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Autore: Nahash    27/12/2013    2 recensioni
Questa è la storia di un ragazzo e dei suoi pensieri che deliranti scorrono poco prima di morire, mentre aspetta che le medicine e le droghe facciano effetto.
L'ultimo delirante discorso fatto a se stesso, perché nella solitudine non aveva altri con cui parlare.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Non si possono scrivere cose sempre felici o allegre, queste non è un bel periodo per me ed escono queste cose dalla mia testa. Spero di non affliggervi troppi con i miei deliri, ma che anzi possiate trovarci qualcosa di buono e non soltanto un inutile vaneggiamento.
ps: potete immaginare il protagonista come volete, ho lasciato che la storia potesse essere immaginata come meglio crede il lettore. Potete immaginare il ragazzo di qualsiasi epoca, oppure nell'attualità odierna.



Che una folata di vento mi salvi, da questo assurdo vivere, alla ricerca del niente, accumulando insoddisfazioni, una dietro l'altra.
La speranza non aiuta, la speranza uccide, ci fa attendere e nell'attesa, ci creiamo illusioni senza pari che sono volte solo a farci soffocare.
Non ce la faccio più a piangere, a versare lacrime che amare mi solcano il viso, mentre il cuore batte indomito, senza tregua, per un'ansia scaturita senza pietà.
Questi tremori impervi continuo ad affollare il mio corpo stanco, ma nonostante questo cerco indomito qualcosa che possa darmi una speranza.
La stessa speranza che ci uccide, la stessa dalla quale ci aspettiamo che uccidendoci ci salvi. Non è detto che la resurrezione non possa essere migliore, crogiolandoci nella possibilità che non sia effettivamente peggiore.
Questo è l'oscuro mistero celato dietro le coltri oppiacee di una vita che ci da tutto e niente sottraendo a più non posso anche quel minimo di felicità. Lo razzia davanti ai nostri occhi: giurerei di averla sentita ridere, beffarda della malaugurata sorte della quale mi  ha macchiato.
Non vedo nulla di quello che avrei voluto vedere, sentito o provato. Non c'è niente se non l'abisso di un'anima sfigurata, troppe volte piegata.
Non c'è traccia di benessere in una città d'affamati. Nulla è riconducibile a uno stato di gaiezza se ridotto a un miserabile cumulo di sentimenti tristi.
Non c'è bellezza in questo né arte. Non c'è amore né incanto, solo delusione, solo mestizia. Una malinconia che tutta avvolge, come se fosse stato l'unico dei miei vestiti.
L'egoismo uccide l'uomo che nel dolore si abbatte, sconfigge e non lascia scampo, piega annullando qualsiasi volere.
Cala il sipario per l'ultima volta, non è né una recita né un rimpianto.
Questo è l'ultimo atto.
Chiusi gli occhi e già mi sentivo meglio, cullato da quel freddo calore con quale la morte ti avvolge.
Non c'è più sofferenza, non c'è avidità. Solo pace e tranquillità in un limbo ristagnante speranze.
Addio agonia, addio libertà.
   
 
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