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Autore: HamletRedDiablo    26/12/2013    0 recensioni
Un capitano e un pescatore vivevano felici su una locanda vicino al mare.
Finché l'ombra dell'Inquisizione non si stese su di loro. E il mondo si riempì di cenere.
[Seguito di "Rosa de los Vientos"]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Rosa de los Vientos'
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Ave Maria

 

La notizia scottò sulla pelle come un tizzone ardente, e Lovino faticò a restare fermo sulla sedia.

L’abitudine l’aveva convinto che Antonio fosse nato nella città in cui aveva avviato la sua locanda. Mai avrebbe immaginato che provenisse da un altro villaggio, per di più flagellato dall’Inquisizione.

Nicolas sfilò l’anello, lasciandolo penzolare sull’ultima falange.

«Vivevi in una cittadina ammorbata dagli eretici» si giustificò candido l’uomo. «Per quanto drastica, era un’operazione necessaria. Soprattutto per le anime di quei peccatori.»

«Sono sicuro che vi avranno benedetto per la vostra premura, mentre il rogo gli dilaniava le carni.»

Antonio non aveva mai usato parole meno che gentili, in sua presenza, le labbra perennemente curvate in un sorriso e la voce impostata su modulazioni calde e amichevoli come il sole spagnolo. Se non l’avesse visto con i propri occhi, non avrebbe mai creduto al distacco ghiacciato nelle iridi dell’uomo; se non l’avesse udito con le proprie orecchie, non avrebbe mai ipotizzato la lama del distacco nelle sue parole e il macigno del rancore nella sua gola. Strinse i pugni sulle ginocchia, sperando che quell’interrogatorio finisse presto: Antonio stava diventando la personificazione della vendetta, e quella sua trasformazione lo spaventava più delle insinuazioni dell’Inquisitore.

«Li abbiamo salvati dalle fiamme eterne, che si sarebbero cibate della loro anima, e non del loro corpo» classificò Nicolas.

«Ammirevole» si complimentò monocorde Antonio, stringendo la presa sul bastone e parandosi ulteriormente davanti a Lovino. «Hai intenzione di innalzare qualche rogo salvifico anche qui?»

«Solo se sarà necessaria una purificazione» l’anello tornò al suo posto, e Nicolas si accomodò tracotante sulla poltrona. «Non possiamo dimenticare la nostra missione contro le eresie, per quanto possa sembrare spaventosa. Satana non dorme mai.»

«Concordo» asserì Antonio, fissando eloquente l’Inquisitore.

Nicolas passò una mano tra i capelli in cui si mescolavano castano e argento, lentamente, lasciando che un silenzio teso si allungasse tra di loro.

«Ma non stasera. Sono venuto solo per farti visita» garantì infine. Studiò lo spazio circostante con attenzione e dichiarò, teatrale: «Temo che manchi una persona.»

Lovino lo fissò senza capire, e la medesima confusione passò anche sul volto di Antonio.

«La vostra amata» spiegò Nicolas. «Avete spezzato il cuore a molte fanciulle per quella donna. Ma non la vedo nella vostra locanda.»

Il pescatore si fissò le dita con vivo interesse. Un miscuglio di emozioni gli stava agitando le viscere: l’acido del tradimento gli attaccava lo stomaco, e il rombo della rabbia gli echeggiava tra le costole. Non sapeva niente di quella presunta donna. Ma non voleva rischiare di dire qualcosa che potesse mettere Antonio nei guai, o di battere le palpebre in modo compromettente: un Inquisitore poteva accusare sulla base di un respiro troppo rumoroso. Doveva aspettare; avrebbe fatto la sua scenata non appena si fossero trovati da soli e lontani da orecchie indagatrici.

Le sopracciglia dell’uomo scattarono nervose quando compresero le trame dell’Inquisitore.

«Hai mandato tu le due giovani di ieri sera» l’irritazione di Antonio, scacciata forzatamente dalla voce, migrò nelle nocche, sbiancandole completamente.

«Non sono le uniche ad essere state rifiutate per questa donna, presumo» Nicolas sorvolò la domanda con insolente noncuranza. «La tua prediletta è ormai una favola che gira per le strade.»

«E tu presti orecchio alle favole cittadine? Invidio il tuo tempo libero: io sono così indaffarato con la gestione della locanda che riesco a malapena a respirare» replicò l’ex-capitano.

«Ascoltare le voci di popolo fa parte del mio lavoro. I mormorii delle strade sono le confessioni del volgo: non hai idea di quanta verità possa nascondersi in esse. Ebbene?» insistette l’Inquisitore.

La mano di Antonio, ben nascosta dallo sguardo di Nicolas, sfiorò appena la coscia di Lovino. Non comprese cosa volesse comunicargli con quell’accenno di carezza, ma il pescatore serrò le labbra e contenne il malcontento. Fu così che riuscì a controllare il colpo che la successiva affermazione dell’uomo gli assestò dritto nello sterno.

«E’ vero, amo una donna. Ma la mia fede nuziale è in un sepolcro. E’ morta anni fa» rivelò Antonio.

Gli occhi rapaci del cacciatore di blasfemie si dilatarono in un’esagerata sorpresa.

«Davvero? Le mie condoglianze, non intendevo mancarti di rispetto» si scusò l’Inquisitore con squisita falsità. Le dita predatorie si appoggiarono sull’anello. «Immagino che le visite alla sua tomba siano frequenti…»

«Sarebbe complicato. Si trova oltreoceano» si difese Antonio.

«Oh… era un’indigena?»

«Un’emigrata spagnola. La sua famiglia si era trasferita nella colonia.»

«Doveva essere molto giovane, se l’hai conosciuta navigando. Come può…»

«Malaria» Antonio anticipò la domanda del rivale. «La febbre l’ha portata al delirio e alla morte in poco più di una settimana.»

Il lontano rombo di un tuono suonò come una campana funebre.

«Deve essere stato straziante» giudicò Nicolas, senza dispiacere nella voce. «E per questo hai deciso di esserle devoto fino alla tomba?»

«I motivi non dovrebbero interessarti, se davvero non vuoi mancarmi di rispetto» lo riprese Antonio, visibilmente seccato.

«Capisco. Ti chiedo di perdonarmi» si schernì l’altro. Si sporse per oltrepassare con lo sguardo l’ex-capitano, e Lovino percepì la lancia gelida della paura scorrergli lungo la colonna vertebrale.

«E’ in memoria della tua dama che hai dato rifugio ad un immigrato?» investigò l’Inquisitore, fissando il pescatore. «Entrambi hanno abbandonato la loro terra natia.»

«Sono un buon pescatore. E’ per questo che lavoro qui.»

La fronte di Nicolas si increspò al centro, come se avesse sentito parlare una statua. Sebbene un po’ gracchiante, la voce di Lovino era uscita chiara e comprensibile.

Il primo tuono fu seguito dal corteo dei suoi fratelli, preannunciati da alcune scariche si lampi che abbagliarono i vetri della locanda.

«Sei davvero generoso ad assumere un immigrato senza referenze e senza famiglia» considerò, prima di rivolgersi nuovamente a Lovino: «So che siete orfano.»

«Sì» convalidò. Non capiva perché si rivolgesse in tono tanto formale a lui, che era solo un pescatore, e parlasse con tanta familiarità ad una leggenda dei mari come Antonio. Forse era anche quella una tattica per disorientarlo.

«Siete molto devoto al vostro padrone, nevvero?» rimarcò Nicolas, congiungendo le punte delle dita. «Avete rifiutato l’occasione della vostra vita per lavorare qui.»

«Prego?»

«Far parte dell’equipaggio della Queen of Pirates è il sogno di molti marinai. Eppure voi avete preferito rimanere qui» espose l’uomo, un ghigno sardonico che si faceva strada sulle labbra maligne.

«Ho capito che la vita di mare non faceva per me» spiegò conciso Lovino.

Come faceva quell’uomo a sapere anche quello? Era una delle storie di cui parlava con più riserve, e certamente non gli faceva piacere che un Inquisitore cercasse di ritorcerla contro di lui.

«Eppure pescate ogni giorno» cercò di coglierlo in fallo l’altro.

«Mi bastano poche remate per pescare. È molto diverso dall’imbarcarsi per mesi» Lovino quasi ringhiò, nonostante le spalle abbassate e le dita contratte.

«E l’avete capito semplicemente salendo la passerella?» lo sfidò Nicolas.

«Sì, signore. Se voi foste un marinaio, capireste» attaccò a sua volta il ragazzo. Il suo cuore era raggrinzito dalla paura, ma non avrebbe permesso a quell’uomo di rigirarlo secondo i propri capricci come stava facendo con il suo anello.

Uno scroscio di pioggia si aggiunse allo spettacolo dei lampi e dei tuoni, riempiendo tutto il cielo con le musiche della tempesta.

Nicolas si voltò a fissare una finestra sferzata dalle intemperie, e decise fosse giunto il momento del commiato.

«Chiedo scusa per avervi sottratto tanto tempo. Vi ringrazio per la piacevole compagnia» salutò, dirigendosi tranquillo verso la porta.

«Fai attenzione ai fulmini» non vi era premura nelle parole di Antonio, ma Nicolas le accolse comunque come la più sentita delle preoccupazioni.

«Fai attenzione al tuo pescatore. Non lo farei uscire con una simile bufera» l’Inquisitore scoccò la sua ultima illazione prima di essere inglobato dalla tormenta.

Per un momento, il tempo smise di scorrere nella locanda: solo la pioggia che batteva furiosa sui vetri indicava che il mondo non si era fossilizzato.

Il primo a rompere quella quiete innaturale fu il cuoco.

«Stavo per strozzarlo!» barrì, furibondo. «Giuro, gli avrei cavato quel sorrisetto con… dove vai, tu?» esclamò, afferrando Lovino per il colletto.

«Devo andare a pesca» rispose brusco il ragazzo.

«A quest’ora? Con questo tempo?» lo rimproverò il cuoco, rispedendolo indietro con le sue mani da galeotto. «Sono le quattro di notte. E, con questa pioggia maledetta, non penso ti convenga andare a pescare.»

«Dovrei passare la giornata a oziare?» s’inasprì il giovane.

«Puoi aiutarli con il servizio. Che non comincerà prima delle cinque e mezzo, comunque» suggerì Antonio, alzandosi dalla sedia.

Lovino chinò sbrigativamente il capo e si diresse a passo veloce verso la propria stanza.

«Quell’Inquisitore l’ha innervosito parecchio» notò il gigante, poggiando i pugni contro i fianchi rocciosi.

«No, non è stato Nicolas. E’ arrabbiato con me» sospirò Antonio.

«Con te?» si sbalordì l’omone.

Non era molto difficile fare previsioni su Lovino. Era come indovinare l’indole del cielo: determinati segnali corrispondevano a precisi cambiamenti umorali. Nicolas lo aveva spaventato, ma lui lo aveva irritato. E conosceva anche il motivo.

«Vado a parlargli» il bastone si mosse con più fatica del solito mentre Antonio raggiungeva la stanza del ragazzo. Sperava che la stagione delle piogge finisse presto e, con essa, le torture alla sua gamba.

«Non sapevo nulla di questo tuo grande amore» sparò Lovino non appena il compagno varcò la soglia.

Il petto dell’uomo si rilassò nell’esalazione di un profondo sospiro: la sua intuizione si era rivelata corretta. Era stato il discorso sulla spagnola emigrata a indispettire Lovino, che ora se ne stava seduto a braccia conserte, appallottolato su se stesso come un riccio bellicoso.

Antonio trascinò in avanti la gamba fino a sedersi a sua volta sul letto. Come prevedibile, il giovane si spostò sul lato opposto.

«Non te ne ho parlato perché non esiste» il pescatore storse il capo per fissarlo con un cipiglio ostile, e l’uomo rincarò: «Ho dovuto mentire.»

«Perché?» volle sapere il ragazzo.

Antonio passò una mano sul viso, pesantemente.

«Perché l’Inquisizione considera sacrilego un rapporto come il nostro» esalò.

Quell’affermazione sciolse le spalle conserte di Lovino, e ne moderò impercettibilmente la tensione.

«Perché l’Inquisizione dovrebbe considerarlo sacrilego?» domandò il giovane.

Antonio inclinò la testa all’indietro per sciogliere i muscoli del collo, indolenziti dal poco riposo.

«Pensano che non sia nell’ordine naturale delle cose» raddrizzò la testa e continuò: «In Natura esistono uomini e donne, quindi è logico che gli uomini giacciano con le donne. Se la Natura avesse voluto diversamente, avrebbe creato solo uomini o solo donne. E poi, l’unione tra uomo e donna genera un figlio, quindi un futuro. Ed è innaturale che un uomo si privi da solo del proprio futuro, giusto?»

«Quindi per loro non è logico che un uomo possa volere un altro uomo» terminò Lovino.

«Non solo non è logico, è un’offesa ai più vincolanti dettami della Natura» ribadì Antonio. «Quindi, se un uomo sceglie di amare una persona del suo stesso sesso, sta infrangendo una delle leggi più sacre dell’universo. E per commettere un simile peccato, che non è proprio della sua indole, vuol dire che è stato fuorviato.»

«Fuorviato?» gli fece eco Lovino.

«Dal diavolo. Solo Lucifero può convincere una persona a commettere una tale blasfemia, secondo loro. Pertanto, il demonio va estirpato. E questo significa…» l’ex-capitano deglutì, incapace di finire la frase.

«Purificazione» sussurrò il giovane, appena udibile.

«Con il fuoco» Antonio asserì, serrando le mani all’impugnatura del bastone.

Il materasso di paglia scricchiolò a seguito dello spostamento di Lovino verso il compagno.

«Non hai bisogno di parlarne» lo consolò rudemente.

Il padrone della locanda impiegò qualche istante a rispondere: dovette scuotere la memoria per cacciare dagli occhi l’immagine di una città carbonizzata dal sospetto, e segnata dalle nere cicatrici dei roghi. Attirò a sé il ragazzo con un brusco strattone e respirò il profumo familiare dei suoi capelli, scacciando dalle narici il puzzo di quell’orrore ancora vivo nei suoi ricordi.

«Te ne parlerò» promise l’uomo, carezzandogli le ciocche sulla nuca. «Ma stasera… no.»

Lovino annuì contro la sua clavicola, poi rimase immobile.

Le sue labbra si piegarono poco dopo a formare una protesta tremolante. La voce vacillò sotto il peso delle lacrime trattenute, e lo stress per lo spavento di poco prima trasmise un lieve tremore alle mani chiuse a pugno.

«Diceva che ho sprecato la mia occasione. Ma cosa ne sa, lui, di me?»

«Cerca solo di confonderti. E’ uno specialista in questo» tentò di tranquillizzarlo Antonio, inutilmente. Le spalle del ragazzo quasi sobbalzarono, e la testa venne chinata di scatto per non mostrare le lacrime al compagno.

«Detesto che quella storia continui a saltare fuori. Ho fatto la mia scelta, d’accordo? Un estraneo non può venire a dirmi qual è l’occasione della mia vita.»

«Lovino…» Antonio lo costrinse ad alzare la testa con due dita sotto il mento: Lovino fece resistenza il più possibile e, quando si trovò a volto scoperto, deviò lo sguardo verso il basso, infuriato. Un’altra cosa che detestava era come Antonio avesse la capacità di coglierlo sempre nei suoi momenti di maggiore debolezza: doveva essere disgustoso mentre frignava come una donnetta. Tuttavia l’ex-capitano non sembrò nauseato nell’asciugargli le lacrime con il pollice, e nemmeno quando baciò la scia salata sulle guance.

«Non permettergli di sconvolgerti così. E’ quello che vuole» mormorò sulla sua tempia.

Lovino restò muto così a lungo che Antonio temette fosse svenuto. Poi una domanda flebile, dal retrogusto amaro, fuoriuscì dalle sue labbra:

«Davvero non c’è nessuna emigrata spagnola?»

L’uomo sorrise sulla sua capigliatura ramata. Anche quegli sbalzi di umore, quell’accatastare frasi sconnesse in un unico discorso, erano deliziosamente tipici del giovane pescatore.

«Lovino» lo chiamò, sollevandogli il viso. «La mia occasione sei tu.»

Avrebbe ripetuto quella frase un milione di volte solo per gustare lo sbigottimento che si rovesciò sul volto del ragazzo.

«Credevo fosse il mare» articolò Lovino.

«Era» catalogò brevemente l’altro.

Rimasero così, abbracciati sul letto senza proferire verbo, circondati dal rumore della tempesta e cullati dalla presenza del compagno.

«E’ meglio che vada» decise Antonio, cercando il bastone per alzarsi. «Tra poco cominceranno i preparativi per il servizio, e abbiamo un disperato bisogno di riposare…»

Le dita incerte del giovane si strinsero sulla stoffa al centro della schiena, bloccandolo.

«Ti fa male la gamba. Non devi fare le scale. Dormi qui» telegrafò, spostandosi per fargli spazio.

Antonio fissò critico il giaciglio, e stette ad osservare le manovre di Lovino per farli adagiare entrambi su un letto progettato per un’unica persona.

La soluzione finale per il pescatore fu stendere l’ex-capitano di schiena e sdraiarsi sul suo ventre.

«Sicuro di stare comodo?» lo prese in giro Antonio, circondandolo con un braccio perché non cadesse.

«No. Le tue costole mi stanno pugnalando» rimbrottò Lovino, accucciandosi su di lui.

«Non posso toglierle» fece notare il locandiere.

«Lo so. Buonanotte» troncò il ragazzo. Poggiò la testa sul suo petto, ben acciambellato sull’addome del compagno, e chiuse gli occhi nella pretesa di dormire.

Mascherare una gentilezza con il fiele. Anche quello era Lovino, il suo Lovino.

Allargò le dita sulla schiena del giovane, e le richiuse stringendolo a sé. Serrò a sua volta le palpebre, pronto a concedersi un po’ di meritato riposo.

Per quanto la bufera potesse essere spaventosa, per quella notte era sicuro che la gamba non gli avrebbe fatto male.

 

***

 

Le spine dell’agitazione tennero ben lontano il sonno, facendola quasi ballare sul letto alla ricerca di una posizione più comoda.

Alla fine desistette, e si rialzò con un verso risentito. Tentò di pettinare la chioma annodata dalla preoccupazione con le mani, e aveva ancora le dita infilate tra le ciocche crespe quando bussarono alla porta.

«Non riesci a dormire nemmeno tu, vero?» la salutò Diego, entrando nella stanza subito seguito da un burrascoso cuoco.

«Chiunque abbia visto Nicolas non dormirà affatto, questa notte» predisse la donna. Si sistemò uno scialle sulle spalle perché non la si accusasse di impudicizia: non era così libertina da accogliere ben due uomini nella sua camera vestita della sola camicia da notte.

«Quello è un topo di fogna» sberciò l’omone, emettendo un orribile verso con il naso. «Sta alle costole di Antonio da quando ha aperto questa taverna!»

«Io penso che l’abbia preso in antipatia da quando era corsaro» osservò Diego.

«Il successo ha come rovescio l’invidia altrui» completò Consuelo. «Oppure è arrabbiato con lui perché gli è sfuggito la prima volta. Avete sentito cosa ha detto Antonio del suo paese…»

Il raccoglimento per il dolore del padrone della locanda li zittì per un minuto intero.

«Ma, finché era capitano, godeva della difesa del re. Ora invece…» il giovane cameriere venne sorpreso dalla sua immagine riflessa nello specchio di bronzo della donna: «Buon Dio, oggi i clienti avranno l’impressione di essere serviti da un morto vivente» si raccapricciò, valutando l’estensione delle occhiaie e il gonfiore delle palpebre.

«Ho dei cosmetici, se vuoi rimediare» propose Consuelo.

«No, grazie. Meglio affondare con dignità che sopravvivere con infamia» dichiarò sicuro Diego.

«Io non credo che il re sia del tutto indifferente alle richieste di Antonio» echeggiò il cuoco, fermo alla discussione di poc’anzi. «Voglio dire, è stato uno dei suoi servitori più fedeli. Nonché uno di quelli che hanno ingrassato di più i forzieri reali.»

«Però il re è lontano» Consuelo si strinse nello scialle per un brivido improvviso. «Se anche Antonio dovesse chiedere un favore, passerebbero intere settimane prima che il sovrano ne sia informato.»

«Ma è comunque una delle persone più benvolute di questo posto!» protestò l’omone. «Sicuramente si ribellerebbero tutti se ad Antonio dovesse succedere qualcosa!»

«Io credo invece che starebbero zitti e quieti se l’Inquisizione minacciasse di buttare anche loro sul rogo» lo contraddisse Diego.

Consuelo giocherellò irrequieta con le nappine dello scialle e bisbigliò:

«Non ho paura solo per Antonio. Lovino è più indifeso, più vulnerabile… E’ una preda molto più facile.»

«Ma non può accusarlo di niente» confutò il cameriere.

«E quando mai questo ha fermato i fuochi dell’Inquisizione?»

Gli uomini si guardarono, pietrificati e inorriditi.

«Sarebbe capace di fargli del male solo per vedere Antonio soffrire» predicò mesta la donna.

«Forse ci stiamo preoccupando troppo» Diego cercò di risollevare il morale. «Voglio dire, prima li ho sentiti parlare. Non gli hanno dato motivo di sospettare, no?»

Consuelo si strinse nelle spalle, senza più la forza di aggiungere altro.

«E, comunque, è ora di cominciare il nostro lavoro» annunciò il giovane, trascinando fuori dalla stanza il corpulento cuoco.

La donna si alzò per seguire gli uomini ma, prima ancora di alzarsi dal letto, gettò uno sguardo al soffitto e mormorò una preghiera rivolta a qualunque santo, angelo o divinità avesse voglia di ascoltarla.

Che la locanda potesse rimanere sempre come negli ultimi mesi.

Che gli artigli dell’Inquisizione non ghermissero la loro pace.

E che la felicità di Lovino e Antonio potesse essere preservata.

 

Prega per noi peccatori

Adesso e nell’ora della nostra morte

Amen.

   
 
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