When the sun goes
to bed
That's the time your
raise your head
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Certe cose non si
possono cambiare.
Un vestito si può
cambiare.
Un’impressione si
può cambiare.
Si possono cambiare
opinioni, colore dei
capelli, scarpe e
smalto sulle unghie.
Ma gli occhi no. Gli
occhi non si possono
cambiare.
Gli occhi si possono
nascondere, celare.
Ma se permetti a
qualcuno di
osservarli da vicino
è come se decidessi
di toglierti i
vestiti.
Tutti noi abbiamo
una luce che ci
brilla negli occhi,
che fa capire agli
altri chi e cosa
siamo.
Anche Lalena aveva
una luce.
Anche dentro di lei
brillava una luce,
tanto tempo fa.
Anche quella notte
di agosto, dietro i
suoi occhi avreste
potuto vedere la
luce.
La sua luce.
La sveglia suonò,
fastidiosamente
puntuale come tutte
le sere.
Ore 23:00, nella
periferia di una
grande città.
Bambini che
finalmente si
addormentano, feste
lussuose in un loft
in centro, ragazzi
che si baciano
dietro un angolo
nascosto, immigrati
che pisciano nelle
aiuole. Lucciole che
si svegliano, loro,
parte del popolo
oscuro della notte.
Lalena sollevò la
testa e si ferì gli
occhi con il raggio
rosso della scritta
intermittente.
La radio prese a
lamentarsi,
trasmettendo una hit
un po’ troppo techno.
Si stese sulla
schiena e puntò lo
sguardo sul
ventilatore sospeso
sopra la sua testa.
Girava pigramente,
arrancando contro il
calore opprimente
della stanza troppo
piccola, troppo
piena di mobili e
oggetti.
Fuori dalla finestra
la luna la chiamò,
facendo colare i
suoi raggi argentati
a terra, sulla
moquette rossa.
Era davvero
maleducato da parte
sua, pensò Lalena,
guardarla in quel
modo. La faceva
sentire ancora
peggio di come già
si sentiva.
Aumentava il peso
che le gravava sul
petto, come un masso
che tentava di
sfondarle i polmoni.
- Non ci posso fare
niente – mormorò con
voce roca,
rivolgendo uno
sguardo liquido al
disco opalescente
sospeso nel cielo di
un blu profondo. Lo
disse più a se
stessa che alla
luna. Ma era una
considerazione che,
vista la situazione,
poteva
tranquillamente
risparmiarsi.
Scivolò giù dal
letto con un
movimento fluido,
lasciando che le
dita dei piedi nudi
affondassero nella
moquette
insopportabilmente
calda.
Si mosse con
sicurezza nella
semioscurità della
stanza, cercando una
porta che trovò in
poco tempo.
Accese la luce del
bagno angusto. Li
dentro c’era sempre
stato posto a
malapena per
entrare.
Si stiracchiò, come
una persona normale,
evitando di
guardarsi allo
specchio, almeno fin
quando le fosse
stato possibile.
Aprì l’acqua del
rubinetto e lavò il
necessario. Prima di
arrivare al viso
esitò per un
istante. Poi portò
le mani a coppa,
riempite di acqua
gelida, al volto e
chiuse gli occhi,
lasciando che alcune
gocce le entrassero
nelle narici, che
superassero le
labbra schiuse.
Era arrivato il
momento.
Guardarsi allo
specchio sarebbe
stato così
complicato per
sempre? si era
domandata diversi
anni prima, quando
aveva mosso i suoi
primi passi sulla
strada, con
sorprendente
facilità. Non poteva
ancora sapere che
anche li, in quel
momento, dopo sei
anni, si, sarebbe
stato difficile.
Difficile per
sempre.
Per il suo sempre.
Lalena una volta era
bionda. Non un
biondo appariscente,
un biondo qualunque,
dipinto su ciocche
ondulate e
indomabili, lunghe
fino alla vita. Poi
i suoi capelli erano
diventati rossi. Un
rosso fuoco che
permetteva alle sue
colleghe di
distinguerla, sul
bordo della
tangenziale. Carla
la chiamava “El
Diablo”, quando
aveva voglia di
prenderla per il
culo. Il suo viso
era stato fresco. La
pelle bianca, un
accenno di colore
sulle guance. La sua
pelle se la
ricordava ancora, al
tatto. Era liscia,
tonica. Le piaceva
sentirla sotto alle
dita. La bocca era
carnosa, con una
bella forma a cuore.
Il suo riflesso
dagli occhi verdi le
rimandò uno sguardo
disperato, quasi
folle.
Aveva imparato da
tempo a non
rispondere
all’orrore che
vedeva fiammeggiarle
negli occhi. Meglio
ignorare, meglio
tacere. Meglio
estraniarsi e non
pensare.
Si passò una mano
sul viso.
Cominciava a
rovinarsi. Tutte
prima o poi
cominciavano, ma
lei, chissà per
quale assurdo
motivo, aveva
pensato di rimanere
bella per sempre.
Che sciocca. Avrebbe
dovuto prevederlo
con più astuzia.
Anche lei si sarebbe
trasformata. Anche
il suo corpo e il
suo viso sarebbero
cambiati. Sfatta.
Usata. Ecco come
sarebbe diventata.
Su tutto il suo
corpo ci sarebbero
stati gli indelebili
segni di quella vita
attraversata su
tacchi alti.
Passò una mano tra i
capelli, in un gesto
rapido, quasi
volesse tenersi il
meno possibile a
contatto con se
stessa.
Aprì il beauty ed
estrasse il rossetto
rosso, il mascara,
l’ombretto nero, la
matita, la cipria.
Tutto secondo un
preciso ordine. Un
oggetto prima di un
altro, posizionati
secondo una linea
obliqua sul ripiano
di ceramica del
lavandino.
Sollevò di nuovo lo
sguardo fissandolo
nello specchio.
Avvicinò la punta
della matita al
viso.
Di nuovo quegli
occhi urlavano.
Era da un pezzo che
quegli occhi
urlavano, in verità.
La supplicavano.
Ma ormai non
facevano più parte
di lei.
Run you hand thru
your hair
Paint your face with
despair
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Scivolò nel
vestito con
sorprendente
facilità.
La stoffa le
accarezzò la pelle,
fino a fermarsi
appena sotto
l’inguine.
Non aveva acceso la
luce della camera.
Quella stanza era
piena di specchi, e
grazie ma no, lei
non aveva davvero
voglia di ammirarsi.
Con un gesto pigro
raccolse il tanga
dal bordo del letto
e lo indossò, la
mente da tutt’altra
parte.
Si lasciò cadere sul
letto ed allacciò il
cinturino dei
sandali turchesi,
con gesti
meccanici.
Poi abbandonò le
mani sulle
ginocchia.
Ormai non desiderava
più essere una
donna “normale”.
Che senso aveva
sperare? Credere?
Era peggio che
sognare, peggio
perfino di
illudersi. Perché
lei era sempre stata
una che quando
sperava in qualcosa,
cercava i modi per
raggiungere
l’obiettivo. Ci
rimuginava su,
elaborava piani
complicati. Poi i
piani complicati si
sbriciolavano,
cadevano a terra
come castelli di
carte.
Certe cose non si
possono cambiare.
Si sollevò con
fatica malcelata,
afferrò la sua
pochette dorata e ci
infilò dentro i
preservativi sparsi
sul letto. Ci fece
cadere dentro anche
il rossetto, perché
serviva sempre. Poi
controllò che la sua
ciocca di capelli
biondi fosse ancora
ben nascosta nella
piccola tasca
interna della borsa.
Ore 23:30, nella
periferia di una
grande città. I
bambini si agitano
nel sonno, nei loft
comincia a girare la
cocaina, i ragazzi
fanno l’amore, gli
immigrati rubano le
macchine. Le
lucciole illuminano
le strade, cibo per
il popolo della
notte.
Can your part
ever get, ever get
much sadder
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Oh, Lalena
Gli occhi urlano.
E muore ogni giorno
un po’ di più,
Lalena.
Ma certe cose non si
possono cambiare.
When the sun goes
to bed
That's the time your
raise your head
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Arty Tart la de
da
Can your part get
much sadder
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Run you hand thru
your hair
Paint your face with
despair
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
When the sun goes
to bed
That's the time your
raise your head
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Arty Tart Oh so
la de da
Can your part ever
get, ever get much
sadder
That's your lot in
life Lalena
Can't blame you
Lalena
Oh, Lalena
Lalena – Deep Purple
Traduzione:
Quando il sole va
nel letto
È il tempo in cui
sollevi la testa
Questo è il tuo
destino Lalena
Non posso biasimarti
Lalena
Prostituta artistica
la de da
Può esserci un ruolo
più triste del tuo
È il tuo destino
Lalena
Non posso darti
torto Lalena
Passi velocemente la
tua mano tra i
capelli
Dipingi la tua
faccia con la
disperazione
Questo è il tuo
destino Lalena
Non posso biasimarti
Lalena
Quando il sole va
nel letto
È il tempo in cui
sollevi la testa
Questo è il tuo
destino Lalena
Non posso biasimarti
Lalena
Prostituta artistica
la de da
Non c'è mai stato,
proprio mai, un
ruolo più triste del
tuo
È il tuo destino
Lalena
Non posso darti
torto Lalena