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Autore: hugmeidols    27/12/2013    1 recensioni
"Non sapeva niente di quel ragazzo eppure aveva bisogno di lui, dei suoi occhi, della sua risata così contagiosa e allegra da riuscire a dare pace al più incasinato degli animi."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un tipico pomeriggio di Ottobre e il sole splendeva alto nel cielo senza però emanare troppo calore. 
Le poche nuvole sparse per il cielo si muovevano lentamente e un vento leggero scombinava le fronde degli alberi facendo staccare dagli ormai secchi rami, le foglie gialle e arancioni che vi erano appese.
La neve caduta la sera prima, ormai cominciava a sciogliersi e gli uccellini appena nati, cominciavano a cinguettare affamati.
Joey stava lì, seduta sulla terza panchina difronte al laghetto delle papere, con un libro nuovo e il suo solito cappuccino; i lunghi capelli castani raccolti in una coda scombinata, la sua solita sciarpa grigia e le sue ormai vecchie e scolorite converse.
Era ormai una tradizione quella sua. 
Ogni giorno da tre anni, alle quattro circa, raggiungeva in bicicletta il più grande prato di Doncaster e, ogni volta con un libro diverso, si sedeva sulla stessa panchina in compagnia dello stesso cappuccino.
Si era trasferita tre anni prima in quel paesino vicino alla capitale del Regno Unito e da quando un giorno, insieme a suo padre, aveva fatto visita alle paperelle di quel parco, non aveva più smesso di andarci.
Prima con suo padre e poi da sola.
Ogni giorno, alle tre e quarantacinque minuti, passava alla libreria del signor Anderson, comprava un libro nuovo e successivamente con la bicicletta raggiungeva il posto che da tre anni era diventato il 'suo' posto.
Era stata lì in Autunno, in Inverno, in Primavera e anche in Estate. Aveva visto tantissime famiglie portare i loro bambini e i loro cani a passeggiare in quel parco. Aveva visto gli uccellini fare il nido sull'albero che ogni giorno faceva ombra sulla sua panchina e aveva visto giovani coppiette ridere e scherzare tenendosi per mano, ma mai nessuno le si era seduto accanto o le aveva semplicemente rivolto la parola.
Nessuno mai, in tre anni le aveva mai parlato ma quel giorno, qualcuno le si sedette accanto e sorridente si mise a guardarla.
Per i cinque minuti che seguirono, Joey cercò di non prestare attenzione alla persona che la stava fissando incessantemente provando a continuare con la lettura, senza però riuscirci perché ogni volta che leggeva la frase seguente, la sua mente la portava a pensare a quel paio di occhi che le stavano addosso.
Sbuffò e, infastidita, usò l'indice come segnalibro per poi girarsi lentamente verso la persona che la stava facendo innervosire.
"Posso aiutarti?" chiese per poi rilassare i muscoli contratti dal suo essere infastidita alla vista di un paio di occhi color oceano all'alba.
"Oceano all'alba, chissà di che colore è l'oceano all'alba" pensò tra sé e sé per poi scuotere la testa mentre una folata di vento le scombinava i capelli.
Il ragazzo rise leggermente e quasi sembrò che quel suono avesse riempito il silenzio che si trovava in quel parco.
"Scusa non volevo infastidirti" si scusò poi.
"Ah no? - il ragazzo rise nuovamente - No perché sembrava quasi tu ti ci stessi applicando con tutto te stesso" 
"Davvero?"
"Già - sospirò - che ti serve?" domandò poi quasi frettolosa di tornare a leggere.
"In realtà volevo solo presentarmi - accennò un sorriso - ma dato che stavi leggendo e non mi andava di interromperti-"
"Ti sei messo a fissarmi come un maniaco" il ragazzo rise di nuovo.
"Maniaco non mi sembra l'aggettivo più appropriato" disse; Joey rise leggermente "Psicopatico forse è meglio" 
"Comunque - riprese il ragazzo - io sono Louis ma se vuoi puoi chiamarmi psicopatico" le porse la mano.
"Joey" gliela strinse sorridendo.
"Sei nuova di qui?"
"Veramente no - si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio - vivo qui da tre anni"
"Davvero? Strano" commentò.
"Cosa c'è di strano?" alzò un sopracciglio.
"Conosco tutti qui a Doncaster eppure non ti avevo mai vista" sorrise nuovamente.
"Non esco molto in realtà, o sto a casa o vengo qui" strinse le spalle.
"Allora probabilmente è per questo che non ti avevo mai vista" 
"Probabile" sorrise leggermente e si rimise a leggere.
"Harry Potter eh?" disse leggendo la copertina del libro.
"Sì - chiuse leggermente la copertina per far vedere il titolo - è la mia saga preferita" rispose accarezzando leggermente l'oggetto quando una specie di allarme la fece girare verso Louis che abbattuto si guardò il polso.
"E ora di tornare in galera" commentò; Joey sgranò gli occhi facendolo ridere.
"Devo tornare a lavoro - disse prendendo una giacca arancione che Joey non aveva notato prima - è stato un piacere" concluse alzandosi per poi infilarsi la giacca e sorridente allontanarsi.
"Anche per me" rispose leggermente perplessa lei quando lui ormai fu lontano.

I giorni passavano veloci e nonostante Joey non avesse più visto Louis da quel pomeriggio, non riusciva a togliersi dalla mente i suoi occhi e la sua risata.
Erano come un'ossessione. Lui era un'ossessione.
Ci aveva parlato per meno di quindici minuti eppure era riuscito ad entrarle dentro. Ogni cosa facesse pensava a lui.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva il suo viso e sentiva la sua risata.
Sentiva il suo sguardo addosso in ogni istante e ogni volta che tornava nel parco e si sedeva su quella panchina, sperava che lui tornasse e che si rimettesse a fissarla per poi cominciare a parlare e a ridere.
Ormai non andava più al parco per leggere e stare in tranquillità come aveva sempre fatto, no, ormai andava lì solo per rivederlo.
Se solo gli avesse chiesto il cognome.
Se solo gli avesse chiesto in che scuola andasse.
Se solo gli avesse chiesto dove abitasse.
"Se solo sapessi dove lavora" disse richiudendo il libro per poi poggiarlo accanto a lei sulla panchina per poi passarsi una mano tra i capelli portandoseli all'indietro.
Rischiava d'impazzire e nello stesso tempo si sentiva ridicola.
Non sapeva niente di quel ragazzo eppure aveva bisogno di lui, dei suoi occhi, della sua risata così contagiosa e allegra da riuscire a dare pace al più incasinato degli animi.
Prese un respiro profondo e, forse per la prima volta in tre anni, riposò il libro nello zaino che portava sempre con se e tornata alla bicicletta, decise di fare un giro per la città.
Aveva bisogno di allontanarsi dal quella panchina, da quel parco e dai pensieri su quel ragazzo che la stava facendo impazzire.
Girò per la cittadina di Doncaster senza meta per quasi mezz'ora fin quando non arrivò davanti ad un negozio di giocattoli attirata da dei peluches esposti in vetrina. 
Si fermò per qualche secondo a fissarli per poi, decisa a dare un'occhiata all'interno del negozio, scese dalla bicicletta, mise il cavalletto ed entrò.
Non aveva mai visto un negozio tanto grande e pieno di giocattoli come quello, era una visione fantastica e più avanzava più tutto diventava più grande e colorato.
Era come trovarsi in un sogno pieno di peluches e arcobaleni. Tutto risplendeva di colori diversi e c'erano bambole, casette e giochi di legno di ogni tipo.
Studiò con gli occhi ogni minimo dettaglio di quel negozio che le faceva venire voglia di comprare qualsiasi cosa finché, intenta nel guardarsi intorno e non al prestare attenzione a dove mettesse i piedi, andò a sbattere contro qualcosa che cadde a terra seguito da vari scatoloni pieni di giocattoli che fecero un bel baccano.
Joey si girò di scatto e dopo aver chiesto scusa mortificata, si mise in ginocchio e cominciò a infilare nuovamente i vari giochi negli scatoli per poi fermarsi alla vista della persona che aveva fatto cadere.
"Non ci posso credere - commentò quasi senza fiato mentre l'altro si massaggiava leggermente la nuca a causa della caduta dallo scaletto sul quale si trovava - ti ho trovato" concluse osservandolo.
Louis fece una piccola smorfia non appena il palmo della sua mano sfiorò un punto preciso della sua testa "Mi verrà sicuramente un brutto bernoccolo" disse per poi sgranare gli occhi non appena si accorse di Joey in ginocchio accanto a lui.
"Ehi! - esclamò sorridendo - Volevi farmela pagare per lo sguardo da maniaco nel parco di quel giorno facendomi cadere dalla scala?" domandò per poi scoppiare a ridere. 
E fu allora che il cuore di Joey quasi esplose.
"Stavo scherzando eh" disse poi Louis notando l'espressione persa nel vuoto di Joey che era rimasta incantata dalla fragorosità della sua risata.
"Come scusa?" domandò poi lei scuotendo leggermente la testa.
Louis sorrise e il cuore di Joey perse qualche battito.
"Ti senti bene?" le chiese alzandosi e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
"Sì sì - annuì prendendogli la mano - tu piuttosto? Hai fatto una brutta caduta, scusa" si scusò.
"Oh - sorrise nuovamente - tranquilla, sono abituato a cadere dalle scale" strinse le spalle.
"Davvero?"
"No - rise - mi hai fatto fare un bel volo" continuò a ridere; Joey rise "Mi dispiace"
"Cosa ci fai qui?" le chiese Louis.
"In che senso?"
"Sono le cinque e dieci, dovresti essere sulla terza panchina difronte al laghetto delle papere con un libro e un cappuccino aspettando me che arrivo e ti fisso" le sorrise.
Joey fece per dire qualcosa ma dalla sua bocca non uscì nessun suono lasciandola così, con le labbra semi aperte e un'aria spaesata.
"Be' - deglutì - l'ho fatto" rispose.
Louis corrugò leggermente la fronte "Da quel giorno - disse imbarazzata - sono stata lì aspettando che tu arrivassi per ore, ma - si guardò in torno in preda al panico - scusa, devo andare" concluse poggiando il peluche che aveva preso precedentemente da terra su uno scaffale per poi correre via, risalire sulla sua bicicletta e tornare a casa.

Da quel giorno al negozio di giocattoli, Joey non andò al parco per un po'. Non faceva altro che tormentarsi sul come lui sapesse che lei non faceva altro che aspettarlo su quella panchina e il solo pensiero di rivederlo le smuoveva qualcosa nello stomaco che le faceva mancare l'aria e le faceva venire la nausea.
Non riusciva a smettere di pensare al suo sguardo mentre le diceva "dovresti essere dovresti essere sulla terza panchina difronte al laghetto delle papere con un libro e un cappuccino aspettando me che arrivo e ti fisso" così seri e penetranti come se le stessero leggendo dentro.
Come se stessero scavando dentro la sua anima, spogliandola e lasciandola nuda, coperta solo dalle insicurezze e i casini che lui le aveva messo in testa.
Sì perché questo aveva fatto Louis.
Era entrato nella sua vita, l'aveva fissata con i suoi occhi color oceano all'alba e le era rimasto dentro, incastrato nel cuore, nel cervello e nei polmoni, incasinandole la testa e la vita.
Joey fece passare un mese preciso prima di ritornare al suo posto ma ad ogni pedalata la voglia di tornare indietro, sotto le coperte, era sempre più forte.
Non era nemmeno passata in libreria dal signor Anderson, non ne aveva bisogno. Non stava andando al parco per leggere, ci stava andando per Louis.
Aveva bisogno di sapere se anche lui da quel giorno, come lei dopo la prima volta che si erano incontrati, era tornato al parco, aspettando di trovarla lì seduta a leggere per mettersi a fissarla.
Posò la bicicletta nel suo solito posto e con un macigno nello stomaco si avviò verso la panchina che, forse per la prima volta in quei tre anni, avrebbe voluto vedere occupata da qualcuno.
Superò i due cespugli di rose e girò a destra e per poco non le si fermò il cuore. Vuota.
La sua panchina era vuota.
Joey si sentì appesantire da dentro. Il macigno che si portava da quando era uscita di casa si era ingigantito a dismisura e ormai era come se non riuscisse a respirare.
Si sentiva in apnea e dovette andare a sedersi prima che le sue gambe cedessero facendola cadere al suolo.
Si sedette e si sentì nuovamente ridicola. Di certo non si aspettava davvero che Louis sarebbe andato lì ad aspettarla ogni giorno, per un mese intero. Ci aveva sperato sì, ma non ci aveva creduto veramente.
Rise amareggiata e abbassò la testa portandosi le gambe al petto e aspettò per cinque, dieci, venti o forse trenta minuti con la fronte poggiata sulle sue ginocchia e quando ormai arresa decise di andarsene, un allarme leggero le fece alzare leggermente la testa.
E allora, il macigno che Joey aveva nello stomaco si dissolse dando spazio ad una sensazione di vuoto e spaesatezza che la fece sorridere.
"Che ci fai qui?" gli domandò.
Louis le sorrise "In che senso?" 
Joey guardò l'orario nell'orologio che Louis teneva al polso; sorrise "Sono le cinque e dieci, dovresti essere al tuo negozio, con la tua giacca arancione ad aspettare che io arrivi e ti faccia cadere dalla scala."


Autor's corner.
Et voilà, ecco la OS che stavo scrivendo e che doveva essere una sorpresa ahah.
Bene, so che non è il massimo ma sarebbe il mio regalo di compleanno. Non sono riuscita a racimolare abbastanza soldi per fartene uno decente e dato che ho la febbre e non posso nemmeno venire al tuo compleanno sta sera, ho deciso di farti un regalo diverso dal solito.
Spero che ti piaccia, un bacio e buon sedicesimo compleanno <3
 
 
  
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