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Autore: Lily97    25/12/2013    18 recensioni
Annie Cresta è una ragazza del Distretto 4, lo stesso dal quale proviene il bel Finnick Odair, il giovane affascinante mentore che, nei 65esimi Hunger Games, vinse all'età di 14 anni.
Lei lo ritiene un ragazzo superficiale, attaccato più alla fama e alla sua bellezza che alla vita, eppure quella è l'unica facciata che Odair lascia trasparire.
Capitol City non è un luogo che realmente assicura un totale cambio di vita ai vincitori; gli abitanti dei Distretti rimarranno sempre tali e la Capitale non mancherà mai di ricordarlo.
"Prima le signore.. Annie Cresta"
Il mondo si fermò per la ragazza. Sentiva il suo nome rimbombare nelle sue orecchie e nella bocca di tutti. Si voltò, incrociando lo guardo terrorizzato di sua sorella.
Non poteva scoppiare a piangere, non davanti a lei.
Quante possibilità aveva di vincere contro altre ventitré persone, molte delle quali letteralmente superiori a lei?
Zero.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Solo un nome.
Finnick Odair.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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HO ATTESO DI PUBBLICARE IL CAPITOLO PROPRIO OGGI PERCHE'.. BEH, BUON NATALE!!!
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SPERO VI PIACERA'.. MI SONO IMPEGNATA! E' ANCHE PIU' LUNGO DEI PRECEDENTI!! :)
VI MANDO UN BACIONE ENORME E VI AUGURO UN FELICISSIMO NATALE!!

PER ORA è TUTTO.. ANDRO' A LETTO SPERANDO CHE BABBO NATALE MI CONSEGNERA' IL REGALO CHE ASPETTO DA MOLTO! <3<3<3
BUONANOTTE A TUTTI! SOGNI D'ORO E BUON APERTURA DEI REGALI PER DOMANI! 
VI FARO' SAPERE SE B.N. MI HA ACCONTENTATO, ALMENO QUEST'ANNO! 
BACIONI ENORMI! 
LILY

BUONA LETTURA DEI 70esimi HUNGER GAMES E POSSA LA FORTUNA SEMPRE ESSERE A VOSTRO FAVORE! 

 
. . . . . . . . . . . . . . . 
 


“Sono.. bellissima” esalò Annie.
Bellissima.
Era l’unica parola che le si addiceva in quel momento. le sarebbe piaciuto fare la modesta. Anzi, stava facendo la modesta. ‘Bellissima’ era ancora troppo poco come aggettivo.
“Sei un’artista Ty” disse, voltandosi verso la Stilista ed abbracciandola.
Sentì le esili braccia della donna circondarla, dopo un attimo di stupore.
“No, tu sei l’artista. L’unica che avrebbe potuto indossarlo” fu la risposta, mormorata tra i suoi capelli.
Annie sentì alle sue spalle un rumore strano. Si girò e trovò i suoi tre preparatori sull’orlo delle lacrime.
Jean-Claude si tamponava le guance con un fazzolettino rosa, mettendosi una mano davanti alla bocca per non singhiozzare forte.
Katherine, nonostante non avesse perso lo sguardo truce di superiorità che le riservava sempre, aveva gli occhi leggermente lucidi.
Marcus era quello che si era contenuto di più. Esibiva un sorriso orgoglioso.
”Sei stupenda, Annie” le disse, gentilmente.
La ragazza non poté far a meno di sorridergli. In fondo, era il più simpatico tra i tre… e anche il più umano.
“Grazie anche a te, Marcus. Se no, sarei ancora depilata 50 e 50!” rispose Annie, facendogli l’occhiolino.
Il ragazzo scoppiò a ridere, scuotendo il capo.
Con la coda dell’occhio, Annie poté vedere una smorfia di disapprovazione da parte di Katherine e non si risparmiò a restituirle uno sguardo infuocato: quella donna non le piaceva per niente.
Jean-Claude, invece, continuava a piangere senza ritegno.
La ragazza prese seriamente in considerazione la possibilità che l’uomo non fosse molto.. dalla sponda giusta.
Le venne da sorridere involontariamente. Tutta la maschera del duro si era sciolta davanti ad una ragazzina di diciassette anni.
Ogni suo dubbio venne polverizzato, quando nel camerino entrò un secondo uomo, decisamente attraente e muscoloso, che si diresse verso Jean-Claude e lo abbracciò.
“Oh Dio, è stupenda!” esclamò, indicandola.
Annie arrossì.
Non poté fare a meno di pensare che fossero davvero dolci insieme. L’uomo iniziò a tamponare le lacrime di Jean con un fazzolettino di lino e ad elogiarlo per il suo lavoro.
“Phinias! Lo sai che non devi entrare qui!! Nessuno può vederla prima della sfilata!” ruggì Katherine, fissandoli con astio.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Ma come si permetteva quella donna di dare ordini a destra e a manca?!
”Non c’è nessun problema, Phinias! Se vuoi sfilo solo per te” intervenne Annie, con un sorriso, rivolgendo un’occhiata di sfida alla sua preparatrice.
L’uomo rise di gusto. “Grazie per l’offerta, ma credo mi godrò lo spettacolo tra il pubblico. Ti aspetto là” disse a Jean-Claude, baciandolo delicatamente sulla guancia.
Appena fu uscito, Katherine sbuffò. “Almeno potrebbe evitare di farlo davanti a noi!”.
Jean-Claude abbassò lo sguardo.
“Ma come ti permetti?!” esclamò Annie, indignata. “Chi sei tu per giudicare le persone?! Che diritto hai in più di Jean-Claude per poter criticare le sue scelte?!”.
Era davvero sconvolta dall’affermazione della donna.
Nel suo Distretto aveva visto alcune volte dei ragazzi con preferenze.. leggermente diverse dal normale.
Ma cosa c’era effettivamente di diverso?
Non conta chi ami, se è maschio o femmina, ma l’intensità del sentimento. Se è così puro e forte, allora chi sono le persone per poter giudicare?
Allora ci si dovrebbe mettere a criticare tutti per le loro scelte?! Decisamente Annie pensava di no.
Katherine s’irrigidì. “Come osi..?”
“Non è questione di osare, ma di schierarsi dalla parte del giusto. Non ti vergogni di te stessa per quello che hai detto?” le domandò.
Le girava la testa per la sfuriata, ma non aveva nessuna intenzione di cedere.
Intanto il suo preparatore la guardava con un’espressione di sorpresa mista ad ammirazione.
La ragazza stava per ricominciare a parlare, ma la mano sulla spalla di Typhlos la bloccò appena in tempo.
”E’ ora, Annie” le disse, indicandole con un gesto del capo la porta.
All’improvviso si dimenticò di qualsiasi altra cosa: Jean-Claude, Phinias, Katherine.
C’era solo lei, Euer e la loro Sfilata.
E stava tremando dalla paura.
Si incamminò, ma dovette fermarsi quasi subito, perché notò di aver un sandalo slacciato.
“Aspetta” disse e si piegò.
Fu in quel momento che si accorse di un ulteriore tatuaggio, sulla caviglia: un tridente, così simile a quello di..
“Typhlos” chiamò, interdetta “Perché ho un Tridente tatuato sulla caviglia?!” domandò.
La donna stortò la bocca, per nascondere un sorrisetto. “Stava bene. Se no saresti stata vuota alla fine della gamba” rispose.
“Mmh”.
Non gliela stava raccontando giusta, Annie ne era certa.
Uscì dalla stanzina e si incamminò verso lo spiazzo nel quale era collocato il suo carro,. Scortando Typhlos per un braccio.
Individuò senza problemi Euer ed arrossì come un pomodoro maturo, quando lo vide strabuzzare gli occhi.
“Oddio Annie sei uno schianto!!” esclamò, venendole incontro.
Lei sorrise timidamente, anche abbastanza compiaciuta.
“Beh, tu invece sei bellissimo!” ribatté, ed era vero.
Il ragazzo era una favola e rappresentava in tutto e per tutto il Dio del Mare.
Il petto era nudo, scolpito, con gli addominali in bella vista, da far perdere qualche battito cardiaco.
Alla cintola era chiusa una sorta di gonnella di catenelle, quasi come quelle della ragazza, ma più spesse. Aveva visto un abbigliamento simile quando aveva letto degli antichi greci su un libro di scuola.
La gonnella era chiusa con una cintura spessa, in oro massiccio, alla quale era appesa una spada d’argento, lucente.
Aveva dei sandali, con delle allacciature alte, che finivano sui polpacci muscolosi. A lato di una era attaccato un pugnale ben lavorato.
Al collo, una collana di conchiglie bianche.
I capelli non erano stati ritoccati, se non spettinati ed arricciati e gli occhi, Annie non aveva idea di come, erano stati fatti risaltare ancora di più.
Davanti a lei si trovava il Dio del mare e lei era la sua Dea.
Insieme, erano i magnifici Tributi del Distretto 4.
Fu il turno di Euer per arrossire. “Direi che hanno fatto uno splendido lavoro” commentarono insieme.
Poi il ragazzo fu fermato a parlare dal suo stilista ed Annie andò ad accarezzare i cavalli.
Prima di vederlo, sentì la voce di Finnick che parlava con Milly degli Hunger Games.
Continuò ad accarezzare imperterrita gli animali, forse con un po’ più di foga, cercando di concentrarsi interamente sul loro pelo.
Ma non poté far finta di nulla, quando Milly la chiamò.
”Annie! Vieni qui, bambina. Facci vedere il tuo abito!”.
Svogliata, la ragazza si girò e andò loro incontro, fissando un punto impreciso della collana della donna.
“Ciao” mormorò, ostentandosi di non guardare Finnick, che invece aveva strabuzzato gli occhi, preso in contropiede ed era arrossito di botto.
“Che diavolo è quella.. cosa?!” esalò, indicandola con una mano.
Annie si indignò, osservandolo, mentre la studiava tra il famelico e il terrorizzato.
“Quella cosa è il mio vestito per la Parata” ringhiò sulla difensiva.
Si fece cadere dei capelli davanti al petto, ad un tratto in imbarazzo per tutta la pelle scoperta, soprattutto davanti a lui.
“No, quello non è un vestito!! È una.. un.. completo per prostitute!” ribatté il ragazzo, scocciato.
Le guance di Annie andarono a fuoco e la gola le si seccò. “Come?! Cos’hai detto?!!” la sua voce salì di un’ottava.
Finnick capì di essersi spinto troppo oltre, ma era troppo orgoglioso per tornare sui suoi passi. “Non..  tu non puoi andare vestita, anzi svestita così!” abbaiò.
“Scusami?! Io posso andare in giro come mi pare e piace!! Potrei anche sfilare nuda, se volessi!! Tra l’altro il vestito è stupendo!” esclamò irata.
Le guance del ragazzo divennero ancora più rosse, quasi viola melanzana.
”Tu.. non te lo permetterei..” balbettò, piccato.
“Per.. Permettermi?!! Non sono di tua proprietà, Odair!” ruggì,  tremante dalla rabbia.
Il ragazzo la fissò a bocca spalancata per qualche attimo, poi la richiuse di botto, serrando la mascella e marciò verso Typhlos.
“Ty! Non puoi mandare Annie nuda alla Parata!!” esclamò alla donna, che si voltò nella sua direzione, sorridendo angelicamente.
“NUDA!! Sono vestita, Finnick!” gridò Annie, andandogli dietro.
Gli afferrò il polso, costringendolo a girarsi a guardarla.
“Se fossi nuda, probabilmente non sarei uscita dalla porta!!” continuò, acida.
“Ha ragione, Finnick. Comunque non avrei permesso che sfilasse nuda” aggiunse la Stilista.
Il ragazzo chiuse gli occhi, un secondo, per non urlare. “Comunque non è un abbigliamento da Parata” ribatté.
“Ma cosa ti importa!? La bella figura la devo fare io, non tu!” s’intromise nuovamente Annie.
“A me.. non.. non mi interessa! Cavoli tuoi!!” esclamò prima di girasi ed andarsene. “Stupida” borbottò infastidita.
“TI HO SENTITO!!” urlò la ragazza.
Euer arrivò appena in tempo e le mise le mani sulle spalle, per trattenerla.
”Lasciami andare, Euer!! Lasciami! Devo picchiarlo!!” ringhiò lei, dimenandosi, schiumante dalla rabbia.
L’amico ridacchiava, trattenendola.
“Stai tranquilla, Annie. Stai dando spettacolo” le sussurrò all’orecchio.
All’improvviso, tutta la rabbia della ragazza scemò e si guardò in giro. I Tributi degli altri Distretti erano arrivati e la stavano osservando, chi curioso, chi divertito e chi scocciato.
”Ah” fece, prima di nascondersi nel petto di Euer. “Ti prego uccidimi. Non so se riuscirò a reggere l’umiliazione” mugugnò.
“Ma smettila! Una volta che avranno capito con chi hanno a che fare, beh.. cambieranno idea” la rassicurò.
Mancava poco all’uscita, quindi si prepararono sul loro carro.
Dietro di loro, Typhlos e Finnick stavano discutendo.
Alla fine, dopo aver ricevuto un’occhiataccia dal ragazzo, la donna riuscì a convincerlo ad avvicinarsi ai due tributi.
Annie serrò i denti, stringendo il carro tra le mani, per evitare di saltargli al collo e staccargli la testa a morsi.
“Finnick” salutò Euer, sorridendo.
Lui fece un cenno del capo, sempre evitando di guardare nella direzione di Annie.
Si frugò nella tasca dei pantaloni e ne tirò fuori qualcosa.
“Questa è per te” borbottò, rivolto alla ragazza, porgendogliela.
“Qualsiasi cosa sia, puoi mangiartela e soffocarci” sibilò lei, guardando davanti a sé.
“Typhlos ha detto che la devi mettere” insisté lui.
A quel punto, Annie abbassò lo sguardo verso l’oggetto che le tendeva il mentore: la sua collanina, quella alla quale mancava la perla, che aveva messo il giorno in cui lei e Finnick si erano trovati sulla spiaggia.
A differenza, ora la perla c’era e luccicava, bellissima, tra le spirali argentate che la supportavano.
Inarcò le sopracciglia, sorpresa e compiaciuta.
“Euer, me.. me la metteresti?” domandò.
Ma il suo Stilista si era intromesso di nuovo e gli  stava sussurrando qualcosa.
“Mettimela tu, ma stai attento” disse fredda a Finnick, che stiracchiò un sorriso.
Lei si voltò e sentì il freddo della catenina d’argento sul collo e il calore delle mani di Finnick sulla sua pelle.
Il tocco lievissimo del ragazzo le fece diventare le gambe molli e si beò di quell’istante, finché non sentì nuovamente freddo. Si era staccato.
“Ricordatevi ragazzi” asserì Typhlos, sorridendo “siete gli Dèi del mare. Siatelo per davvero”.
“Siete bellissimi” singhiozzò Milly, tamponandosi gli occhi con un fazzolettino.
Improvvisamente la paura e l’agitazione assalirono Annie, che strinse con foga il carro.
I battiti del suo cuore iniziarono a rimbombarle nella mente come colpi di cannone. Le mani le si gelarono, ricoprendosi di sudore freddo e non riusciva a deglutire, con la gola secca.
Abbassò lo sguardo verso Finnick, che non le aveva tolto mai gli occhi di dosso. Cercò qualcosa nel suo sguardo, una qualsiasi emozione.
Trovò i suoi occhi verdi, identici ai suoi, nei quali scorse sé stessa.
Il ragazzo le fece cenno di toccarsi la collana e così Annie fece.
Non capì il motivo, ma appena la sua mano sfiorò la perla, gli occhi verde mare di Finnick si illuminarono e gli spuntò un sorriso dolcissimo sulle labbra. Parallelamente, il cuore di Annie, guardandolo, si fermò, si ristabilizzò e batté calmo per tutto il tempo della parata, nella quale gli abitanti di Capitol City, appena ebbero fatto il loro ingresso, iniziarono a scandire i loro nomi con foga.
Le buttarono rose bianche, rosse, perfino una blu che Annie pensò la rappresentasse in quel momento.
Quindi se l’appuntò nei capelli e risollevò lo sguardo, duro e vendicativo, della dea che era.
 
 
 
 
 
 
Alla fine della Parata, Annie si sentiva euforica, potente e per niente spaventata.
L’adrenalina del momento, le pompava ancora nelle vene, quindi non guardò male Finnick, quando gli si affiancò nella strada per il loro piano.
“Alla fine il tuo vestito ha fatto scalpore” le disse, senza salutarla, un po’ brusco.
Lei annuì. “Già, come pensavamo”.
“Senti, mi dispiace per la sceneggiata di prima. Io non so.. mi sembrava un abbigliamento un po’ estremo per una Sfilata” ammise lui, tormentandosi le mani.
A quel punto, la ragazza si fermò per poterlo guardare.
“Si, l’hai fatto capire a tutti con quella sfuriata”. Annie non aveva nessuna intenzione di fargliela passare liscia. Le aveva dato indirettamente della prostituta!
“Ti ho detto che mi dispiace! Non volevo scoppiare in quel modo”.
“Però l’hai fatto! Hai attirato l’attenzione di tutti” sbottò lei, incrociando le braccia al petto.
“Non era mia intenzione!” il ragazzo iniziò ad irritarsi. “Stavo solo esprimendo.. la mia opinione”
Annie fece uno sbuffo, tra lo scettico e l’esasperato. “E secondo te, vestita in questo modo, sembrerei una prostituta!” ribatté fredda.
“Sì.. no! Non.. sembri una prostituta, anzi!” fece lui spiccio, allargando le braccia.
“Eppure l’hai detto! Ti hanno sentito pure i tributi del 12 che erano all’altro capo della stanza!!” esclamò Annie, rossa in volto. “Non puoi continuare a negare di aver detto qualcosa che in realtà hai detto!”
“Si, ma..”
“non puoi cercare scusanti! Sei stato davvero maleducato e mi hai fatto passare per una poco di buono, che cerca di attirare l’attenzione del pubblico vestendosi da battona!”
“Annie, fammi..”
“No! Non ti faccio parlare per permetterti di arrampicarti sugli specchi, per poi ritorcermi contro le mie parole e farmi passare dalla parte del torto! Sei stato davvero bravo!!”
“Annie, io non volevo che uscissi perché eri troppo bella!!” urlò Finnick, con le guance in fiamme “Ti avrebbero guardato tutti e sapere che.. l’intera popolazione di Capitol City ti avrebbe vista vestita in questo modo, era qualcosa che non potevo accettare!!”
Tra i due cadde il silenzio.
Lui, dopo aver urlato le parole, rimase a fissarla con gli occhi spalancati e dei brividi che gli correvano lungo la spina dorsale.
Annie, d’altro canto, si era ghiacciata al posto, colpita dalle parole.
Il suo cervello iniziò ad analizzarle una per una, cercando di scovare qualche tranello, ma non ne trovò.
Quello che le aveva appena detto Finnick era qualcosa che non si aspettava.
Non riusciva più a capirlo, anche se le sue parole facevano intendere benissimo che l’interesse non era più esercitato solamente da una sola persona.
“Annie, cerco di dirti che..” iniziò il ragazzo, facendo un passo verso di lei.
istintivamente Annie indietreggiò, alzando un braccio in avanti, come a cercare una barriera tra i due corpi.
”Ho capito” disse, con una voce così fredda che sussultò dentro di sé.
Non ebbe tempo di fare altro, perché Finnick le avvolse il volto tra le mani ed appoggiò le labbra sulle sue.
Non fu un bacio come quello sul treno, passionale.
Fu delicato, timido, che fece sciogliere il blocco gelido nello stomaco di Annie. Le labbra di Finnick erano calde, a contatto con le sue e le mani che le carezzavano le guance, le lasciavano scie bollenti che scottavano anche dopo che le aveva tolte.
Appena Annie sentì la lingua del ragazzo che chiedeva il permesso, si riscosse, posandogli le mani sulle spalle ed allontanandolo con tutta la forza che aveva.
Sentì le lacrime bagnarle gli occhi e si detestò per quello, ma aveva preso una decisione, e quella decisione, le imponeva di non aver debolezze e baciare Finnick Odair era considerata una di quelle.
Si staccò da lui e si sentì morire sotto lo sguardo confuso del ragazzo.
“Finnick, non posso. Non possiamo. Io sto per morire” gli disse con un filo di voce, tentando di non scoppiare a piangere.
Il volto del mentore si contrasse in una smorfia di dolore e scosse il capo. “Annie, tu potresti vincere..” mormorò.
Lei gli prese il volto tra le mani, chiudendo un attimo gli occhi per impedire alle lacrime di rigarle le guance. “Io non tornerò dall’arena” sussurrò con voce spezzata e il cuore pesante.
“Annie, io mi sono innamorato di te” le confidò, tremando sotto le sue mani.
 
Ed era la verità.
Lui si era davvero innamorato di Annie. Lo sapeva da quando lei lo aveva aiutato sulla spiaggia.
Si era innamorato del suo sorriso, della sua rabbia, della sua grinta. Della fossetta che le si creava su una guancia quando sorrideva. Del suo profumo di fresco. Si era innamorato dei suoi respiri veloci, quando le si avvicinava troppo. Dei suoi occhi verdi come il mare, che si spalancavano ogni volta che litigavano.
Si era innamorato delle sue mani, che avevano il potere di calmarlo quando non ce la faceva più. E si era innamorato della sua voce, musica per le sue orecchie, che lo accompagnava durante i giorni più difficili.
L’immagine della ragazza era l’ultima che vedeva la notte e la prima che gli dava il buongiorno.
Il suo essere piccata, ribattere, urlargli addosso, erano aspetti che semplicemente adorava. Non riusciva più a pensare ad un giorno senza di lei.
Schernirla, prendersi gioco di Annie, erano ormai una sua essenza. Come poteva continuare a vivere senza di lei?
Quando era uscita per la Parata, vederla così vestita, gli aveva fatto salire il sangue al cervello. Nessuno poteva vedere la sua Annie, vestita così.
Era bella, bella, bellissima. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, perché semplicemente la sua immagine era parte della sua vita.
Dirlo, ad alta voce, lo aveva liberato di un peso che aveva confidato solamente a Mags.
Non gli importava di Snow, di Capitol City. Lui voleva Annie. La desiderava.. ne aveva bisogno come l’aria che respirava. Senza di lei il suo mondo non aveva senso.
Doveva almeno farglielo sapere. Sarebbe impazzito se lei fosse entrata nell’Arena senza saperlo. Senza essere a conoscenza che, là fuori, qualcuno viveva, dipendeva da lei.
 
A quelle parole, il mondo della ragazza si fermò.
Finnick Odair, il play-boy dell’intera Capitol City, aveva ammesso di amarla.
Non stava mentendo, glielo poteva leggere negli occhi.
Ma non c’era spazio, nella vita di Annie, per l’amore. Aveva preso la decisione di morire, per salvare Euer dall’Arena.
Non era certa che sarebbe riuscita a sopportarlo e soprattutto non poteva fare una cosa del genere a Finnick.
Se davvero l’amava come le stava dicendo, allora era meglio allontanarlo prima che fosse tardi, anche se tardi lo era già.
Gli accarezzò una guancia. Una lacrima le rigò la pelle e cadde tra i suoi capelli portati avanti sul petto.
“Non puoi permetterlo. Non ti puoi innamorare di me” gli disse, deglutendo.
Finnick sorrise, tristemente. “Non ci posso fare nulla. Ormai è successo” mormorò guardandola come se fosse la sua luce.
“Ne usciresti folle, non posso sopportarlo. Ti distruggerò” continuò Annie, senza smettere di accarezzarlo.
Come poteva fargli cambiare idea?
Non poteva e basta.
Al cuore non si comanda, un detto così ingiusto ed egoista.
“Tu mi hai salvato. Ogni cosa che fai, che dici, mi allontanano dalla mia vita che odio. Tutte le volte che ti guardo, mi sento rinascere. Non posso cambiare le cose. Mi sono innamorato di te da quando ti ho vista, la prima volta, al Distretto. Non lo sapevo, o non volevo accettarlo. La mia vita fa schifo, ma tu sei in gradi di darle un senso. Senza di te, non sono nessuno” le disse, serio, col cuore a mille.
Gli occhi di Annie si spalancarono a quella rivelazione e le lacrime iniziarono a scendere copiosamente.
Come poteva sopportare una cosa del genere?
Non poteva promettere anche a lui che sarebbe tornata. Sarebbe impazzita prima.
Una parte di sé, voleva far vincere Euer, per Ocean e per se stessa, ma un’altra le urlava di lottare per la vita, per Finnick che, sapeva, era l’unico uomo che avrebbe mai amato in tutta la sua vita.
Si allontanò dal ragazzo, singhiozzando e corse nella sua stanza, sbattendo la porta.
Non si struccò, non si cambiò.
Semplicemente si lasciò cadere sul letto, distrutta emotivamente e fisicamente.
Pianse tutte le sue lacrime e quando furono finite, ne trovò altre.
Un mal di testa feroce le attaccò la mente, impedendole di pensare. Forse era meglio così. Non voleva ragionare. Aveva bisogno del nulla.
Si trovava spaccata in due. Non era umano, non ce l’avrebbe fatta.
Dopo un tempo che le sembrò infinito, sentì la serratura della porta saltare e qualcuno si fece avanti, camminando piano, per non far rumore.
Rimase ancorata al cuscino, singhiozzando sommessamente, con la testa rigidamente girata verso la parete.
Non voleva parlare con nessuno.
La persona le si avvicinò e, delicatamente, le spostò una ciocca di capelli dall’orecchio,al quale avvicinò le labbra.
“Non piangere, Annie” sussurrò Finnick, scatenandole scosse di piacere, col fiato caldo che carezzava la sua pelle.
”Vattene via!” singhiozzò lei, con voce spezzata.
La mano del ragazzo la sfiorò sulla testa, dolcemente e in quel punto, il dolore svanì, come per magia.
“Non posso, Annie. Non posso andarmene. Non più” ribatté piano lui.
Le di sedette accanto, continuando ad accarezzarla leggermente.
Dopo qualche minuto, dopo essersi calmata, lo sentì alzarsi ed avvicinarsi alla porta.
Il panico l’assalì. La paura di rimanere da sola l’avrebbe soffocata.
“Finnick!” chiamò, tremante. I passi si fermarono. “Rimani con me, questa notte” sussurrò poi.
Il ragazzo ripercorse la strada e si inginocchiò di fianco a lei, per terra, prendendole una mano.
“No, ti prego. Vieni qui” mormorò Annie, facendogli spazio.
Sentì il respiro di Finnick fermarsi, per poi ricominciare.
Il materasso si inclinò quando lui le si stese accanto, sotto le coperte.
Inizialmente rimasero fermi, ognuno dalla propria parte.
Poi il senso di solitudine accecò Annie e la costrinse a voltarsi verso il petto del ragazzo.
Gli artigliò la maglietta, avvicinandosi più che poté con il volto e ricominciando a piangere.
Non voleva mostrarsi così debole, ma doveva buttare fuori tutta la paura, l’ansia e gli altri sentimenti che l’attanagliavano da quando erano partiti.
Le braccia muscolose di Finnick la circondarono e presero a cullarla dolcemente, mentre le canticchiava all’orecchio una strana ninnananna che ebbe il potere di farla tranquillizzare.
“Grazie” sussurrò sul suo petto.
“Ci sarò per sempre” rispose lui, stringendola di più e depositandole un bacio lieve sui capelli.
Dopo quello, Annie riuscì finalmente ad addormentarsi.
Fu una notte insolitamente calma. 
   
 
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