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Autore: Nymeriah    27/12/2013    7 recensioni
Imprevisti all'orizzonte per Hunter Clarington: l'unica cosa che potrà salvarlo dalla furia di un fidanzato imbevuto di spirito natalizio è... un miracolo di Natale.
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Prompt di MeliChoco36.
Junter (Jeff/Hunter), con accenni Thadastian.
E Huntbastian Friendship.
Fluff a valanghe, rating verde.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hunter Clarington, Jeff Sterling, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla custode del mio unico neurone,
che ha compiuto gli anni da poco (la custode eh, non il neurone)
e meriterebbe diecimila regali (più belli di questa roba qui)
perché è speciale
come un fiocco di neve il quindici d’agosto
e dove cade lascia il segno.


Mi sono emozionata e mi è caduto il succo di frutta addosso.




 
CUCCIOLI SOTTO L’ALBERO

  Hunter non sentiva più le braccia sotto il peso dei pacchetti e delle buste. Era piuttosto sicuro che il mignolo della mano sinistra stesse per staccarsi, ma non gli era rimasta nemmeno la forza di volontà per abbassare gli occhi e controllare di non perderlo per strada. Era troppo sfinito. Faceva troppo freddo. Aveva troppa fame. Perdere un dito in guerra sarebbe stato motivo di onore e Hunter Clarington avrebbe affrontato una tale menomazione a testa alta, ma non c’erano targhette di riconoscimento o medaglie al valore per chi perdeva lembi del proprio corpo durante il folle shopping natalizio della mattina del 24 dicembre.

  “Ti scongiuro… Ti prego… Te lo chiederei anche in ginocchio, se solo potessi piegare le gambe senza gridare per il dolore” Hunter implorò, gettando via anche gli ultimi brandelli di dignità rimastagli. Ormai la situazione era critica e doveva giocarsi il tutto per tutto per uscirne vivo. 

Jeff si voltò verso di lui e gli sorrise solo con gli occhi; Hunter non poteva vedergli la bocca - perché era nascosta da quell’orribile sciarpa di lana ispida che nonna Sterling gli aveva regalato il Natate scorso - ma poteva vedere il rossore sulle sue guance e la tenerezza negli occhi un po’ lucidi per il vento affilato.

  “Solo un’altra via di negozi, poi ci fermiamo a riposare, ok?” chiese, ma non era una vera domanda e Hunter lo sapeva: Jeff avrebbe fatto quello che voleva, come sempre, e lui avrebbe ubbidito, come sempre. “Dunque, fammi riflettere: abbiamo preso la maglietta per mio fratello, i fiori per la mamma, mutandine di pizzo per mia sorella…”

  “Oh. Erano per tua sorella?”

  “È delusione quella che leggo sul tuo volto?”

Hunter arricciò il labbro e increspò le sopracciglia, Jeff dovette trattenersi dal ridergli in faccia. Era sorprendente come il suo ragazzo riuscisse a trasformarsi in mezzo secondo da soldato stoico tutto d’un pezzo a bambino troppo cresciuto che pretendeva attenzioni.

  “Non preoccuparti, c’è anche il tuo di regalo.”

  “Tra questi?”

La mano di Jeff viaggiò rapida e colpì il polso di Hunter, prima che infilasse le dita in una delle buste. “Non guardare! Lo scarterai domani mattina.”

  “Signorsì, signore!”

Jeff rise, mentre l’altro si esibiva in un perfetto saluto militare, poi ripresero a camminare sotto una cascata di luci intermittenti. Dopo pochi metri Sterling lanciò un gridolino e attaccò il naso all’ennesima vetrina colorata; Hunter vide la sua testolina bionda allontanarsi ondeggiando verso l’interno del negozio, e sospirò.

Fu un respiro lungo e sofferto, poi il ragazzo avvistò una panchina e decise che per stavolta avrebbe aspettato fuori. Appoggiò le buste sul legno laccato e lanciò un’occhiata turpe alla figurina barbuta di un Babbo Natale giocattolo, che cominciò a cantare gioiosamente Jingle Bells non appena lui osò posare il suo deretano sulla panchina. Hunter contrasse la mascella, espirando aria dal naso come un toro alla carica, e poi colpì il piccolo Babbo con un destro perfettamente assestato; quello stramazzò al suolo, ma continuò a canticchiare felicemente l’ultimo ritornello.

Hunter arcuò la schiena e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, ma il capo rimaneva alto e gli occhi vigili sulla testolina bionda che saltellava da un angolo all’altro del negozio di fronte a lui. Non lo perdeva mai di vista troppo a lungo, un po’ perché sapeva che Jeff aveva una inclinazione misteriosa a farsi male nei modi più impensabili e un po’ perché semplicemente averlo sotto gli occhi lo rilassava. Gli piaceva osservare la sua postura buffa, le mani sempre in movimento – Jeff aveva il vizio di toccare tutto, come i bambini – l’entusiasmo che gli colorava il viso alla minima novità e quei ciuffetti biondi ribelli sulla fronte che sfidavano il pettine ogni mattina. Hunter abbassò le palpebre e si rese conto di aver ritrovato un minimo di calma. Si sentiva ancora infreddolito, dolorante e affamato, ma ora era decisamente più tranquillo.

Un odore sgradevole, di terra bagnata e spazzatura, gli colpì le narici con una violenza inaspettata. Il ragazzo riaprì gli occhi e raddrizzò la schiena di scatto: un musino rosa e beige gli stava annusando le mani, probabilmente in cerca di cibo, mentre due occhioni grandi color caramello lo scrutavano con circospezione. Hunter non si intendeva particolarmente di cani, ma era abbastanza sicuro che si trattasse di un incrocio tra qualche razza di taglia media – probabilmente un labrador, considerato il colore del pelo, le orecchie basse, e la pianta larga delle zampe – e una razza più grande – la coda dal pelo lungo gli ricordava quella di un husky.

Hunter arricciò il naso, leggermente disgustato. “No, senti, stai sbagliando persona, io frequento solo gatti” precisò subito, ritraendo le mani prima che al cucciolo venisse la malsana idea di leccarle.

Il cane guaì, un suono acuto e pietoso, che andò dritto al cuore del ragazzo. “Immagino che tu sia affamato, ma non ho cibo con me, quindi via… sciò!”

L’animale piegò il muso di lato, osservandolo con aria incuriosita, poi abbaiò contento e si alzò sulle zampe posteriori, appoggiando le anteriori sui pantaloni di Hunter.

  “No, no! Stai giù!” gridò lui, alzandosi in piedi di scatto, e imprecò tra i denti quando notò le impronte nere che il cucciolo gli aveva appena stampato sui jeans. “Dannazione!” Di nuovo in preda alla rabbia, alzò un braccio per colpirlo come aveva fatto poco prima con il Babbo Natale giocattolo, ma il pugno si fermò a mezz’aria, quando i suoi occhi incontrarono quelli del cane: con la lingua a penzoloni, la schiena stesa a terra e la pancia in su, l’animale stava chiaramente inviando una richiesta di coccole.

  “Non ci posso credere… sei più sfrontato di Jeff” sospirò Hunter, quasi gemendo. Lo stette a guardare per alcuni istanti, incerto sul da farsi, poi scosse la testa e si rassegnò alla sconfitta, inginocchiandosi a terra per passargli una mano sul ventre. Il cucciolo guaì soddisfatto e scodinzolò per la contentezza.

Hunter lo accarezzò per qualche minuto, senza cercare di nascondere la smorfia che nasceva spontanea sul suo viso per il cattivo odore. Pensò che doveva essere certamente un randagio, perché era chiaro che avesse passato parecchio tempo in strada. Il flusso dei suoi pensieri si interruppe, quando si rialzò in piedi per controllare Jeff con lo sguardo - un gesto ormai incamerato dentro di lui – e lo vide uscire dal negozio con l’espressione di chi è in pace col mondo intero.

  “Preso qualcosa?”

  “Il regalo per Thad e Sebastian!” Il ragazzo aprì appena la busta, per lasciare che l’altro sbirciasse.

  “Un… libro?”

  “Kamasutra gay.”

  “Ah.”

  “Me l’ha chiesto Thad esplicitamente.”

  “Frequentiamo gente assurda.”

  “Sebastian è il tuo migliore amico.”

  “Non passa giorno che non me ne vergogni.”

Jeff rise scuotendo la testa e gli occhi gli caddero sulle macchie di fango che scurivano i pantaloni del ragazzo. “Che stavi facendo inginocchiato a terra?”

  “Stavo…” Le parole gli si fermarono in gola per lo stupore, quando girandosi Hunter notò che, nel punto in cui poco prima c’era stato il cucciolo, ora rimaneva solo cemento lastricato. “C’era un…” borbottò, grattandosi la testa confuso, mentre occhieggiava intorno a sé alla ricerca dell’animale.

  “Un…?”

  “Non importa” scrollò le spalle, infilando le mani in tasca.

Jeff sorrise. “Beh, dato che sei stato così bravo da assistermi nello shopping natalizio senza picchiare commessi o spaventare i bambini, ora ti meriti un premio.” Fece un passo avanti, scoprendosi la bocca dalla sciarpa per appoggiare le labbra su quelle di Hunter, che gli catturò i fianchi immediatamente e gli venne incontro in quel bacio lento e torpido per il freddo e per l’amore, che si faceva un po’ più gentile quando si avvicinava la notte di Natale.

 
***

  “Che significa che non puoi venire?”

Hunter sbatteva il piede a terra con impazienza, gli occhi scattavano dai fornelli all’orologio da muro di fianco al frigorifero. La voce di Sebastian dall’altro lato della chiamata gli giungeva un po’ disturbata, forse la linea aveva problemi a causa della neve, o semplicemente nel paesino sperduto del Messico, in cui il suo amico si trovava, non c’era campo.

  “Significa esattamente questo: non posso andarmene da questa cena della Vigilia, mi tengono in ostaggio! È un esercito di Harwood, non puoi capire, è qualcosa di spaventoso!”

  “Ma che diavolo stai blaterando…?”

  “Credo di aver contato quarantacinque cugini, tra quelli di primo, secondo e terzo grado, e ha almeno sette zie. Tutte femmine. I maschi non so che fine abbiano fatto e ho paura di chiederlo.”

Hunter si portò una mano alle tempie e massaggiò, tentando di mantenere la calma. Chiaramente non ci riuscì e le parole che seguirono furono un lungo ringhio gutturale e minaccioso: “Avresti dovuto prendere l’aereo due ore fa, Smythe!”

  “Smettila di scaldarti, ormai è inutile. Se anche partissi ora non farei in tempo a raggiungerti e a cucinare con te quella benedetta torta.”

  “Me l’avevi promesso!” Hunter aprì la dispensa e cominciò a maneggiare con le spezie, leggeva le etichette distrattamente e poi le rimetteva a posto, confuso e furioso. Da quando lui e Jeff erano andati a vivere assieme, era sempre stato il suo ragazzo a preoccuparsi di sfamare entrambi e, quando doveva arrangiarsi, Hunter ripiegava pateticamente sul cibo da asporto o pregava la signora dell’appartamento di fronte di cucinargli qualcosa di caldo in cambio di qualche lavoretto domestico. Per questo motivo aveva pensato che cucinare qualcosa con le sue mani per il suo ragazzo sarebbe stato un regalo originale e particolarmente apprezzato, ma i suoi piani stavano andando miseramente in fumo senza che potesse fare nulla per impedirlo. “Adesso mi spieghi cosa faccio?! Io non gli ho comprato niente, perché pensavo di regalargli qualcosa di cucinato da me, ma… non so nemmeno riconoscere il sale dallo zucchero!”

Sebastian schioccò la lingua al palato e Hunter riuscì a immaginarlo mentre alzava gli occhi e incrociava le braccia, l’aria di sufficienza stampata sulla sua faccia da schiaffi. “Se posso permettermi… sei un idiota” lo informò con calma serafica. “Avresti dovuto comprargli qualcosa comunque, come piano B. Jeff è il tuo ragazzo, non puoi presentarti a mani vuote a Natale.”

  “Sei ancora vivo solo perché ti trovi dall’altra parte d’America.”

  “Lo so.” Lo sentì ghignare. “Ormai il danno è fatto e piangerti addosso non lo risolverà. Porta fuori quel culo e trova qualcosa da regalargli.”

  “Bas, è la sera della Vigilia! I negozi sono chiusi!”

  “Rompi una vetrina e fai irruzione, conoscendoti non è nemmeno la prima volta che lo fai.”

Hunter lanciò il cellulare contro il muro della cucina; l’oggetto rimbalzò contro le mattonelle e centrò in pieno una pila di pentole, che si rovesciò nel lavello accompagnata da un frastuono allarmante.

La voce di Jeff giunse puntuale dal salotto, un po’ tesa. “Hunt? Stai bene?”

  “Tutto a posto, cucciolo! Clarence sta giocando coi piatti da lavare!” mentì lui, e scrollò le spalle in direzione del gatto, che non mancò di lanciargli un’occhiata truce dal suo angolino, comunicandogli eloquentemente che voleva essere lasciato fuori dalla faccenda.

Hunter si rimise il cellulare in tasca e si fiondò verso l’ingresso, infilandosi sciarpa e cappotto il più in fretta possibile.

  “Dove stai andando?” Jeff lo bloccò sull’uscio, la bocca semiaperta e l’aria perplessa.

  “Ho… uhm, perso i guanti. Vado a vedere se sono qua sotto, nei dintorni.”

  “Ma è la notte della Vigilia, pensavo che potremmo guardare un film insieme e più tardi…”

A Hunter non sfuggì il luccichio malizioso nel suo sguardo, colse subito il messaggio intimo celato da quel mezzo sorriso, quindi gli servì il triplo della forza di volontà per declinare l’offerta e tenere a mente che non poteva assolutamente presentarsi a mani vuote la mattina seguente. Doveva trovare un regalo. Subito.

  “Sarò di ritorno tra pochissimo!”
 
***

  Aveva fatto il giro del centro due volte e alla terza si era rassegnato all’evidenza: le luci delle finestre si erano spente, una dopo l’altra, insieme alle sue speranze di trovare qualcosa da donare a Jeff che non fosse un mucchietto di neve e fango. Hunter aveva rallentato il passo e ora borbottava contro la propria sciarpa imprecazioni verso Sebastian, ma era più per abitudine che per convinzione; nel profondo sapeva che se si trovava in quella situazione la colpa era soprattutto sua.

Hunter si lasciò cadere sulla panchina, la stessa su cui si era seduto quella mattina per attendere Jeff fuori dalla libreria, e sbirciò l’orologio: era mezzanotte passata e lui aveva lasciato il suo ragazzo a casa da solo la sera della Vigilia di Natale. Di bene in meglio. Jeff sarebbe stato furioso e aveva tutte le ragioni per esserlo.

Il cellulare squillò, cogliendolo all’improvviso, si era dimenticato di averlo rimesso in tasca.

  “Ehi, mi dispiace per quella faccenda della torta.” Il tono di Sebastian era mogio, come quello di un bambino in punizione.

  “Thad ti sta obbligando a chiedere scusa?”

  “Mi sta puntando contro un burrito come se fosse una baionetta carica. Non voglio morire nella salsa piccante, Hunt! Quindi, ti prego, accetta le mie scuse.”

Hunter sospirò, chiudendo gli occhi e strofinandosi una mano gelata sul viso. Con tutto quel girovagare senza una meta precisa aveva finito per perderli davvero, i guanti. “Di’ a Harwood che hai la mia amnistia.”

  “Grazie, grazie, gra…!”

  “Ma se vuole prenderti a tacos in faccia solo per il gusto di farlo ha il mio appoggio.”

  “Traditore!”

Udì un suono umido, di qualcosa che si scontrava con il morbido e poi con la superficie del pavimento e nascose una risatina con uno sbuffo. Sentì la coppia dall’altra parte della linea parlottare in modo concitato e alla fine il suono di un bacio, un attimo dopo Sebastian era di nuovo al telefono, il tono leggermente più serio.

  “Ci metterò un mese a togliermi di dosso l’odore di questa salsa schifosa. Hai trovato qualcosa?”

Il cambio di argomento repentino prese l’altro alla sprovvista. “No” borbottò. “Ma se proponi di regalargli me nudo con un fiocco rosso sul pisello, chiedo a Harwood di farti un video mentre balli con le maracas e lo metto su internet.”

Sebastian rise, di cuore. Poi si schiarì la voce e decise finalmente che era venuto il momento di fare l’amico. “Senti, Hunt, credo che dovresti tornare all’appartamento e raccontare la verità a Jeff. Sii sincero con lui e capirà. Se torni adesso fate ancora in tempo a godervi una notte di sfrenato sesso natalizio. Non sai le cose che si possono fare con quei bastoncini di zucch…”

  “Sebastian!”

  “Devo andare, Thad mi chiama a rapporto.”

  “Sei serio?”

  “Credo che nonna Theodora abbia dei poteri voodoo e ha minacciato di rendermi impotente se non soddisfo ogni desiderio di suo nipote. Non voglio rischiare. Adios!”

La linea si interruppe e Hunter si aggiustò il colletto del cappotto per l’ennesima volta. Quando riabbassò la mano però, un soffio di aria calda gli colpì le dita. Abbassò gli occhi e la risposta ai suoi problemi sembrò materializzarsi ai suoi piedi come un miracolo di Natale: il cucciolo di quella mattina era di nuovo seduto di fronte a lui, scodinzolava e tremava appena, ma sembrava altrettanto felice di vederlo.

 
***

  Trovò Jeff profondamente addormentato sul letto: una gamba spuntava da sotto la coperta, un braccio nascosto dal cuscino e la guancia schiacciata sul materasso; il suo ragazzo era una visione angelica e caotica al tempo stesso quando dormiva. Aveva un leggero broncio sul viso, segno che era andato a dormire leggermente di cattivo umore e Hunter ne immaginava il motivo, ma ora che ne aveva l’occasione aveva tutta l’intenzione di farsi perdonare.

Hunter attraversò la stanza con il cucciolo in braccio, facendo il minor rumore possibile. Clarence li seguì nel bagno e non perse occasione per soffiare minaccioso contro l’intruso canino; non aveva nessuna intenzione di accogliere un altro animale sul suo territorio.

Non appena il cane vide il getto d’acqua della vasca e capì quello che lo aspettava, cominciò a guaire e a tentare di fuggire in tutte le direzioni. Saponette e profumi volarono a terra al suo passaggio, mentre Clarence miagolava disperato e Hunter rincorreva il cucciolo per la stanza.

“Fermo! Stai fermo! Solo un bagnetto veloce, eh? Solo…!” Una bomboletta di deodorante lo colpì in pieno naso e Hunter ruggì, lacrimando per il dolore: “Miracolo di Natale, un cazzo!”
 
***


  Con gli occhi ancora chiusi e la mente sospesa nel dormiveglia, Jeff allungò un braccio per tastare l’altra piazza del letto, ma non trovò nessuno. Il materasso era freddo e quel gelo sembrò insinuarsi in lui con velocità sorprendente.

Hunter ha passato la notte fuori?, il pensiero lo raggiunse con la delicatezza di un treno in corsa, e quando Jeff aprì gli occhi, erano già colmi di delusione. Quello non era il modo in cui avrebbe voluto svegliarsi la mattina del 25 dicembre: nemmeno Clarence si era preso la premura di venire a chiedergli le coccole mattutine, era completamente solo in un letto troppo freddo e troppo grande per lui. Si alzò a malavoglia stiracchiandosi e infilò la prima maglietta che gli capitò sotto mano; era un caso che fosse di Hunter.

Puntò direttamente alla cucina, perché aprire i regali da solo gli sembrava ancora più triste che non aprirli affatto. Quindi si fece un caffè amaro, solo addolcito da tre gocce di latte, poi raggiunse il salotto trascinando i piedi.

Spalancò gli occhi.

Il grande albero sembrava persino più maestoso del solito alla timida luce del mattino, con i festoni dorati che lo avvolgevano in un abbraccio scintillante e le luci che riflettevano danze d’ombre colorate sugli addobbi. Ma ciò che sconvolse Jeff fu quello che trovò ai piedi dell’albero: Hunter era rannicchiato alla base del piedistallo; la testa appoggiata sul tappeto e parte della schiena sul pavimento, Clarence si era appollaiato sul fianco esposto del suo padrone; la coda vaporosa copriva il collo di Hunter come una coperta, e infine, tra le braccia del ragazzo, sonnecchiava il cucciolo di cane più adorabile che Jeff avesse mai visto.

  “Hunter! Mi hai regalato un cucciolo!”

Il cagnolino si mosse, liberandosi dalla sua presa e prendendo a leccare affettuosamente il viso del ragazzo a terra.

Lui grugnì in risposta e si mise a sedere, lamentandosi del dolore alla schiena, ma quando il suo mondo incontrò quello di Jeff, tutto riprese colore sotto forma di un sorriso condiviso.

  “Buon Natale, amore.”



Noticine:
Il prompt "Cuccioli sotto l'albero" è di MeliChoco36 e questa fic è un reagalo per lei :3

 
   
 
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