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Autore: alliejwatson    26/12/2013    2 recensioni
Sono passati quattro lunghi anni da quando Caroline “Carrie” Warman ha abbandonato la sua famiglia ed è scappata a Los Angeles. Carrie appartiene a una delle famiglie di lupi mannari più importanti della Scozia, ma si sente inadatta a quella vita e vuole in tutti modi cancellare quella parte di sé ed essere normale come tutti i ragazzi della sua età: diplomarsi, avere degli amici e vivere una vita che non abbia nulla a che fare con la licantropia.
In Scozia, oltre che la famiglia, ha lasciato anche Matthew, l’unico ragazzo che sembra veramente interessato a lei e che la ama come nessun altro, ma lei sembra voler rinnegare i suoi sentimenti per lui.
Un sera però al college dove si trova Carrie, si presenta la sua vecchia fiamma, Matthew, che le dice di dover tornare a casa: sua padre l'ha convocata. Sembra che un pericolo sia in agguato nell'oscurità, e che ha già fatto delle vittime.
Ora Carrie è obbligata a tornare in Scozia e scoprire cosa sta succedendo.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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SEGNI NELL’OSCURITA’



 


1. L’Assassinio
 
Ero stanca, nervosa e stordita. E ora si stava anche per mettere a piovere.
Avevo setacciato l'intera zona in cerca di quel fottuto Straniero che si era inoltrato nel mio territorio, ma quelle strade gelide mi sembravano tutte uguali e stavo incominciando a stufarmi.
In pochi minuti la pioggia fredda mi inzuppò la folta massa di capelli che mi scendeva fino alla vita.
Avevo girato tutta la notte in cerca di quel maledetto che mi aveva disturbato durante l‘ora di studio.
Era l'una di notte, quasi. Il grande orologio del campanile del campus segnava l'una meno dieci.
Sospirai.
Ero stufa di girare per la strada, ma decisi di tentare di fare, nuovamente, il giro di tutto il campus.
I miei capelli, appiattiti dalla pioggia, lasciavano spuntare fuori le orecchie che, anche quando ero in forma umana, avevano un'aria troppo da lupo, per passare inosservate.
I miei occhi invece erano chiarissimi, di un azzurro quasi cristallino, che erano in contrasto con i folti capelli scuri.
Mi arrestai un momento per fiutare l'aria. Lo Straniero era vicino? Chissà: in quel momento avevo i sensi troppo offuscati per dirlo. Ripresi a camminare.
Quella mattina era cominciata con la stessa routine di ogni giorno. Tutto era come sempre, ma ora era capitata una cosa strana: c'era uno Straniero nella mia terra. Questo non era mai successo, anche perchè facevo parte di una delle famiglie più prestigiose e illustri di tuti i tempi, e quindi tutti gli uomini lupo mi conoscevano per questo, ma anche perchè le femmine dei vari branchi erano molto poche: un paio per branco, circa. Era difficile che le femmine riuscissero a superare la trasformazione o semplicemente nascere dalla madre.
Ma che cavolo, ce l’hanno tutti con me? Non posso riposarmi in pace?, pensai.
Era la quindicesima volta che facevo il giro per delle camere dell’ala ovest del campus, ma una parte di me mi diceva di avvicinarmi lì. Il motivo? Perché era l’area dove c’era il ristorante. Ero sicura che lo Straniero fosse andato lì per gli avanzi di cibo che venivano buttati via dai camerieri.
A volte c’ero andata anche io a mangiare lì, quando mi trasformavo in lupo mannaro. Certo, se ci pensavo mentre ero in forma umana mi veniva da vomitare, ma quando ero trasformata non avevo il controllo di sempre.
Presi a muovermi sotto la pioggia, cercando di fare il meno rumore possibile, anche se era molto difficile visto che sul suolo c’erano molte pozzanghere già piene d’acqua. Entrai in un vicolo buio che si trovava tra due edifici e cominciai a ringhiare.
Sebbene fossi in forma umana e non ferina, riuscivo benissimo a produrre un suono simile al ringhio di un lupo.
Ora sentivo l’odore dello Straniero. Era vicino. Molto vicino.
Mi voltai e mi trovai due occhi chiari che mi guardavano con ferocia. Ringhiava a più non posso e sentii che si stava preparando ad attaccare perché si acquattò e abbassò minacciosamente le orecchie.
Cercai di mantenere la calma, ma ero in conflitto tra la sensazione di eccitazione per lo scontro che si sarebbe potuto scatenare, e il timore di cosa sarebbe successo se mi fossi trasformata in lupo. In realtà non ero certa di riuscire a sconfiggerlo poichè erano anni che non combattevo, e quindi ero fuori allenamento.
Decisi di non trasformarmi. Avevo troppa paura. Non solo perché credevo di non riuscire a battere lo Straniero, ma perché sapevo che se mi fossi trasformata in forma ferina, avrei perso l’autocontrollo.
Cercai di allontanarlo dalle camere degli studenti e ci riuscì, arrivando a quelli dei professori. Per riuscire ad arrivare al grande giardino dietro l’edificio dovevo passare tutte le camere del campus, cosa che mi procurò molti problemi perché ogni volta che facevo un passo mi voltavo, per controllare se lo straniero mi seguisse. Il lupo camminava dietro di me, ma a debita distanza.
Tuttavia in un momento di distrazione caddi dentro una pozzanghera, bagnandomi ulteriormente. Mi alzai subito, ma avevo già perso di vista lo Straniero.
Merda!, pensai.
Provai ad annusare l’aria, ma l’odore della pioggia mi entrò nelle narici e non riuscì più a sentire il suo odore.
Maledizione!
Decisi di entrare in un altro vicolo buio, sicura che lo Straniero, dovunque fosse andato, mi avrebbe seguita. Nel vicolo le finestre erano tutte chiuse e le luci erano spente.
Sospirai nuovamente.
Aspettai il lupo sotto la pioggia.
Un minuto. Due. Tre.
Ormai ero stanca e volevo solo andarmi a riposare come qualunque persona avrebbe dovuto fare a quell’ora.
Mi alzai dallo scatolone in cui mi ero seduta pronta per ritornare nella mia camera, ma una figura scura mi si piombò addosso. Cercai di liberarmi, ma senza successo. Il peso dello Straniero era troppo persino per me. Capii subito che non sarei riuscita a liberarmene, ma almeno riuscii a mordergli la sua zampa che si trovava affianco alla mia spalla destra. Anche se ero in forma umana, avevo dei denti forti e taglienti, tant’è che una volta, quand’ero bambina mi ricordo che con questi ultimi ero riuscita a rompere una noce completa, cioè che aveva il guscio. Mia madre rimase sorpresa, perché non era normale che una bambina-lupo riuscisse a rompere una noce così precocemente, infatti alla fine si scoprì che i miei denti erano molto più forti di qualsiasi altro lupo.
Il lupo mannaro guaì e cominciò a ringhiare.
Feci lo stesso.
«Sei veramente uno stupido!» gridai «Mi arrendo! Va bene!».
Improvvisamente il lupo che mi trovavo sopra si trasformò in un ragazzo sulla ventina dai capelli scuri e gli occhi verdi. Rideva.
«Non c’è niente da ridere!»
«Invece sì!» continuò tra una risata e l’altra, lui «Non sei cambiata affatto, Carrie»
«Questo lo dici tu» dissi in tono di sfida.
«Avanti, dimmelo! Di che sono diventato più bravo di te»
«Ti avrei battuto, ma è che sono fuori allenamento» cercai uno scusante.
In realtà sapevo che era molto più bravo di me e che mi avrebbe sempre battuta. Questo perché era grosso il doppio di me, ma anche perché lui era cresciuto in una famiglia povera, che lo abbandonò subito, così dovette imparare molto velocemente a essere autonomo, o almeno finchè non mi incontrò, circa sei anni fa.
Frequentavo ancora le superiori quando mio padre mi chiamò a scuola durante la lezione di Greco e mi avvisò che dovevo subito tornare a casa, in Scozia. Non feci domande. A quel tempo ero solo abituata a rispondere agli ordini a me imposti. Obbedì e in poche ore atterrai all’aeroporto di Dundee, dove da secoli si trovava il nostro castello, anche se originariamente venivamo dall’America.
La leggenda narra che due famiglie, quella dei Warman e dei MacCallan, lavorassero gomito a gomito, come alleati. Quella degli Warman aveva sede in America a Los Angeles, scelta appositamente per il tanto movimento e per non destare sospetti, siccome gli umani a quell’epoca credevano che i Dannati – chiamati così da loro stessi – vivessero in posti buio e disabitati. Mentre l’altra famiglia, quella dei MacCallan aveva sede in Scozia, a Dundee, dove viveva tranquillamente, senza problemi. Tutto andò per il meglio fino ad un certo punto, ma poi accadde un fatto che cambio le regole della Società dei Licantropi. Quando mio prozio, il Capo dei Ribelli, affrontò una guerra contro i Troll sui Pirenei. A quel tempo i Troll avevano il pieno controllo dell’Europa, e così mio prozio fondò il movimento dei Ribelli. Nella guerra, però lui perse la vita, e di conseguenza la guerra. A quel punto entrammo noi in azione. La famiglia Warman. Fummo obbligati a prendere il posto della vecchia famiglia, che fu sterminata dai Troll. Mio nonno appena lo venne a sapere andò fino in Scozia, dove salì al potere. In pochi anni riuscì a sconfiggere i Troll definitivamente, uccidendone alcuni e imprigionandone altri tra le montagne.
Mio nonno, il Capo Supremo, poi lasciò posto a mio padre che divenne Capo degli Ex Ribelli ed io divenni la Principessa della Nuova Stirpe. All’aeroporto trovai Noah, l’autista che faceva parte della mia famiglia da secoli, ormai. Poco prima di partire mi feci raccontare cos’era accaduto e perché mio padre era così agitato al telefono.
«Vede signorina Carrie» mi disse «stamattina Vostro padre è andato a caccia, come sempre e mentre setacciavano l’area sulle montagne si sono imbattuti in un gruppo di Troll. Erano tre, o quattro e hanno cercato di attaccarli. Vostro padre è riuscito a proteggere tutti quanti, mettendo in fuga i Troll. Hanno continuato ugualmente la camminata verso la cima della montagna e a circa cinquecento metri di altezza Vostro fratello David ha trovato tra le radici di un grande albero un ragazzo-lupo della sua età. Da quel che sappiamo è un Randagio, che è stato abbandonato dai suoi genitori e che ha dovuto sapersi arrangiare. Ha delle brutte ferite alle zampe e tre costole rotte. In questo momento è con il signor MacMillan, che è il dottore più bravo di tutta la Scozia. Vostro padre crede si riprenderà e che farà sicuramente parte della vostra famiglia»
«E perché?» chiesi.
Era una cosa strana che mio padre decidesse di far entrare in famiglia un Randagio. Di solito non voleva che il nostro sangue si mischiasse con quello loro.
«Perchè» mi spiegò Noah «Vostro padre si sente in colpa di quello che è accaduto a quel ragazzo. Credo che si immaginasse lei, signorina, quando guardava quel ragazzo» confessò.
Quando arrivai al castello sapevo già tutto quello che era accaduto, e volevo immediatamente parlare con mio padre, ma non riuscii né a vedere lui, né il Ragazzo Fortunato – chiamato così dalla servitù del castello per la fortuna che aveva avuto nell’incontrare la mia famiglia. Cercai, anche, di far prevalere la mia autorità di Principessa della Nuova Stirpe, ma comunque questo non fece smuovere nessuno. Così dovetti aspettare due giorni solo per vedere mio padre, il quale pendeva completamente dalle labbra del Ragazzo Fortunato.
Ammetto che all’inizio ero molto gelosa della sua presenza costante nel castello, perché veniva ricoperto di attenzioni mai prestate a me. Però in poco tempo tutti ci fecero abitudine nell’averlo nel castello, compresa me. Ormai lo consideravo come un fratello e io per lui ero una sorellina, o almeno così credevo. Perché due anni dopo esserci conosciuti lui mi chiese di sposarlo.
A quel punto non seppi più che fare. Mi sentivo come in trappola. Mi sentivo svuotata d’aria nei polmoni.
Lo respinsi.
Mio padre, poco dopo, lo venne a sapere e si arrabbiò moltissimo. Secondo lui una donna-lupo doveva raggiungere i quindici anni e poi sposarsi per dare alla luce nuovi piccoli lupetti. Però lui non sapeva che avevo giurato a me stessa che non mi sarei mai sposata, per il semplice motivo di non dare alla luce dei piccoli mostri come me.
Ovviamente mio padre non fu per niente d'accordo con la mia opinione, e così non ebbi altra scelta che scappare. Vagai per la Scozia in macchina, muovendomi continuamente per non essere presa dalla mia famiglia, o almeno finchè non presi il volo per Los Angeles, tornando nella mia città natale. Lì decisi di fare, per la prima volta, qualcosa solo per me: mi iscrissi al college – chiamato dagli studenti, campus.
E da quel giorno non sono più tornata a casa. Non ho più messo piede fuori Los Angeles. Perché? Perché ho sempre avuto paura delle reazioni della mia famiglia se fossi tornata a casa, dopo quello che avevo combinato.
Tutti quei ricordi improvvisi mi fecero venire un mal di testa fortissimo.
«Che ci fai qui?» gli chiesi, fredda.
«Tuo padre ti rivuole a casa. E’ una cosa urgente» mi disse lui, improvvisamente serio.
Sorrisi. «L’ultima volta che qualcuno mi ha detto questo, se comparso tu nella mia vita» ammisi.
«Bhè» mormorò «Carrie, il problema è che questa volta non sarà una bella sorpresa»
Era strano.
Avrei scommesso che avrebbe fatto una battutina a causa dell’ultima frase che avevo pronunciato, invece era sempre più serio. Quasi… freddo.
Un brivido mi percorse la schiena. Rabbrividii.
«Voglio sapere tutto, nei minimi particolari»
«Carrie, ti ricordi di tua cugina Sarah?» mi chiese.
Certo, come dimenticarsela. Per me era come una sorella, quella che non avevo mai avuto la possibilità di avere. Era la ragazza che rubava i cuori dei ragazzi già quando aveva cinque anni. Eravamo molto legate.
Ricordo che giocavamo insieme nel giardino di casa mia. Lottavamo insieme. Eravamo inseparabili. Tutto questo durò a lungo, ma quando lei decise di sposarsi io mi arrabbiai moltissimo. Avevamo giurato l’una all’altra di che non ci saremmo mai sposate. Mai.
E quando lei all’età di quindici anni mi telefonò dalla Scozia per dirmi che si sarebbe sposata, io mi sentii tradita.
Tradita dalla persona a cui tenevo di più.
«Certo» risposi.
Sul viso di Matthew comparve un’espressione di dolore. «E’ stata uccisa».
E quel poco di felicità – che non avrei mai ammesso di aver provato – vedendo Mat, si sbriciolò, lasciando posto a un vuoto nel cuore e un nodo alla gola.


NOTE DELL'AUTORE:

Come promesso, ecco il primo capitolo della mia opera generale.
Se vi piace, passate qui, e la mia pagina Facebook dedicata a questo romanzo. Troverete book trailers, foto e news! : )
   
 
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