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Autore: _WhatsernameMN_    26/12/2013    0 recensioni
La felicità non è per sempre. Solo la morte lo è.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si svegliò in una fredda mattina di Dicembre, dopo una notte passata in lacrime. Aprì gli occhi, guardò il suo cuscino e vide delle grosse macchie di nero. Le lacrime le avevano sciolto il trucco. Trovò persino delle macchie di sangue. Aveva letteralmente strappato lembi di pelle dalle sue labbra ormai tumefatte. Scostò la coperta, avvicinò le magre gambe al petto come se le abbracciasse. Poggiò il mento sulle ginocchia, tirò un sospiro e disse "iniziamo un’altra giornata". Mise i piedi sul pavimento freddo e s’incamminò verso il bagno. Si accese una sigaretta e fece scorrere l’acqua calda nella vasca per poi riempirla. Appoggiò la sigaretta al lavandino, si spoglio, la riprese ed entro nella vasca. Scrollava la sigaretta nella vasca stessa, alcune parti di cenere si attaccavano alle, ormai sottilissime, cosce e lei, con un dito le toglieva. Prese l'ultimo tiro di sigaretta e senza espirare mise la testa sott’acqua. Tenne gli occhi aperti e riusciva a vedere la cenere galleggiare. Quando non poté più trattenere il respiro, uscì e cominciò a tossire. Si alzò, uscì dalla vasca e indosso il suo accappatoio, ormai infeltrito. Era verde, come la speranza. Quella speranza che Helena aveva perso da anni. Sulla parte sinistra era ricamato il suo nome. Scese in cucina per fare colazione. Sul frigo trovò un biglietto, diceva "sono già uscita per andare a lavoro. Ci vediamo stasera. Mamma". Helena vedeva la madre poche volte al giorno per via del lavoro. Suo padre non lo aveva mai conosciuto poiché abbandonò Emily, la madre di Helena, quando scoprì di essere incinta. Helena prese un bicchiere di latte e si riaccese un’altra sigaretta. Poggiò il bicchiere nel lavandino e torno in camera sua. Era piuttosto come quella di tutte le ragazze della sua età: poster e cd di band varie; strumenti musicali: chitarra, basso. Helena li suonava da piccola, adesso sono in un angolo impolverato. Gli specchi sono coperti. Non ama guardarsi. Arrivata in camera, si lasciò scivolare lungo la schiena il suo accappatoio verde. Era scheletrica. Si riuscivano persino a contare le costole. Si avvicinò a un mobile, aprì il primo cassetto e prese un paio di mutandine "misura bambina", ma anche queste le vennero un po’ grandi. Prese anche un paio di collant, tutti strappati e con dei buchi che si procurava quando cadeva dopo l’ennesima sbronza. Li indossò se pur mal ridotti. Prese anche una lunga maglia stropicciata con sopra scritto "what's the worst that i could say?things are better if i stay". Nella parte posteriore erano stampati due piedi sulle punte con delle scarpette nere e rosse. Quando indossava quella maglia, si sentiva al sicuro, come se fosse il suo scudo. Dall’armadio prese le sue scarpe. Un paio di anfibi neri, del tutto rovinati. Mise della matita nera sugli occhi e un rossetto rosso scuro. Ormai aveva imparato a truccarsi senza guardarsi allo specchio. Dal suo comodino prese una fiaschetta, ne bevve un sorso, la infilò in borsa e usci. Senza una meta. Le piaceva sedersi sul ciglio della strada e guardare gli sguardi inteneriti che la gente le rivolgeva. Lei non voleva mettere tenerezza a nessuno. Le piaceva inoltre guardare i padri con le loro figliolette immaginando come sarebbe stato se anche lei ne avesse avuto uno. Lei non stava mai in un punto fisso. Si spostava sempre. Un giorno si poteva trovarla sotto un portico, altri davanti ad una chiesa, altri in piazza, altri ancora in una villa seduta su una panchina. Quello che non cambiava mai era il suo modo di fare. Appoggiava la sua borsa accanto a lei e cercava qualcosa con cui passare il tempo. Quel giorno era stranamente soleggiato, cosi riuscì a sedersi per terra. Andò alla stazione; voleva vedere i sorrisi di chi arrivava e i pianti di chi partiva. Pensò "un giorno anch’io me ne andrò da qui e sarò felice". Trovò un posto, si sedette a terra e vide un gattino, tutto nero, con gli occhi blu profondissimi. Gli diede un po’ d’acqua e il gattino da allora, non si allontanò un attimo da Helena, tanto che la seguì anche quando ritornò a casa, cosi decise di tenerlo. Disse "ti chiamerò Salem" e il gatto cominciò a fare le fusa. Neanche quel giorno Helena toccò cibo, ma le spuntò un gran sorriso. Helena non aveva forze in corpo, pesava quasi 36 kg. Notevolmente troppo poco per una ragazza poco più che ventenne. Helena non aveva amici. Il suo unico amico era ormai Salem. Per tutto il giorno rimase chiusa in camera a parlare con il gatto. Per la prima volta si sentiva amata. Salem non la giudicava. I giorni passarono, Salem divenne un bel gattone con il pelo folto e lucido. Helena raggiunse i 32/33 kg. Il suo viso ormai non aveva più forma. Aveva le occhiaie nere come la pece. Da poco si era trasferita una famiglia accanto all’appartamento di Emily ed Helena. La famiglia sistemava delle pareti e il rumore non permetteva ad Helena di riposare e la infastidiva, cosi iniziò a prendere dello xanax. Salem non si muoveva da Helena. Vegliava su di lei. Era il suo angelo. Il giorno seguente si ripeté la stessa cosa. Alcool, sigaretta, xanax. Ma il corpo della ragazza non ce la fece, collassò. Salem leccò il volto della giovane ragazza, senza esito. Allora il gatto sgusciò via e iniziò a graffiare la porta dei vicini. Il figlio di questi, Frank, non capendo, lo accarezzò, ma Salem iniziò a tirare Frank, per una manica, verso la porta della povera Helena ormai in fin di vita. Frank si chiese "perche Salem, ha lasciato da sola Helena, per venire da me?". Allora il ragazzo capì. Corse verso la porta di casa della ragazza, entrò con violenza e trovò la ragazza distesa sul letto inerme, con un respiro faticoso e un flacone di xanax accanto al suo letto. Frank la prese di peso, la caricò in macchina e la portò in ospedale. Helena si salvò. Frank non la lasciò sola un attimo. Al suo risveglio, Helena, chiese cosa fosse successo e dove fosse il suo amato Salem. Il ragazzo le raccontò dell’accaduto. Le disse che Salem lo stesse aspettando a casa. I due parlarono per ore. Helena gli raccontò come nacquero i suoi problemi. Raccontò del padre sconosciuto e della madre mai in casa. Quando rimaneva sola, dimenticava di mangiare e placava la fame con alcool e sigarette. Tornati a casa, Helena, invitò il ragazzo per ringraziarlo. Frank accettò. Entrato in casa, guardò alcune foto appese alla parete. Vide una ragazza, in forma, con indosso la divisa da cheerleader, dai lunghi capelli neri e un paio di occhi verdissimi. Dalle labbra rosse e carnose. Delle guance rosate e la pelle candida Il ragazzo esclamò: "Helena! Sei tu questa?". Helena andò in salotto e trovò Frank a fissare la foto, rispose "Ero io". Il ragazzo la guardò e non disse nulla. La avvicinò a se e la abbracciò. Helena inizialmente rimase ferma, ma dopo un pò ricambiò l’abbraccio. Il ragazzo disse: "Domani potrò venire a trovarti?" e la ragazza annui soltanto. Ad Helena il cuore batteva all’impazzata. Si mise a letto e iniziò a fantasticare su quel ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verdi. Si addormentò senza prendere lo xanax, accanto al suo Salem e un sorriso a trentadue denti. Il giorno dopo si svegliò di buon umore. Diede una sistemata alla casa, lavò i piatti, piegò i vestiti in attesa di Frank. Stava per sedersi sul divano quando qualcuno bussò alla porta. Era Frank. Le portò una rosa e le diede un bacio sulla fronte. La fece sedere sul divano e le disse: "Adesso io mi prenderò cura di te". Si mise ai fornelli e cucinò per la ragazza un delizioso pranzo. Helena vide il suo impegno nel volerla aiutare e si sforzò di mangiare tutto, quasi. Dopo pranzo, Frank lavò i piatti e disse alla ragazza: "Vieni con me". Prese per mano la ragazza e uscirono. Prima la portò sulla scogliera a vedere il mare. "Non riesco a ricordare l’ultima volta che son stata qui". Frank la strinse tra le braccia e le promise che ogni giorno l’avrebbe portata li. I giorni passarono. Frank cucinava sempre per Helena. Lei iniziò a riprendere peso e colorito. Ma ormai il suo corpo era segnato. Il suo cuore s’indebolì terribilmente. Arrivò a pesare 40 kg. Adesso mangiava regolarmente e Frank la portava ogni giorno sulla scogliera. Ormai i due erano innamorati. Stavano sempre insieme. Lei smise di bere e di prendere lo xanax. Salem aveva ormai quasi un anno. Il giorno del suo compleanno, Helena, decise di farsi un tatuaggio: "Non ho paura di continuare a vivere". Quando uscì dallo studio, s’incamminò verso casa. Vide una folla accerchiare il corpo di un ragazzo coperto da un telo bianco. Non diede importanza e se ne tornò a casa. Quel giorno Frank non si presentò e a casa sua non rispose nessuno. Helena rimase a casa ad aspettarlo. Il giorno dopo Frank non si presentò neanche. Fumò una sigaretta dopo l’altra e poi decise di uscire. Passò davanti ad un’edicola e lesse su un giornale "DEAD!". Si senti come se si fosse fermato il cuore. Lo prese. Lesse solo "Frank. 21anni" e guardò la foto. Si sedette per terra, senza dire nulla con lo sguardo perso nel vuoto. Dopo qualche secondo, scoppiò in un pianto isterico. Andò alla scogliera, dove andava sempre con Frank e urlò tutto il suo dolore. Smise di nuovo di mangiare. Pianse giorno e notte. Chiese alla madre di Frank dove il figlio fosse sepolto. Helena passò giornate intere davanti alla sua tomba. Parlava con lui, puliva la sua lapide, portava fiori. Tornò di nuovo l’inverno. Helena tornò a pesare 30 kg. In una fredda sera andò dal suo amato Frank, si sdraiò e prese tutto lo xanax che aveva. Il suo cuore si spense, la sua anima raggiunse Frank. Il suo cadavere fu ritrovato dopo alcuni giorni, ormai ghiacciato. Il giorno del suo funerale, Emily, fece indossare alla figlia uno dei suoi abiti preferiti. Era tutto nero, con del pizzo rosso. E un bouquet di rose rosse. Salem andò ogni giorno sulla tomba di Helena. Il custode del cimitero gli diede acqua e cibo. Il gatto morì, mentre dormiva sulla tomba della sua amata Helena.
  
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