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Autore: piuma_rosaEbianca    24/12/2013    0 recensioni
Grantaire ed Enjolras sono gli unici Grifondoro del loro anno a rimanere ad Hogwarts durante le vacanze natalizie. Si ritroveranno a passare fin troppo tempo insieme, ma forse non andrà poi così male.
Ambientato in era moderna, non troppo sporadici riferimenti all'universo di Harry Potter (bookverse, ovviamente, you mudbloods.)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Come promesso, torno subito da voi. È la vigilia di Natale! 

Buone feste, di nuovo. E buona lettura c:

▲▲▲

La mattina dopo, Grantaire, appena sveglio, credette di essere solo.
Sentì l'acqua scorrere nel bagno, ma lì per lì non ci diede peso, pensando che potesse essere un qualche fantasma o anche la sua mente ancora mezza addormentata.
Poi ricordò, e una morsa di panico gli afferrò lo stomaco.

Si sollevò a sedere di scatto per aprire la tenda del suo baldacchino e constatare come il letto al suo fianco fosse vuoto ma disfatto, segno che il giorno prima non era stata una sua fantasia.
Respira, R, va tutto bene, si ripeté mentalmente, mentre ricadeva pesantemente sul letto e ascoltava l'acqua scorrere.

Poi, dal brusio, si levò una voce. Enjolras stava cantando sotto la doccia.

Era qualcosa che Grantaire aveva sentito fin troppo spesso alla radio durante l'estate, ma non aveva la minima idea di quale fosse il titolo, né tanto meno l'autore.
Apparentemente Enjolras ne era un grande fan, dato che la sapeva tutta, parola per parola. Quando l'ebbe finita, passò a un medley di canzoni natalizie babbane e Grantaire scoppiò a ridere, sentendo distintamente il panico lasciare il suo corpo.

Rimase disteso ad ascoltare, ridacchiando ogni tanto, forse riaddormentandosi per qualche minuto, e pensò solo distrattamente a quanto Enjolras fosse bravo (anche in quello, maledizione), e ancora più di sfuggita a quanto avrebbe voluto essere sotto la doccia con lui.
Forse dormiva quando l'acqua si spense, forse stava solo pensando ad altro, in ogni caso non ebbe modo di prepararsi e sobbalzò quando Enjolras uscì dal bagno in accappatoio, ancora canticchiando.

«Ah, buongiorno!» esclamò il biondo non appena vide che l'amico era sveglio. «Non ti ho svegliato io, vero?» chiese poi mentre si chinava sul suo baule per prendere dei vestiti puliti.
«No, no. Anzi, il tuo concerto mi ha conciliato qualche ora in più di sonno.» rispose Grantaire, nascondendo un ghigno mentre Enjolras arrossiva violentemente, assumendo lo stesso colore della tenda alle sue spalle.

«Tranquillo, non svelerò i tuoi punti deboli al nemico. Anche se mi stupisce che in quattro anni nessuno se ne sia mai accorto.» sorrise Grantaire, cercando di non fissare l'amico mentre si vestiva.
«Di solito mi trattengo quando so che c'è qualcuno. Infatti ero sicuro che tu dormissi.» spiegò, sempre arrossendo, mentre si infilava la biancheria da sotto l'accappatoio prima di toglierselo e appenderlo dietro la porta del bagno.

Lo stomaco di Grantaire fece una sorta di capriola che somigliava più a un triplo salto mortale su una voragine piena di lava, ma fu bravo a celare il profondo disagio che quella situazione gli procurava.
«Non credo dovresti, hai una bellissima voce.» si lasciò sfuggire, senza pensarci troppo. In quel momento era tutt'altro che capace di controllare le sue parole.
Enjolras arrossì di nuovo e si affrettò ad infilarsi un maglione per nascondere il sorrisetto compiaciuto che gli era apparso sul volto. Grantaire portò lo sguardo al soffitto.

«Potremmo mettere su degli spettacoli per raccogliere fondi per il Musain.» disse, sovrappensiero, e non notò lo sguardo dell'amico che si illuminava. «Marius sa suonare il pianoforte, Jehan può scrivervi qualcosa, sarebbe bello.» continuò, fantasticando su folle così ammaliate dalla loro musica, da donare metà dei loro possedimenti all'associazione.

«Se quello che sogno per la nostra società diventasse realtà, potremmo espanderci al mondo babbano per cercare fondi. Sono sicuro che un sacco di associazioni si unirebbero a noi.» intervenne Enjolras, spegnendo le fantasie dell'amico.

«O potremmo semplicemente non dire a cosa vanno i proventi. Tanta gente fa beneficenza giusto per sentirsi in pace con se stessa, senza neanche preoccuparsi di che fine facciano i propri soldi. Abbiamo vissuto di questo per anni, solo che vendere dolci porta a porta ultimamente serve più a tenere i bambini impegnati, che a guadagnare seriamente.» ribatté Grantaire cercando, come al solito, di tenere le cose sul reale.
«Preferisci fingere per quei bambini, invece di combattere per dargli un futuro migliore?» domandò Enjolras, accalorandosi, cercando una reazione da parte dell'amico.
Grantaire gli puntò addosso uno sguardo severo.

«La maggior parte dei ragazzi che passa l'estate lì non sogna, non ci riesce. Come puoi dare speranza a qualcuno rifiutato dalla sua stessa famiglia? Come pretendi che loro combattano quando hanno a malapena la forza di svegliarsi ogni mattina? A te sembra tutto così facile, ma non hai davvero idea di come ci si senta.» disse, con calma e amarezza, ed Enjolras abbassò lo sguardo, un po' vergognandosi della sua insistenza da sognatore contro l'esperienza dell'altro.

Grantaire approfittò del silenzio per alzarsi, prendere i suoi vestiti e andare in bagno, mentre l'altro rimase seduto a rimuginare.
Durante la colazione, e poi per tutta la mattinata, Grantaire sparì con un gruppetto di Corvonero del sesto anno che conosceva, ed Enjolras, rimasto solo, tornò in sala comune, cercando di riprendere il libro del giorno prima, ma continuando a distrarsi pensando alle parole dell'amico.

Era sempre così fra loro: Enjolras parlava con il fuoco della ribellione che gli bruciava nel cuore, e Grantaire gli rispondeva con il freddo scetticismo derivato dalla propria esperienza. Per essere dei ragazzini, entrambi avevano dentro fin troppo da sfogare, solo che Enjolras lo faceva con ardore, con lunghi discorsi e piani di battaglia, e Grantaire se lo lasciava sfuggire, quando ascoltare in silenzio gli diventava troppo insopportabile, in aspri commenti e sguardi pesanti.

Grantaire era il suo Socrate, sempre a porre domande, a insediare dubbi nella sua mente, a smontare passo per passo le sue convinzioni. La domanda che a Enjolras rimaneva sempre, alla fine, era la motivazione di tutto quello. Voleva fargli da maestro, distruggerlo per aiutarlo a ricostruire su basi più solide, o era una forma di inconscia vendetta, quell'infrangere sogni altrui nello stesso modo in cui credeva che la vita avesse infranto i suoi?

Era convinto che la risposta giusta fosse la prima, che Grantaire, alla fine, volesse spingerlo a trovare una vera soluzione senza mettersi apertamente dalla sua parte.
O, almeno, lo sperava.
Passò tutta la mattinata a rimuginarci sopra e, quando si rividero a pranzo, voleva quasi chiederglielo, ma riuscì a trattenersi.

«Cosa avete fatto di bello?» gli chiese distrattamente, servendosi una porzione di lasagne al ragù.
Grantaire trattene una risata mentre si voltava a guardarlo. «Niente di che, siamo stati in cortile a perdere tempo.» rispose, e abbassò lo sguardo sul suo piatto, sorridendo.
«Tu?» chiese poi, affondando in una coscia di pollo.
«Uhm, niente, ho letto.» mentì Enjolras, e il sorriso di Grantaire si allargò.

Silenzio. Mangiarono in silenzio per un po'. Grantaire continuava a soffocare risatine nel suo piatto.

«Smettila di ridere, di grazia. O almeno spiegami il perché.» disse Enjolras serio, pulendosi la bocca con un tovagliolo.
«Di grazia?» rise Grantaire, girandosi a guardarlo con uno sguardo ostentatamente incredulo.
«Eddai.» si lamentò Enjolras, allungando la i finale in modo adorabilmente infantile.

«Rido perché fai ridere, Enjolras. Mi sembra ovvio. Se non lo capisci da solo te lo spiego a cena, il perché.» rispose Grantaire, sempre sorridendo, guardando Enjolras con uno sguardo carico di affetto. Si ripulì la bocca e le mani, prese un sorso d'acqua e si alzò, uscendo in fretta dalla Sala Grande, lasciando l'amico solo, di nuovo, a guardarlo andare via con un'adorabile espressione imbronciata. A cena avrebbero risolto la cosa, decise il biondo.

Peccato che Grantaire non si fece vedere, né per il pasto né per il resto della serata. Quando andò a letto, intorno alle undici, Enjolras non riusciva a capire se fosse più irritato o preoccupato.

Stava quasi per decidere di aspettarlo alzato, anche solo per farsi spiegare il motivo di tanta ilarità a pranzo e magari sgridarlo per aver infranto il coprifuoco, assolutamente non per accertarsi che effettivamente tornasse e che stesse bene, figuriamoci, cosa poteva importargliene.

Solo quando sobbalzò sentendo una porta sbattere al piano di sotto decise che forse era meglio evitare.
Avrebbero fatto i conti al mattino, decise mettendosi giù e chiudendo le tende del suo baldacchino.
Pochi minuti dopo già dormiva.

▲▲▲▲

Oooookay. 
Ringrazio chiunque abbia letto il capitolo precedente e questo, specialmente Dark Shines, che ha messo la storia fra le seguite. 
Inoltre, rinnovo i ringraziamenti a Valeria, a Marta, e stavolta aggiungo Anna, la mia migliore amica, che ha betato questo capitolo. 
Ah e sì, ho cambiato il titolo della storia. Non sono mai un genio con i titoli e mi è venuto in mente solo oggi. Scusate per l'eventuale disagio.
Spero che qualcuno sia così buono da farmi un bellissimo regalo di Natale e lasciarmi una recensione, anche piccolina. 
That's all, folks. 
A domani, 
Piuma_

   
 
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