Anàmesa Étoi – Across the Years
4- Ombre
Erano
in spiaggia, in una minuscola insenatura circondata da pareti di roccia.
Una parte
della montagna era franata in mare ed aveva lasciato esposte le stratificazioni
dell’arenaria, mentre i massi rotolati in acqua erano stati erosi dalle onde e
dal vento ed erano tornati ad essere quello che erano stati migliaia di anni
prima: sabbia.
Saga e
Kendeas stavano seduti a terra, spalla contro spalla, ad aspettare che il sole
tramontasse dietro le montagne con lo sguardo fisso in alto sulla volta blu ed
indaco del cielo.
-Ecco
Giove! Ho vinto io!-
Esclamò
Kendeas.
Un
puntino luminoso si alzava lentamente sopra la linea dell’orizzonte.
-No che
non hai vinto! Giove non vale perché non è una stella!-
Protestò
Saga.
Era un
gioco che avevano cominciato a fare da un po’ di tempo: scrutare il cielo al
tramonto e fare a gara a chi vedeva per primo una stella.
Kendeas
mise il broncio e tornò a concentrarsi.
-Ho
vinto io! Ho visto Denheb, la stella alfa del cigno!- stavolta era stato Saga -Allora?
Ho vinto io, no? Dov’è il mio premio?-
Ah,
certo, il premio per il vincitore!
In
verità era quasi sempre Saga a vincere, perché lui sapeva esattamente dove
guardare per trovare le stelle più brillanti, quelle che comparivano per prime,
ma Kendeas non se la prendeva più di tanto perché alla fine il risultato era
sempre quello: un bacio, dato o ricevuto che fosse, era sempre un bacio!
-E va
bene- Sospirò Kendeas -Chiudi gli occhi-
Saga obbedì,
aspettandosi di sentire le labbra del suo compagno sulle sue, invece quello che
sentì fu un colpo sullo sterno, che lo fece cadere di schiena sulla sabbia
ancora calda.
-Kendeas!
Sei stato sleale!-
Non
ebbe però il tempo di protestare oltre, perché Kendeas aveva iniziato a
baciarlo.
Quel
bacio aveva un vago sapore di salsedine e di polvere, e degli steli aspri dei
sugameli che entrambi avevano masticato fino a poco prima.
-Allora,
mi perdoni per la slealtà?- gli chiese Kendeas.
-Hum…
no!- Saga fece uno scatto e lo ribaltò sotto di sé -Adesso devi pagare pegno-
E
cominciò a fargli il solletico.
Kendeas
soffriva maledettamente il solletico, specie sui fianchi, e poiché Saga aveva
imparato ormai da tempo quali erano i punti più sensibili, dopo pochi secondi
Kendeas si contorceva strillando, senza fiato e con le lacrime agli occhi.
-Ok…
basta, hai vint-… hai vinto… pace… ahi!-
A
quello strillo di dolore Saga lo lasciò subito andare.
-Che
succede? Ti ho fatto male?- gli chiese preoccupato.
-No,
non tu, è che c’è qualcosa qui sotto la sabbia. Mi si è conficcato nella
schiena- Kendeas si mise in ginocchio a setacciare la sabbia con le mani, alla ricerca
dell’oggetto misterioso -Ah-ah! Ecco cos’era! Guarda qui, Saga!-
Lui si
avvicinò incuriosito, e nella luce scarsa del tramonto vide che Kendeas teneva
in mano una conchiglia.
Era di
quelle a ventaglio, con delle belle sfumature di rosa sulle righe esterne e
all’interno liscia e lucida come porcellana.
-Che
bella! Deve essere stata portata sulla spiaggia dalla mareggiata di stanotte-
-Hai ragione.
Oh, guarda, è ancora intera, è raro trovarle così-
Intera
non era proprio il termine esatto, quello che Kendeas intendeva era che le due
metà del pettinide erano ancora insieme, attaccate con un sottile filamento fibroso,
segno che il suo precedente occupante non l’aveva lasciata da troppo tempo.
-È come
noi, non è vero? Due metà fatte per stare insieme-
Mormorò
Saga.
Kendeas
studiava la conchiglia con attenzione, con la testa piegata di lato.
-Due
metà fatte per stare insieme- ripeté piano, perso in qualche pensiero -ognuno
di noi è dunque la metà di un unico essere dimezzato. Due pezzi da uno solo, e
però sempre in cerca della propria metà (nda:
Platone Simposio 181b)-
Saga lo
fissò con un sopracciglio alzato.
Aveva
imparato che non era necessario chiedere spiegazioni, prima o poi Kendeas
sarebbe uscito dal suo stato di trance e lo avrebbe messo a parte dei suoi
processi mentali.
-Non
fare quella faccia, è una cosa che conosci anche tu. È il mito degli androgini
secondo Platone-
-Ah, è vero!
Gli esseri perfetti che però erano diventati troppo arroganti, tanto da voler
dare la scalata al cielo, che furono puniti da Zeus ad essere separati in modo
che fossero troppo impegnati a cercare ognuno la propria metà per poter fare
progetti di conquista-
-Esatto.
Lo sai come continua? Dagli esseri formati da una parte maschile ed una
femminile derivano uomini e donne che eccedono nella lussuria, dagli esseri
formati da due metà femminili derivano le donne che amano altre donne, e da
esseri formati da due metà maschili derivano uomini che amano altri uomini, e
questi uomini sono i migliori perché amano quello che è virile, giusto e virtuoso,
e simile alla loro natura-
-Allora
noi siamo i migliori?- chiese Saga con un mezzo sorriso.
-Almeno
illudiamoci di esserlo. Cosa sarebbe la vita senza un po’ di sana presunzione?-
Saga
rise a quella trovata -Non so se sei il più matto o il più saggio che conosco! Allora,
visto che questa conchiglia ci somiglia tanto, perché non ce la teniamo?-
Bastò
tirare un poco, uno da un lato e uno dall’altro, perché le due valve si
staccassero e restassero nelle loro mani.
Kendeas
guardò la sua metà sorridendo felice.
-Sai
cosa manca? Potremmo inciderci le nostre iniziali-
Detto
fatto, Saga raccolse un ciottolo, lo spezzò con la sola forza delle dita e con
le due metà ognuno incise la propria iniziale all’interno di una metà della
conchiglia.
Quando
si separarono sulla metà di Saga c’era una kappa maiuscola, mentre su quella di
Kendeas c’era un sigma.
***
Era
quasi l’alba.
Saga e
Kendeas avevano passato la notte insieme, con la porta della camera del giovane
artigiano chiusa a chiave e la finestra chiusa dall’interno.
Le
lenzuola scomposte erano la prova del loro entusiasmo e della passione con cui
si erano dedicati uno all’altro, ed il fatto che si fossero coperti dimostrava
anche la loro ingenuità nonostante l’aria da adulti che ostentavano.
Non che
fossero pentiti, ma erano ancora ingenuamente sorpresi di certe reazioni del
loro corpo da adolescenti, e istintivamente cercavano rassicurazioni uno
nell’altro.
Di
solito all’alba, se Saga si svegliava prima, aspettava che anche Kendeas si
svegliasse per salutarlo con un ultimo bacio, poi si rivestiva, scavalcava il
davanzale della finestra come tutti i giovani amanti che non vogliono farsi
scoprire dai parenti (perché Saga era un Gold Saint, ma non per questo sarebbe
stato al sicuro dal bastone di nonna Ifighéneia se fosse stato scoperto), e
scappava via alla velocità della luce, letteralmente.
Quella
mattina invece Saga fissava il soffitto, e fu così che Kendeas lo vide non
appena aprì gli occhi.
-Kalimèra ghlikà- Sbadigliò ancora
assonnato -stai pensando a qualcosa
di importante?-
Saga si
voltò verso di lui.
Sembrava
che avesse atteso il suo risveglio come se non vedesse l’ora di potergli
parlare, e questo lusingava molto Kendeas.
Lui, il
ragazzo di campagna, umile artigiano della creta, scelto come compagno di vita,
phìltatos, da un Saint della casta
più alta.
-Kendeas,
tu che ne pensi?-
-Di
cosa?-
-Di
questa storia, che mi chiamano la reincarnazione di un Dio. Dovrei esserne
orgoglioso, no? E invece a volte mi sembra un peso enorme. Secondo te è
ingratitudine la mia?-
Kendeas
si prese un po’ di tempo per riflettere, con il suo solito atteggiamento che
gli faceva inclinare la testa di lato -Secondo me è normale che tu la senta una
responsabilità, non sei ingrato verso quelli che ti rispettano. E poi non credo
che mi piacerebbe se tu fossi davvero un Dio-
-Non ti
piacerebbe? Perché?-
Kendeas
rimase per un po’ a guardare il soffitto, come se stesse scegliendo con cura le
parole -Gli Dèi sono troppo diversi dagli uomini. Sono immortali e per questo
non danno valore alla vita se la tolgono, non conoscono il dolore e per questo
non si curano se ne infliggono. Noi siamo mortali ed abbiamo un tempo limitato
per goderci certe cose. Il tramonto, l’aurora dalle dita di rosa, la luna nella
notte, l’amore che abbiamo fatto poco fa, i mortali possono vedere un numero
limitato di cose prima di morire, ma un Dio che può vederne infinite perché non
ha limiti di tempo, perché dovrebbe dare valore ad un istante particolare? No,
per questo non mi piacerebbe che tu fossi davvero un Dio. Non potrei amare qualcuno
che non vede la bellezza di questo mondo come la vedo io-
-Allora
tu credi che gli Dèi siano crudeli? O insensibili?-
-Né
l’uno né l’altro. Credo solo che abbiano un metro molto diverso da quello degli
umani per giudicare le cose. Ma d’altra parte è proprio per questo che esistono
i Gold Saint, non è vero? Vi chiamano gli Dèi dal cuore umano. Voi avete poteri
immensi come quelli delle Divinità, ma il vostro cuore è il cuore di un uomo ed
è giusto che rimanga tale. Voi potete comprendere la sofferenza con il vostro
cuore umano e potete alleviarla con i vostri poteri divini. Questo è un
miracolo, Saga-
Kendeas
aveva sperato di allontanare le ombre che si addensavano nello sguardo di Saga,
invece lui sembrò accigliarsi ancora di più.
-Da
come ne parli tu sembra che avere un cuore umano sia una buona cosa, ma è
davvero così, Kendeas? Il cuore umano non è facilmente corruttibile? Non è
spesso avvelenato dall’ira o dall’ambizione?-
Kendeas
lo guardò a lungo, ma Saga fece di tutto per non incrociare il suo sguardo.
Strano,
non lo aveva mai fatto prima.
Con un
sospiro Kendeas cerco la sua mano sotto le lenzuola e fece intrecciare le loro
dita, cercando di ristabilire quel contatto che sembrava vacillare.
-Saga. Ghlikà. Sembra che tu ti stia
rimproverando qualcosa. Perché? Perché dubiti tanto di te stesso, amore mio?-
Saga si
voltò verso di lui con un’espressione sconcertata.
Per la
prima volta sembrava che avesse paura della capacità di Kendeas di vedere nel
suo animo, come se volesse nascondergli qualcosa.
“No,
non è vero. Non deve essere vero. Saga mi ama ed io amo lui, non può avere
paura di me. Non può volermi nascondere qualcosa. Se fossero problemi del
Santuario me lo direbbe che non può parlarne ad un non iniziato, come ha fatto
altre volte”.
-Kendeas,
io sono onorato di vestire l’armatura d’oro dei Gemelli, ma a volte mi chiedo,
ne sono veramente degno? Io sono il più forte tra i Saint perché Aioros non usa
i poteri della mente e gli altri Gold Saint sono poco più che bambini. Il mio
potere è il più grande-
A
Kendeas sembrò di avvertire una nota strana nella voce di Saga, qualcosa che
somigliava ad un brivido di autocompiacimento.
Non era
mai successo, Saga era sempre stato umile, quasi imbarazzato dai suoi grandi
poteri.
-Sì, il
mio potere è più grande e allora mi chiedo, se io facessi qualcosa di
sbagliato, chi potrebbe contrastarmi? Aioros? E anche se fosse, chi darebbe ad
Aioros la certezza di essere nel giusto?-
Kendeas
scosse la testa, come per scacciare brandelli di un pensiero che non voleva
lasciar formare e strinse più forte la mano di Saga -Non comprendo tutti questi
tuoi dubbi, Saga. Tu, tutti i Gold Saint, avete consacrato la vostra vita ad
Athena, ed è la Dea che guida le azioni dei Saint. Come puoi temere di fare
qualcosa di sbagliato se lei vi guida?-
-Athena-
ripeté Saga in un sussurro -Athena non si è più reincarnata dall’ultima guerra
Sacra duecentocinquanta anni fa. Solo da poco il Santuario ha ripreso vita con
una nuova generazione di Saint. Siamo un esercito, è vero, ma non abbiamo
nessuno che ci comandi-
C’era
una specie di delusione nella sua voce, o forse una sorda rabbia.
-Il
Gran Sacredote…- cominciò a dire Kendeas.
-Sion,
sì. È molto stanco, sta cercando un successore. Io o Aioros, capisci? Uno di
noi due avrà l’enorme responsabilità di gestire il potere di tutti i Saint… in
nome di una Dea che forse neanche vedremo mai-
Ancora
una volta Kendeas sentì quella nota stonata, ed ancora una volta non seppe dire
se era delusione o rabbia.
***
I
giorni passavano e le visite di Saga erano sempre più irregolari e distanti una
dall’altra.
Sempre
più spesso Kendeas lo sentiva distante, anche mentre passeggiavano mano nella
mano sulla spiaggia.
“Lui è
un Gold Saint, è normale che abbia pensieri e preoccupazioni che io non posso
neanche immaginare. Ma sono davvero tanto importanti da fargli dimenticare che
io lo amo?”.
Poi
però Saga lo abbracciava senza dire niente ma come se lo volesse proteggere da
qualcosa, e allora Kendeas si rimproverava per aver pensato di non essere più
importante per lui, e si dava dello sciocco geloso.
Una
mattina Kendeas stava lavorando fuori in cortile per mettere ad asciugare al
sole alcuni lavori quando vide una figura che avanzava lungo la strada.
La sua
casa era proprio sulla strada e non era certo una novità che ci fossero dei viandanti,
ma quello che incuriosì Kendeas era il pesante mantello da viaggiatore
indossato dall’uomo, per di più con il cappuccio alzato a coprire la testa e
parte del viso.
Faceva
troppo caldo per indossare un indumento del genere, per questo Kendeas non
aveva ancora distolto lo sguardo quando lo straniero passò davanti a lui, poi
fu un attimo: un soffio di vento fece alzare un lembo del cappuccio e Kendeas
si trovò a guardare un viso che conosceva troppo bene.
-Saga?-
Mormorò
piano.
Ma no,
non poteva essere!
Saga
non aveva mai avuto quell’espressione: le labbra strette in una linea, ed uno
sguardo che sembrava infuriato con il mondo intero.
Eppure
i lineamenti erano quelli del Gold Saint dei Gemelli.
In quel
momento lo straniero, forse sentendosi osservato, si voltò verso di lui ed i
loro occhi si incontrarono, e allora Kendeas ne ebbe la certezza: quell’uomo
non era Saga.
-Che
hai da guardare, tu?- lo apostrofò quello brusco.
-Io…
perdonatemi, signore, è che voi somigliate tanto a S-…- si bloccò subito perché
nessuno si riferiva ad un Gold Saint con il nome proprio e corresse -a wanax Saga-
Immediatamente
Kendeas capì di aver detto la cosa sbagliata.
Nell’ombra
del cappuccio gli occhi dello straniero si ridussero a due fessure e Kendeas
ebbe la netta sensazione che l’uomo avrebbe voluto fargli del male.
-Wanax Saga, eh?-
Un
attimo dopo lo straniero era davanti a lui, senza che Kendeas lo avesse visto
muoversi.
“Impossibile!
Gli unici che possono spostarsi a questa velocità sono i Saint d’Argento o d’Oro!
Ma lui non l’ho mai visto. Chi è quest’uomo?”
Prima
ancora che Kendeas potesse riprendersi dalla sorpresa l’uomo gli aveva serrato
una mano sulla gola.
-Hai
appena fatto l’errore di confondermi. Io non sono Saga. Io sono Kanon.
Ricordatelo, ragazzo, perché un giorno chiameranno anche me wanax, e per un motivo migliore-
Kendeas
era convinto che lo avrebbe strangolato, invece quell’uomo che sembrava un
demone con l’aspetto di Saga lo spinse via, mandandolo a sbattere con la schiena
nella polvere del cortile.
Tempo
di rialzarsi ed era di nuovo solo, non c’era traccia dello sconosciuto con il
viso di Saga ed il nome di un’isola vulcanica.
A parte
i lividi che gli erano rimasti sul collo dove l’uomo aveva stretto più forte.
Pochi
giorni dopo erano nel frutteto, tra gli alberi di agrumi e gli olivi sacri ad
Athena, e Kendeas voleva raccontare a Saga quello che era successo.
Già
quando disse che aveva visto uno straniero quasi identico a lui, Saga sembrò
molto preoccupato.
-Kendeas,
come si chiamava? Ti ha detto il suo nome?-
-Sì, mi
ha detto di chiamarsi Kanon… Saga?!-
Saga lo
aveva appena afferrato per le spalle -Kanon?! Sei sicuro che il nome fosse
Kanon? Ed era così simile a me da poter trarre in inganno anche te che mi
conosci bene?-
La prima volta.
Era la
prima volta che Kendeas vedeva Saga spaventato.
I Gold
Saint non dovrebbero avere paura di niente, invece Saga in quel momento aveva
gli occhi sgranati dalla paura ed il respiro affannato.
-Sì,
sono sicuro che abbia detto Kanon. Ed ha detto anche che un giorno avrebbero
chiamato anche lui con il titolo di wanax,
e per un motivo migliore di quello per cui ora lo attribuiscono a te-
A
quelle parole Saga trasalì -Adesso ascoltami bene, Kendeas. Se vedrai di nuovo
quell’uomo promettimi che gli starai lontano. Non parlargli, non incrociare
neanche il suo sguardo, non lasciargli capire in nessun modo che tra me e te
c’è un legame, hai capito? Non devi avere niente a che fare con lui-
Kendeas
annuì.
Quello
straniero doveva essere davvero pericoloso se persino Saga lo temeva.
-Va
bene. Va bene, ho capito. Ti prometto che gli starò lontano-
Finalmente
Saga allentò la presa sulle sue spalle con un sospiro di sollievo.
-Bene.
Perdonami se ti ho spaventato, Kendeas, ma non voglio esporti ad un pericolo,
ed io so quello che dico-
Kendeas
lo scrutò -Saga? Quello straniero ti somigliava così tanto che… insomma, siete
due gocce d’acqua, solo i gemelli si somigliano in quel modo. Saga?-
“Tu hai un fratello gemello?
Perché non me lo hai mai detto?”.
Non
ebbe il coraggio di fare la domanda a voce alta, ma Saga lo intuì lo stesso.
Non lo
guardò negli occhi.
-Guardati
da lui, Kendeas. È pericoloso-
Gli
disse soltanto, poi, come faceva spesso troppo
spesso negli ultimi tempi, semplicemente scomparve.
Kendeas
sapeva che si era mosso alla velocità della luce, che non era veramente
scomparso, eppure il pensiero che Saga potesse avergli nascosto una cosa così
importante ed in generale il suo comportamento scostante delle ultime settimane
lo facevano sentire proprio come se lo fosse.
***
Kendeas
si svegliò perché qualcosa lo stava scuotendo con insistenza.
Qualcosa
o qualcuno che di solito subito prima dell’alba era solito andarsene, non
entrare in camera sua.
-Va
bene, Saga, sono sveglio-
Si mise
a sedere strofinandosi gli occhi.
“Che ci
fa qui a quest’ora? Deve essere successo qualcosa di importante”.
-È
tornata! La Dea Athena è tornata al Santuario!-
Sembrava
che Saga si trattenesse a stento dal gridarlo.
Kendeas
spalancò gli occhi, all’improvviso completamente sveglio e lucido.
“È
tornata? La vergine guerriera è tornata su questa terra?”.
-Quando?-
-Stanotte!
È una neonata non partorita da donna come dice la leggenda, è stata trovata ai
piedi della statua di Athena nel naos. È lei, Kendeas! È la nostra Dea che è tornata
per guidarci-
Per la
prima volta dopo settimane Saga sembrava di nuovo felice.
I suoi
occhi blu o forse verdi brillavano
come la prima volta in cui Kendeas lo aveva conosciuto.
***
Stavano
camminando lungo la riva del mare, in quella che ormai era diventata la loro
spiaggia.
Erano
in silenzio, ma un silenzio pesante, carico di cose non dette, e Saga sembrava
inquieto come il mare d’autunno vicino a loro.
-Kendeas-
“Ah,
finalmente ti sei deciso. È da mezz’ora che aspetto”.
Si girò
a guardarlo, aspettando che continuasse da solo.
-Devo
dirti una cosa-
“Una
cosa importante, che hai paura di dirmi ma che hai anche paura di tenermi
nascosta”.
Tornò
indietro e si sedette sulla sabbia, poi fece cenno a Saga di sedersi accanto a
lui.
-Dai, parla,
giuro che non ti mangio-
Per un
attimo sperò che Saga gli avrebbe sorriso, invece no, si sedette accanto a lui
con le ginocchia strette al petto e senza guardarlo -Kendeas, l’uomo che hai incontrato
l’altro giorno, Kanon. Lui è davvero mio fratello gemello-
“Perché
non me lo hai detto prima?”.
Ma non
lo chiese.
Sarebbe
servito solo a rendere tutto ancora più difficile.
-Tu lo
temi, non è vero?-
Gli
chiese invece.
Saga
non rispose subito.
-Siamo
gemelli omozigoti e siamo nati sotto il segno di Gemini. Noi in principio
eravamo davvero un unico essere. Sì, io lo temo, temo l’oscurità che è in lui
perché è la stessa oscurità che potrebbe esserci in me-
Kendeas
si sporse leggermente verso di lui e posò la mano sulle sue, nel gesto che
aveva cominciato a farli innamorare pochi anni prima -Saga, non dimenticare che
in ogni uomo coesistono luce ed oscurità. Invece di temere la tua oscurità
perché la vedi riflessa in Kanon, perché non provi a far emergere la luce che
c’è in lui?-
-Io ci
provo, ma lui dice delle cose… cose che non posso più ignorare-
Kendeas
non sapeva bene come interpretare l’ultima frase, così aspettò un po’ prima di
arrischiarsi a chiedere -Hai paura di qualcosa che potrebbe fare?-
-Anche.
Ma soprattutto ho paura di quello che dovrò fare io-
***
Era
ormai la fine di novembre.
Per
tutto il pomeriggio grosse nuvole nere si erano addensate contro il fianco
della montagna, e verso sera il temporale che era rimasto in agguato scoppiò
all’improvviso, prima con forti raffiche di vento, poi con scrosci di pioggia
isolati ed alla fine con un vero e proprio diluvio.
Kendeas
era rintanato sotto le coperte pesanti e leggeva nella penombra con l’aiuto di
una piccola torcia.
“In una
notte come questa sarebbe perfetto avere Saga qui con me”.
Pensò.
Non
passarono neanche pochi minuti che un bussare insistente alla sua finestra,
diverso dal rumore della persiana scossa dal vento, lo fece scattare a sedere.
“Saga?!”.
Si
precipitò ad aprire per farlo entrare, e già si preparava a fargli una bella
lavata di capo su quanto fosse stato imprudente per lui mettersi per strada con
quella bufera, ma appena aprì la finestra capì subito che quella non era una
semplice visita.
Saga
era pallido, tremava e sembrava terrorizzato.
“Mio
Dio! Che gli è successo?”.
Per la
prima volta da che si conoscevano Kendeas dovette aiutarlo a scavalcare il
davanzale.
Chiuse
in fretta la finestra.
-Saga,
sei tutto bagnato, e sei congelato. Vado a prenderti un asciugamano-
Ma non
appena fece un passo per uscire dalla stanza Saga lo afferrò per il braccio -No!
Per favore, non mi lasciare solo!-
Per la
prima volta gli occhi belli di Saga blu o
forse verdi erano dilatati dal terrore.
-Va
bene. Va bene, ghlikà, non ti lascio-
Visto
che non poteva lasciare la stanza strappò via il lenzuolo dal suo letto.
-Saga,
adesso devi toglierti queste cose bagnate, va bene? Dai, ti aiuto io-
Era
come aiutare un bambino di tre anni, Saga sembrava assolutamente incapace di coordinare
i movimenti e toccò a Kendeas, tra tirare e spostarlo, di togliergli i vestiti.
Lo
avvolse nel lenzuolo per asciugarlo, lo fece sedere sul letto e cominciò a
strofinargli la schiena e le spalle per riscaldarlo.
In
tutto questo Saga lo lasciava fare.
“Cosa
ti è successo per ridurti così, ghlikà?”.
Quando
gli sembrò che fosse abbastanza asciutto gli tolse di dosso il lenzuolo e lo
avvolse nella coperta di lana, mentre usava l’altro lenzuolo per tamponargli i
lunghi capelli azzurri.
Non
disse una parola, solo gli fece posare la testa sulle sue gambe e rimase ad
accarezzarlo nel tentativo di scioglierlo un po’.
Niente
da fare, Saga rimaneva rannicchiato, con gli occhi serrati.
Kendeas
sperava quasi che si addormentasse, ma dopo un po’ lo sentì muoversi e
mormorare qualcosa.
-Come
hai detto?-
-Mio
fratello- Ripeté Saga a voce bassissima -ho condannato a morte mio fratello-
Non
appena comprese appieno il significato di quelle parole Kendeas sussultò.
“Ecco
cosa intendeva quel giorno! Ha detto che aveva paura di quello che avrebbe
dovuto fare lui. Condannare a morte il proprio fratello…”.
Solo il
pensiero gli dava i brividi.
Ripensò
a Kanon, l’unica volta che lo aveva visto.
D’accordo,
anche a lui era sembrato pericoloso e per di più lo aveva quasi strangolato, ma
condannarlo a morte…
-Ho
dovuto farlo, lui era una minaccia per Athena e per il Santuario. Ho provato a
convincerlo, lo giuro, ci ho provato! Ma lui è sempre stato così testardo e
orgoglioso, e per di più ha quasi gli stessi poteri di un Gold Saint. Non so
come abbia fatto, davvero non lo so, ma è forte quasi quanto me… non potevo
lasciarlo libero di agire!-:
Sembrava
che Saga stesse cercando di giustificarsi, come se non fosse per niente sicuro
di aver fatto la cosa giusta ma stesse disperatamente cercando di
convincersene.
Per la
prima volta Kendeas si rese conto dell’enorme responsabilità che comportava
essere un Saint di Athena.
Saga
aveva dovuto scegliere non tra una cosa giusta ed una sbagliata, aveva dovuto
scegliere tra due delitti quale
commettere.
Da un
lato il fratricidio, dall’altro il tradimento.
Da un
lato il suo giuramento di lealtà e dall’altro la voce del suo sangue.
Nessuna
via di mezzo, nessuna scappatoia, qualunque scelta avesse fatto si sarebbe
dannato.
-Lo hai
ucciso?- chiese pianissimo.
-No,
non io. Il mare. La prigione di roccia al promontorio Sounion. Stanotte, quando
salirà la marea-
Kendeas
non disse più nulla, rimase ad accarezzarlo e ad ascoltare i suoi respiri
spezzati nel buio.
L’unica
cosa a cui riusciva a pensare erano dei versi.
Parole
antiche, che parlavano di due fratelli che si erano uccisi a vicenda.
-O degno tu di ogni pianto
-O anche tu sventurato
-Tu perito per mano fraterna
-Un fratello uccidesti
-Duplice strazio a narrare
-Duplice a contemplare
I re
fratelli di Tebe dalle sette porte, Eteocle e Polinice.
Così
passò la notte, senza che Kendeas si rendesse conto se era sveglio, se dormiva,
se sognava o se condivideva gli incubi di Saga.
All’alba
il sola fece capolino pallido e spettrale, come il viso del Saint di Gemini.
Kendeas
lo guardò alzarsi e cercare i suoi vestiti.
Si
muoveva lentamente e non tremava più, sembrava svuotato di ogni sentimento e di
ogni emozione.
-Ormai
è tutto finito-
Disse a
mezza voce.
Kendeas
capì che si riferiva alla condanna di suo fratello.
-Saga,
non dovresti…?-
-Cosa?
Andare a vederlo? No-
-Per
seppellirlo-
In quel
momento Saga rabbrividì -Non ci sarà una sepoltura per lui, è la punizione per
i traditori. Il mare sarà la sua tomba. L’acqua disgregherà la sua carne, il
sale brucerà le sue ossa e le onde ne disperderanno la polvere nella corrente-
Kendeas
avrebbe voluto dire qualcosa, ma prima che potesse farlo Saga si era rivolto di
nuovo a lui.
-E
adesso a noi, Kendeas. Noi non ci rivedremo più-
-Cosa?!
No, Saga, non puoi!-
Lui lo
zittì con un gesto della mano -Non è che non posso, non voglio. Io sono un
assassino, Kendeas. Da oggi in poi ogni mio respiro sarà maledetto, non posso
coinvolgere anche te. Noi ci separiamo qui e adesso-
Kendeas
saltò giù dal letto, deciso a fare qualunque cosa pur di fargli cambiare idea,
ma non appena gli si trovò vicino Saga alzò una mano e lui si trovò bloccato da
una forza invisibile.
Quando
provò a gridargli “lasciami andare” scoprì che non poteva neanche parlare.
-Kendeas…
ghlikà… mi dispiace tanto- Saga non
lo aveva mai chiamato “dolcezza” prima -so che mi ami e so che ti sto dando un
grande dolore, ma devi capire che non è più possibile. Io devo percorrere un
cammino di sangue e sofferenza, tu invece hai tutta una vita davanti. Kendeas,
io ti ringrazio per tutto l’amore che mi hai dato e ti ringrazio per l’amore
che mi hai permesso di vivere. Ti ho amato come non avevo mai amato niente in
questo mondo e come non amerò mai più niente, ma proprio per questo adesso devo
lasciarti libero. Ricordami, se vuoi, ma non cercarmi mai più. Addio-
Scavalcò
il davanzale come faceva sempre, ma quella volta era diverso perché non sarebbe
più tornato.
Kendeas
provò a gridare e a divincolarsi ma era tutto inutile.
Saga lo
guardò con una tristezza infinita negli occhi blu o forse verdi, poi lo liberò dalla stretta invisibile.
-Ghlikà…-
Corse
verso la finestra, ma nello stesso attimo in cui lui stava per scavalcare a sua
volta Saga scomparve.
-Sagapò ghlikà…-
Ti amo,
dolcezza.
***
Dopo
quella mattina Kendeas passò parecchi giorni abbattuto.
Lavorava
a stento, non si curava di quello che succedeva intorno a lui e se sua nonna o
suo zio gli chiedevano cosa avesse lui scrollava le spalle e guardava da
un’altra parte.
Saga
era stato chiarissimo: non si sarebbero visti mai più.
Eppure
Kendeas non voleva crederci, e spesso nel cuore della notte si svegliava
credendo di aver sentito bussare alla finestra, allora si alzava di scatto e
correva ad aprire, solo per scoprire che era stato solo il vento o la sua
immaginazione.
Dopo
poco più di un mese però arrivò una notizia sconvolgente dal Santuario.
Erano
state le guardie che scendevano a bere alla taverna del villaggio a raccontare
come erano andate le cose.
Aioros
aveva tradito il Santuario, aveva tentato di rapire la Dea neonata e di fuggire
con l’armatura d’oro del Sagittario.
Fortunatamente
un altro Gold Saint, Shura del Capricorno, lo aveva fermato ed aveva riportato al
Santuario sia Athena che l’armatura.
-Wanax Shura? Perché il Saint del
Capricorno? Non avrebbe dovuto affrontarlo wanax
Saga che era più forte?- aveva chiesto
Kendeas ad uno di loro.
-Ragazzo
mio, questo è un altro bel mistero! Wanax
Saga, il Saint di Gemini, è scomparso. Nessuno sa più niente di lui da settimane-
Kendeas
non aveva detto nulla, ma quella risposta era stata il colpo di grazia per lui.
Aveva
sperato che Saga fosse al sicuro al Santuario, che il Sacerdote lo avesse
aiutato a smorzare il senso di colpa per quello che aveva fatto a suo fratello
Kanon e che in qualche modo sarebbe riuscito ad andare avanti, invece no.
Scomparso.
Proprio
come era scomparso sotto i suoi occhi l’ultima volta che lo aveva visto.
Per
Kendeas era peggio che sentirsi dire che era morto, e quella sera, rannicchiato
sotto le coperte, strinse forte la conchiglia con la sigma incisa all’interno.
E per
la prima volta da quando Saga gli aveva detto che dovevano separarsi, pianse.
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Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Ho finito il capitolo! *Mako
canticchia e saltella come una deficiente*
Ci ho messo 835 minuti ma sono riuscita a finirlo!
Coooomunque! Vi sembra abbastanza kurumadiano? A me sì! Voglio
dire, è esagerato e deprimente, esattamente come alcuni (molti) momenti del
fumetto originale.
Qua la storia comincia ad andare parallela con gli avvenimenti
del manga, solo visti dal punto di vista di Kendeas.
Bene,
brava, adesso sciò! *Rory spinge Mako giù dalla sedia*
Oh
oh oh! (Lo so, non è molto serio ma in periodo di feste la risata di Babbo
natale ci sta, no?)
Come
al solito Ka-non è sinonimo di Ka-sino, quando mai quel ragazzo non produce
danno, quando mai?
Bè,
come ha già detto la mia sorcia da adesso in poi sapete un po’ tutti cosa
succede, ma la narrazione seguirà il punto di vista del nostro carrro Kendeas,
e poi…
Dovrà
pure finire in qualche modo, no?
Creamy Lisa: Ccciao! :3
Povero
Kendeas sì, l’ansia è una brutta bestia, ma chi può controllarsi con un tenero
puccio-Saga che vuole sbaciucchiarti?
Fortunato,
lui! xD
Succederà
qualcosa di brutto? Hmmm, naah, cosa te lo fa credere? xD
Continua
a sperare, magari le cose si risistemeranno ;)
Bacioni!
Calhin: Benvenuta!
Abbiamo
deciso di presentare Kendeas un po’ alla volta nel corso della storia per non
dare appunto l’idea del personaggio super perfetto e rendere le sue idee e la
sua personalità poco alla volta… magari non è la scelta più azzeccata, vedremo
di fare di meglio la prossima volta ^^
Va
bene, arruoliamo questi qui per la versione cinematografica del Manfredi xD ci
starebbero benissimo, hai ragione *-*
He-hem…
pazzo… schizofrenico… stiamo parlando di Saga? Ma nuooo xD
P,S:
Grazie epr i complimenti per i disegni J
Speriamo
continuerai a seguirci ^^
Bene,
abbiamo detto tutto, quindi vi salutiamo dandovi appuntamento al prossimo
capitolo!
Un
abbraccio,
Rory e Mako