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Autore: Black Wolf    19/05/2008    0 recensioni
Un messaggero dal candido mantello, come le ali di una colomba, senza un passato e con un futuro altrettanto incerto, guiderà la compagnia nella lotta contro il male... tra le sublimi note della Terra di Mezzo un nuovo racconto per emozionare coloro che amano immergersi nelle storie fatte di guerre epiche e storie d'amore magiche.
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5°: doni da un tempo remoto.

Leithian rimase seduta sul davanzale della finestra a contemplare l'alba che avanzava: bella come le altre…uguale a tutte quelle che aveva sempre visto a Lothlorien da circa tre settimane. Non che odiasse le mattine, ma quelle nei boschi erano tutte simili.
Il giorno si divertiva a girare con Arwen, scherzando e giocando; la sentiva vicina come se l'avesse conosciuta da sempre. Erano molto affiatate insieme, e non passava momento che non si cercassero.
La sera, invece, era il momento che le due preferivano, non solo perché il bosco si animava diversamente dal giorno, ma potevano passare il tempo chiacchierando tranquillamente, oppure si univano a feste e ricevimenti. Lì poteva incontrare il principe Legolas, che cercava molte volte di districarsi da folle d'elfe innamorate.
A volte i tre passavano alcuni pomeriggi a cavalcare nei boschi di Lorien alla ricerca di posti nascosti, dove si fermavano sino l'ora del tramonto. In quei momenti Leithian non rimpiangeva nulla della sua vecchia vita ai Rifugi Oscuri, eppure molte volte le ritornava in mente il padre o gli svaghi delle sue terre e la malinconia la prendeva. In quei momenti Arwen e Legolas cercavano di tirarla su di morale in ogni modo, facendo facce buffe, raccontando ridicole storielle o cercando di includerla in incredibili avventure; ma Leithian molte volte si escludeva, allontanandosi da tutti, persino dai suoi amici, per ritrovarsi come due settimane prima a vagare in solitudine e senza una meta per Caras Galadhon.
Si recava molto spesso alla tomba della madre, e rimaneva a guardarne l'effigie per ore, senza muoversi o dire una parola.
Ma quella mattina era tutto diverso: nell'aria c'era qualcosa che la rendeva frizzante, come se il destino avesse in servo qualcosa per lei. Così si era alzata molto presto, aveva svolto le sue azioni quotidiane e ora era pronta per uscire.
Di certo non avrebbe trovato nessuno a passeggiare per le strade a quell'ora e così sarebbe rimasta in pace a pensare, fin quando non si sarebbe svegliata Arwen.
Quel giorno era stato indetto un gran ricevimento e Arwen non avrebbe di certo perso tempo a dormire…doveva preparare l'abito, l'acconciatura e trovare un accompagnatore per la festa.
Leithian si guardò ancora allo specchio: la camicia bianca perfettamente inamidata, con le maniche gonfie, strette sul polso, la blusa di pelle, i pantaloni di cuoio e gli stivali dello stesso materiale, che gli arrivavano al ginocchio.
Si lisciò la blusa e uscì dalla stanza, scese le scale, quando si trovò d'innanzi alla porta che teneva racchiusi i tesori di Galadriel. Non sapeva come aveva fatto ma i suoi piedi l'avevano condotta lì, invece del giardino interno. Decise di entrare, tanto non le avrebbe fatto male guardare; la chiave l'aveva da molto tempo e Galadriel non lo sapeva. Gliel'aveva procurata Arwen.
Si avvicinò ad un piccolo cofanetto di legno chiaro: era aperto.
La giovane elfa si stupì, perché quello scrigno era da sempre stato chiuso con una chiave che Galadriel teneva in un luogo segreto.
Aprì delicatamente il coperchio ed all'interno vi erano centinaia di lettere, tutte destinate a Galadriel. In nessuna delle quali era specificato il nome del mittente.
Solo una aveva scritto sopra un nome: Nenuial, sua madre. La lettera era ben conservata sotto le altre e nascosta tra due involucri di tela rossa, alla fine del cofanetto.
La Falathirm l'apri delicatamente, era vecchia e consumata, e da com'era ridotta la carta, doveva essere stata aperta migliaia di volte. La scrittura era delicata e sembrava quasi una melodia.
Leithian cominciò a leggere:
"Rispettabile Galadriel,
La vita che conduco ora è molto bella, mio marito è meraviglioso, ed emana uno splendore che chiamerei celestiale. Leithian è divenuta bella e graziosa. Ha preso molto da Aredhel, il suo alto lignaggio e la delicatezza dei suoi passi, il viso ed il suo splendore.
Spero solo non possegga quella maledizione, che da sempre ne è vittima la mia casata.
Carissima mia dama, ho un brutto presentimento. Quando giro per i sentieri della Terra di Mezzo, mi sento osservata e poco a mio agio. Temo che un giorno accadrà qualche cosa di terribile, e questo non mi piace. Spero solo che non accada nulla a mia figlia. Ti rassicuro che non voglio morire per nulla al mondo, e che Leithian mi dona vita ogni giorno. Cirdan è divenuto più saggio e potente, ma con me resta dolce e gentile. Spero tanto tu mi possa venire a trovare al più presto. Mi stanno chiamando, e credo che Leithian stia salendo le scale. Ti lascio subito e corro ad occuparmi della mia famiglia.
                                                                    Tua affezionatissima Nenuial
Attendo tue notizie al più presto. 

"Non sono riuscita ad andarla a trovare, pochi giorni dopo morì!" Disse Galadriel che silenziosamente era entrata nella camera.
"Siete voi… mi avete spaventata!" Esclamò Leithian
"Non so come tu abbia fatto a prendere la chiave della camera, e non lo voglio sapere. Ciò nonostante puoi tenerla, ora mai sei grande ed è giusto che tu conosca il passato"
Leithian rimase in silenzio per alcuni secondi, e ripose la lettera dove l'aveva trovata.
"Non ho nessun ricordo di mia madre…non posseggo un suo abito, una sua lettera o un ritratto di lei. Sono rimasta per molti anni con il dubbio di chi poteva essere colei che mi aveva messa al mondo, eppure di lei ricordo solo la voce…soleva cantarmi dolci melodie o allegre canzoni. Nulla di più." Mormorò tristemente la fanciulla elfica.
"Tua madre ti amava più della sua stessa vita. Non ti avrebbe ami abbandonata…"
"In un certo senso è come che lo abbia fatto: quando ha lasciato me e mio padre per non tornare più, è stato come un abbandono."
Galadriel sospirò debolmente:
"Tua madre aveva un compito incredibilmente gravoso, Leithian! Doveva mantenere fede ad una promessa….ma sono venuta qui per altro: se vuoi seguirmi, ho delle cose da cederti!"
Le due elfe uscirono dalla sala del tesoro.
Galadriel condusse la giovane donna alla collina di Cerin Amroth e la fece avvicinare al sepolcro di Nenuial.
"E' giunto il momento, Leithian dei Porti Grigi, figlia di Sire Cirdan e dama Nenuial, che tu riceva l'eredità di tua madre e dei tuoi antenati." Annunciò solennemente la regina. Ella splendeva di una rifulgente luce bianca, come quella del mattino che incedeva alle sue spalle, e appariva ancora più imponente e maestosa.
"Dama Nenuial mi affidò le sue ultime volontà in punto di morte e ora io sono qui per mantenere fede alla sua memoria. E voi principessa Leithian, siete disposta ad accettare ciò che vi è offerto?"
La giovane elfa annuì solennemente e s'inginocchiò davanti alla regina bianca.
"Dolce Leithian, questi doni, molto preziosi, sono stati donati a te da tua madre, che teneva a te, più della terra e delle cose che crescono!"
Galadriel si avvicinò alla ragazza e le consegno un involucro di stoffa argentea: All'interno era una piccola fiala, contenente un particolare liquido rosso come il rubino.
"Cosa contiene questa fiala, Dama Galadriel?" Chiese curiosamente l'elfa.
"Quel liquido è il sangue di drago, unico! E' magico. Serve contro ogni malattia, può guarire ogni ferita. Solo il sangue di drago possiede questo potere, nonostante la sua presenza recasse dolore e morte…" spiegò l'anziana elfa.
La Dama Bianca prese, da sopra il sarcofago, degli abiti bianchi ben piegati e li porse alla ragazza, che accettò con un fugace cenno della testa.
"Questo invece è un dono da parte degli elfi! Apparteneva ad una gran donna, dalla bellezza impareggiabile e dal gran cuore… il suo nome era Aredhel Ar- Feiniel, La Bianca Signora dei Noldor, ed era madre di Maeglin, tuo antenato. Dama Nenuial non ha mai potuto portare tali onorevoli abiti…e le sarebbe piaciuto, un giorno, vederli indosso a te."
"Vi ringrazio per questo meraviglioso dono, Regina."
"Non ho terminato qui, Dolce Leithian!" continuò la dama.
Galadriel si voltò verso il tumulo, s'inchinò devotamente ed estrasse la spada dalle mani marmoree dell'effigie.
"Gurthang, Ferro di Morte, è il nome di questa spada…maledetta ella è! Molte mani nobili l'hanno impugnata e sono tutte perite per mano sua.
Il suo nome è dovuto al fatto di essere stata forgiata dal ferro caduto dal cielo in forma di stella ardente. Era tale da spezzare qualsiasi ferro tratto dal suolo. Ma in lei vive ancora il cuore tenebroso del fabbro. Essa non amerà la mano che la impugna, fin quando ella non diventerà abbastanza forte da domarla. Questa stessa lama è stata forgiata da Eol." Spiegò la donna, consegnandola a Leithian.
La fanciulla la osservò attentamente: la custodia nera portava incise lunghe ramificazioni d'edera dorata, e l'elsa era finemente lavorata con lo stesso motivo della custodia. Un rubino era incastonato nel pomo e mandava bagliori infuocati, simili ad una sfida ad ogni cosa che lo circondava.
La estrasse e ne costato la bellezza: era una spada a due mani, alta sino alla sua spalla, con un lama larga quattro dita e molto spessa. Era pesante e forte, dotata di un grande potere; solo che la lama era candida e smussata, e ottuso il filo. I margini balenavano di pallido fuoco rosso.
"Galadriel…questa lama non può tagliare, non possiede il filo!" notò la ragazza
"Fin quando Gurthang non ti riconoscerà come effettiva padrona non vorrà mai tagliare nulla. Dimostrati degna di impugnarla, con forza d'animo e senza paura, ed ella sarà per sempre ai tuoi ordini." Le spiegò la dama.
Leithian rinfoderò la splendida lama e la allacciò a tracolla, facendola sistemare tra le sue scapole; la spada era troppo lunga per lei, e se l'avesse agganciata al suo fianco, la punta sarebbe certamente affondata nel terreno.
"Infine un ultimo dono. Se vorrai seguirmi te lo mostrerò."
La Dama Bianca condusse la ragazza alle scuderie e le mostrò uno stallo nascosto, che ella non aveva notato quando era andata, molte volte, a prendere il suo destriero.
All'interno della scuderia vi era un maestoso cavallo da guerra, alto, bello e fiero, dal manto più scuro dell'ebano, fitto e splendente, gli occhi rilucevano intensi come pozzi oscuri. Il suo sguardo maligno e penetrante si fissò in quello della giovane, abbassò le orecchie e iniziò a muoversi infastidito, frustando l'aria con la coda.
"Questo era il cavallo di tua madre: Fiammabianca dell'Est. Quello che vedi ora, però, non è lo stesso destriero che condusse dama Nenuial lungo mille vie e pericoli…un tempo era uno dei mears, dal magnifico manto bianco come la neve sui monti e gli occhi del mare. Quando la dama morì esso fu catturato dal Negromante e trasformato in quello che ora vedi: un cavallo d'ombra." Spiegò Galadriel "Se te la senti potresti provare a domarlo e farne il tuo destriero."
Leithian si avvicinò di più al cancelletto dello stallo e guardò l'animale: era a dir poco magnifico, dal largo petto forte e il fiero collo arcuato, ma i suoi occhi esprimevano crudeltà e dolore, fino ai limiti del possibile. Come avrebbe potuto domare una così malefica bestia?
Si voltò verso uno stalliere e ingiunse:
"Libera questo animale immediatamente!"
Il garzone di stalla guardò la dama, preoccupato per la strana richiesta. Tutti conoscevano la fama dell'animale: aveva ucciso molti elfi che avevano provato a domarlo. Galadriel assentì con un cenno della testa.
Leithian corse fuori della stalla nello stesso momento che il garzone apriva lo stallo.
L'animale, trovata una via di fuga verso la libertà, nitrì e uscì veloce, scalciando per non farsi prendere. Quando arrivò alla luce del sole si fermò di colpo: i suoi occhi non riuscivano a rimanere aperti sotto la luminosità intensa dell'astro, ma riuscì a distinguere la figura della ragazza.
Ella si avvicinò all'animale, con passo fermo e pacato, di chi non ha paura di ciò che sta facendo. Il cavallo iniziò a sbuffare e a frustare l'aria con la coda, producendo fastidiosi sibili.
"Avvicinati, Agarwaen…avvicinati!" urlò la ragazza, quando l'animale scattò lontano. "Vieni da me affinché io possa lenire il tuo dolore e liberarti dalle ombre…avvicinati così che io possa riscattare il tuo nome…Vieni a me, Insanguinato, così che ogni tuo errore possa esser cancellato con la tua lealtà… accostati così che io ti scelga un altro nome che ti accompagni."
Molti elfi si erano avvicinati, curiosi di sapere chi era la strana elfa che cercava di convincere il malefico cavallo ad avvicinarsi.
Leithian rimase ferma, e così fece l'animale, che aveva rizzato il collo e le orecchie, interessato alla piccola fanciulla, che si permetteva quasi di sfidarlo.
"So che comprendi ciò che dico, Agarwaen! E sono certa di quello che affermo: raggiungimi, un nuovo nome e una nuova esistenza ti aspettano con me." Continuò la ragazza.
Sotto lo stupore generale degli elfi di Lorien, l'Insanguinato lentamente e con molta cautela si avvicinò alla fanciulla, per poi fermarsi esattamente davanti a lei. I suoi occhi sembravano dirle: 'sono qui! Ora assegnami quel nome e quell'esistenza che tanto mi promettevi!'
Leithian s'inchinò rispettosa e salutò l'animale:
"Salve a te, Helevorn, Vetro Nero, discendente della stirpe dei Mears, destriero della Principessa Leithian dei Porti Grigi, erede di Re Cirdan, detta Lamya. Lodo il tuo operato che d'ora in poi sarà quello di condurmi in ogni mia avventura e viaggio, in battaglia e per sentieri pacifici."
Il cavallo chinò a sua volta la testa: la malia del signore dei Nazgûl era spezzata; il manto del destriero rimase scuro, quasi a ricordare all'animale il suo oscuro passato, ma i suoi occhi ripresero il colore del mare, com'erano un tempo.
Leithian si sollevò, seguita dal suo nuovo destriero, e gli accarezzò dolcemente il grande muso.
"Sarai d'ora in poi la mia amata guida, sia nelle tenebre sia nella luce, mi aiuterai a portare a termine una vendetta e un promessa… ma ora è il tuo momento! Amavi la libertà e ti è stata tolta per lungo tempo, ma ora assapora questi momenti correndo nelle lande di Lorien. Arrivederci, Helevorn."
Il cavallo sfregò il muso sul petto della padrona, trotterellò un po' lontano e si voltò a guardarla con una promessa negli occhi: saremo inseparabili io e te, questo è il mio giuramento. E corse via veloce come il vento.
Leithian si accinse a superare la folla d'elfi stupiti e mormoranti, con testa alta e passo fiero, e si accorse che Arwen, nascosta, la stava fissando, allibita.
Lo spavento invase il cuore di Leithian: da quando aveva conosciuto dama Undòmiel non le aveva mai rivelato la sua vera identità, preferendo rimanere la piccola elfa Falathrim d'umile origine. E ora era stata smascherata, il suo alto lignaggio messo a nudo davanti alla sua amica, che, ora, sembrava non vederla più come 'la fanciulla elfica di umili origini'.
Leithian la vide assumere un'espressione di freddo distacco mentre la osservava e le sibilò glaciali parole:
"Hai tradito la mia fiducia!"
La fanciulla si voltò e scomparve dalla vista dell'altra elfa.
Galadriel le si avvicinò e mormorò:
"Non devi preoccuparti per ciò che sente ora mia nipote…il tempo curerà il suo astio!"
"Certo. Ma ora…cosa farò?" chiese Leithian "Mithrandir non è ancora tornato e io vorrei tornare a casa. Mio padre sarà preoccupato…sono lontana da troppo tempo."
"Rimani sino alla fine di questo ricevimento e torna a casa cavalcando Helevorn…egli conosce ogni strada esistente e lui ti condurrà ovunque tu voglia andare." Le consigliò la dama.
***
La sera si prospettava molto temperata, rispetto alle normali e fresche serate primaverili, e sembrava quasi che l'estate fosse alle porte, mentre mancavano ancora un paio di mesi.
Gli alberi di Lorien erano stati addobbati con lanterne dai cristalli colorati d'oro, giallo e rosso; lunghe tavole erano state imbandite con prelibate pietanze e i musicisti avevano appena iniziato a suonare.
Le elfe erano sontuosamente fasciate da abiti di ricca foggia, dai colori bianco, verde e azzurro, e splendidi gioielli di fattura elfica. Gli uomini sfoggiavano completi eleganti e spille incredibili, vere e proprie opere d'arte appuntate al petto d'ogni invitato di sesso maschile.
Leithian rimase seduta in disparte a guardare la scintillante massa d'elfi vestiti a festa; si sentiva di nuovo fuori posto, come un piccolo scricciolo in mezzo a centinaia di candide colombe.
Il suo abito era diverso da ogni altro nella festa: le fanciulle e le elfe indossavano lunghe vesti dalle strette gonne, scollature incredibili e ampie maniche svasate, dalle stoffe più pregiate ornate di ricami con fili d'oro; lei invece portava un abitino color giallo sole, con una gonna corta al ginocchio, ampia, formata da molti veli di tonalità diverse, e un corpetto stretto con le maniche create da un unico velo trasparente.
'Sono così diversa da tutti…e ad andare in giro così mi sento in imbarazzo.' Pensò la fanciulla, guardando in mezzo alla folla.
Arwen era più splendente del solito, vestita di un abito bianco, ricamato di foglie dorate e ricchi diamanti a ornarle la scollatura; ella parlava attorniata dalle amiche, con un sorriso felice e spensierato dipinto in viso, mentre scherzava con le fanciulle che l'attorniavano.
Leithian sospirò ancora e un'ombra di malinconia le offuscò i begli occhi color oltremare.
"Perché quella faccia cupa, piccola Leithian?"
La fanciulla si voltò nella direzione da cui proveniva la voce: Legolas, vestito con un meraviglioso abito di stoffa argentea, le si era avvicinato, reggendo due coppe di vino elfico.
"Lo sai bene il perché, Legolas…è inutile che tu finga di non capire." Mormorò l'elfa, puntando lo sguardo sulla festa.
Legolas le si sedette accanto e le porse uno dei calici che reggeva; Leithian lo afferrò e guardò stranito l'elfo.
"Un brindisi…alla Principessa dei Falathrim che è riuscita a domare l'Insanguinato!" sorrise l'elfo sollevando il calice.
Leithian sorrise a sua volta e fece risuonare il bordo della sua coppa contro quella del principe, e mormorò:
"Lunga vita al Principe di Bosco Atro e alla Principessa dei Rifugi Oscuri."
I due bevvero all'unisono.
"Non hai ancora risposto alla domanda di prima: non capisco il motivo della tua tristezza." Si fece serio l'elfo.
"Ecco il motivo…" mormorò Leithian, facendo segno con la testa nella direzione di Arwen. "E non solo quello."
"Per Arwen posso capirti…non l'ha presa molto bene, ma non la posso biasimare, il suo comportamento è stato un po' eccessivo. E, in ogni caso, quale sarebbe l'altro motivo?"
"Non vedi come sono vestita? Mi sento stupida con quest'abito indosso…sono così diversa dagli altri."
"Ed è per questo che mi piaci…" bisbigliò Legolas, mentre la squadrava intenerito. Sembrava così fragile e indifesa, una bambina, che però nascondeva una personalità molto forte.
"Cos'hai detto?" chiese Leithian.
"Ho detto che è meglio così…" si giustificò l'elfo.
La fanciulla alzò un sopracciglio, scettica.
"Insomma…guarda! Sono tutte uguali. Con lo stesso colore d'abito, lo stesso modello e la stessa abbondanza di gioielli…il tuo abito è bello perché è semplice ma d'effetto, ha un colore differente da quello di ogni altro abito alla festa ed è di un modello particolare. Secondo me non c'è nulla per cui tu debba vergognarti."
Leithian abbassò lo sguardo, arrossendo; le parole di Legolas le facevano sempre piacere e quel suo modo di prendersi cura di lei, così riservato e silenzioso, ma sempre vigile, attento.
"Ora è meglio che mi unisca agli altri." Sospirò Legolas, alzandosi e spolverandosi i pantaloni.
"Posso chiederti un favore?"
"Certo! Sentiamo…"
"Domani mattina ti prego di dire ad Arwen che mi dispiace per quello che è successo, ma ciò che dovevo fare doveva rimanere segreto, sino a quando non sarei stata abbastanza forte da mostrarmi al mondo…e soprattutto che sono una codarda perché non riesco a dirle queste cose personalmente." Affermò la ragazza, alzandosi in piedi a sua volta.
"Cosa vorresti dire?" chiese Legolas, non riuscendo ad afferrare il senso dell'ultima frase.
"Questa sera parto…torno a casa! Ritorno ai Porti Grigi, dove mio padre attende in ansia il ritorno di sua figlia."
"Ma…ma tu…non potresti aspettare qualche altro giorno? Anche io andrò via tra poco." Balbettò il principe, spalancando gli occhi dalla sorpresa.
"Mi dispiace, Legolas! Il tempo che avevo a disposizione per soggiornare a Lorien è terminato. Ciò che doveva esser fatto, è stato compiuto…non rattristarti per la mia partenza!"
Legolas abbassò il viso, afflitto dalla notizia.
Subito la mano della fanciulla si posò sulla guancia del principe, che risollevò la testa, fissando gli occhi oltremare della principessa.
"Non essere triste, Legolas! Questo non è un addio, ma un arrivederci…non stare in ansia per me. Io verrò a trovarti qualche volta." Bisbigliò la fanciulla.
Si sollevò in punta di piedi e diede un fugace bacio sulla guancia del principe, gli diede una carezza, per poi sparire nelle ombre della foresta.
Legolas appoggiò una mano sulla guancia, e la sentì calda sotto il palmo; poteva ancora sentire il calore delle sue labbra e l'intenso profumo di salsedine e resina.
Quella notte i soldati dei confini scorsero una figura ammanta fuggire su un cavallo nero in direzione dell'ovest.
***

  
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