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Autore: Macross    18/05/2008    2 recensioni
Una Pietra Nera. Un omicidio efferato. Qualcosa che cambierà totalmente l'equilibrio di Hephaestus, trascinando gli ignari abitanti in un'orgia di violenza voluta da esseri che non si possono nominare senza mantenere la propria sanità mentale intatta. L'Imperium riuscirà ad arginare il pericolo, che minaccia di distrggere non solo il pianeta, ma l'intero settore?
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La luce delle elettrocandele proiettava ombre tremolanti sul tavolo al centro della stanza.
Ampi pannelli rettangolari di vetro/acciaio consentivano la vista del panorama antistante il vascello stellare, anche se quelle a sinistra erano chiuse ermeticamente, occludendo lo sguardo dalla visione del pianeta corrotto.
Davanti una delle finestre aperte, si stagliava alta una figura avvolta nella semi oscurità, dalla quale sembrava espandersi, ad ondate concentriche un senso di potere difficilmente associabile ad un comune essere umano.
All'estremo del tavolino, un uomo incappucciato sorseggiava da un bicchiere un liquore dal colore violaceo, che macchiava le labbra di numerose costellazioni purpuree.
L'odore degli aromi nocivi alle creature del Warp si spandeva per tutto il salone, in maniera debole ma persistente, impregnando i vestiti dell'uomo del solito odore che respirava regolarmente durante il suo indottrinamento.
Una cortesia del suo graditissimo padrone di casa, anche se probabilmente era inconsapevole di causare all'Inquisitore un piacevole senso di “familiarità”. - Inquisitore? -
La voce proveniva dall'uomo in penombra, come se fosse filtrata da spessi panneggi. Un luccichio proveniva dalla sua mano.
L'Inquisitore poggiò il calice sul tavolo, con più forza del previsto. Sembrò attendere qualche attimo prima di rispondere:
- Approntate le misure necessarie e facciamo finire questa Eresia il prima possibile, Fratello-Capitano. -
- Saranno necessarie due ore. I nostri Techmarine stanno lavorando alle testate. I rituali richiedono tempo, abbiamo iniziato appena abbiamo ricevuto al vostra richiesta.-
- Siate benedetti per aver risposto così solertemente, Fratello-Capitano. -
L'Inquisitore si alzò in piedi e cominciò a passeggiare. -
L'Inquisitore si prese un po' di tempo per rispondere: rimirò innanzi tutto la stanza, come se la vedesse per la prima volta, poi il pavimento, di marmo nero, ed infine l'armatura del Fratello-Capitano, soffermandosi ad osservarne i dettagli con occhio critico e da esperto.
- Siete dei Leali servi dell'Imperatore. -
- Noi esistiamo solo per Servire, lo sapete bene. La nostra lealtà va all'Imperatore, - la figura in penombra abbassò leggermente il capo, e si portò la mano stretta a pugno sul petto, - benedetto sia il Suo Nome nei secoli eterni. -
- Veramente, sia benedetto e porti disperazione alle entità maligne. Quando sarete pronti? -
- Due ore. Volete accompagnarmi in Cappella per pregare? -
- Molto volentieri, Fratello-Capitano. -

Qualche centinaio di metri più sotto, stava avvenendo una specie di interrogatorio. In due sale separate, il Governatore e la Guardia superstite stavano subendo un esame accurato da parte di uno staff di esseri che di umano avevano poco.
La Guardia era spaventata: aveva sentito parlare dei “servitori” ma non en aveva mai visto uno da vicino. La tecnologia lo metteva in soggezione, specie quando guardava nelle orbite dei loro occhi, completamente vuote e prive di qualsiasi traccia di umanità.
Dietro di lui avvertiva la presenza incombente di altre creature, ma non gli era stato possibile girarsi: aveva il collo saldamente bloccato ad una specie di trono, con alcuni tubi di drenaggio collegati al braccio sinistro.
Gli facevano male, ma non osava parlare o lamentarsi, per paura che gli accadesse qualcosa di orribile.
Senti poggiare delle mani immense sul cranio. Avvertì un formicolio, poi una sensazione di calore pulsante.
Perse per un attimo al vista, abbagliato da una luce violetta come di un fulmine, mentre percepiva che non era più solo all'interno della propria testa.
Una presenza irresistibile frugava ogni ricordo, ogni traccia di memoria, senza pietà. La determinazione nello scoprire i suoi segreti da parte dell'altro lo fece sbavare e sobbalzare, come se fosse stato colto da un attacco di epilessia.
All'improvviso si senti nuovamente libero. Gli strani ibridi tra macchina e uomo lo liberarono dai cavi.
- Sembra libero dall'infezione del Warp. -
- Scortatelo alla sua cella. -
Senza troppe cerimonie, due dei costrutti lo rialzarono di peso e lo spinsero sgarbatamente avanti, lungo dei corridoi alimentati da fiaccole, fino ad un piccolo loculo. Lo invitarono ad entrare e poi lo chiusero a chiave dentro. Nella cella c'era un letto e una brocca d'acqua, ma di cibo nemmeno l'ombra.
- Ehi, scusate, - Ma non lo fecero finire di parlare.
- Silenzio. -
Era nuovamente prigioniero, ma adesso nella solitudine della sua stanza poteva piangere i compagni caduti in libertà. Non osava farlo di fronte all'uomo incappucciato: lo temeva come giustamente la sua organizzazione andava temuta. E così fece, con la testa reclina sul piccolo letto duro, inzuppando le lenzuola di tela grezza del suo pianto.

Trovò Gus nella sua cella, che dormiva rumorosamente. Lo guardò dalla feritoia della porta per alcuni istanti, poi si diresse verso il suo alloggio, per riposare alcune ore. Il bombardamento interplanetario sarebbe iniziato presto. Si sentiva stanco, carico del fardello di mille e mille anime morte per mano del Chaos. Sarebbe andata peggio.
Era stato addestrato a quell'atto di genocidio, il suo Maestro, l'Inquisitore Sabathius era stato chiaro a tal riguardo: “La parola dell'Imperatore è la legge dell'Imperium.".
E la parola dell'Imperatore contro l'Abominio era Morte.
Nonostante questo, sapeva che avrebbe portato il peso di quelle morti sempre con lui. Entrato nel suo alloggio, la prima cosa che colpì la sua attenzione fu un dipinto appeso ad una parete. Rappresentava un Martire dell'Imperium, uno sconosciuto, di cui probabilmente esisteva sempre qualche culto in qualche angolo remoto della Galassia. Era di squisita fattura e per un attimo si perse nella contemplazione dell'opera. Si spogliò e si fece una doccia frugale, indossando poi abiti di lino grigi. Ma nemmeno la doccia allontanò dai suoi pensieri l'orrore imminente.
Sogno morti, cadaveri urlanti risucchiati in un turbinio di fiamme, volti distorti dal dolore, demoni ghignanti nell'oscurità che si beavano del sangue sparso.
Nel sonno avvertiva una risata metallica, inumana, profonda come un abisso in un mare di sangue.
Si sentiva avvolto da una cappa di sudore marcio e putrescente, camminava in una valle rossa, sotto un cielo scarlatto e mille teste cornute che ridevano e ringhiavano in una cacofonia assordante. Poi vide in lontananza, assisa su un trono di avorio, una figura dorata che puntava la sua spada verso il cielo.
Sembrava sospesa in mezzo a quel cielo impossibile, non sostenuta da alcuna forza tangibile. La presenza di quella figura sul trono trasudava potenza e spietatezza, un volere più alto di qualunque altro individuo avesse mai attraversato la sua strada.
La luce, quella luce, lo accecava e gli faceva male.
Si sentì trafitto da mille aghi. Si girò e mirò Haephestus, avvolto dalla nebbia. Dalla spada parti un raggio accecante che squarciò il sogno in due e lo gettò urlante sul pavimento di freddo marmo.
Perdeva un sottile filo di bava dalla bocca, avvertiva l'odore di sangue e si asciugò la faccia con un lembo del vestito, per scoprire che aveva effettivamente perso sangue dal naso.
- Inquisitore? -
La voce proveniva da un teschio attaccato alla parete destra, un apparato per le comunicazioni che portava impresso il numero otto. "Ma che senso ha?".
- Inquisitore? Risponda. -
- Sì -
Sono passate le due ore richieste. Siamo pronti. I siluri Ciclonici sono armati.
Eccellente, Fratello-Capitano., vi raggiungo sul ponte.- esclamò con rinnovata convinzione l'Inquisitore, riaggiustandosi il cappuccio sulla testa e scostando una ciocca di capelli bianchi davanti al volto.


PS:

@Cassiana: ho corretot, grazie :)
   
 
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