergli un aumento?” Felix avrebbe voluto dire
qualcosa alla ragazza, ma si ricordò appena in tempo che stava facendo a finta
di dormire: quindi chiuse la bocca e si morse il labbro inferiore, tornando a
pregare perché i due se ne andassero.
“Ne avremo tutto il
tempo dopo: siamo qui per lui.”
Appena sentì la porta della sua cella aprirsi Felix ebbe un
tuffo al cuore. Subito cominciò a pensare a cosa poteva fare: non sarebbe stato
un problema stenderli, quello era sicuro, ma poi? Rimaneva comunque chiuso in
prigione, e i poliziotti l’avrebbero ripreso subito.
Ma allora-
Fu solo dopo, quando ormai erano di fronte all’entrata, che
Felix chiese, finalmente, chi diavolo fossero i due.
Nora sorrise.