Allora BuonNatale Passato e
Felice Anno Nuovo futuro. Chiedo venia per aver saltato novembre come
aggiornamento, ma seriamente era l’ultimo periodo scolastico, c’era la gita, la
laurea di mia sorella, non sono mai stata a casa. Vi chiedo scusa. A fondo
della pagina troverete allegato un sito per la descrizione tipica di alcuni abbigliamenti
giapponesi di cui Sango in questo capitolo fa riferimento, quando parla di tre
signorine di nostra conoscenza, due più di altre. E si in questo capitolo
scopriremo se Miroku aveva o meno ragione riguardo a due personcine. Comunque
sia vi premetto che questo capitolo lascia parecchie domande, che nel prossimo
capitolo saranno ignorate perché si cambia scenario e si torna a Kagome.
Riguardo al titolo fa riferimento alla mancata femminilità di Sango che è più
volte sottolineata, che per quanto sia la più “bella” è decisamente la meno
seducente, non ha caso ha meno spasimanti di Kagome, che è ugualmente violenta.
Comunque vorrei ringraziare
tutti quelli che hanno messo la mia storia tra le preferite-seguite-ricordate
ed ovviamente chi legge, senza dimenticare chi recensisce, vi amo, quindi
grazie: marty_598, Zonami84, serin88.
Grazie, vi adoro.
Un bacio e buona lettura
RLandH
Ps-Per motivi personali non
ho riletto il capitolo troppe volte, quindi potrebbe essere pieno zeppo di
errori di battitura oltre che sviste grammaticali pesanti. Sono in cerca di una
beta, ma se per caso notate qualcosa di davvero indecente non esitate a dirmelo
:D
Tutto ciò che ‘è di
semplice
(Sango I)
Femminilità
Miroku si porse su di lei, incendiandole le labbra con un solo bacio.
Sentì il torace del ragazzo premersi sul suo petto, mentre la sua schiena era
adagiata sul muro all’interno della stanza adibita allo sviluppo delle foto.
Con le mani il ragazzo la stava accarezzando ovunque, lei li aveva allacciato
le braccia al collo, concentrandosi solo sulle loro meravigliose lingue che
danzavano sensualmente. Miroku si allontanò un po’, “Io lo sapevo che saremmo
fini a questo, dolce Sango” aveva sussurrato lui lezioso, sollevandole di
qualche centimetro l’orlo della gonna dell’uniforme.
Sango Hiraikotsu era sveglia, nel suo letto, e profondamente disgustata
da se stessa. “Il sushi di ieri doveva essere fatto con pesce avariato” aveva
commentato tra se e se, buttando via la coperta dal suo corpo e costringendo a
sollevarsi dal letto, distrutta. Che razza di sogno aveva fatto? Di avere una
certa intimità fisica, con Miroku. O se ne avesse avuto gli strumenti si
sarebbe fustigata. Oh si. Nelle ultime settimane era vero che il loro rapporto
era divenuto pacifico, Miroku ormai l’aveva ampiamente definito sua amica e
certamente la trattava come tale. Erano usciti anche insieme un certo numero di
volte e quello aveva anche sentito il bisogno di presentarle il suo migliore
amico, Inuyasha, un all’apparenza aspro come una scorza di limone, ma se
grattugiato a dovere, poteva essere un ragazzo dal sorriso amichevole,
certamente più simpatico del fratello maggiore che Sango aveva in classe.
Kirara si stropicciò al suo fianco, dando segni di svegliarsi anche lei,
insieme alla sua padrona.
Si chiuse in bagno il tempo di dar una sistemata ai capelli ed
indossare l’uniforme. Come ogni mattina era in anticipo, così si era diretta in
cucina per poter preparare uno straccio di colazione per suo fratello e suo
padre. La sua gatta la seguì fino in cucina, strusciandosi tra le sue gambe
rischiando di farla cadere. Kohaku era già accomodato sul tavolo, che mangiava
focaccina farcita di marmellata, aveva alzato un sopraciglio, davanti lo
sguardo confuso della sorella, “Sei già in piedi” aveva commentato Sango, con
voce sterile, “Succede” aveva risposto secco lui, continuando a mangiare
indisturbato. La sorella aveva sorriso prima di recuperare una tazza dalla
mensola ed accomodarsi di fronte a lui, non prima di aver versato dei croccanti
nella ciotola rossa di Kirara. “Hai fatto amicizia con qualcuno?” le aveva
chiesto suo fratello amichevole alla fine; Kohaku era stato decisamente più
fortunato di lei, si era iscritto al secondo anno ed era riuscito a fare
amicizia molto prima, “Si, con Miroku, Inuyasha, Kagura, Hitomiko e credo anche
Kagome” aveva confessato alla fine, con un sorriso amichevole, pensando che
alla fine dopo l’appuntamento che Naraku aveva fatto saltare alla ragazza con
Koga e che lei si fosse scusata con lei, alla fine erano arrivate a trattarsi
bene. Forse anche amica. “Forse faremo una squadra di calcio femminile”
commentò lei, sorseggiando del tè bollente.
Sango preparò la colazione per suo padre e poi la pose sotto un
fazzolo. Era sempre lei che la preparava da quando i suoi avevano divorziato.
Suo padre non era decisamente capace di occuparsi della casa o del cibo, non
che lei fosse molto più capace, fino all’anno prima non riusciva a strappazzare
un uovo senza bruciarlo. A dispetto di quanto potesse sembrare, Sango era
l’antitesi della femminilità, prima dello sviluppo fisico, sembrava molto più
maschile lei rispetto suo fratello, che proprio in quel momento era davanti lo
specchio d’ingresso che cercava di sistemare i capelli troppo lunghi – secondo
i gusti della sorella – in maniera ordinata. Aveva ridacchiato vedendolo,
Kohaku aveva serrato gli occhi castani velenoso, prima di legarli in una
piccola coda, sorridendo soddisfatto allo specchio. Sango roteò gli occhi al
soffitto, adolescenti megalomani imprecò mentalmente.
La ragazza prese la chiave della macchina dal piattino sul corridoio,
le sue, quelle da cui pendeva un piccolo panda, ma alla fine le ripose,
afferrando quelle di suo padre. Era il suo giorno libero, non sarebbe uscito,
si sarebbe crogiolato nell’inedia totale. E Sango avrebbe avuto la Dahiatsu
Copen di suo padre, come giusto che fosse. “Andiamo?” le chiese sgorbuti
Kohaku, affiancandola, lei annui, “Dobbiamo passare a prendere Hakudoshi od
oggi Kagura non l’ha casualmente dimenticato a casa?” chiese retorica
lei, infilando le chiavi nella cartella, suo fratello ridacchiò divertito,
“Sono io a dimenticarmi di lui, ma volontariamente” confidò di suo, sua
sorella sollevò un sopraciglio; “E’ orribile quanto suo cugino” aveva
commentato alla fine. All’inizio
dell’anno Kohaku aveva fatto amicizia con altre persone, ma alla fine con lei
che aveva cominciato a frequentare Naraku e Kagura, aveva inevitabilmente
portato il fratello a frequentarsi con i due gemelli pallidi, Hakudoshi e Kanna
Onigumo, ma ora era decisamente rilassata all’idea che anche suo fratello
avesse capito quanto imprevedibili fossero i membri di quella famiglia, anche
se Sango soleva tenersi stretta ancora Kagura. Sperava solamente per Kohaku,
che Hakudoshi fosse molto meno venefico di suo cugino Naraku, così da non
doversi guardare le spalle come lei, ogni giorno. Da quando aveva dipinto di
viola la guancia del ragazzo, Miroku le aveva assicurato che sarebbe finita nel
mirino del ragno certamente.
Adorava la Dahiatsu di suo padre, aveva sempre un sorriso ebete quando la guidava. Kohaku
dal sedile accanto non sembrava curarsi di lei, quanto aveva abbassato lo
specchietto retrovisore per studiarsi le sopraciglia. “Oh sei gay o cotto”
aveva commentato maliziosa Sango, “Potrei essere entrambi” aveva risposto non
curante il ragazzo, prima di tornare a studiarsi con una certa meticolosità.
“E’ carino?” aveva domandato allora lei,
Kohaku era divenuto rosso in viso, “E’ una lei” aveva confidato alla
fine, “E si è carina” aveva aggiunto, paonazzo. Sango cercò di richiamare alla
mente quale potesse essere la ragazza in questione, tra le amiche di suo
fratello, non che ne avesse molte, Kohaku era bravo a farsi delle amiche
femmine, quanto lo era lei, solamente che nel suo caso non sembrava così grave.
C’era la ganjiro, la gemella pallida, Kanna, che aveva sempre quell’espressione
assente sul viso, l’aveva vista spesso insieme agli amici di suo fratello, ma
non sembrava molto partecipe, la gonguro dai capelli albini ed il rossetto
viola, aveva una bella risata, una volta Sango l’aveva riportata a casa, era
estremamente educata, e l’ultima era quella più normale, con una piccola codina
sulla testa, peccato che indossasse fuori scuola i kimono, per qualunque
occasione. Sperava nella candidata numero tre. “Rin, vero?” aveva chiesto
incuriosita, ma Kohaku aveva portato all’orecchio il telefono che fino a quel
momento aveva vibrato, “Hei … cos?” le parole gli si erano strozzate in gola,
“Si. Arrivo” aveva terminato Kohaku, prima di trovarsi nessun altro dall’altro
lato della cornetta. “Oneesan” le aveva detto, “Dimmi” aveva detto Sango
preoccupata dalla strana conversazione che aveva ricevuto suo fratello,
“Accosta” le aveva impartito, la sorella gli aveva lanciato uno sguardo
preoccupato, ma alla fine l’aveva assecondato, “Devi giustificarmi. Cerco di
arrivare in tempo per la seconda o terza ora” aveva bisbigliato, prima di
aprire lo sportello e rotolare – letteralmente – fuori, “Kohaku” urlò Sango, ma
il fratello aveva chiuso la macchina ed era corso in una direzione senza
aspettarla.
Per parcheggiare la sua macchina, ebbe una lotta con Toran Pantera. Da
dietro il vetro poté vedere la maggiore e la minore, seduti sui posti
anteriori, guardarle con astio, mentre i gemelli sembravano estraniati da
quella faccenda. Toran era un algida figura, dal viso appuntito ed la peggior
tinta turchese della storia, spettinati e lunghi, aveva spettrali occhi di blu
ed un espressione perennemente infastidita, Karan aveva l’espressione leziosa,
la pelle abbronzata ed una chioma afro rosso scintillante. Sembrava così
assurdo che fossero sorelle. “Scusami Toran” le urlò, scendendo dalla macchina
ed agitando il braccio, l’altra aveva stritolato le mani sullo sterzo stizzita.
Rancore di gatto, le venne in mente, Miroku aveva sempre quel commento
per la sua gelida rappresentate della terza sezione dell’ultimo anno. E Sango
si era reso conto che i Pantera erano veramente gatti, per esempio nella sua
spigolosa figura, Toran incarnava una bellezza e fierezza felina. Era anche
parecchio veloce a correre.
Sango attraversò di fretta il cortile senza badare a nessuno. Vide
all’ingresso confabulare due ragazzini di primo, non aveva chiaro se fossero o
meno due amici di suo fratello, uno aveva una scintillante chioma peldicarota,
l’altro era un ragazzino mingherlino dai capelli scuri. Kanna Onigumo era in
piedi vicino a loro, ma sembrava avere gli occhi chiari da un’altra parte, del
tutto incurante del discorso. Sango lì sorpassò in fretta, infilandosi
nell’edificio della scuola. Non troppo lontano dall’aula del club di economia
domestica, aveva scorto due figure molto vicine, di primo acchito li aveva
presi per una coppietta, prima di distinguere meglio i contorni, due chiome
more come la pece, lei era minuta, pallida, Kagome Higurashi con la schiena
posata al muro che rideva timidamente alle avances di un ragazzo alto, dai
muscoli tonici, la pelle bronzata ed interessati occhi blu, Koga il capo clan
dei lupi, come amava definirsi, non che Sango lo conoscesse bene. “Heilà
sorellina” la salutò Yoro, muovendo la mano, prima di tornare a concentrarsi
sul viso della ragazza al suo fianco, non fece in tempo a far molto che la mora
l’aveva salutato con un abbraccio e l’aveva raggiunta, “Buongiorno Sango” aveva
esordito Kagome, “Buongiorno a te” aveva risposto la ragazza più grande.
“Da quando ha saputo della cinquina a Naraku, Koga ha una grande stima
di te” le aveva confessato la ragazza, cosa che aveva fatto sorridere un po’ la
più grande. Quello schiaffo le aveva fatto anche guadagnare il rispetto di
Inuyasha e Miroku. Ricordò il bacio del sogno, stupida mente con i suoi stupidi
tiri mancini. “Ma ora state insieme?” aveva domandato alla fine a brucia pelo,
Kagome era avvampata fino alle punte dei capelli, un aspetto decisamente buffo,
“Ma no!No!” aveva confermato, riprendendo un colorito carneo, “Ma ti
piacerebbe” aveva insistito Sango, pigiandole una guancia, ma l’altra si era fatta
un po’ tetra, “Mi ci trovo bene” aveva confessato, ma era un altro il
ragazzo che voleva, quello però non fu necessario dirlo. “A te come va con
quel monaco pervertito?” aveva detto Kagome, riprendendo la sua solita
vivacità. Ancora una volta immaginò un
affannato Miroku palparla ovunque, mentre le incendiava le labbra con un bacio.
“Cosa vuoi che ti dica, una media di cinque schiaffi alla settimana” aveva
liquidato Sango la faccenda, prima di salutare l’amica e di accelerare il
passo.
Una come lei non poteva stare con uno come Miroku, ovviamente. Per lei
la cosa importante era la fedeltà e dubitava che un pervertito come Kaazana
poteva avere una qualche idea di cosa questa fosse. Poi, anche se il ragazzo ci
provava sfacciatamente con lei, Sango sapeva che erano le curve abbondanti che
aveva a fare ciò, ma lei non aveva nulla di femminile che potesse attrarre il
ragazzo. Perché le vedeva tutte quelle ragazze che sbattevano le ciglia e
ridacchiavano divertite. Nonostante fosse formosa, dato di fatto, ed anche
gradevole alla vista, Sango di femminile e da ragazza non aveva niente. Kagura
era come lei, eppure sembrava trasudare sesso ovunque ed anche Hitomiko che era
così minuta e candida, sembra infinitamente più donna di lei.
Entrata in classe assistette ad un bacio frettoloso tra Hitomiko, per
l’appunto, e Byakuyan, che si allontanò con un espressione smaliziata e
malandrina. La ragazza invece era rossa in viso con un sorriso ebete, tipico di
chi poteva toccar il cielo come un dito. Differentemente da suo cugino ad
uscite questo Onigumo doveva cavarsela decisamente meglio. “Tutto questo
zucchero potrebbe uccidermi” aveva commentato Kagura, era seduta sul suo banco
ed invece di ripassare qualche argomento scolastico si passava sistematicamente
la limetta sulle unghie curate, “Ma tu non ti sei mai sentita così felice da
non capirci più niente?” aveva domandato Hitomiko con sguardo sognante, Kagura
sembrava essersi presa il tempo di rifletterci, gli occhi di brace avevano
fissato altrove, come usava fare sua sorella, ma alla fine aveva negato. Ma
mentiva, Sango era certa che nella sua testa da qualche parte si fosse formata
un’immagine da inebetirla.
Si era buttata sul suo banco, sistemando le sue cose, il suo compagno
di banco, come gran parte del resto della classe erano arrivati a pochi minuti
prima del suono della campanella. Renkotsu, il suo vicino, era un ragazzo alto
e scarno, all’uniforme scura indossata alla perfezione, abbinava in maniera
sconsiderata una bandana dai colori sgargianti a nascondere la testa calva.
Sango non aveva con lui ne un rapporto pacifico ne uno burrascoso, erano vicini
di banco per una semplice casualità del fato, lei non conosceva nessuno e
Renkotsu era entrato in ritardo il primo giorno trovando l’unico banco vuoto
proprio accanto al suo. In quasi due mesi e mezzo di scuola non si erano
rivolti la parola se non in condizioni strettamente necessarie. Era un tipo
relativamente strano, aveva nel suo astuccio e nel suo zaino una molteplice
quantità di cianfrusaglie e mani nessun libro, questo non l’impediva di essere
brillante ugualmente. Sango rimaneva stupefatta dalla sua intelligenza.
La giornata scolastica era stata abbastanza tediosa, sconvolta
solamente da due eventi, il primo il vicepreside che ricordava tramite le radio
il comitato studentesco del pomeriggio ed il secondo l’improvvisata del
professor Hakushin durante la spiegazione delle derivate della professoressa NoTama,
che per l’improvvisata aveva quasi fatto saltare il gesso. “Giovani d’oggi”
aveva mormorato burbero l’uomo. Appartenevano a generazioni diverse, il
professore di filosofia era vecchia a scuola, rugoso come una testuggine, ma
decisamente restio all’idea della beneamata pensione che tutti desideravano, il
professor Hakushin amava insegnare, oppure adorava terrorizzare gli studenti –
Sango non l’aveva ancora capito – e di sicuro non poteva immaginare una vita
senza fare questo. D’altro canto Midoriko NoTama era ancora un illusa
professoressa in erba che rischiava di essere scambiata per una studentessa.
Due universi in contrapposizione. “Hijiri hai interrotto la mia lezione per
qualche motivo particolare?” aveva domandato la professoressa di matematica,
cercando di mantenere un sorriso amichevole sulle labbra, “La professoressa
Kaguya ha avuto un incidente” aveva esordito, “Oh povera” si era lasciata
sfuggire NoTama, “Al momento manchiamo di una supplente, devi coprirla la
prossima ora nella seconda sezione del terzo anno” aveva detto il professore
con voce greve prima di scomparire come era arrivato.
“Oh è la sua ora buca scompare” sentì Sango sogghignare alle sue
spalle, sapeva chi era, Shishinki l’orbo, un ragazzo che al posto dell’uniforme
sembrava indossare un cosplay perenne. Ed era anche tremendamente antipatico.
Ma come gran parte delle persone del loro anno, avevano una faida o con un
Onigumo a caso – davvero uno valeva l’altro – o NoTaisho maggiore – che era un
mistero perché il caotico era il minore – per fortuna. “Quindi domani non facciamo il compito di
letteratura?” aveva domandato qualcuno, tutti si erano voltati verso il ragazzo
chi aveva parlato, una ragazza carina dal viso delicato, lunghi capelli chiari
ed occhi verde scuro, “Perfetta deduzione dell’ovvio Hari” aveva risposto
disinteressato il suo vicino di banco, il rappresentante di classe, un ragazzo
alto, dai capelli chiari, conturbanti occhi miele ed un aspetto affascinante,
se non fosse stato per il viso di granito. Hari gonfiò le guance offesa, ma
preferì non rispondere nulla alla fine. “Forse dovremmo andarla a trovare”
aveva detto la professoressa recuperando il gesso, pronta a girarsi per
spiegare in che modo il seno di x corrispondeva a meno coseno di x, non che
quello che dicesse avesse senso per i suoi alunni. “E’ sempre triste quando una
bella professoressa se ne va” aveva commentato Renkotsu cominciando a
giocherellare con delle polversi sospette che teneva in boccette nel suo
astuccio sopra il banco. “Bene quindi andremo a trovare la professoressa” aveva
commentato Hitomiko offrendosi già per raccogliere i soldi per i fiori, cosa a
cui nessuno si oppose, anche perché Shishinki rimarcò che era suo compito in
qualità di rappresentante di classe. Doveva ancora bruciarli la sconfitta, sia
verso la ragazza sia verso NoTaisho.
“Come farò senza godermi lo spettacolo della bella professoressa di
lettere?” aveva domandato Miroku retorico mangiando un raviolo al vapore, “C’è
sempre la NoTama” aveva commentato Inuyasha disinteressato, mentre gustava un
panino, Jinenji aveva preferito di gran lunga tenersi alla larga del discorso. “Però
l’idea di andarla a trovare è venuta pure a noi” aveva ripreso Kagome, “Io e
Byakuya abbiamo pensato di andare domani e portare tutti i saluti da parte
della classe” aveva risposto con un sorriso amichevole Kagome, mangiucchiando
del sushi comprato al take away, cosa a cui anche Sango aveva annuito. “Sono
convinto che la NoTama ha una relazione con Magatsushi” aveva commentato
Kaazana con sicurezza, “Ma ti droghi?” aveva risposto Hiraikatsu di sua
spontanea volontà. Tre figure si erano avvicinate a loro, Sango non conosceva
nessuno dei tre, ma evidentemente gli altri si, “Ciao Hiten” aveva detto Kagome
con un sorriso amichevole, il ragazzo a
cui si era riferito era il più alto dei tre, flessuoso, con una lunga chioma
corvina relegata in una treccia ed occhi di brace, l’altro era privo di quella
bellezza ed era basso ed incarne, il terzo era una ragazza di primo anno in cui
Sango si ritrovò molto, era maschile e se non fosse stato per le ciglia lunghe
e gli orecchini tondi, probabilmente non avrebbe capito fosse femmina,
somigliava comunque ad Hiten. “Ti ho portato i soldi per i fiori” aveva detto
secco, allungando alla ragazza una pezzo di carta, che Kagome aveva preso,
“Grazie mille” aveva risposto Higuarashi con un sorriso estremamente
amichevole.
“Comunque riguardo a quella cosa sulla professoressa NoTama lo pensa
anche Jakotsu” aveva confidato Kagome, mentre spuntava con una biro il nome di
Hiten da una lista su cui dovevano essere segnati i compagni di classe,
indugiato proprio sul nome in questione, “Bene, allora è verità certa” aveva
detto infastidito – e parzialmente imbarazzato – Inuyasha, incrociando le
braccia al petto. “Non mi aspettavo che uno come Suto condividesse i miei
pensieri” aveva detto sufficientemente colpito Miroku, “Dice che è una pulce
che gli ha messo nell’orecchio un suo amico di quinta” aveva spiegato Kagome,
mordendosi il labbro, nell’atto di ricordare, “Credo l’abbia definito il
santarellino bipolare” aveva detto alla fine. “Suikotsu” aveva detto
tranquillamente Miroku, “Bone” il tono di Inuyasha era stato aspro. La ragazza
più piccola aveva accavallato le gambe, “Ti ho mai detto che sei acido come la
buccia di un limone?” aveva detto quella, a quel punto anche Ginenji aveva
trovato divertente la questione. “Le cose tra lui e Bone sono delicate” aveva
alla fine ammesso il gigante buono, tentando di giustificare il compagno di
classe, “Dove è la novità, in questa scuola non esistono questioni che non
siano delicate” aveva esordito Sango, mordendosi un labbro. Era una cosa che proprio
non tollerava, stare in quell’ambiente le dava il senso di trovarsi su un campo
minato, dove rischiava ogni passo di fare un passo falso e saltare in aria.
Sempre se non era già successo, secondo Miroku sulla mina c’era già finita, si
chiamava Naraku Onigumo ed era noto per non perdonare – neanche chi non li
faceva niente, figurarsi chi lo prendeva a sberle.
Un ragazzino volpino si era avvicinato a loro, aveva una camminata
nervosa ed un espressione adirata in viso, Sango sapeva la sua identità, Shippo
o un nome simile, era un ragazzo di primo anno che era sempre alla coda di suo
fratello. “Hei Monaco Pervertito, Botolo” aveva detto disinteressato quello
prima di salutare con più gentilezza Kagome, Sango e Ginengi. Inuyasha l’aveva
incenerito con lo sguardo, mentre il ragazzino si incastonava tra di lui e
Miroku, che con uno squardo fraterno aveva ignorato l’offesa e li aveva chiesto
cosa lo rendesse giù di morale, “Tra chi ha saltato la scuola e chi non è
venuto, siamo rimasti solo io, Souta e Kanna” aveva risposto il ragazzo dai
capelli viola, sfregandosi le mani sul capo, scompigliandosi il crine tirato in
una coda, “E?” aveva indagato Kagome, sbattendo gli occhi curiosi, Shippo aveva
sollevato la mano, chiusa in un pugno se non per l’indice teso ed affranto
aveva indicato una direzione. Seguendo il dito avevano trovato la ganjiro
Onigumo assieme ad un ragazzino dai capelli scuri come l’inchiostro non troppo
alta. Lui era rosso in viso, seduto accanto a lei ed una mano li tremava,
tentando di tenderla verso di lei, riguardo a Kanna era immobile, gli occhi
chiusi in un espressione rilassata, la mano tendeva nella direzione del
ragazzo, non arrossiva ma forse perché anche il suo sangue era bianco, si disse
Sango. Le loro mani non si toccavano, ma erano come sul punto di farlo. Erano
carini, teneri. “Ohhhh!” aveva squittito Kagome, “Il mio fratellino si è
trovato una ragazza” aveva commentato con la classica carica di una sorella
maggiore, orgogliosa del piccolo che cresceva. “Sono schifosi” aveva detto decisamente
infastidito Shippo, Inuyasha li aveva tirato una guancia, “Oh! Troverai anche
tu qualcuno” l’aveva rassicurato Sango, battendoli una mano sulla fronte.
Kagome aveva tossicchiato, “Parlando di qualcuno” aveva cominciato leggermente
imbarazzata, continuando ad attaccare e separare gli indici, “Koga mi ha
chiesto di uscire di nuovo. Senza doppi giochi o macchinazione di terzi” aveva
detto con un sorriso abbastanza tirato sulle labbra, che esprimeva una certa
inquietudine, “E tu che hai risposto?” indagò molto poco discretamente
Inuyasha, quasi ringhiando. Il Sushi di Higurashi era rimasto a mezz’aria
davanti il suo viso, con un espressione di pura confusione, “Si” aveva
gracchiato alla fine.
Alla fine di quella pausa pranzo, Sango aveva decisamente le idee
confuse. E ne aveva parlato con Miroku. “Non capisco” aveva confidato con voce
sospettosa, “Cosa?” aveva chiesto Kaazana mentre l’affiancava lungo il tragitto
per tornare in classe, “Hai detto che Naraku detesta Inuyasha” aveva
bisbigliato la ragazza, chiudendo le dita sul mento a punta, cosa a cui l’altro
aveva annuito, “Ma ha fatto di tutto per far fallire l’appuntamento di Kagome e
Koga” aveva aggiunto, rimembrando quel particolare giorno, “E Kagome ed
Inuyasha si piacciono” aveva terminato soddisfatta delle teorie che aveva
limato durante la pausa pranzo appena passata; “E questo ti confonde?” aveva
chiesto Miroku passando una mano tra i capelli corvini, i suoi occhi blu erano
dirottati altrove, cercando uno soluzione nell’aria. E Sango si ritrovò a
pensare fossero proprio belli, di un blu delicato, dolce, in cui perdersi. Poi
si diede della scema, scacciando anche la fantasia della notte prima. “Ho una
teoria” aveva alla fine concesso il ragazzo, voltando lo sguardo verso la
ragazza, “Quale?” aveva giustamente inquisito lei con una certa curiosità.
Miroku era stato sul punto di parlare, ma poi aveva taciuto, i suoi occhi erano
guizzati in un punto, che Sango aveva seguito lo sguardo, per incrociare la
figura di una minuta ragazzina di terzo superiore dal corpo sodo e lunghi
capelli castani, occhi furenti, Shima, o un nome simile, nota come la
perseguitatrice di Miroku Kaazana.
Il ragazzo le afferrò il polso e la trascinò via, cercando di staccare
il più possibile la ragazza che con passi pesanti li inseguiva, “Ma non
potresti parlarci e basta?” si lagnò Sango, certo poteva capire che dovesse
essere imbarazzante parlare con una con cui si aveva condiviso solamente un
mero atto fisico, ma insomma! Miroku aveva scelto quel singolare stile di vita
e doveva pagarne la conseguenza! “Oggi! Al consiglio di istituto” aveva
confessato il ragazzo, prima di prendere bruscamente una svolta portandosi giù
dalle scale, quasi investirono Toran Pantera ed Ayame Yorozoku che salivano le
scale, la prima maledisse Sango in cinese antico, se possibile, l’altra invece
le urlò di ricordarsi dell’incontro di quel pomeriggio. “Quale?” ebbe il tempo
di chiedere Miroku, saltando uno scalino e portandosi dietro la ragazza. Non
ricevette risposta solo un buffetto sulla testa dalla mano appena liberatasi,
“Perché?” si era lagnato il ragazzo confuso, “La mia classe è al terzo piano,
così siamo tornati al primo” aveva detto infastidita lei, l’unica consolazione
era che con la professoressa di lettere assente, avrebbe potuto avere l’ora
libera. Miroku rise in maniera davvero splendida, “Tranquilla, Sango cara,
conosco questa scuola come le mie tasche” aveva confessato il ragazzo,
infilando le mani nelle suddette tasche, senza smettere di sorridere un attimo.
Aveva un espressione da pesce lesso e Sango avrebbe dovuto infrangerla
stappandoli un pugno sul naso, ma alla fine sorrise, sentendo un certo calore
nel petto. La mano di Miroku scattò verso di lei, tendendosi verso la sua mano
a palmo aperto, invito che la ragazza accettò fintamente contrariata.
Il tragitto segreto di Miroku passava per l’interno della palestra,
quelle che tutti i pomeriggi della settimana era causa delle guerre tra i
membri del club di kendo e quelli di pallacanestro, cosa che il ragazzo le
stava illustrando in quel momento, di cui i vertici erano proprio due suoi
compagni di classe Shishinchi e NoTaisho, cosa che spiegò anche a Sango la
ragione del perché fossero così in conflitto. “Dobbiamo infilarci nei bagni
segreti, da lì c’è la porta per il giardino esterno, dove ci sono le scale antincendio”
aveva spiegato Miroku, arrestandosi proprio in prossimità di una porta
seminascosta dietro gli spalti, “Come …?” fu tentata di chiedere la ragazza ma
inghiottì la domanda, non voleva davvero sapere come Miroku avesse scoperto
quel luogo e cosa ci venisse a fare. Il ragazzo aprì la porta e vi entrò ed a
quel punto che la loro vita prese una piega che nessuno avrebbe potuto
prevedere.
“Aspetta così mi fai ma-ah …” da come il resto della voce si
disperse, non doveva poi far così male. “Ch-” qualunque segno di disgusto Sango
avesse voluto esprimere fu fermato dalla mano di Miroku che si era premuta
sulle sue labbra, seguito dal sibillo nell’orecchio, cercando di farla tacere.
Avevano beccato una coppietta chiusa in uno dei gabinetti. Imbarazzante e
disgustoso. Sango aveva annuito, prima di pestar il piedi di Miroku, che
l’aveva si lasciata libera di respirare – quell’idiota l’aveva quasi soffocata
– ma si era anche dovuto mordere a sangue il labbro per non urlare e dunque
disturbarsi. Dai gemiti alti di lei, Sango era comunque certa che si sarebbero
accorti di loro, neanche se si fossero messi a ballare la conga lì. Miroku sembrava
ambiguamente interessato, con le orecchie dritte per ascoltare, “La tua
perversione deve superare i limiti di un semplice maniaco” aveva bisbigliato
Hiraiktsu nel suo orecchio. “Ma-ah-ga-ah-ts-s-uhi-i è –è sba-ah-gli-i-ah-to”
aveva urlato la voce. Non era credibile. Sango aveva puntato i palmi sulla
schiena dell’amico cercando di spingerlo via dalla stanza, sia perché non le
interessava ascoltare, sia perché erano in ritardo. “Questa voce non ti è
famigliare?” aveva domandato Miroku con un tono così basso che per un attimo la
ragazza si era chiesta se avesse effettivamente parlato o solo mosso le labbra.
Sango cercò di estrapolare dai gemiti un timbro famigliare e … una voce
femminile urlante, era una voce femminile urlante. Punto. Ma … quella di lui la
riconobbe! “Non-n è-è v-vero-oh” sfuggì alle labbra di lui strozzata dai
gemiti, era Magatsuhi NoTama della sezione di Miroku. Si diciamo che il nome
urlato prima dalla donna doveva essere decisamente un evidente indizio.
“Secondo me è …” stava bisbigliato Miroku, “No” scandì Sango; Non poteva essere
la professoressa di fisica e matematica!
Il fatto che si fossero ritrovati in bilico su un copri - water con la
porta quasi totalmente chiusa, mentre cercavano di capire chi ci fosse
nell’altro loculo, “Ti-odio-da-morire” aveva sillabato Sango, senza emettere
voce, mentre teneva le mani sulle piastrelle, quasi preferiva quando il ragazzo
le tastava le sue rotondità. Pregò il Kami che non realizzasse i suoi pensieri
e quello non si mettesse a trafficare con palpeggiamenti vari in quel momento.
Ebbero finalmente la conferma delle loro identità, quando erano all’apice,
certo lei non disse nulla di più se non farfugliamenti a cui non prestarono
attenzione, lui venne con il suo nome sulle labbra, “Midoriko” e Sango
quasi cadde giù dal water.
Dopo quasi due settimane di muto silenzio, Renkotsu le chiese cosa
avesse. Sango interruppe il suo flusso di pensieri, smettendo di guardare il
professor Hakushin che leggeva un libro con mero disinteresse delle classe,
ritrovatosi costretto a coprire le ore della collega infortunata, “Nulla”
trillò la ragazza, impegnandosi a scacciare dalla memoria il nome di battesimo
della sua professoressa strillato in un gabinetto durante un rapporto da un suo
coetaneo. Qualunque motivo avesse spinto Renkotsu ad interrompere la costruzione
della più pericolosa cerbottana ricavata da componenti di penne e quant’altro
presente nell’astuccio, fu comunque soddisfatto dalla scarna risposta di Sango.
Che mentre osservava quel genio deviato del suo vicino tornare a farsene gli
affari propri, volse lo sguardo appena dietro alla ricerca di Sesshomaru
NoTaisho. E non aveva idea del perché lo stesse facendo, sapeva che il suddetto
oltre un Onigumo random, Shishinchi avesse una faida anche con Magatsuhi e si
chiese inevitabilmente se sapesse e come si sarebbe comportato se avesse saputo.
Prese un respiro profondo e scacciò via quei pensieri. Ora a tormentarla nei
suoi incubi oltre a Miroku era certa avrebbe visto anche quei due. Kagura
Onigumo dalle prime file le tirò una pallina di carta addosso per attirare la
sua attenzione. “Che vuoi?” bisbigliò Sango, quella sorrise, facendo ondulare
gli orecchini con le cinque perle appese, prima di ricordare dell’impegno di
quel pomeriggio, Sango annui. Non era mica una sprovveduta, solamente Kagome
non le aveva raccontato dell’improvvisata del loro piccolo club di quel giorno.
Certo che non l’aveva fatto! Higurashi era una rappresentate di classe e
probabilmente sarebbe stata costretta tutto il giorno al consiglio, assieme a Toran
ed Hitomiko, che alla fine alla prima riunione sarebbero state solo lei, Kagura
ed Ayame Yorozoku, ragazza che Sango conosceva veramente poco.
“Chi sa se tornerà la professoressa di prima” aveva commentato a mezza
voce Renkotsu, attirando nuovamente la sua attenzione, Sango volse lo sguardo
verso di lui, “Come …?” domandò, ricomponendosi dai suoi pensieri, “Chi sa se
tornerà la professoressa di lettere che c’era prima” aveva ripetuto quello,
prima di darsi allo smontaggio di una vecchia pena biro che aveva estratto dal
suo astuccio ripieno di ambigui oggetti parzialmente smembrati. “Spiegava bene.
Anche se aveva un ché di malinconico” aveva spiegato Renkotsu, con una voce
greve, Sango annui, non certa della risposta che avrebbe dovuto dare, infondo
sembrava come il ragazzo parlasse da solo, con una collaterale ragazza che
l’ascoltava distrattamente, era comunque un passo avanti, doveva essere la conversazione
più lunga che dovevano aver fatto dall’inizio della scuola. “Lei non può
tornare” aveva commentato qualcuno alle loro spalle, Sango aveva voltato
impercettibilmente il viso, per incrociare gli occhi di brace del ragazzo
seduto al banco dopo di lei, un ragazzo alto dai corti capelli d’indaco scuro,
Ryura Shintoshin, con un sorriso sornione dipinto sul viso, “Perché?” domandò
Renkotsu, abbandonando la cerbottana sul
banco, finalmente finita e pronta a lenire la pace creatasi nell’aula.
“Smettila” lo zittì indispettita la sua vicina, lunghi capelli infiammanti, tirando
un buffetto sul collo del compagno, “Kyora” si era lamentato lui, prima di
concentrarsi di nuovo sul vicino di Sango, “Si dice che avesse una storia con
uno studente” aveva commentato malizioso Ryura, con un certo tono lascivo,
“Sono solo chiacchiere” aveva liquidato la faccenda la rossa. Hirakotsu non
poté fare a meno di figurarsi l’immagine di Magatsuhi e della professoressa Shikon.
Decisamente non aveva bisogno di altri materiali di cui ossessionarsi, “Non ci
credo” aveva bisbigliato con voce schietta Renkotsu, concentrandosi di nuovo
sulla sua macchina da guerra, “Quella donna …” qualunque cosa stesse dicendo,
decise alla fine di tacerla e tenerla per se. Kyura prese un respiro profondo,
“Lo penso anche io. Era una donna infelice per natura, troppo fredda per lo
sciocco amore di un ragazzino” aveva bisbigliato, prima di tornare a
concentrarsi su degli esercizi arretrati. Ryura sembrava frustrato che nessuno
dei tre avesse badato alla sua teoria.
Quando si ritrovarono sul campetto quel pomeriggio come Sango aveva
immaginato erano lei, Kagura ed Ayame, davanti un gruppo denutrito di altre ragazze, tra cui
ritrovò anche Kyora Shintoshin, con un espressione vagamente piena di se,
accanto ad un’altra rossa, Karan Pantera, c’erano anche le due amiche di
Naraku, come aveva disgustosamente sottolineato Kagura, riferendosi a Tsubaki
ed Abi che confabulavano tra loro, “C’è anche Enju, è troppo fragile, se la
tocchi si spezza” si era lamentata Onigumo, adocchiando una ragazza dai grandi
occhi di un colore originale, come bucce d’arancia ed un sorriso malinconico in
un viso incorniciata tra capelli di rame scuro lunghi fino alla vita, “Però suo
fratello non è male” aveva detto languida, “Se ti piacciono i tipi orcheschi”
si era insinuata Ayame con le mani sui fianchi, una ragazza frizzante dagli
occhi verdi ed i capelli di un biondo cenere. Una ragazza era corsa verso di
loro, sollevando una mano in segno di saluto, indossava pantaloncini da
palestra ed una maglia bianca, “Ma quella non è Asano, il primo flauto
dell’orchestra scolastica?” aveva chiesto Kagura, sollevando un sopraciglio,
“Si è Sara” aveva detto sconvolta Ayame, prima di salutare quella che Sango
aveva capito essere la sua compagna di classe con un abbraccio amichevole, “Vuoi
provare ad entrare nella squadra di calcetto?” aveva domandato alla fine,
quell’altra aveva annuito sicura di se, “Voglio essere più sicura di me” aveva
commentato con finta fierezza la ragazza, ondeggiando l’alta coda di cavallo
castana, “Non sarà mica per …” aveva bisbigliato Ayame, lanciando uno sguardo
appena percettibile a Kagura che ora dibatteva con Abi e Tsubaki.
Sango si sentì picchiettare sulla spalla, voltandosi trovò la
ragazzetta vista questa mattina assieme al ragazzo che aveva dato i soldi a
Kagome, “Io sono Soten è vorrei iscrivermi” aveva detto sicura di se, aveva
quattordici anni ed a Hiraikotsu ricordò lei alla sua età, una sfrontata
ragazza che sembrava un maschietto. “Certamente” alla fine aveva detto
amichevole, “Anche una mia amica vorrebbe” aveva ripreso Soten, con un tono
disgustato della voce a quella frase, “Ma ha avuto dei problemi” aveva
commentato alla fine stizzita, al che Sango aveva annuito. Kagura aveva battuto le mani sopra la testa
per attirare l’attenzione di tutti su di se, “Uditemi donzelle” aveva
commentato attirando l’attenzione di tutti, “Stabiliremo un capitano dopo avere
la squadra” aveva commentato, prima di prende un foglio, “Iscrivetevi” aveva
ripreso, prima di spiegare che la professoressa al momento infortunata era
quella che aveva deciso di occuparsi di sovraintenderle ma contenevano di
trovarne un'altra. “Quindi ora scrivete il vostro nome qui” aveva impartito
allungando un foglio alle ragazze, con una penna allegata, in modo che tutte
mettessero la propria firma, mentre lei ribatteva che lei ed Ayame stavano
studiando un metodo per l’allenamento prima della selezione.
Dopo aver corso per dieci giri di campo ed essersi allenata allo
sfinimento, chiedendosi dove avesse tanto rimpianto il calcio della sua vecchia
scuola, riemersa dallo spogliatoio aveva pensato di andarsene a casa ed
ignorare le compagne che sghignazzanti erano andate a spiare i ragazzi del
Kendo. Aveva recuperato la sua borsa, aveva notato che sul suo telefono c’erano
una buona decina di chiamate senza risposta di suo padre. Mentre teneva la
borsa in spalla e la sacca nell’altra, cercando di armeggiare con il telefono
alla mano sinistra mentre frugava per le chiavi con la destra nella borsa. “Sango
finalmente” aveva sentito la voce di suo padre allarmata dall’altro lato,
attraversò il cortile non smettendo di cercare le sue chiavi, sembrava
oltremodo sconvolto, “Ma cosa è successo?” domandò preoccupata, “Vai
immediatamente a casa, questa sera parlerò con tutti e due” aveva detto suo
padre d’acciaio, “Papà?” aveva bisbigliato preoccupata, “Davvero ora non
posso parlare, sono in commissariato” aveva risposto il signor Hiraikotsu
con voce dura, “Come ci sei finito?” aveva domandato preoccupata, “Chiedilo a
tuo fratello” aveva urlato, prima di chiuderli il telefono. Bene, qualunque
motivazione avesse spinto suo fratello a marinare la scuola l’aveva condotto in
commissariato insieme a suo padre ed un mare di guai che come sorella maggiore
avrebbe dovuto prontamente impedire, tirando per le orecchie Kohaku e
riportandolo in macchina quella mattina.
Arrivò alla sua vettura in tempo per aver trovato le chiavi, le infilò
nella toppa, quando sentì una mano spaziare troppo sul suo fondoschiena, lo
schiaffò lo tirò senza pensarci. “Be, almeno mi ha svegliato” aveva commentato
Miroku posandosi sulla portiera posteriore con una mano sulla guancia, un
espressione da cucciolo dipinta in viso, ma un ombra nei meravigliosi occhi
blu. “Già finita la riunione dei rappresentati?” chiese lei, aprendo lo
sportello abbastanza infastidita, non aveva tempo per Miroku, doveva tornare a
casa ed affrontare i suoi problemi, “Si” aveva commentato con voce sterile, “Ho
parlato con Shima” l’aveva informata, “E’ come è andata?” aveva chiesto lei,
leggermente interessata, “Ti ha detto che sei un mostro, che l’hai ingannata ed
hai approfittato di lei?” chiese sarcastica Sango, quello aveva mosso il capo
in segno di negazione, “Non era neanche troppo santa lei” aveva commentato
acido Miroku, la ragazza aveva sollevato un sopraciglio, “Cosa ti ha detto?”
aveva chiesto, rinunciando all’entrare in auto, suo padre sarebbe stato
bloccato in commissariato ancora per molto ci scommetteva ed infondo lei era
già nei guai, ritardo più ritardo meno che avrebbe fatto. Il suo amico non
rispose, continuando a guardarla imbambolata con la mano sulla guancia, “Miroku?
Che ti ha detto?” aveva chiesto preoccupata, ma il suo amico era letteralmente
caduto su di lei, stringendola in un certo abbraccio così stretto da lasciarla
senza fiato, senza palparla o altro. Lo sentì singhiozzare sulla sua spalla.
“Miroku”
[Nel prossimo capitolo se
ci sarà: Kagome IV e a scanso di equivoci dovrebbe chiamarsi “Tutto
quello che bisogna sapere”]
http://www.sulgiappone.it/abbigliamento-giapponese/mode-giapponesi