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Autore: Lux_daisy    27/12/2013    4 recensioni
Dal capitolo 3:
-- Sei fastidioso, feccia. Ti conosco a malapena e già mi verrebbe voglia di massacrarti fino a farti urlare pietà, perciò ti avverto: non continuare a provocarmi --. La sua voce si era ridotta a un sussurro: si insinuò nella pelle di Squalo, strisciando come un serpente e scavò fino a raggiungere la carne e i muscoli e le ossa per poi incidersi nell’anima e mozzargli il respiro. Squalo sgranò gli occhi e per la prima volta in vita sua si accorse di provare paura di fronte a un avversario.
In una prestigiosa Accademia si incrociano le vite di due ragazzi dal passato difficile. Xanxus e Squalo si odiano e si scontrano, si respingono e si attraggono, come le falena di fronte alle fiamme, senza capire quant'è grande il pericolo di bruciarsi.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Superbi Squalo, Xanxus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lasciare i Varia



 
Le note di “Give me a sign” dei Breaking Benjamin lo riscossero dallo stato di dormiveglia in cui era finito. Si stropicciò gli occhi, accorgendosi di essersi quasi addormentato con gli auricolari nelle orecchie; spense l’I-pod, dando un’ultima occhiata all’ora: le 22:43.
In quell’istante la porta dell’infermeria si aprì.
Fece appena in tempo a chiedersi chi potesse essere a quell’ora che Xanxus comparve davanti a lui.
Squalo sgranò gli occhi, sorpreso. << Che… che ci fai qua? >> gli chiese, seguendolo con lo sguardo mentre si sedeva sulla sedia rimasta accanto al letto.

Il Boss scrollò le spalle e  incrociò le gambe. << Le domande dovrei farle io, feccia. Che cazzo hai combinato per ridurti così? >>. I suoi occhi rossi erano affilati e concentrati su di lui.
Squalo distolse il volto, imbarazzato. << Niente che ti riguardi >>.
<< Sicuro? E allora perché questa mattina sei scappato via? >>. La sua voce era seria e infastidita come sempre e Squalo riportò il suo sguardo su di lui.
<< Non sono scappato >>.
<< Sei uscito da scuola di nascosto, ti sei imbattuto in un branco di idioti che ti hanno provocato e alla fine sei rimasto sotto la pioggia come un coglione. Ho indovinato, no? >> replicò con tono sicuro, ben consapevole di avere ragione. Conferma che arrivò nell’espressione turbata e incredula dell’altro.
<< Co-come diavolo fai a… >>.
<< Saperlo? Feccia, bisognerebbe essere dei completi mentecatti per non capirlo >>.

L’argenteo rimase senza parole e tutto ciò che riuscì a fare fu fissare Xanxus per lunghi secondi.
<< Se avevi già capito tutto, perché sei venuto fin qua? Avresti potuto risparmiarti la fatica… >>.
<< Volevo assicurarmi che non ti stessi crogiolando nell’autocommiserazione… >>.
<< Di che cazzo stai parlando?! Io non mi sto crogiolando in niente! >> sbottò Squalo, l’imbarazzo sostituito dalla rabbia, << in realtà stavo benissimo prima che arrivassi tu ad infastidirmi! >>. Per un momento aveva quasi creduto che il moro avesse voluto fargli visita per vedere come stava, invece era venuto solo per sfotterlo e criticarlo.

“Cos’altro mi sarei dovuto aspettare da uno come lui?”.

A sorpresa di Squalo però, un sorrisetto piegò le labbra del Boss. << Se hai la forza di rispondermi, allora vuol dire che stai meglio >>.
<< Co… >>. La frase gli morì in gola, insieme alla rabbia che scemò fino a diventare una leggera irritazione di sottofondo.
Com’era possibile che Xanxus lo conoscesse così bene da aver capito tutto quello che era successo? E cosa voleva davvero dire la sua presenza in quel momento?
<< Spero che tu almeno abbia dato una lezione a quei rifiuti che ti hanno provocato >> cambiò argomento il moro, senza smettere di fissare l’altro.
Un piccolo sorriso compiaciuto si aprì sul volto di Squalo al ricordo di come si era sentito mentre combatteva. << Puoi scommetterci >>.
<< Allora tra tante cazzate, una cosa buona l’hai fatta >> lo prese in giro l’altro, il ghigno che non abbondonava le sue labbra.
<< E guarda come mi sono ridotto >> replicò Squalo, allargando le braccia ad indicare il letto.
<< Il fatto che resti sempre un idiota non cambia >>.

Un’occhiataccia arrivò da parte di Squalo, ma né le forze né la voglia furono sufficienti per controbattere le frecciatine del Boss. << Per la prima volta mi sa che devo darti ragione >> si limitò a dire, distendendosi meglio sul letto e chiudendo gli occhi.
“Cazzo… mi sento uno schifo…” pensò, portandosi un braccio sulla fronte. Non sapeva bene se per la presenza del Boss, per l’influenza o per le percosse ricevute, ma si disse che probabilmente era per le ultime terribili 24 ore trascorse.
Udì il rumore della sedia che veniva spostata e il suono di passi: Xanxus si era alzato, ma Squalo non mosse un muscolo, troppo stanco e provato per fare qualunque cosa.

<< Vedi di guarire in fretta, feccia, perché ridotto in questo stato pietoso non sei per niente divertente >>.
Quelle parole e la voce profonda e tranquilla con cui vennero pronunciate spinsero Squalo a sollevare leggermente il braccio per scoprire un occhio e guardare il moro, che a sua volta gli lanciò una lunga occhiata.
Subito dopo Xanxus si incamminò verso l’uscita.
 
<< Boss! >>.
 
“Eh? Chi ha parlato? Sono stato io?!”.
Sentendosi chiamare, il ragazzo si fermò e si voltò con un sopracciglio inarcato e un’espressione di leggera sorpresa. << Che vuoi? >>.
Squalo alzò il busto, ma non rispose.
Perché l’aveva fermato? Cosa stava per dirgli?

Non aveva la più pallida idea di cosa l’avesse spinto a tanto: sapeva solo che la sua bocca aveva parlato prima che il cervello riuscisse ad elaborare un qualsiasi pensiero logico e adesso si ritrovava muto come un pesce e con una probabile faccia da ebete.
<< Se hai qualcosa dire, feccia, fallo >> lo incalzò Xanxus la cui pazienza rasentava lo zero.
<< Ehm… ecco… io… >>.
“Che diavolo mi prende? Sto balbettando come un’idiota! Non va bene per niente…”.
<< Beh… ecco, Dino mi ha raccontato che Lussuria era molto preoccupato quando… sì, insomma, quando ho perso i sensi, perciò… sì, ecco, magari potresti dirgli che sto bene… >>.
“Che cazzo sto dicendo? Come mi è venuto in mente di tirare in ballo Lussuria?! Okay, la febbre mi ha fatto impazzire del tutto…”
Il Boss lo fissò a lungo, indeciso se insultarlo per avergli chiesto di fare una cosa del genere…. o insultarlo per avergli fatto perdere tempo per una cosa del genere.

<< Feccia, da quando ti importa qualcosa di Lussuria? >> replicò, riavvicinandosi al letto, << non mi dire che voi due siete diventati amici >>.
Squalo si rimise seduto, sforzandosi di reggere lo sguardo dell’altro. << Non siamo amici, infatti. È solo che… oh, al diavolo! Chi se ne importa! >> tagliò corto alla fine con tono irritato, incrociando le braccia al petto.
Aveva solo detto la prima scusa venutagli in mente e non aveva nessuna intenzione di mettersi a discutere con Xanxus.

Il moro rimase in silenzio qualche altro secondo prima di chinarsi rapido su Squalo e appropriarsi con foga delle sue labbra.
L’argenteo si irrigidì e sbarrò gli occhi, incredulo, mentre sentiva una mano afferrargli il volto all’altezza della mascella e la lingua del Boss farsi strada nella sua bocca, mandandolo in confusione.
Gli posò una mano sul braccio con l’iniziale intento di allontanarlo, ma alla fine, senza sapere bene come, Squalo si ritrovò a rispondere a quel bacio rude e passionale come se non avesse fatto altro.
Come se non aspettasse altro.

La sensazione di quelle labbra morbide sulle sue, del loro sapore, delle lingue che si scontravano, del calore che la pelle dell’altro emanava, del suo profumo… gli sembrò di impazzire per il miscuglio di emozioni che stava provando in quel momento.
Il cuore gli ringhiò nel petto e sentì la temperatura del suo corpo aumentare rapidamente, mentre il cervello cominciava a perdere lucidità.
“Perché diavolo mi fa questo effetto?! È solo un bacio…”.
Gemette in quel contatto umido, ma proprio quando pensava di stare per cedere, trovò la forza di staccarsi dalla sua bocca.

<< Ti ammalerai anche tu così… >> sussurrò con voce arrochita, i loro volti così vicini che si sfioravano. In realtà non si stava davvero preoccupando per la salute dell’altro, ma sperò che potesse andare bene come scusa per interrompere quel momento.
<< Correrò il rischio >> replicò invece Xanxus dopo alcuni secondi, fiondandosi di nuovo su Squalo. Ma questi fu abbastanza veloce da girare le testa e le labbra del moro incontrarono la sua guancia.

La cosa però non fermò il Boss: scese fino alla mascella, seguendone il contorno, per poi spostarsi sul collo e mordicchiarlo con i denti. Vi lasciò un segno rosso e profondo che fece grugnire Squalo, ma com’era tipico di lui, lo ignorò e continuò la sua opera di tortura: fece passare la lingua sopra quell’ennesimo marchio, leccando lentamente, divertendosi nello stuzzicare Squalo e nel sentirlo sospirare piano.
<< B-boss… fermati… >> ansimò l’argenteo, sentendosi sempre più vicino al punto di non ritorno. Per tutta risposta sentì una mano scostare le coperte e infilarsi sotto la sua maglia: rabbrividì e contrasse i muscoli, d’un tratto agitato.

Non voleva farsi scopare un’altra volta come se fosse stata la puttana personale di Xanxus. Sì, aveva ceduto la sera prima, ma questo non voleva dire che aveva intenzione di diventare un giocattolino con cui passare il tempo.
Gli afferrò la testa e tirò verso l’alto, costringendo il moro a sollevarsi dal suo collo. << Ti ho detto di fermarti >> insistette, imponendosi una voce e uno sguardo determinanti.
Il Boss ricambiò l’occhiata e si rimise in piedi, il volto contratto in un’espressione tra il perplesso e l’infastidito.
<< Come ti pare >>.
Fu tutto ciò che disse prima di voltarsi e uscire dall’infermeria, lasciando Squalo con una sensazione di amarezza e delusione.
 
 
 
 
Erano trascorsi cinque giorni da quando Squalo era uscito dall’infermeria, ormai completamente ristabilito.
Cinque giorni durante i quali, con sua sorpresa, Xanxus l’aveva completamente ignorato. Nonostante quella sera l’avesse respinto, Squalo era segretamente convinto che il Boss l’avrebbe messo sotto pressione per farlo di nuovo e, invece, non solo non ci aveva provato con lui, ma l’aveva a malapena calcolato, degnandolo sì e no di qualche sguardo.

Ecco, quella era la cosa che più lo lasciava interdetto: anche le volte in cui il moro non gli parlava, Squalo aveva sempre sentito il suo sguardo addosso, come se non volesse mai perderlo di vista. Adesso, invece, raramente i loro occhi si incrociavano e se succedeva era solo perché l’argenteo si ritrovava a fissare Xanxus, chiedendosi cosa fosse successo.

All’inizio era stato sicuro che dopo la notte che avevano condiviso, il Boss, avendo soddisfatto la sua curiosità, avrebbe continuato a trattarlo come sempre; poi invece, quella sera in infermeria, era sembrato del tutto intenzionato a ripetere l’esperienza e ora ogni cosa pareva tornata come prima. Come se non fosse successo niente.
Allora avevo ragione io? Ha perso ogni interesse? Ma se fosse così, perché l’ho dovuto fermare io quella volta? Se non avessi detto niente, lui sarebbe andato fino in fondo…
oh cazzo! Sono diventato peggio di una patetica ragazzetta innamorata! Dovrei prendermi a pugni da solo… ma se le cose stanno così, tanto meglio per  me…

 
 
 
 
L’unico elemento positivo di quel periodo fu la rinnovata amicizia con Dino. Anche dopo tutto quello che era successo e quello che si erano detti, in qualche modo, grazie soprattutto alla perseveranza del biondo, erano riusciti a riconciliarsi.
Dino l’aveva perdonato, anche se Squalo non gli aveva espressamente chiesto scusa, ma ormai aveva imparato a conoscerlo e sapeva che l’orgoglio dell’altro non gli avrebbe mai permesso di ammettere un errore.

Ma andava bene così. Erano tornati amici e per Dino questa era la cosa più importante. Proprio per questo non gli chiese mai cosa fosse successo tra lui e Xanxus la sera in cui il moro l’aveva trascinato via e lui non l’aveva rivisto fino al giorno dopo. Per quanto avrebbe desiderato saperlo, si convinse che non poteva continuare a pressarlo con le sue domande, se lui non voleva rispondere.
Perciò semplicemente lasciò perdere.

E tornò a chiacchierare con Squalo come prima – sarebbe stato più corretto dire che Dino parlava e l’altro ascoltava, annuiva, sorrideva, sbuffava o grugniva, a seconda dell’argomento e dell’umore.
Questa rinnovata positività nel loro rapporto e il fatto che il piano originale di Squalo – ovvero entrare nei Varia per vendicarsi di Xanxus – era decisamente andato a quel paese, spinsero Squalo a prendere una decisione.
Avrebbe lasciato i Varia.
Il suo desiderio di rivalsa non esisteva più, sostituito da un sentimento più profondo che però sarebbe rimasto sepolto dentro di lui e che il moro non avrebbe mai ricambiato: non aveva più alcun senso restare in quella spiacevole situazione di stallo.
Per di più Xanxus sembrava voler ignorare la sua esistenza e far finta che non fosse successo niente tra di loro, quindi a che pro continuare a stare nei Varia?
 
L’unico problema era quello di trovare il modo e il momento giusto per dirlo al Boss.
 
 
Quel pomeriggio, mentre tornava al dormitorio dopo la fine delle lezioni, si ritrovò come al solito a passare da uno dei giardini; le temperature erano basse, ma il cielo era terso e il sole stava per tramontare. Vide i Varia fermi vicino a una fontana e gli altri gruppi di studenti tenersi a distanza da loro.
Li raggiunse e fissò Xanxus negli occhi. << Ti devo parlare >>. La sua voce era seria e lo sguardo sicuro di sé.
Aveva riflettuto diversi giorni prima di capire che non esisteva un momento o un modo per dirgli quello che doveva e così, nell’istante in cui l’aveva visto, si convinse ad agire.

Il moro inarcò un sopracciglio, ma non disse niente; si limitò a seguire Squalo e i due si allontanarono di alcuni metri.
<< Che succede? >> volle sapere allora il Boss appena si fermarono. Teneva il suo sguardo fisso in quello dell’altro, aspettando che si decidesse ad aprire bocca.
Trascorsero alcuni secondi di silenzio prima che Squalo parlasse. << Io lascio i Varia >> annunciò calmo ma determinato. Vide i suoi occhi rossi affilarsi e la bocca stringersi in una linea sottile.
Era chiaramente irritato. << E sentiamo, quale sarebbe il motivo? >>.
Squalo sostenne quello sguardo, deciso a porre fine a quella situazione. << Mi sono stufato. Di te, dei Varia e di tutta questa storia. È stato un errore decidere di unirmi a voi, ma adesso non voglio saperne più niente. Sono fuori >>.
<< Ti sbagli, feccia >>. Il tono del Boss era freddo e minaccioso e l’argenteo si ritrovò a pensare che non sarebbe stato per niente facile.
<< Che vuoi dire? >>.
<< Che non sei tu a decidere quando andartene >>, un ghigno crudele si aprì sul suo volto, << questo compito spetta a me >>.
Squalo sentì la rabbia montare e strinse i pugni. << Vooooooi! Non rompermi il cazzo con queste manie di onnipotenza! >>.

<< Forse non hai ancora capito, feccia, ma del resto sei sempre stato un idiota >> lo canzonò il moro, << tu sei mio, che la cosa ti piaccia o no, e decido io cosa farne di te. Quindi non pensare di poter fare come ti pare: sono io a dare gli ordini >>.
<< E forse tu non hai capito con chi hai a che fare, ma del resto sei sempre stato un arrogante bastardo >> gli rispose a tono, << non ho intenzione di rimanere nei Varia, indipendentemente dalla tua opinione, della quale, per inciso, me ne sbatto >>.
Il ghigno ferino di Xanxus si allargò ancora. << Come ti sei fatto sbattere l’ultima volta? Interessante scelta di parole, feccia >>.

A quell’ennesima derisione Squalo non ci vide più dalla rabbia. Prima che il moro potesse rendersi conto delle sue intenzioni, l’altro gli assestò un violento cazzotto in faccia che centrò il naso.
Xanxus barcollò all’indietro e si portò una mano al punto colpito. Per sua fortuna il pugno non gli aveva rotto il naso, ma era stato abbastanza forte da farglielo sanguinare.
Alcuni degli studenti si accorsero del trambusto e molti occhi cominciarono a voltarsi nella loro direzione.
Intanto l’espressione del Boss era diventata una maschera d’ira. << Questa me la paghi >> sibilò torvo, fiondandosi subito dopo contro Squalo.
L’argenteo schivò l’assalto solo in parte e si beccò una gomitata al petto a cui rispose con un calcio, evitato grazie a un agile salto del moro.

Nel frattempo anche i Varia avevano visto l’accendersi della rissa e accorsero nel tentativo di fermare i due contendenti, ma in pochi istanti, mentre la loro lotta si faceva sempre più violenta, tutti gli studenti che si trovavano nel giardino li accerchiarono, creando un ring naturale con loro al centro.
<< Ehi, voi, fate passare! >> esclamò Levi, spintonando malamente a destra e a manca per avvicinarsi al Boss.
Il sangue prese a colare dalle loro ferite, i respiri accelerarono, facendosi ansiti, mentre il sudore iniziava a bagnare la loro pelle, nonostante il freddo cercasse di insinuarsi in loro.
<< Boss, Squalo, fermatevi! >>.
La voce di Levi giunse alle loro orecchie, ma la ignorarono.

Xanxus afferrò la testa di Squalo con entrambe le mani e la fece schiantare sul suo ginocchio, ma l’altro, resistendo al dolore, gli strinse la gamba e spinse con tutta la sua forza, facendolo finire a terra. Gli si sedette di sopra, mentre il sangue gocciolava dal suo naso e imbrattava l’uniforme dell’altro.
<< Ti odio! >> gridò in preda alla furia, assestandogli un pugno.
<< Sei solo un fottuto pezzo di merda! >>, un altro pugno si abbatté sul moro.
<< Ti odio! Ti odio! >>. Stava per colpirlo un’altra volta, ma Xanxus gli bloccò entrambi i polsi con le mani e si sollevò, spingendo via Squalo con brutalità.
Il volto gli faceva un male cane e una parte di lui, quella che non stava bramando il sangue dell’avversario, pensò che non aveva mai visto l’altro così furioso come in quel momento.
Rimasero immobili alcuni istanti, uno di fronte all’altro, feriti e doloranti.

<< Perché devo sopportare tutto questo… >> disse Squalo a voce più bassa, tanto che furono in pochi a sentire; ancora in meno si accorsero che stava tremando e solo Xanxus, il più vicino, vide i suoi occhi farsi lucidi.
<< Boss… >>. Lussuria e gli altri Varia fissavano la scena increduli, indecisi se intervenire o meno.
L’impasse del momento fu rotta da una voce adulta. << Che sta succedendo qua? >>.

Gli spettatori fecero largo al suo proprietario, il professor Verelli. I suoi occhi, a dir poco indignati e infastiditi, scrutarono prima i due ammaccati contendenti, poi il resto degli studenti che iniziarono ad allontanarsi e disperdersi.
<< Non avete nient’altro da fare voi perdigiorno? >> tuonò, rivolgendosi a tutti, << tornatevene nelle vostre stanze! Su, muovetevi! >>.
Quelli che ancora erano rimasti fermi al loro posto, timorosi di una punizione da parte dell’insegnante, se ne andarono rapidamente, lasciando solo i Varia in quel giardino che aveva fatto da palco allo scontro.
I respiri di Xanxus e Squalo erano pesanti, il sudore e soprattutto il sangue continuavano a colare, mentre i loro occhi erano fissi sul professore.
<< Una rissa. In pieno pomeriggio e nel bel mezzo del giardino. Solo voi Varia potevate essere coinvolti >> sputò fuori con tono acido e disgustato, << questa volta non la passerete liscia, neanche tu, Xanxus >>.
Il moro grugnì, irritato. << Non vedevi l’ora che arrivasse questo momento, vero, prof? >> lo provocò, ma non c’era divertimento né nei suoi occhi né nella sua voce.
Il volto di Verelli si contrasse in un’espressione furiosa: sembrava sul punto di scoppiare, ma alla fine sospirò e disse: << Siete in punizione. Passerete il resto del pomeriggio a fare da raccattapalle per la squadra di pallavolo e alla fine dovrete mettere tutto in ordine;  ma vi assicuro che questo è solo l’inizio >>.
 
 
 
Prima di adempiere ai loro doveri, ai due ragazzi fu concesso di passare dall’infermeria per farsi curare le ferite. Rimasero in silenzio tutto il tempo, senza parlarsi o guardarsi, ognuno immerso nei proprio pensieri.
Quest’atmosfera perdurò anche durante le ore che trascorsero in palestra, mentre gli altri studenti presenti lanciavano loro occhiate perplesse, confusi dalla presenza di due dei Varia e soprattutto di Xanxus, che aveva provocato sussulti e tremori al suo solo ingresso.
Alla fine degli allenamenti della squadra, Squalo e il Boss furono costretti a sistemare e ripulire la palestra e non solo: il professor Verelli li obbligò a riordinare il magazzino degli attrezzi e l'argenteo venne pure travolto da un esercito di palloni da basket, il tutto condito dallo sghignazzare del moro.
 
Quando ebbero finito, erano ormai passate le sette e la palestra si era completamente svuotata, eccetto loro due.
Con un sospiro annoiato Xanxus si lasciò scivolare a terra e appoggiò la schiena alla parete sotto gli spalti. Squalo si spostò i capelli dagli occhi e gli lanciò un’occhiata; aveva ancora una latente voglia di prenderlo a pugni, ma era più che altro come un rumore di sottofondo che avrebbe potuto ignorare.
Si sedette accanto al moro e rimasero in silenzio per lunghi minuti fino a che fu Squalo a parlare per primo.

<< Quella cosa che hai detto prima a Verelli, che lui non vedeva l’ora che arrivasse questo momento… che significa? >>. Nel momento in cui l’aveva sentito, era ancora sotto gli effetti della rabbia e non aveva prestato attenzione, ma nelle ore trascorse a pensare e a ripercorrere gli ultimi avvenimenti si era ritrovato a chiedersi il perché di quella frase.
<< Quello stronzo ce l’ha a morte con me >> rispose il moro con tono piatto.
Un sorriso amaro increspò le labbra dell’altro. << Sai che novità! Non è certo l’unico >>.
<< Quando dico che ce l’ha a morte con me, intendo dire che, se ne avesse le palle, mi ucciderebbe con le sue mani >>.
L’argenteo voltò la testa di scatto, gli occhi leggermente sgranati. << Non ti sembra di esagerare? >>.
Xanxus rimase fermo nella sua posizione, il braccio poggiato sulla gamba piegata e gli occhi fissi su un punto imprecisato. << È convinto che io abbia ucciso suo figlio >>.
<< Cosa?! >> esclamò Squalo, incredulo, << e… ed è vero? >>. Dato che stava parlando con il figlio di un boss mafioso, non gli sembrò poi una domanda tanto stupida.
<< Non so neanche che cazzo di faccia aveva suo figlio, quindi no, non l’ho ucciso >>.
<< E allora perché Verelli ne è tanto convinto? >> insistette l’altro, sempre più confuso.
Per tutta risposta il Boss grugnì e Squalo si convinse che gli stesse nascondendo qualcosa riguardo quell’assurda faccenda, ma sapeva che non sarebbe riuscito ad estorcergli altre informazioni, così lasciò perdere.

Con un sospiro si rimise in piedi, deciso ad andarsene; sentì l’altro alzarsi a sua volta e in men che non si dica si ritrovò spinto contro il muro e con il volto di Xanxus a pochi centimetri dal suo. Il movimento fu talmente rapido che non ebbe neanche il tempo di aprire bocca.
Lesse rabbia negli occhi rossi che lo fissavano e pensò che il Boss avesse intenzione di concludere lo scontro.
<< Cos’è, vuoi riprendere da dove siamo stati interrotti? >> sputò fuori con tono di sfida, << vuoi farmi a pezzi? Siamo soli qua, puoi fare quello che ti pare, no? >>.
L’istante dopo in cui Squalo pronunciò quelle parole, si rese conto di quanto ambigue potessero suonare. Anche se lui non le aveva intese in quel modo, capì, dal luccichio nel suo sguardo, che anche il moro aveva colto il doppio senso.
<< Dovresti stare attento a quello che dici, feccia >> lo provocò allora quello, riducendo ancora di più la già brevissima distanza tra di loro, << qualcuno potrebbe fraintendere >>.
Squalo arrossì inconsciamente per un attimo, prima di trincerarsi dietro la sua espressione scazzata. << L’unico che potrebbe fraintendere una frase del genere sei tu, quindi non dare la colpa a me se sei arrapato! >>.
Un sorrisetto compiaciuto piegò le labbra di Xanxus e l’argenteo imprecò mentalmente per essersi messo nei guai con le sue stesse mani. Di nuovo.
“Perché non mi sto mai zitto?!”

Come a confermare i suoi timori, il Boss si strinse a lui, lasciando che i bacini si sfiorassero e mise una gamba in mezzo alle sue, poggiando una mano sulla parete, accanto al volto confuso e sorpreso di Squalo, mentre l’altra andava ad infilarsi sotto la camicia dell’uniforme. Lo sentì sussultare a quel contatto e iniziò  a baciargli e mordergli il collo, marchiandolo come aveva fatto in passato.
Quella pelle così chiara e morbida sembrava essere fatta apposta per questo: lo chiamava come le sirene con i marinai e lui non riusciva a resistere.
O meglio, non voleva.
Se gli piaceva una cosa, Xanxus la prendeva, perché così era cresciuto, convinto che tutto gli fosse dovuto e che non dovesse mai chiedere il permesso. Non era abituato a sentirsi dire “no” e non era nella sua indole lasciar perdere.
Il suo modo di rapportarsi con le persone era esattamente lo stesso e adesso bramava Squalo.

Non sapeva perché e non aveva molta intenzione di capirlo: del resto riflettere e rimuginare troppo non aveva mai fatto parte di lui.
Seguire l’istinto, invece, era ciò che gli riusciva meglio e in quel momento, in quella palestra vuota e silenziosa, il suo istinto gli stava dicendo di  non lasciare andare via Squalo.
Né ora da lui. Né dai Varia.
Doveva essere suo, perché lui, il Boss, aveva deciso così.
 
Lo voglio. Mi piace. È mio.
Si appropriò delle labbra di Squalo, dando il via a un bacio umido e passionale, mentre una mano gli afferrava i capelli e l’altra accarezzava la schiena, seguendo la linea della colonna e soffermandosi su ogni vertebra.
Squalo iniziò presto a sentire caldo e gli sembrò che il petto gli facesse male per quanto forte batteva il suo cuore.

Senza staccarsi dalla sua bocca, Xanxus gli sbottonò la camicia, ancora sporca dai segni del loro scontro, come quella del moro.
Verelli aveva loro impedito di cambiarsi i vestiti e li aveva costretti a lavorare con le uniformi macchiate di terra, sangue e sudore, ma a nessuno dei due in realtà era importato più di tanto.
Soprattutto adesso, mentre i loro corpi erano a stretto contatto e le menti concentrate su ben altro che la sporcizia sui loro abiti.

Non appena il moro scoprì il petto dell’altro, si accorse con un certo fastidio che i segni dell’unica notte trascorsa insieme erano spariti del tutto; ma poi una vocina nella sua testa gli disse che sarebbe bastato lasciarli un’altra volta.
E così fece.
Lasciò scendere la bocca dal collo al petto, passando per la clavicola, per poi soffermarsi sui capezzoli. Prese a succhiarne uno, mentre con la mano stuzzicava l’altro e sentì i muscoli di Squalo contrarsi e tremare.
<< Basta… >> sussurrò l’argenteo, cercando dentro di sé la forza di sfuggire a quella situazione, << smettila… >>.
Xanxus si staccò da lui per fissarlo negli occhi. << Perché dovrei? >>. La sua voce non era arrabbiata, ma seria, come se volesse davvero ricevere una risposta.
Squalo sbatté le palpebre, confuso da quella domanda: si aspettava un ghigno e una delle sue solite frecciatine, invece, si trovò a ricambiare lo sguardo. << Hai già soddisfatto la tua curiosità, no? >> esclamò, sentendo la rabbia montare, << hai ottenuto quello che volevi… non ti basta? >>.
<< Non mi sembra di averti sentito dire che non ti piace >> replicò il moro, senza spostarsi di un millimetro dalla sua posizione

Squalo si impose di non distogliere lo sguardo da lui, nonostante l’imbarazzo che provava. Aveva abbassato gli occhi fin troppe volte per i suoi gusti: non aveva più intenzione di comportarsi ancora da debole, ma allo stesso tempo continuava a sentirsi rapito e intimidito da quei due pozzi rossi che sembravano volergli scavare dentro.
Non era per niente facile trovare un equilibrio e ancor meno facile era rispondere a quell’insinuazione del Boss.

<< Non ho nessun desiderio di essere il tuo giocattolo! Ti sei divertito con me, no? Ora perché non vai a spassartela con Gabriella o con chi altro ti pare… >>. Avrebbe quasi giurato di sentire la sua voce incrinarsi per un attimo, ma si impose di non farci caso.
Xanxus affilò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli. << Non me ne frega un cazzo di Gabriella o delle altre come lei: sono tutte feccia, indistintamente >>.
Una parte di Squalo non poté impedirsi di provare un senso di sollievo, ma la rabbia cercava ancora di prendere il controllo. << E quindi cosa diavolo vuoi da me? >>.
Il Boss gli si avvicinò fino a far sfiorare le loro labbra. << Io voglio te, feccia. Anche se sei la persona più irritante e fastidiosa che abbia mai conosciuto >>.
 
Lo voglio. Mi piace. È mio.
<< Il bue che dà del cornuto all’asino >> replicò l’altro, con tono meno offeso di quanto avrebbe voluto, << guarda che tu non sei certo un concentrato di virtù >>.
Il moro gli passò la lingua sulle labbra, per poi mordergliele. << Sai, feccia, la virtù è sopravvalutata >> mormorò poi con tono suadente, piantando gli occhi in quelli grigi di Squalo, il cui cuore perse più di un battito.
Ma Xanxus non gli diede il tempo di calmarsi e aprire di nuovo bocca, perché gliela chiuse con la sua, ficcandoci dentro la lingua.
Di nuovo quella lotta alla supremazia che nessuno dei due voleva perdere, dalla quale però entrambi trassero piacere.

Senza smettere di baciarsi, il Boss tornò ad accarezzare il petto e l’addome di Squalo, mentre questi gli cingeva il collo con le braccia.
Non capiva bene cosa fosse successo negli ultimi minuti, ma sapeva di non avere più né la voglia né la forza di tirarsi indietro e scappare e quando il moro gli sbottonò i pantaloni per poi infilargli una mano là in mezzo, lasciò sfuggire alle sue labbra un piccolo gemito.
Non riusciva a resistergli, per quanto ci provasse.
Per quanto desiderasse avere abbastanza volontà da rifiutarlo, da mandarlo al diavolo.
Ma lui era il suo demonio personale e per la prima volta in vita sua, Squalo si disse che l’inferno non era poi così male.
 
La bocca di Xanxus si spostava dalle sue labbra al collo e all’orecchio, leccando, succhiando e mordendo senza sosta.
Deciso a non lasciare che fosse solo l’altro a condurre il gioco, Squalo portò le mani alla cintura del moro e, dopo aver trafficato con zip e bottoni, afferrò la sua intimità e prese a massaggiarla, come il Boss stava facendo con la sua.

In breve tempo si ritrovarono entrambi ad ansimare piano, mentre i loro corpi venivano attraversati da continue scariche elettriche di piacere e i muscoli tremavano, contraendosi.
I gemiti riempivano il silenzio altrimenti perfetto della palestra, insieme al languido suono dei baci, dei succhiotti e dei morsi. A malincuore, Squalo dovette ammettere che Xanxus era maledettamente abile con le lingua, soprattutto quando si divertiva a stuzzicargli i lobi delle orecchie, un punto in cui scoprì di essere molto sensibile.
Le loro mani intanto si muovevano vogliose e lascive e i respiri si mischiavano eccitati.
<< …sto… sto per venire… >> boccheggiò Squalo, la voce spezzata.
Inarcò la schiena in un ultimo spasmo e pochi secondi dopo l’orgasmo lo travolse, facendolo gemere più forte. Gli occhi chiusi, sentì la mano dell’altro prendere la sua e riportarla sulla sua erezione, non ancora soddisfatta.

Senza accorgersene, doveva averla lasciata andare; così riprese a masturbarlo, mentre le sue labbra cercarono quelle del Boss, d’un tratto desiderose di affogare in esse.
Xanxus gli concesse un bacio da togliere il fiato, per poi staccarsi l’attimo prima di venire: lasciò sulla spalla di Squalo un morso sanguinolento che fece esclamare l’altro di dolore.

<< Ahia! Ma che cazzo sei, un animale?! >> sbottò l’argenteo ad occhi sgranati. La sua voce aveva una strana intonazione e il respiro era ancora corto, ma aveva recuperato abbastanza lucidità da arrabbiarsi.
Con un ghigno il moro si portò alla bocca la mano ancora sporca dello sperma dell’altro e si leccò un dito con fare sensuale, passandosi poi la lingua sulla labbra, gli occhi piantati su Squalo.
<< Non fare quella faccia sconvolta, feccia >> lo punzecchiò, compiacendosi nel vederlo arrossire e aggrottare le sopracciglia, imbarazzato e irritato.
Squalo sbuffò, dicendosi che non valeva la pena mettersi a discutere. Si ricompose per quanto gli fu possibile e andò a darsi una ripulita nei bagni degli spogliatoi, seguito da Xanxus.

Nell’istante in cui uscirono, la porta della palestra si aprì e Verelli lanciò loro un’occhiata severa e infastidita. << Che state facendo ancora qua? Dovreste aver già finito i lavori che vi avevo assegnato! >>.
Il moro gli rispose con un’occhiata fredda. << Infatti ce ne stavamo andando, prof >>.
<< E allora muovetevi! >> sbottò l’uomo, sempre più irritato. Se ne andò sbattendo la porta.
Xanxus si voltò verso Squalo e un sorrisetto tornò a piegargli le labbra. << Appena in tempo, no? >>.
Per tutta risposta l’altro grugnì e superò il Boss a grandi falcate, dirigendosi verso l’uscita.
Aveva bisogno di allontanarsi e ne aveva bisogno subito.
Prima che il suo corpo e la sua mente in subbuglio gli facessero perdere di nuovo il controllo.






Salve salvino, gente! ^^ eccomi qua anche con questo aggiornamento: consideratelo come un regalo di fine anno >.< non pensavo che avrei portato questa storia oltre il 2013 - l'ho iniziata ad agosto - e invece ci rivedremo con il cap 14 nel 2014 X) ahah sembra fatto apposta!
comunque posso dire che siamo ormai nell'ultimo arco, prevedo altri 3-4 capitoli alla conclusione - mi faccio un pò di conti di fine anno u.u
come sempre spero che qst vi sia piaciuto e ringrazio tutti voi che commentate e seguite la mia storia <3 senza voi non sarei ancora qua a rompervi le scatole >.<
e vi ricordo che un piccolo commento, anche solo 2 righe, è sempre gradito ^^ fate un regalino a questa povera autrice: in queste feste siamo tutti più buoni, no? :3
concludo augurandovi un felicissimo anno nuovo :D e ci rivediamo l'anno prossimo <3

 
  
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