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Autore: queen of night    18/05/2008    5 recensioni
Certo che il destino sapeva davvero sorprendere. Due settimane prima non si sarebbe mai sognato di rivolgere la parola a Fay Heather, mentre ora ce l’aveva appiccicata contro la schiena. La spiò dallo specchietto e la vide poggiare la guancia contro la proprio spalla. Aveva lo sguardo basso e sembrava persa nei suoi pensieri. La folta chioma corvina danzava dietro di lei, come una lingua di fuoco nero. Forse non era bella nel senso comune del termine, ma era quantomeno affascinate come persona. Sembrava in gamba, perché viveva da sola in un postaccio dove lui non avrebbe mai messo piede per tutto l’oro del mondo. Sapeva arrangiarsi e questo un po’ gli ricordava Neil. Inoltre aveva appurato che non erano assolutamente vere le voci di corridoio che la dipingevano come l’amante di qualche professore influente della facoltà. Fay era molto intelligente. L’aveva capito subito. E comunque sembrava abbastanza ostinata e orgogliosa da non abbassarsi a tanto solo per qualche buon voto. Di certo non aveva un carattere semplice, era strana e amava isolarsi, però sembrava una brava ragazza a dispetto di quello che si diceva in giro. Quanto si sbagliava…
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La consapevolezza di chi aveva di fronte lo colpì in pieno, proprio come un potente pugno alla bocca dello stomaco. Nathan, infatti, a quella visione boccheggiò, shockato e al tempo stesso inorridito.

No, no, no, no, no, no… continuava a ripetersi, anche se il negare ciò che stava avvenendo in realtà era proprio come ammettere che stava davvero accadendo…

La iella non poteva amarlo così tanto, pensò, sconsolato. Non era proprio possibile che capitassero tutte a lui!

Fece mente locale e ripercorse su per giù la sua vita fino a quel momento: ok, in effetti qualcosa di male lo aveva fatto per meritarsi la sfortuna nera di quel giorno.

In ogni caso doveva riprendersi.

Si impose, quindi, di riassumere un aspetto composto e dignitoso. Inspirò ed espirò. Si calmò. E solo allora sbirciò con nonchalance l’espressione della ragazza che gli stava di fronte.

Dall’altra parte della scena, che qualcuno avrebbe potuto definire comica, Fay, sorpresa quanto il giovane Mc Quinn, si limitava a squadrarlo dalla soglia con sguardo ostile, dall’alto in basso; almeno finché, senza spiccicare parola, si avviò all’interno del suo appartamento, lasciando il portone d’ingresso aperto.

Un tacito invito ad entrare.

Rapidamente Nathan fece un calcolo mentale sui pro e i contro della situazione: varcare quella soglia avrebbe voluto dire passare un’ora del suo tempo in compagnia di una tizia dannatamente odiosa e la cui sola presenza bastava a metterlo di cattivo umore. Inoltre, diamine, lui era un Mc Quinn! In facoltà tutti sapevano chi era ed aveva una reputazione da difendere: non poteva certo farsi dare delle ripetizioni da una nullità come la Heather! D'altronde, quella tipa era anche la migliore del suo anno e la percentuale di superare l’esame orale di Statica e Meccanica sarebbe senz’altro salita di molto, frequentando Morticia… E poi, chi mai sarebbe venuto a sapere che studiava con lei? Più tardi si sarebbe premurato di avvisare Neil di non raccontarlo a nessuno… anzi, ora che ci pensava, Neil non sapeva nemmeno che la ragazza in questione fosse proprio Fay Haether. Avrebbe anche potuto nasconderglielo…

Cavolo, alla fine il beneficio risultava maggiore del danno sotto ogni punto di vista e non aveva più scuse per rifiutare una simile occasione. Avrebbe sopportato quella strega, si disse, almeno finché non avesse superato l’esame.

E, presa la fatidica decisione, Nathan Mc Quinn avanzò con andatura insolente all’interno dell’ appartamento, sbattendo la porta alle proprie spalle.

Per prima cosa si guardò attorno con circospezione: a differenza del resto del condominio, notò subito il moretto, quell’ alloggio era in condizioni decisamente migliori: le pareti bianche e linde rivelavano una recente e meticolosa passata di vernice e quel poco di mobilio che poté scorgere dalla sua posizione gli parve tirato a lucido ed in buono stato.

Percorse guardingo il lungo corridoio, passando davanti a due porte chiuse, e arrivò in un ampio salotto, che conteneva in un angolo anche la cucina. Cercò la ragazza e la vide in fondo alla stanza, mentre riordinava libri e quaderni su un tavolo basso e rotondo. E lo ignorava palesemente…

Come padrona di casa, pensò Nathan, lasciava alquanto a desiderare.

Così, senza dire o chiedere nulla, si tolse il giubbotto e lo buttò di mal garbo sul divano.

Che situazione assurda! E pensare che aveva rifiutato la proposta di Le Revenant solo per incappare comunque nella stessa identica prospettiva di dover studiare insieme a Morticia!

Bella figura, davvero…

Nel frattempo Fay continuava a trafficare con un astuccio e dei fogli e non sembrava nemmeno un po’ intenzionata ad accoglierlo benevolmente nella sua casa. Il silenzio che era calato tra loro come una pesante cappa e stava divenendo intollerabile per il povero Mc Quinn (che tanto povero non era, volendo proprio dirla tutta, ma questi sono dettagli).

“Ehm…”

Cavoli, non sapeva nemmeno cosa dire… eppure doveva pur rompere il ghiaccio in qualche modo, no? Se proprio doveva passare un’ ora con la Heather, almeno che ci fosse un’atmosfera rilassata. E che diamine, si sentiva teso come una corda di violino e non sapeva nemmeno spiegarsene la ragione! Probabilmente era l’ambiente, pensò. In effetti, anche se il locale pareva grande, luminoso e pulito, aveva un qualcosa di insolito, che Nathan non riusciva bene a classificare.

“Intendi passare ancora molto tempo a guardarti intorno e a criticare l’arredamento oppure ti siedi e cominciamo?” gli chiese Fay d’un tratto, sempre dandogli le spalle.

Imbronciandosi ancora di più ed ignorando le sue parole ironiche, Nathan si avvicinò al tavolo, ricordandosi solo allora di non avere portato con sé la borsa dei libri. Si maledisse mentalmente, prima di sedersi dall’altro capo del tavolo, il più lontano possibile da Fay.

La ragazza parve accorgersi di quella ritrosia nei suoi confronti, poiché gli scoccò un’altra delle sue occhiatacce attraverso ciuffi neri di capelli, che le ricadevano scomposti sul viso.

Poi, senza dire nulla, si alzò e si avvicinò a lui, mettendogli davanti il proprio libro.

“Ora fammi vedere quali argomenti non ti sono chiari” gli disse, con voce sottilmente cupa e bassa.

Il fatto di averla in piedi di fianco a sé, provocò a Nathan un moto di fastidio. Inutile: quella ragazza non gli piaceva neanche un po’. Prendere ripetizioni da lei sarebbe stato più difficile del previsto.

Distrattamente si ritrovò a chiedersi cosa Neil ci avesse trovato di vagamente attraente in lei, dato che poco prima, a casa loro, l’aveva definita una bella ragazza… personalmente, a lui non diceva nulla. A parte il fatto che sembrava, anzi, era troppo scorbutica, non gli piaceva il colore spettrale della sua pelle, né tanto meno quei suoi occhi scuri, d’un nero così profondo da inghiottire nel nulla persino le pupille…

Mentre era distratto da quei pensieri, una cosa altrettanto scura gli piombò all’improvviso davanti e lo spavento fu così grande, che Nathan si arrovesciò indietro con la sedia, andando a cozzare con il pavimento.

Fay lo guardò, perplessa.

“Paura dei felini?” gli chiese, con voce sottilmente canzonatoria, mentre, la ragazza si avviava verso la cucina: un angolino ricavano all’interno della sala e separato da essa da una porzione di parete.

Nathan, bestemmiando a mezza voce, si rialzò e guardò sul tavolo, incrociando così un paio di occhi verdissimi, che lo scrutavano incuriositi.

Un gatto. Nero.

Digrignò i denti, frustrato. Ecco: ora aveva anche fatto la figura dell’idiota, e che cavolo! Proprio davanti a una come lei… Si sentì arrossire a poco a poco, forse per l’imbarazzo, ma anche per l’irritazione.

“Vuoi qualcosa da bere?” domandò la ragazza dalla cucina “Tranquillo… Mr. Mao non ha mai morso nessuno” lo schernì, di nuovo.

Nathan le fulminò la schiena con uno sguardo di fuoco. Era troppo. Doveva mettere in chiaro alcuni concetti.

Si avvicinò a lei, veloce, e, afferratola per una spalla, la fece voltare, incontrando così i suoi occhi neri e freddi.

“Senti, tu non mi piaci” ringhiò, a un centimetro dal suo viso “Per niente! Ma sono nei casini per colpa di quest’ esame del cazzo e ho bisogno delle tue ripetizioni… sto cercando di sopportarti, quindi piantala di sfottere!!” gridò, minaccioso.

Fay non ebbe affatto paura: lo ascoltò senza batter ciglio. Non si scompose: nemmeno una rughetta di disappunto solcò la sua pelle lattea.

“Anche tu non mi piaci” affermò sicura, prima di liberarsi della sua presa e di tornare a fare quello che stava facendo, ovvero versare del latte in una piccola ciotola blu.

Nathan, invece di sbollire la rabbia dopo quello sfogo momentaneo, si accigliò ancora di più di fronte all’indifferenza di lei. Non era abituato ad essere così poco calcolato.

Stava, quindi, per insultarla, quando, sentì qualcosa strusciarsi contro i suoi stinchi e abbassando lo sguardo, vide una palla di pelo nero fargli le fusa.

“A quanto pare, però, c’è almeno qualcuno che in questa casa ti trova simpatico” commentò Fay, sarcastica, mentre poggiava a terra la ciotola di latte per Mr. Mao, che vi si fiondò all’istante, goloso.

Nathan sospirò, passandosi una mano tra i capelli neri e imponendosi l’autocontrollo. Contò fino a dieci. Doveva stare calmo. Non raccogliere le sue provocazioni. Casomai le avrebbe risposto con frecciatine dello stesso calibro, si concesse.

“Non mi è molto chiaro il calcolo del metodo delle forze” disse ad un tratto, decidendo di lasciare perdere la piccola discussione e di spostare l’attenzione su ciò che gli premeva e per cui stava sopportando tutta quella situazione.

Fay lo fissò, apatica. “Non è difficile.”

Un muscolo del viso di lui guizzò, come per un tic nervoso.“Ma davvero??!!” disse, tra i denti.

“Apri il libro a pagina 196 e vedrai.”

“Non fare la saccente.”

“E tu non farmi perdere tempo.”

“Adesso capisco la causa di tutte quelle voci su di te… e capisco perché tutti in classe ti evitano come la peste” la schernì lui, con la speranza che, se avesse toccato un tasto dolente, l’avrebbe azzittita. Ferirla sarebbe stato meschino, ma in quel momento non gliene fregava nulla. Lui voleva ferirla, perché odiava il modo in cui lei gli mancava perennemente di rispetto: nessuno si era mai permesso tanto, benché meno una sconosciuta e reietta come Morticia!

“Solo gli stupidi danno retta alle voci di corridoio…” commentò Fay, dopo un po’.

“Non sono solito prestare ascolto alle dicerie, ma oggi ho appurato con i miei occhi che sei proprio come si dice in giro” disse lui, malevolo e con aria di superiorità. Si sedette di nuovo al tavolo, recuperando la sedia da terra e aprendo il libro alla pagina da lei indicata, certo che ora avrebbe taciuto.

Ed infatti quella volta Fay non rispose, ma si limitò a fissarlo, cupa come al solito.

Da lì in poi, i due tacquero e si limitarono a parlare solo quando Fay doveva spiegare a Nathan qualche passaggio, a lui incomprensibile. Oppure quando lui le chiedeva di ripetere qualche concetto, che non era riuscito ad afferrare.

L’ora, praticamente, volò via e allo scoccare delle cinque, il ragazzo si alzò, soddisfatto. A malincuore, dovette ammettere con se stesso che, seppure antipatica e repellente, Fay era una brava insegnante. Era paziente. Spiegava le cose con semplicità e gli dimostrava sempre tutto con degli esempi chiari e concisi. Nathan si era appuntato ogni cosa su un foglio che la ragazza gli aveva passato ed in quell’istante stava ripercorrendo con uno sguardo veloce quello che aveva scritto, scoprendosi pago di quella lezione di ripasso.

“Fanno 30 $ all’ora” proruppe Fay d’un tratto, tamburellando le dita sul tavolo.

Senza dire nulla, lui aprì il portafogli ed estrasse una banconota da cinquanta.

“Non li hai cambi? Non so se ho il resto…”

“Me lo darai la prossima volta.”

“No, io… aspetta un attimo...” La vide allontanarsi e sparire dalla stanza.

E in quel momento il telefono suonò.

Nathan spostò indolente lo sguardo sull’entrata del salotto. La Heather l’aveva sentito? Doveva avvisarla?

Decise di non preoccuparsene, dato che, dopo il primo squillo, era scattata subito la segreteria telefonica.

“Non sono in casa. Lasciate un messaggio e sarete richiamati…”

Non sapendo cos’altro fare nel frattempo, il ragazzo si alzò ed andò alla finestra, per controllare le condizioni della sua Mercedes, parcheggiata di fronte all’edificio. Sembrava ancora tutta d’un pezzo.

“Ehi, Fay! Fay Heather!”

Una voce di ragazza trillò rabbiosa dall’apparecchio telefonico.

“Insomma, Fay… la vuoi piantare di filtrare le telefonate? Rispondi al telefono, una buona volta!”

Nathan, ascoltando quei rimproveri così amichevoli, si ritrovò distrattamente a stupirsi del fatto che anche una come la Heather potesse avere un’amica.

Poi la modulazione della voce cambiò, divenendo ansiosa e quasi… sofferente.

“Sono giorni che sia io che Julia proviamo a chiamarti… stai bene?… Ti è successa ancora quella cosa, vero? …Oddio, Fay…”

Strano. La telefonata stava acquisendo un tono strano, che Nathan non poté non notare.

“Fay, smettila di comportarti in questo modo… smettila anche di chiuderti in te stessa… ci fai preoccupare tantissimo, se fai così… stai mangiando a sufficienza, vero? Se hai bisogno di qualcosa, non hai che da chiedere, lo sai…”

Ma di cosa diavolo stava parlando quella ragazza? Forse la Heather si drogava? Era una che si bucava?

“Ok, ho capito:  non sei in casa… chiamami, però, eh? Un bacio tesoro…”

E fine.

Nathan rimase a fissare la lucetta rossa lampeggiante della segreteria telefonica, come imbambolato. Quella telefonata gli aveva lasciato addosso una strana sensazione, ma non sapeva bene come classificarla… forse era sorpreso. Forse non si aspettava che l’esistenza di Fay Heather potesse avere un risvolto… come definirlo? Losco? Enigmatico?

Comunque non erano affari suoi.

“Ecco, ho trovato degli spicci” disse Fay, entrando nella stanza con delle banconote e monete in mano.

Il ragazzo prese il resto senza proferire parola, recuperò giubbotto e appunti e si avviò verso l’uscita, tallonato da Fay e da Mr. Mao.

Davanti all’uscio, però, si fermò e si voltò. I suoi occhi non erano più ostili, ma tradivano una nota indefinibile, che poteva essere curiosità mista a qualcos’altro.

Avrebbe voluto farle delle domande, era vero, ma in fondo loro erano due estranei… E poi era noioso e inutile impicciarsi dei fatti altrui e lui aveva già i suoi problemi a cui pensare.

“Quando posso tornare?” le chiese.

“Dopodomani, stessa ora.”

“Ok…”

Abbassò la maniglia del portone, ma poi sembrò esitare un attimo.

Si voltò ancora e fulminò Fay con i suoi occhi azzurrissimi. Lei non fece una piega.

“Continui a non piacermi, non farti illusioni.”

“Sei troppo abituato ad avere tutti ai tuoi piedi… sei tu che non devi farti illusioni” rispose lei, pacata, mentre accoglieva Mr. Mao tra le braccia.

“Tsk”

Nathan diede una carezza veloce al gatto e poi uscì, sbattendo il portone con alterigia.

 

 

Nell’ala nord della biblioteca, a quell’ora, non c’era praticamente nessuno. Vuoi perché era un luogo abbastanza tetro, essendo poco illuminato, o vuoi perché la calda e confortevole sala lettura era da tutt’altra parte, poche persone si spingevano fino a quella zona dell’edificio, per consultare qualche vecchio testo.

Ma proprio per questo Yuri la trovava invitante. Difatti quel pomeriggio, come tante altre volte, si era recato in biblioteca per studiare ed aveva scelto di rifugiarsi dove nessuno lo avrebbe potuto disturbare.

Lui, Yuri, detto anche il Marziano fin dalle elementari, mal sopportava i luoghi affollati e le ciarle studentesche, preferendo piuttosto la quiete ed il silenzio. Trovava noioso il dover per forza esprimersi a parole: era infatti, un ragazzo taciturno di origini nordiche, dai bellissimi occhi di un azzurro pallido sconfinato. E per via di questa sua indolenza al dialogo in facoltà si comportava sempre da perfetto asociale. L’unica comitiva che frequentava sin dal primo anno era quella dell’amico Ralph, suo ex compagno di liceo e attuale coinquilino. Certo, anche in quel gruppo le ciarle non mancavano grazie a Brooke, Christina ed Ether, ma perlomeno nessuno di loro lo seccava, rimproverandogli di continuo il suo essere così taciturno. Vero era che a volte ci scherzavano su, ma non lo facevano mai con cattiveria, come invece gli era capitato in passato.

Tutto sommato, con loro stava bene, anche perché non erano eccessivamente invadenti. Nessuno lo maltrattava, credendosi superiore e lo accettavano per quello che era.

Così, come altre volte, anche quel pomeriggio il biondino si avviò verso l’angusta ala nord della biblioteca e puntò dritto verso l’ultima libreria di quel settore, per cercare un volume di arte post-moderna.

Gli occhi azzurro chiaro saettarono da una scansia all’altra alla ricerca dell’oggetto interessato ed infine si posarono sull’ultimo scaffale in alto.

Troppo alto, per la sua statura.

Nonostante ciò, Yuri si protese lo stesso verso quel libro, alzandosi in punta di piedi e tendendosi tanto da sfiorarne la copertina con la punta della dita. Era inutile: non riusciva a toccarlo più di così.

E in quel medesimo istante, vide una mano sbucare da dietro la sua spalla e allungarsi, fino a prendere con facilità quel tomo color crema per lui.

Si voltò, percependo un odore familiare.

Due occhi d’un verde profondo lo scrutavano, a pochi centimetri dal suo viso. E una bocca si era appena piegata in un sorriso accattivante.

“Yuri” disse il nuovo arrivato, a mò di saluto. Poi  abbassò il braccio e gli consegnò il libro recuperato.

“… che ci fai qui?” gli chiese il ragazzo, mentre il batticuore cresceva a dismisura.

L’altro poggiò le mani contro lo scaffale dietro al biondino, ai lati della sua testa.

“Ti cercavo” rispose.

Yuri si strinse il volume al petto, agitato. Lui gli faceva sempre questo effetto.

“A-avevi bisogno di qualcosa?” deglutì, improvvisamente accaldato.

Il ragazzo dagli occhi verdi sorrise e posò lo sguardo sulle labbra dell’altro.

“In effetti, di una cosa ho bisogno” sussurrò, con voce roca e sensuale.

Lentamente, inclinò il proprio viso verso quello di Yuri e catturò le sue labbra con le proprie, rapace.

Yuri chiuse gli occhi, assaporando uno di quei baci che solo Lui sapeva caricare di così tanta passione. E d’istinto lasciò cadere il libro a terra, incurante del fatto che avrebbe potuto rovinarsi, e si aggrappò alla schiena dell’altro. Ricambiò il bacio con foga e bisogno, mugolando di tanto in tanto per via delle voluttuose carezze di cui Lui lo stava beneficiando.

Finché non si rese conto di cosa stavano facendo e soprattutto dove.

Con grande fatica, si staccò da lui, puntando i palmi delle mani contro il suo petto solido.

Come da copione, sentì su di sé lo sguardo di disappunto dell’altro e preferì non alzare il capo, per non dover incappare in quei due smeraldi che erano gli occhi del compagno.

“Potrebbe vederci qualcuno…” disse come a scusarsi e arrossì nel constatare di essersi eccitato per quelle poche carezze. Si sentiva uno stupido. Era così maledettamente stupido.

Quante volte ancora lo avrebbe amareggiato con il suo comportamento vigliacco ed insicuro?

Ma la domanda giusta era un’altra, solo che Yuri era troppo codardo persino per porsela.

Per quanto ancora pazienterai?

Una mano calda e rassicurante si posò sulla sua guancia.

“Anche se ci vedesse qualcuno, non mi importerebbe… lo sai.”

“I-io non voglio…” balbettò Yuri, pur sapendo che quelle parole avrebbero ferito l’altro.

Difatti, sentì l’altro sospirare affranto e scostarsi da lui. Lontano dal calore del suo corpo, il biondo tornò a percepire nuovamente il freddo di quella sala, in modo repentino e quasi violento.

D’istinto, ebbe l’impulso di fermarlo, per verificare che, nonostante tutto, le cose tra di loro rimanevano sempre le stesse. Che era tutto a posto. Che nulla sarebbe cambiato, ancora e ancora. Aveva bisogno di sicurezze. Aveva bisogno del suo viso sorridente.

Così lo afferrò per una manica, in un atto urgente e deciso, guardandolo finalmente negli occhi.

L’altro ragazzo si sorprese un poco, ma poi si ricordò quanto il compagno prediligesse esprimersi con i fatti, piuttosto che con le parole. Dimostrare qualcosa con un gesto può essere mille volte più semplice ed efficace di un discorso ben argomentato.

Lo fissò con sguardo neutro per qualche secondo, ma poi non poté fare a meno di addolcire la propria espressione, davanti a quella triste e bisognosa di lui. In fondo, gli piaceva anche per questo.

“Aspetterò, te l’ho già detto” gli disse, scompigliandogli affettuosamente i capelli, di un biondo così chiaro da sembrare quasi bianco, sotto la luce del sole. “Beh, ora vado…”

Un ultimo bacio a fior di labbra e l’altro si incamminò verso l’uscita dell’ala nord, mentre Yuri rimaneva a fissarlo, come impossibilitato a distogliere lo sguardo.

Quanto gli piaceva… con quelle spalle larghe e forti e quegli occhi così dolci e buoni. Era così paziente con lui. Così attento. Ed il suo odore era così buono…

“Neil!”

Il ragazzo in questione, mani in tasca, si voltò verso di lui con cipiglio curioso.

“Stasera… ehm, stasera Ralph esce e torna tardi” lo informò Yuri, esitante. In fondo, l’aveva appena respinto in malo modo ed ora aveva una bella faccia tosta a chiedergli di andare da lui.

Ma l’altro fugò tutti i suoi dubbi, sorridendogli, d’un sorriso caldo e radioso.

“Aspettami …”

 

 

 

Non appena Nathan se ne fu andato, Fay posò il gatto a terra e sospirando pesantemente, si afflosciò contro la parete del corridoio.

Non si sarebbe mai aspettata di trovare proprio lui, aprendo l’uscio di casa. Infatti, non aveva dato a vederlo (ormai era molto brava a dissimulare le emozioni), ma la cosa l’aveva sorpresa non poco.

Quando quel giorno, subito dopo pranzo, il telefono aveva suonato, aveva sperato con tutto il cuore si trattasse di qualche studente della sua facoltà che, visto il suo annuncio, la stesse cercando per le ripetizioni. Aveva bisogno di soldi, inutile negarlo. Non poteva contare su quelli della borsa di studio: quelli servivano per le spese universitarie. E lo stipendio come cameriera andava tutto per l’affitto dell’appartamento e per le bollette. Fay faceva molta fatica a mettere da parte qualcosa, anche se risparmiava moltissimo, stando ben attenta alle spese che faceva.

Proprio per quel motivo, il lavoro extra come insegnante privata le era parsa una buona soluzione per i suoi problemi economici.

La mattina aveva fissato l’annuncio in bacheca e lo stesso pomeriggio l’avevano contattata. Non poteva essere più fortunata di così.

Ma trovarsi proprio Nathan Mc Quinn fra i piedi aveva eclissato quel pizzico di buon umore.

Il ragazzo si era permesso anche di arrivare in ritardo, tanto per farsi i propri comodi, e non aveva nemmeno portato la borsa con i libri. Aveva dovuto fornirgli tutto lei. Quanto lo odiava. Così arrogante e presuntuoso… lo detestava. La sua sola vista bastava ad irritarla. Non lo poteva soffrire.

In altri casi, qualcuno avrebbe potuto collegare questo suo odio all’invidia: insomma, Nathan era figlio di genitori ricchi e chissà com’era lussuoso e moderno il suo appartamento. Mentre lei, Fay Heather, i genitori non li aveva, non navigava certo nell’oro e viveva in un quartiere dove era meglio non girare da soli dopo il tramonto.

Chiunque avrebbe pensato che la sua fosse invidia.

Eppure non era così.

Il motivo c’era, ma era un altro.

Dal suo cantuccio contro il muro, Fay sospirò ancora una volta. Avrebbe tollerato la presenza di Nathan in casa sua, solo perché gli faceva comodo guadagnare qualcosa per arrotondare il mensile. Punto. E poi, presto si sarebbe fatta nuovi clienti tra la massa studentesca di Architettura. E avrebbe ridotto le visite di lui il più possibile.

Mr. Mao miagolò per attirare l’attenzione dalla sua padrona e Fay non tardò ad accontentarlo, cominciando ad accarezzarlo affettuosamente.

“Mi spieghi perché quel tipo ti piace, eh Mr. Mao?” gli chiese lei, guardandolo negli occhi verdi come fondi di bottiglia.

In tutta risposta, il gatto dal pelo nero lucente strusciò la testolina contro il palmo della sua mano, facendo le fusa.

“Sei un ruffiano, lo sai?”

Fay prese il felino in braccio e, alzatasi, si recò in salotto.

Fu in quel momento che si accorse che la segreteria telefonica conteneva un messaggio.

Pigiò il tasto e poco dopo la voce di Alys risuonò nella stanza, prima arrabbiata, poi triste.

La mora ascoltò silenziosa e cupa il monologo della ragazza e alla fine cancellò il tutto.

Alys… e Julia… le sue migliori amiche. L’unico legame che le era ancora rimasto con la sua piccola città natale. Uno dei pochi.

Forse Nathan aveva ascoltato quella chiamata, pensò Fay, un po’ disturbata da quella eventualità. Era una persona molto riservata e detestava l’idea che qualcuno come Nathan potesse apprendere i particolari della sua vita privata.

Non che Alys avesse detto chissà cosa di così rilevante, a ben pensarci.

Sia lei che Julia la chiamavano spesso, quasi ogni giorno. Volevano sapere se stava bene. Se mangiava. Si preoccupavano per lei da quando avevano scoperto in che razza di quartiere vivesse.

Sentirsi amata da loro, la riempiva di calore nel cuore.

Alys e Julia erano due persone meravigliose, indubbiamente le amiche migliori del mondo… e lei non se le meritava affatto, poiché spesso le trascurava. A volte non rispondeva alle loro chiamate, mettendo la segreteria telefonica. Altre volte le ignorava non richiamandole, come invece loro la pregavano di fare.

Semplicemente perché quel legame, se da un lato le faceva piacere, dall’altro le pareva… soffocante. Ma, anche se i suoi sentimenti al riguardo erano contraddittori, alla fine Fay non riusciva a tranciare i rapporti con loro, perché, a discapito di tutto, Alys e Julia rappresentavano qualcosa di molto importante per lei. L’ultimo legame affettivo che le rimaneva. Una di quelle cose che riuscivano ad ancorarla saldamente alla realtà. Che le impedivano di perdersi…

Ma se da una parte quel legame era tanto intenso quanto importante, dall’altra era tagliente come la lama di un rasoio. E Fay sapeva bene che, anche volendolo mantenere, non poteva avvicinarsi troppo ad esso, o si sarebbe fatta male.

Per questo, si limitava a curarlo un poco ogni tanto, giusto per non perderlo (anche se sapeva che le sue amiche non l’avrebbero mai lasciata), ma poi faceva un passo indietro e, prese le distanze, lo fissava da lontano, accontentandosi di ciò.

Il tutto in un equilibrio assai precario. Lo stesso su cui, dopotutto, si basava la sua vita da quando aveva lasciato la sua città, per trasferirsi nella capitale a studiare Architettura.

A volte si chiedeva perché lo facesse. A cosa le sarebbe servito laurearsi?

Non riusciva a vedere se stessa all’interno di un ipotetico futuro… per lei era alieno quel termine: futuro

Eppure, sapeva che una volta l’aveva desiderato. Una volta divenire architetto era stato il suo sogno. Fay, infatti, aveva sempre amato l’arte: dipingeva per hobby dall’età di 10 anni ed il suo era un vero e proprio talento. Il suo senso artistico la portava spesso a fare bozzetti a matita di scenari o soggetti che maggiormente la impressionavano. Camminando per strada le veniva naturale analizzare l’urbanistica intorno a sé, per valutarla ed eventualmente apprezzarla o criticarla. E collezionava libri con fotografie delle opere di Escher. Ma tutto questo fervore artistico, da tempo aveva preso in lei una piega diversa, che si discostava alquanto da ciò che l’arte e affini avevano rappresentato per lei in passato. Era come se, una volta, la sua fosse stata una passione genuina, mentre ora fosse solo l’unico canale con cui Fay riusciva in qualche modo ad esprimere ciò che dentro la tormentava. Una sorta di metodo di sfogo. Un appiglio per dimenticare e insieme rivivere ricordi incisi a fuoco nella sua mente.

E così, concentrata solo su quello, non pensava ad altro. Non si interessava al futuro.

Ma dov’era rimasta la mente di Fay per non riuscire nemmeno a guardare al domani?

Questa sarebbe stata un’ottima domanda da porre. E presto anche Nathan se ne sarebbe accorto.

 

 

 

 

 

 

 

Note personali:

 

Bah... non so che dire di questo capitolo! A volte mi piace a volte no.. giudicatelo voi!

Mi farebbe piacere sapere che ne pensate dei personaggi, perchè è la prima volta che ne muovo così tanti tutti insieme^^

Piccolo avviso: tutte le mie fic sono betate da Urdi e, in particolare per questa, lei mi ha dato ispirazione per molteplici cose!

Spero commenterete in molte: ci tengo molto a questa fic!

Ed ora un pensiero ad ognuna di voi^^

 

Fenice87: certo che ti sei sprecata ç_ç e pensare che io ti lascio commenti lunghissimi, cattiva! Scrivimi un bel commento, dai su! E aggiorna presto le tue fic (o meglio, mandami presto i nuovi cap da betare *_*)

 

Urdi: non ti sarò mai abbastanza grata per tutto il sostegno che mi dai! Se non ci fossi dovrebbero inventarti! Te l'ho già detto che senza di te e senza i tuoi pareri non posterei nemmeno, vero? Grazie a te e agli spunti che mi dai, questa fic mi sta riuscendo bene^^ La coppia Neil/Yuri è in tuo onore, darling^^

 

Valentina78: ho riso un sacco quando ho letto la tua "minaccia".. comunque, grazie del sostegno. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Non esitare a dirmi se qualche punto non mi è venuto bene, mi raccomando! Conto anche su di te ^_-

 

Mozzi84: oddio, grazie infinite per i complimenti! Il tuo commento mi ha fatto davvero felice, perchè cominciavo a credere che la storia non piacesse a tanti.. ma un commento in più mi ha dato una enorme gioia! Cosa ne pensi di questo capitolo, Mozzi?

 

Ciao!!

 

 

  
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