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Autore: Fenio394Sparrow    26/12/2013    8 recensioni
{OCs||Felix Felicis and Jack Finnigan||District 3||69th Hunger Games}
Trovate la versione migliorata e rimodernata nella serie VITTIMA DELLA MIA VITTORIA, di Superkattiveh, su EFP.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beetee, Favoriti, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate, Wiress
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Le pedine


 
La prima cosa che colpì Felix fu la poca luce che filtrava dal tubo di vetro. Saliva verso l’alto. Verso la sua morte.
L’atmosfera era cupa, l’aria che arrivava ai polmoni calda e densa.
«Signore e signori, che i Sessantanovesimi Hunger Games abbiano inizio!»

Cos’è? Dove siamo?

Felix non capiva, non capiva, non riusciva a comprendere dove li avessero rinchiusi gli Strateghi. Non appena emerse completamente e vide la Cornucopia a quaranta metri da lei iniziò a capire. Una caverna. No, no, molto più di una caverna. Troppo grande, troppo vasta, troppi ponti e strade e archi, troppe scale di pietra scura, sembravano unirsi e dividersi come in un labirinto, sembravano …. Sembravano una città sotterranea.
Doveva ammetterlo, erano le opere architettoniche più belle che avesse mai visto, persino più belle della capitale, grandi, solide e rifinite. Probabilmente erano metri e metri sottoterra, sepolti nella profondità della roccia, giù, in un abisso bluastro e scuro.
Un  urlo, acutissimo e pieno di paura, le confermò che non era la sola ad aver fatto quella considerazione.
Melania Phinehallows, Distretto 2, si tappava le orecchie come a non voler sentire le proprie urla agghiaccianti. Si muoveva sulla propria pedana irragionevolmente, avanti e dietro, strillando. Evidentemente non capì che non c’era via d’uscita, e forse per cercarne una girò sul posto, e il piede scivolò dalla pedana, e lei cadde.
Il urlo fu  coperto dal terribile boato causato dall’esplosione della mina sotto la sua pedana. La potenza fu tale che i peli sulla pelle di Felix si rizzarono e lei si trovò, senza nemmeno sapere come, in posizione fetale, la testa protetta dalle braccia e il viso premuto fra le ginocchia.
Si voltò verso la postazione di Melania. Di lei non rimaneva nulla se non coriandoli colorati – i resti dei suoi vestiti – e qualche brandello di carne qua e là.

Quaranta.
Melania non era però il suo problema più grande, anzi, un tributo in meno. Registrò che anche qualcun altro stesse urlando, ma sperava vivamente che non decidesse anche lui di saltare in aria. Temeva di non resistere ad un impatto di tale potenza una seconda volta.
Trentacinque.
La piana in cui si trovavano – completamente di pietra scura – era costellata di zaini di ogni colore: dal nero più scuro al rosa più sgargiante, e ci avrebbe scommesso la testa che erano quelli ad avere le scorte migliori.
Trenta.
Alcuni degli zaini erano riforniti di armi –fra i quali una spada, due lance, tre archi, daghe  e varie cerbottane con asce e coltelli assortiti – ma erano tutti gonfi, probabilmente pieni di cibo e rifornimento.
Venti.
Felix sudava non per il caldo ma per la frustrazione. Cosa fare? Correre verso la Cornucopia verso morte certa era escluso. Ma arrischiarsi a prendere quello zaino blu che la tentava tanto?
Quindici.
Lei non era molto veloce, ma Jack sì. Poteva arraffare qualcosa. Ma come avvertirlo? E se poi l’avesse uccisa? Dopotutto era almeno una spanna più alto di lei. Poteva benissimo farlo.
Dieci.
Non poteva chiamarlo, ma poteva cercarlo. Dove sei? Dove sei? Non lo trovava, non lo trovava! Se non l’avesse trovato … Probabilmente il suo unico amore sarebbe morto, e di una morte dolorosa. Inaccettabile.
Otto.
Sarebbe corsa verso di lui, lo avrebbe chiamato .. e poi sarebbero andati via, lungo la piana, avrebbero preso lo zaino e sarebbero fuggiti. Forse lui avrebbe potuto correre verso l’ascia lì vicino … e lei avrebbe preso i coltelli. Aveva scoperto di avere una discreta mira e una prontezza di riflessi non indifferenti.
Sei.
Jack si era adattato benissimo con spade e lance, ma quelli sarebbero stati i primi bersagli degli altri Tributi, e quelli del Sette si sarebbero fiondati verso le asce, quindi dovevano assolutamente privarli delle armi, non avrebbero di certo osato cercarli disarmati.
Quattro.
Il rischio non era minimo, ma non era nemmeno così elevato di come lo sarebbe stato se si fossero lanciati verso la Cornucopia. Un ottimo piano. Ma sarebbe funzionato meglio se avesse trovato Jack. Eleaonore, la sedicenne dell’11, Max, il dodicenne del dodici, Alexander, il diciottenne del 7 …  Ma Jack non si vedeva. Perché non c’era?

Due …
Dove sei?

Uno …
Eccolo lì! All’estrema destra della semicirconferenza che i tributi formavano sulle pedane.
Il Gong suonò.

Felix si buttò a testa bassa nella mischia. Accanto a lei volavano urla e imprecazioni, mentre l’adrenalina che aveva in corpo la spingeva a correre come non aveva mai corso in vita sua, come se la vita sua e del ragazzo che amava fossero in gioco. Non si accorse dell’ombra imponente fino a che non entrò nel suo campo visivo, troppo tardi perché potesse impedire che la scaraventasse a terra.
«Lasciami, lasciami!» strillò tentando di levarselo di dosso. Ma di certo non lo avrebbe fatto. Erano gli Hunger Games, la pietà non era ammessa. Tuttavia si rifiutava di mollare: agitava braccia e gambe come poteva e riuscì a schiaffeggiarlo con potenza. Lui – non poteva che essere un lui: mani callose, peso eccessivo, grugniti bassi – le spaccò il naso e diede un pugno allo stomaco. Il sangue caldo le colava sulla bocca, e lei, ansante, lo sputava per evitare di soffocare. Evidentemente il ragazzo aveva avuto la stessa idea, perché le mise le mani alla gola e cominciò a stringere.
Sgranò gli occhi e aprì la bocca alla disperata ricerca di aria. Completamente dimentica del dolore allo stomaco, si agitava anche più di prima, tentando di allontanarlo da sé con le mani, ma la sua presa era troppo forte.
I contorni cominciavano a farsi neri, i suoni ovattati – come se ascoltasse tutto attraverso un vetro – e a dire il vero … sì, non provava nemmeno più dolore.
Dopotutto, pensò Felix, morire non è così male. Magari rivedrò la mamma …
Tutto si tinse di rosso. Il ragazzo dai capelli di pece e dalla mascella squadrata le cadde addosso. Così come l’aria era rifluita ai polmoni, il dolore al naso e allo stomaco era tornato, più forte di prima. Non riusciva ad aprire gli occhi.

«Felix, FELIX!»
Qualcuno la chiamava, la scuoteva per le spalle, la liberava dal peso del Tributo. Le diede anche uno schiaffo.
Sorpresa, aprì gli occhi. Un ragazzo più alto di lei, i capelli nocciola e gli occhi verde oliva, la spronava con parole mute a scappare. I suoni erano ancora confusi, ma furono gli occhiali – la sua stessa montatura squadrata, quella standard del Distretto 3, solo  blu notte  invece che bianca – a farle ricollegare tutto.
«Gli occhiali …» Jack l’afferrò per una spalla e la fece rialzare a forza. La ragazza mormorò qualcosa sul dover prendere un’arma perché non poteva giocare senza, non poteva giocare a scacchi senza Re, blaterava senza logica, mentre il ragazzo acciuffava uno zaino per lei.
Lei prese una pettorina foderata di coltelli e si voltò un’ultima volta per osservare ciò che accadeva: il bagno di sangue non era ancora finito, e le urla, le colluttazioni e la violenza l’avrebbero uccisa, se Jack non l’avesse trascinata fuori dalla mischia.
 
 
Dopo una ventina di minuti di corsa Felix cadde a terra, tossendo. Sentiva la gola fredda e la milza che mordeva. L’attività fisica non era mai stata il suo forte.
«Non possiamo rimanere qui, Felix. I Favoriti saranno in giro e non possiamo farci trovare.»
La ragazza odiava sentirlo fare discorsi sensati, perché significava che la situazione era davvero seria. «Cinque minuti …»
Jack sbiancò per la sorpresa. Che vocina sottile. Si diede mentalmente dello stupido. Ovvio che aveva una vocina piccola piccola. Avevano tentato di soffocarla e poi avevano corso a perdifiato per venti minuti abbondanti. Cinque minuti di riposo se li meritava. Si abbassò sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi. Le diede un buffetto sulla guancia e le sorrise. «Basta che ti muovi, Faelicis. Non ho ucciso un Tributo per niente.»
Felix restò impietrita. Il suo tocco sulla guancia, quelle parole … Aveva ucciso per lei. Cambiò discorso. «Cosa … cosa c’è nello zaino?»
«Vediamo» Jack tirò fuori il contenuto, elencando gli oggetti mano a mano che li tirava fuori. «Due sacchi di noci, due pagnotte, tre confezioni di carne, tre di tonno, fagioli …» Era davvero tantissima roba. Felix sentiva la gioia nella voce del compagno, ma lei vedeva la realtà per quella che era. Solo un motivo poteva giustificare una tale abbondanza. Non c’era cibo nell’Arena.
«E sorpresa delle sorprese … quattro stecche di cioccolato!»
Gli occhi di Felix brillarono. Cioccolato!
Dopo averle sorriso rimise tutto a posto e tese la mano. «Dobbiamo ripartire.»
Sospirando, Felix accettò la sua mano e si asciugò il naso, ancora dolorante e sporca di sangue. Anche gli occhiali erano sporchi, però nella foga del momento non ci aveva fatto caso.
Jack le indicò il viso. «Posso aggiustarti il naso, ho seguito il corso di base durante l’addestramento. Non sei tanto carina, con la gobbetta e il sangue.»
Voglio vedere te a combattere con uno grande il doppio, pensò con astio la ragazza, ma annuì. Si avvicinò, e con una mossa decisa Jack le rimise in sento il naso. Fece un male cane e vide le stelle, perciò per invitarlo a seguirla sul sentiero le uscì un ringhio mal celato.
Si asciugò le lacrime agli occhi e iniziò a pulire gli occhiali nella giacca. «C’è dell’acqua lì dentro?»
«Solo un paio di litri, dovremo razionarla.»
«E così dovremo ritornare alla Cornucopia a farci ammazzare!» Felix tirò un calcio ad un sassolino per la frustrazione. Quello rimbalzò ed echeggiò davvero troppo a lungo prima di tacere.
«Magari controlla la rabbia, eh? Non mi va di morire per uno stupido eco.»


Dieci colpi di cannone risuonarono nell’Arena, dieci vite spazzate via. Il Bagno di Sangue era terminato, portando con sé quasi metà dei tributi. Compresa Melania.
La bellissima mulatta dalla pelle liscia e i capelli ricci come molle, tanto lodati nelle interviste e invidiati dalle capitoline, giaceva ormai tutto intorno a loro, disintegrata dalla mina. Abile con la spada e la lancia, ferrata nel combattimento corpo a corpo. Avevano perso un’ottima alleata. Ania era arrabbiata, molto arrabbiata. Furiosa.
«Abbiamo perso Melania e Sebastian, maledizione. Voglio che restiamo uniti, ranghi serrati, turni di guardia di tre ore ciascuno, due guardie a turno. Tutto chiaro?!»
Vincent, l’insolente e affascinante tributo del Due sghignazzò. «Stai calma, Lagna, o ci toccherà farti fuori prima del tempo!»
Purtroppo era tutto muscoli e niente cervello. Ania lo odiava. Ringhiò, sul punto di avventarsi su di lui, ma la bionda del Quattro, Alicia, si frappose proprio in quell’istante, il meraviglioso sorriso svampito stampato in volto. «Calma, ragazzi. Dobbiamo prima scovare gli altri. Avrete tutto il tempo di scannarvi più tardi!»
L’idea di due persone che si fanno a pezzi sembrava eccitarla tantissimo. Ad eccitare tantissimo la fantasia di Ania, invece, erano le bionde trecce della ragazza. Voleva tirargliele fino a renderla calva. Odiava lei, odiava le sue trecce, odiava tutti. Ma il suo arco li avrebbe uccisi uno ad uno. A tempo debito,  si ripeté mentalmente.  A tempo debito.
«Me la lego comunque al dito» ringhiò verso Vincent. Lui le fece l’occhiolino e ci andò molto vicino per la seconda volta.
«Quindi … i turni di guardia?» domandò la timida voce di Lucy, la ragazza del Distretto Nove che si era unita a loro per il nove in addestramento. Non sapeva come avesse fatto, ma tanto era bastato per farla entrare nella loro alleanza. Anche Sebastian aveva preso un nove, sebbene fosse del Sei, ma si era fatto ammazzare lo stesso al Bagno di Sangue.
«Uriel con me, Vincent con Alicia e Michael con Lucy.»
 Aveva fatto le coppie a caso. Non era ancora sicura di poter partire alla ricerca degli altri Tributi, doveva prima inquadrare la situazione dei sui compagni, scovare i loro punti deboli, e poi, eliminati tutti gli altri, sarebbe passata ad uccidere i suoi. Gli altri ovviamente sospettavano di lei, ma alla fine tutti facevano così.
«Guardate che roba …»mormorò Lucy prendendo un’arma. Una falce. Stava indicando la lama. Una meraviglia. Sottile, dura come l’acciaio, di un bellissimo color azzurro ghiaccio, quasi trasparente. Sembrava cristallo. Lucy passò il dito sul filo della lama – stupida – e sibilò per il dolore. Un rivolo di sangue fluiva dalla ferita aperta.
«Medicala prima che si infetti» le suggerì Michael.
Ania non ci aveva fatto caso prima, ma tutte le armi erano fatte così, anche quelle che avevano abbandonato a terra perché zuppe di sangue. Lo sguardo le cadde su Vincent che mulinava la spada con ostentazione. Sarebbe stato perfetto poter recidergli la giugulare con una di quelle daghe.
A tempo debito. Avrebbe fatto tutto a tempo debito.






EDIT 08/11/2017

 
   
 
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