Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: 13Sonne    18/05/2008    1 recensioni
<< Aggiunto Decimo Capitolo>>
"Tecnicamente parlando, in questo mondo gli esseri umani sono solo parassiti."
"Tu sei di parte."
"Io sono realista. Noi facciamo ciò che la Natura ci ha detto di fare, ovvero distruggere il mondo. Per quanto, nella Storia, vi sono state volte in cui abbiamo pensato con la nostra testa, fondalmentalmente la gente è stupida e tende a fare ciò per cui è stata creata."
Genere: Generale, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Yakuza

Di nuovo, nessuno ha letto o corretto questo capitolo. Quindi, di nuovo, se è terribile ditemelo: posso modificarlo, cambiarlo, riscriverlo completamente.
Sempre se qualcuno legge o commenta questo capitolo, comunque. Uff.
Oh bhè. Ringrazio i Rammstein e i Kaizers Orchestra per avermi dato la musica. Inniettatemela direttamente nelle VENE! OçO

*-_).(_-*

In molti non reputavano importante il Saiko-komon. Mentre il Wakagashira e lo Shateigashira avevano il controllo del distretto, il Saiko-komon era un semplice consigliere che controllava la parte amministrativa della famiglia: alle sue dipendenze c’erano quindi i contabili e un consigliere legale, nominati rispettivamente Kaikei e Shingiin, ed infine gli avvocati.
Quello che in molti non sapevano era che spesso era lui quello che andava a stringere le giuste alleanze o che discuteva gli accordi con le famiglie nemiche- o che convinceva alcuni pezzi grossi a fare uno strappo alla regola per i protetti della Yakuza. Se questi accordi non andavano a buon fine allora il Saiko-komon si ritirava di buon grado dalla scena, dando le informazioni più importanti al boss e al resto della triade, e aspettava pazientemente che l’Oyabun agisse: quando poi i pezzi grossi telefonavano, impauriti o infuriati, per dire che accettavano l’accordo che veniva loro offerto, era il consigliere che li informava educatamente di quanto fossero felici di quel curioso cambio di piani.
Inoltre era al Saiko-komon che molti uomini della Yakuza dovevano le pene così brevi che ricevevano quando catturati dalla polizia: infatti, fra i vari dirigenti, politici e magistrati con cui era in accordo, c’era sicuramente un giudice disposto a chiudere un occhio.
Sfortunatamente per Felix era lui quello che aveva tutte le giuste alleanze.

*-_-* 

Quando sua sorella, il giorno dopo, venne a parlargli, lui sapeva cosa stava per dire. Emily era Saiko-komon da poco tempo, troppo poco per aver stretto un solo accordo utile: quello voleva dire che Felix era costretto ad aspettare un giusto processo e che doveva scontare una giusta condanna.
La sorella però lo tranquillizzò: il consigliere legale aveva assicurato che il suo era un semplice caso d’omicidio colposo, quindi la pena era, di per se, breve. Era poi un punto a suo favore il fatto che non fosse fuggito. Complessivamente non sarebbe dovuto rimanere in prigione per più di tre mesi: se poi si contava la bravura dell’avvocato della famiglia, allora la pena calava ulteriormente.

Il processo si svolse tre giorni dopo: il giudice ascoltò con calma i vari testimoni, guardò le prove che gli venivano affidate ed annuì nel sentire l’arringa dell’avvocato di Felix. Tutto sembrava andare secondo il meglio, insomma, almeno finché non rilesse il rapporto della polizia.
“Carlyle?” chiese il giudice, scrutando Felix con circospezione. “Lei si chiama Carlyle?”

Felix fu sicuro di aver visto un sorriso sul volto del magistrato quando questo disse, con voce forte e chiara, che era stato condannato a due anni di reclusione.
Vi fu un brusio nella sala: persino il procuratore non poteva credere ad una pena così esagerata. Dal canto suo, Felix non ebbe la forza di dire nulla quando due agenti di polizia lo scortarono di nuovo in prigione.

 -._.- 

“Due anni! Due anni!” Emily quasi gridava da quanto era infuriata. “Cosa diavolo è successo?! Che cosa gli è preso a quel giudice?!”

Felix sospirò, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno ad un dito. “Quando ha letto il mio cognome deve aver capito che faccio parte della società e… e ha cercato di punirmi.”

“Ha capito che- ugh!” Emily affondò il viso fra le mani, per evitare di strillare. Quando riemerse sembrò aver ripreso il controllo. “Già il semplice fatto che fosse uno di quelle dieci persone nella città che crede nell’esistenza della società è incredibile- ma che sapesse persino il nome delle famiglie nobili ti dà da pensare, uh? Sei la sfortuna per antonomasia.”

“Favoloso, ho finalmente un soprannome!” esclamò Felix con esagerata allegria.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, sospirando. “Già. Comunque non ti preoccupare: tempo due settimane e allaccerò le alleanze necessarie per farti uscire. Due anni! Dimmi il suo nome e, credimi, quel giudice avrà le ore contate.”

Felix scosse la testa. “No. Non abbiamo bisogno di attirare così tanta attenzione. Pensa solo a farmi uscire di qui- poi ci penserò io a rovinargli la reputazione.”

Emily portò le mani dietro la testa, schioccando la lingua, prima di dire “Come preferisci.”

*-_-.-_-* 

 

“Sarei potuta diventare una poliziotta. Intendo dire, starei benissimo con la divisa…”

Una settimana dopo Felix fu svegliato da quelle parole.
Nel corridoio della prigione due persone, un maschio e una femmina, stavano esaminando le celle una ad una, scrivendo qualcosa su delle cartelle, mentre parlavano del più e del meno mangiando gelatine. 

“E poi io con chi avrei diviso le mie ciambelle? Andiamo, Nora, devi ammetterlo: sei stata fortunata.” 

Felix cercò di capire chi potevano essere quei due. Non li aveva mai visti da quando era lì, il che, visto che era in prigione da poco più di una settimana, non voleva dire granché.
Non erano poliziotti, quello era sicuro: ma se non lo erano allora cosa ci facevano li? 

“No, tu sei stato fortunato: senza di me non avresti mai scoperto Sogni d’Amore. Lo sa persino Isaac che Andrè senza Sogni d’Amore è un Andrè triste e sconsolato.” 

Probabilmente erano due idioti, ma a maggior ragione: cosa ci facevano lì due idioti?
Felix si sdraiò su un lato, in modo da poter vedere i due sconosciuti mentre continuavano ad avanzare. Non indossavano una divisa, erano in abiti civili- cosa che, ovviamente, non diede nessun aiuto a capire che lavoro facessero.
Non riusciva a capire chi diavolo erano: non erano due poliziotti e non potevano essere della Yakuza, ma di sicuro non erano due persone normali che stavano facendo un giro. 

“Oh, siamo stati tutti e due fortunati, d’accordo? D’altronde, ciò che preferisco di Sogni d’Amore, è poter scherzarci sopra con te.” 

Nora ridacchiò alla frase di Andrè. “Ooh, che tenero! Quindi, se per una volta guardassimo un film invece che quella fiction…” 

“Ne morirei.” Completò Andrè, prendendo un’altra gelatina dal suo pacchetto. “Ormai non posso più farne a meno: Sarah riuscirà a dire a Ryan che Marion è sua madre, prima che lui le chieda di sposarlo? Jason non era morto? Qualcuno scoprirà mai che è stato Cippi il canarino ad ucciderlo?” 

Il duo si fermò di fronte alla cella di Felix, leggendo la cartella che avevano in mano. 

“Carlyle…” Felix s’irrigidì sentendo la ragazza pronunciare il suo nome. “Questo nome mi è familiare! Potrebbe essere…” 

“Colui che ci firma gli assegni ogni mese!” Esclamò Andrè, allegramente. 

Felix aggrottò la fronte: quelli erano due della Yakuza? Impossibile.
Si, ovviamente era impossibile. Lo stipendio, nella Yakuza, era sempre dato in contanti, mai in assegni. 

“Forte! Pensi che sia un cattivo momento per chiedergli un aumento?” Felix avrebbe voluto dire qualcosa alla ragazza, ma si ricordò appena in tempo che stava facendo a finta di dormire: quindi chiuse la bocca e si morse il labbro inferiore, tornando a pregare perché i due se ne andassero. 

“Ne avremo tutto il tempo dopo: siamo qui per lui.” 

Appena sentì la porta della sua cella aprirsi Felix ebbe un tuffo al cuore. Subito cominciò a pensare a cosa poteva fare: non sarebbe stato un problema stenderli, quello era sicuro, ma poi? Rimaneva comunque chiuso in prigione, e i poliziotti l’avrebbero ripreso subito.
Ma allora-

“Felix?” appena la ragazza lo sfiorò lui si alzò di scatto, spaventato dal contatto. “Ehi. Io mi chiamo Nora, mentre lui è Andrè.”

Felix non riuscì ad aprire bocca.

“Ti trasferiamo, Felix! Spenderai la tua pena fuori questa deprimente cella.” Andrè sorrise dicendo questo, prima di porgergli il pacchetto di gelatine. “Vuoi una?”

Scosse la testa, confuso. Lo trasferivano- voleva forse dire che c’entrava sua sorella? Se così era, bisognava ammettere che aveva fatto davvero in fretta ad entrare in contatto con i giudici.

___

Fu solo dopo, quando ormai erano di fronte all’entrata, che Felix chiese, finalmente, chi diavolo fossero i due.
Nora sorrise.

“Siamo due dipendenti della Coma F.cor.”

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: 13Sonne