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Autore: melancholia    19/05/2008    4 recensioni
Pensavo che quello in fondo doveva essere il mio destino. Per meritarmi la mia porzione di affetto, dovevo soffrire. Dedicata a samek perchè grazie a lei e a "Nemesi" ho aperto gli occhi!
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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COSA MERITO, IO?


“Ora basta Draco…basta sul serio! Non ce la faccio più…credevo di farcela, invece ho capito che non riesco più ad essere forte per entrambi. Una storia non può basarsi solo su una persona. Credevo,o forse speravo che il mio amore sarebbe stato sufficiente per tutti e due, perché volevo con tutte le mie forze che tutto questo nascesse e crescesse con noi. Ho sopportato in silenzio le liti, gli insulti, i rifiuti, i tradimenti perché volevo dare una possibilità  a questo piccolo noi che si stava creando, perché cieco e sordo credevo che i tuoi ritorni significassero qualcosa.
Le tue parole, i tuoi abbracci e i tuoi baci erano come balsamo sulle ferite che tu stesso avevi aperto sul mio cuore e la mia anima.
Il mio orgoglio piano piano se n’è andato, in punta di piedi, cercando di non farsi sentire, per non essere fermato dalla ragione, che incarcerata nella sua gabbia d’oro ormai non aveva nemmeno più la forza di urlare e disperarsi.
Quanto si può sopportare per amore? Quanta disperazione, quante lacrime, quanti singhiozzi bisogna mandare giù e reprimere in silenzio per meritare un po’ di affetto?
Mille volte mi sono posto queste domande, ogni volta in cui tu te ne andavi da me.
In quei momenti la ragione staccava a morsi le manette che la tenevano prigioniera e urlava così intensamente che sembrava ridestarmi e aprirmi gli occhi per farmi vedere il mio orgoglio, calpestato e travolto, mentre agonizzante chiedeva aiuto.
Allora tendevo titubante una mano, per rialzarlo.
Ma poi tu tornavi e la mano velocemente si ritraeva al suono della tua voce, mentre l’orgoglio si riaccasciava a terra sconfitto e rassegnato. La ragione si rintanava lentamente nella sua piccola cella dalle sbarre dorate, mentre con le tue mani e le tue labbra che sfioravano la mia pelle, legavi nuovamente le sue manette perché non potesse più uscire.
E io mi abbandonavo tra le tue braccia, ascoltando la tua bocca che recitava le solite scuse, le solite promesse, i soliti giuramenti. Sempre gli stessi…in fondo che senso avrebbe avuto cambiarli? Io ti credevo, non riuscivo a fare altro che  sperare che quella fosse l’ultima volta che ti vedevo allontanarti da me.

Poi facevamo l’amore e tu mi facevi sentire così importante…adoravi il mio corpo che docilmente si abbandonava a te e ti seguiva fidandosi ciecamente di te, del tuo tocco, dei tuoi gesti, felice di poter soddisfare tutti i tuoi desideri e di vedere quel luccichio negli occhi, mentre venivi grazie a me.
Quando infine ti addormentavi spossato, tenendomi legato a te per sottolinearne il possesso, ti osservavo, mio angelo maledetto. Lì tra le tua braccia che mi stringevano così forte da farmi male, pensavo…
Pensavo che quello in fondo doveva essere il mio destino. Per meritarmi la mia porzione di affetto, dovevo soffrire.

Così era stato da piccolo, quando per meritarmi quella finta famiglia dovevo cucinare, lavare, pulire per quei babbani che si dicevano miei zii.

Così era stato a scuola, quando per essere stimato dai miei compagni dovevo essere il perfetto e coraggioso Harry Potter…sempre vincente, sempre forte per essere tenuto in considerazione da quelle persone che altrimenti mi avrebbero ignorato senza quella cicatrice..

Così era stato anche da grande, quando per essere amato dal Mondo Magico avevo dovuto salvare l’intera comunità da Voldemort, sacrificandomi per donare agli altri una vita nuova.

Così era anche tra noi Draco. Per meritare te nella mia vita, per meritare i tuoi sguardi, i tuoi baci, la tua attenzione dovevo sopportare il resto. Il dolore, la sofferenza, l’umiliazione erano la pena da pagare per avere te. E lo accettavo.
In quei momenti la ragione sbatteva forte le sue catene, ma io sordo al suo richiamo, la legavo più forte, mentre calde lacrime offuscavano ilo mio sguardo.
Rivedevo poi il mio orgoglio a terra che piangeva disperato, ma io voltavo lo sguardo.
E finalmente dormivo per non vedere più, per entrare in quel mondo fatto di sogni in cui nei tuoi occhi vedevo amore…

Questa mattina, come tutte le altre mi sono svegliato e non ti ho trovato nel mio letto.
Non un buongiorno, non un semplice biglietto che mi faccia illudere che almeno un po’ sono nei tuoi pensieri.
Niente che possa rimarcare la tua presenza qui.
Solo le mie ferite che ancora una volta sono tornate a sanguinare.

E parlo anche di ferite fisiche.
Chissà se ti sei mai accorto Draco dei segni che ho sui polsi o sulle braccia. Non credo e anche se lo hai fatto non te ne è mai fregato nulla.
La lametta scorre bene sulla pelle liscia e sulle cicatrici già formate. Sembra che segua un percorso già delineato per lei.
Questo dolore fa sentire il mio corpo  vivo, come il dolore che mi provochi tu fa sentire viva la mia anima.

Ma questa mattina qualcosa è stato diverso.
Mentre la lametta lentamente segnava ancora un volta il mio braccio, seguendo ciò che la mia mano le ordinava di fare, il mio sguardo è scivolato fuori e una scena ha attirato la mia attenzione.

Due ragazzi stavano passeggiando, mano nella mano.
Lei è caduta a terra e lui all’istante si è chinato, preoccupato.
L’ha presa in braccio e l’ha accompagnata  a casa.
Sai cosa ho visto nei loro occhi?
Amore.
Incondizionato, illimitato, senza riserve.
Gratuito, assoluto, infinito.

Nei tuoi occhi c’è mai stata almeno una minima parte di tutto ciò?
No.
Lussuria, passione, desiderio.
Nient’altro riflettevano le tue iridi.

E lì è successo.
La ragione ha strappato la catene che la imprigionavano, ha sfondato la sua gabbia dorata ed ha riguadagnato la sua libertà.
Ha raggiunto l’orgoglio, lo ha rialzato da terra, se lo è caricato sulle spalle e insieme mi hanno scosso, risvegliandomi.

Ho osservato l’acqua in cui ero immerso, ormai diventata rossa.

Sono uscito all’istante.
Mi sono rivestito.
Ho raccolto poche cose in una borsa e mi sono smaterializzato.

Ora sono qui, in questa casetta sul mare che ho appena acquistato in piccolo paese babbano italiano.
Inizia la mia vita, da qui, da oggi, da adesso.

Non cercarmi, perché sarebbe inutile.
Non mi ricorderei comunque di te.

Addio Draco.
Addio per sempre.

Harry”

Lego la lettera alla zampa di Edivge e le apro una finestra, lasciandola volare via.

Ora devo riappropriarmi della mia libertà, della mia vita.
So che c’è un unico modo per farlo, altrimenti lui sarebbe sempre stato presente dentro di me.

Impugno la bacchetta e la punto verso di me.
Prendo un bel respiro e pronuncio l’incantesimo.
“Oblivion…”
Una scarica mi attraversa la mente e il corpo, facendomi rabbrividire.

Scuoto la testa per rendere lucidi i miei pensieri.
Non so chi sono né dove mi trovo.
Mi guardo intorno, cercando di orientarmi.

Sul tavolo scorgo un foglio.
Lo leggo.

“Benvenuto al mondo James Black…”

FINE






So che devo continuare la mia storia “Una settimana da Cupidi” e mi scuso con tutti quelli che ne stanno aspettando il nuovo capitolo.
Ho avuto un periodo non molto felice e mettermi a scrivere qualcosa di divertente non era tra le mie priorità.
Da quello che ho passato è nato questo lavoro.
È triste, lo so. Perché così è come mi sento adesso.
Vi assicuro comunque che appena possibile scriverò il nuovo capitolo della long-fic. Non ho intenzione di abbandonarla! Aspetto solo il momento giusto!

Vorrei ringraziare comunque Samek che con “Nemesi” mi ha aperto gli occhi.
Grazie di cuore!

   
 
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