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Autore: Marlene Ludovikovna    26/12/2013    4 recensioni
1943 - Parigi
Ester Stradsberg; the Swan. Giovane, bella e annoiata moglie di un ricco imprenditore. Ciò che più vuole é la libertà di disinteressarsi a tutto.
Hans Wesemann; the Hunter. Spietato Colonnello delle SS, la sua giacca e ornata da medaglie e i suoi occhi mostrano solo ghiaccio.
Emilie Kaltenbatch; the Hawk. Giovane pittrice pronta a tutto per sfondare e dagli istinti creativi repressi a causa della dittatura a cui sottostà il suo paese. Affascinante, crudele, ambiziosa e, per tutti, indimenticabile.
Jean Russeau; the Treacherous. Ricco, bello ed egocentrico è il re della vita mondana parigina. Ereditiere di un'immensa fortuna dedito al lusso e all'amore per se stesso.
Delle vite vissute a metà come se aspettassero di essere esaurite, così cariche di emozioni e prive di valori da essere memorabili. Anime distrutte al centro della ricchezza, della miseria e della follia. Vite distrutte dallo sfarzo del Terzo Reich.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Spring: Part 9
 


I passi risoluti di Hans Wesemann risuonavano sul marmo delle scale all'ingresso. 
Casa Stradsberg era memore di una giovinezza proibita, quella di Ester e dei sentimenti di speranza che erano stati trasportati via insieme alle foglie d'autunno. 
Il maggiordomo aprì il portone con aria ossequiosa. 
Heil Hilter. Disse. 
Heil Hitler, sono il Colonnello Wesemann. Si presentò togliendosi il cappello con il teschio simbolo delle SS. 
Sono qui per parlare con Emilie Kaltenbatch, se mi è possibile. Aggiunse con un sorriso sbilenco. Quel se mi è possibile era davvero un tocco di classe; sapeva benissimo che nessuno gli avrebbe mai chiuso la porta in faccia. Il maggiordomo, infatti, annuì con aria compita. 
È uscita, ma tornerà presto. Nel frattempo posso farla accomodare, Herr Wesemann. 
Wunderbar. Esclamò lui. 
L'enorme palazzo era diverso senza tutte le persone e le decorazioni da festa. Volse la testa verso i soffitti alti e ben decorati con lampadari e affreschi.
Faccio chiamare Frau Stradsberg, attenda pure qui all'ingresso. 
L'ingresso era immenso e costituiva quella che era la sala delle feste. 
Hans si tolse i guanti di pelle nera e li infilò nella tasca del giaccone. 
Ripensandoci era strano sentire che la piccola Ester veniva chiamata Frau. Signora. Detto così chiunque avrebbe immaginato una donna seria e sulla cinquantina, non quella dolce rondinella dal corpo vivace e gli occhi brillanti, ma sempre velati da una certa malinconia che lui ancora non riusciva a comprendere. 
Frau Stradsberg lo raggiunse con il suo passo leggero, facendo muovere le rouches del suo abito francese, mentre il suo volto spaesato era illuminato da una collana di perle.  
Heil... Heil Hitler. Disse con voce soave, ma non frivola. 
Quando lui, dopo aver ricambiato il saluto, la fissò dritta nei suoi smeraldi dalle sfumature nocciola, lei si affrettò a guardare verso il basso. 
Hans non riuscì subito ad identificare quel gesto, ma si affrettò a baciare intensamente la sua piccola mano godendo di quella poca intimità che riusciva ad ottenere da lei. 
È un piacere, ma mi domando il perché di questa visita, Herr Colonel. Disse lei, questa volta con più sicurezza e accennando un tratto di sorriso sulle piccole labbra. 
Hans sorrise distrattamente. 
Una formalità che sono tenuto a svolgere per... Sa... L'Affare Kaltenbatch, come è stato nominato. 
Ester annuì. 
Be', capisco. Credo che tornerà verso sera.... Nel frattempo vuole un caffé? Qualcosa da bere? Domandò lei sbattendo le ciglia più volte. 
Nonostante ad Hans sembrassero studiate alcune mosse di lei, intuiva la sua inconsapevolezza giovanile. Era lodata da tutti, ma malgrado ciò non si voleva bene. Era sicuro che superata la fanciullezza sarebbe diventata più consapevole e sicura, un po' come quella stronza di sua sorella Emilie, almeno a detta di Hans. 
La moglie bambina sospirò, come prossima alle lacrime. 
Hans la fermò per il braccio.  
Non c'è alcuna ragione di avere timore, semplici formalità, gliel'ho detto. 
Lei ebbe la scaltrezza di voltarsi velocemente con un fruscio del velluto rosa, dandogli così le spalle. 
Puoi chiamarmi Ester. Sussurrò velocemente come se non volesse essere sentita, nemmeno dal suo arguto interlocutore. 
Ancora non ti posso dare il permesso di chiamarmi Hans, ma sarò lieto di fare come dici... Ester. Un nome incredibilmente intenso e dolce. 
Lei si voltò con quegli occhi da cerbiatto spalancati, come ad accusarlo. 
Per un misero istante Hans si meraviglio di tanta insolenza. 
Sicuro che non vuole nulla da bere? Domandò come se nulla fosse. 
Wesemann si ricordò solo allora di essere in piedi al centro della stanza, immerso in uno di quei silenzi talmente profondi da essere snervanti. 
Guardò il grammofono. 
Per me va benissimo un espresso. Rispose, puntando tutta la sua attenzione sul grammofono posato sulla credenza. 
Hai qualcosa di Mozart? Chiese. 
Mh, ja. Certamente. Rispose lei; scelse il primo disco di Mozart dalla collezione e lo mise su. 
Si sentiva incredibilmente irritata da quella visita, ma infondo sentiva un piacere quasi masochista nel parlare con quell'uomo privo di vergogna alcuna nei confronti dei suoi atti. 
Chiamò Pier, il maggiordomo, e chiese per avere caffè e per lei un bicchiere d'acqua. Si sentiva la gola inspiegabilmente secca, inaridita. 
Su, si sieda. Disse lui con un tono gentile, ma che non ammetteva repliche, indicando il divano. 
Quando si sedettero, lei provò una sensazione di vago imbarazzo, mentre lui la studiava con aria imperterrita. 
Ester accavallò la gamba e per un secondo furono visibili una striscia di pelle e il reggicalze, che lei si affrettò a coprire immediatamente. 
Hans si ritrovò compiaciuto da quella visione eterea e impura al tempo stesso. 
Voleva sentire il profumo di lei, toccarla... 
La mano di lei tremava leggermente e ancora lui non comprendeva il motivo di tanta paura.  
La fece voltare verso di lui, a cui tutto era concesso e scostò dal suo giovane viso una ciocca ribelle di capelli biondi. 
Le sue mani ebbero contatto con la pelle liscia del suo viso, quando le accarezzò la guancia rosea.
Ester sentì un brivido scorrere dentro di lei, ma non aveva freddo. 
Ho conosciuto tua madre quando vivevo a Berlino... Le somigli proprio tanto, sai, bambina mia? Disse infrangendo l'intimo silenzio che era calato. 
La guardava negli occhi, la mano posata sulla calda guancia di lei... I suoi occhi brillavano e Hans non riusciva a capire se fosse per gioia o paura. Ester sorrise leggermente, adesso ricambiando l'intensità dello sguardo. 
Poi all'improvviso si scostò da lei, terminando quella punizione che sembrava volerle infliggere. 
Lei puntò lo sguardo smeraldino verso i cristalli del lampadario. 
Non vedeva l'ora che quella tortura terminasse; non vedeva l'ora di sentire i passi pesanti del Colonnello Wesemann allontanarsi verso la porta. 
Pensava ai libri proibiti abbandonati nel soggiorno di camera sua non aspettando visite, dato che il marito era a Vienna per lavoro. 
Voleva sapere di più sul comunismo, che sapeva esistere allora in Russia. Dai libri sembrava quasi bella l'idea di rivoluzione, ma di per sé non le interessava un cambiamento politico - che tra l'altro l'avrebbe svantaggiata in quanto parte della borghesia -, ma leggere le dava un senso di libertà e la faceva sentire compiuta. 
Quei libri li aveva comprati in una libreria a Berlino e li aveva portati lì. Alcuni immaginava li avessero salvati dai roghi, perché erano un po' bruciacchiati sui bordi. 
 Non osava pensare cosa avrebbe fatto l'uomo seduto accanto a lei se mai li avesse visti. 
Si ricordava di alcune persone sorprese per tradimento, picchiate per strada dalla Gestapo. Sentiva una paura, flebile all'inizio, impossessarsi di lei. 
Hans Wesemann era così vicino a lei che ne sentiva il respiro. 
Si alzò all'improvviso.
Non capisco perché il caffè tarda ad arrivare! Disse istericamente. 
Pier! Pier! A che punto siete con il caffé? La cucina si è presa un giorno di ferie?
Era strano, non si comportava mai così, ma in quel momento le era sembrato l'unico modo di sfuggire allo sguardo indagatore di Wesemann, che sapeva seguirla ancora senza lasciarla mai.
Venne servito il caffè, che Wesemann bevve velocemente. 
Mi dica, ha notato comportamenti strani in sua cugina? Chiese. 
Mh... Nein. 
E cosa sapeva dei Kaltenbatch? 
Be', erano i miei zii e spesso andavo a far loro visita, anche se ultimamente meno e ero molto affezionata a loro. 
Capisco... 
Già. 
Hans Wesemann sorrise. 
Che mi dici dei gusti letterari di fraulein Kaltenbatch? Disse con sguardo feroce, consapevole di aver fatto centro, notando lo sguardo spaurito di lei. 
L'unica viva, intendo. Si affrettò a precisare con una punta di ironia.
Poi il portone si aprì e poco dopo i passi di Emilie aleggiarono nella sala. 
  Hans si alzò di scatto. 
  Fraulein, Kaltenbatch! Disse con un sorriso sprezzante, ma non troppo.
  La stavamo giusto aspettando. Aggiunse tendendo le braccia. 
  Lei si immobilizzò, incontrando lo sguardo di Ester, ferma dietro il nazista. Non fece nemmeno caso al modo in cui la cugina la guardò spaurita, né a come lui la fissava indagatore. 
Ebbe voglia di vomitare, ma poi si espresse in un sorriso che riuscì a sembrare quasi spontaneo, dopo qualche secondo di sbigottimento. 
Poi lo sfidò, tendendo l'arco: Il piacere è tutto mio, Herr Colonel. 
Si avvicinò, pronunciando le ultime parole con ironia, incontrando il suo sguardo fermo. 
L'aveva voluto lei. 


Angolo Autrice.

Heilà!
Vi faccio un regalo di Natale in ritardo aggiornando in ritardo! Yeah, sono un genio del tempismo. AHAHAH.
Ancora non è giunto il momento di esplorare a fondo la personalità di Ester, ma tra qualche capitolo sarete accontentati. E saranno accontentate anche coloro che shippano Hanster (una standing ovation per Ilaria che ha inventato questo nome)! *^*
In questo capitolo ho provato a mettere la giusta tensione sessuale, un arduo compito, ma spero di esserci riuscita!
Be', ora mi ritiro nel mio angolino.
Un bacio e alla prossima;

Marlene
   
 
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