Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Archybald    28/12/2013    2 recensioni
ATTENZIONE! Klaine ambientata durante la WWII (primi anni di guerra).
*
Con l'avvio della guerra, Kurt è costretto a scappare a Lipsia col padre malato per evitare l'arruolamento obbligatorio. Qui deciderà di travestirsi da donna per non farsi riconoscere, rischiando il tutto per tutto pur di salvare la famiglia. Intanto Blaine, un militare, figlio di un ufficiale tedesco, arriva in città. Nonostante il pericolo, entrambi finiranno per innamorarsi, ma Blaine non sa' che segreto nasconde la donna che ama...
*
Stato: Conclusa
Aggiornamento: Una volta a settimana.
AVVERTIMENTI: Possibile /e probabile/ OOC dei personaggi! (cercherò di starci attenta in ogni caso) Tematiche delicate. NON è incentrata sulla Shoha o le stragi ebree. Quasi nessun riferimento al razzismo e lievi accenni al nazismo. Per favore leggete il piccolo paragrafo introduttivo!
*
Ho aumentato il rating da arancione a rosso per delle scene che ho aggiunto alla bozza. Spero di renderla una storia soddisfacente! Grazie a chiunque legga, sappiate che vi adoro! ;DD
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 photo BANNER3Von_zps11654a18.png

 

VON LEIPZIG MIT LIEBE

 

 

DAY 14th. _ Geben Sie ihm etwas Zeit  (Regalare tempo al tempo.)

 

 

A volte, quando si è giovani, accade che ci si dimentichi spesso del tempo che scorre e rimane solitario, alle nostre spalle. 

I ricordi, quando sdraiati in un cantuccio si lascia viaggiare un po' il pensiero, hanno ancora quel sapore dolce amaro e sembrano talmente lontani,da non parer neppure nostr. Piccoli frammenti di un Era, li riportiamo a galla come uno spettatore esterno, quando cerca ancora nella memoria i fotogrammi di un film prezioso, visto anni ed anni prima. 

A mala pena l'essere umano riesce a vivere il presente.  Troppo affaccendato e stanco, si fa' carico della vita e porta avanti i suoi doveri, giorno dopo giorno, e la sera, quando spegne il lume, pronto a coricarsi, spesso neppure si accorge d'aver lasciato morire un altro piccolo giorno di vita.

 

Dietro alle nostre schiene vi è un intero cimitero, in fondo. Fatto di ore gettate, di minuti privi di significato, spesi senza essere vissuti. 

 

Ed anche quando amiamo, con il cuore colmo di sensazioni strabilianti e che ci fanno rinascere, anche allora pensiamo con egoismo d'aver  davanti a noi tutto il tempo del mondo. Stringendo le mani e sussurrando, insieme i due amanti sognano il futuro e si raccontano aneddoti del passato.

 

Ma quanto è vero che sognare non ci permette di accorgerci di quanto, in verità, sia misera e veloce la nostra vita?...

 

 

 

Blaine aveva lasciato che i giorni passassero esattamente come se davanti a lui e Kurt ve ne fossero altri cento, mille e mille ancora. 

 

Come giovani uomini assetati d'amore, non avevano mai tenuto conto del presente. Si erano assentati dal lavoro e dalla famiglia, avevano vissuto quasi due settimane solo per loro stessi, e sembrava meraviglioso, un regalo grato non dover più correre contro il tempo e dedicarsi alla cura dell'anima.

 

Ma non importa quanto fingi di dimenticartene. Arriva sempre quel momento in cui le porte ti sbattono in faccia.

 

Quel caffè amaro, che fumava sul tavolino davanti a sé, smentiva come un pugno ruvido ogni sogno, ogni speranza del ragazzo.

 

Da quasi dieci minuti il silenzio riempiva l'aria intorno a loro, rendendola pesante e piatta, quasi difficile da respirare, e pensare, per il giovane uomo, si era fatto doloroso quanto  il ricordo della sua vita prima di Kurt.

 

 

-E così ti trovo bene. Un po' rammollito forse, ma sano. Ti eserciti ancora?-

 

Quella voce profonda, resa grave dal tabacco del sigaro, graffiava l'aria e abbracciava Blaine in una morsa soffocante. Odorava di omertà e ubbidienza, di anni passati a riverire e morire lentamente, ogni giorno un pezzetto di più.

 

Il ticchettio delle dita sul ginocchio.

 

-Non recentemente, in effetti. Recupererò nei prossimi giorni.-

 

L'anziano uomo, appoggiato il berretto da ufficiale, prese un sorso del suo caffè, lasciando sul piattino quell'unico biscotto al cacao che gli era stato offerto per accompagnarlo.

 

Aveva lasciato Berlino due giorni prima, quando aveva saputo che le condizioni della moglie erano finalmente migliorate e che avrebbero dimesso la donna in settimana. 

 

Non era il periodo migliore per una vacanza. La guerra lo teneva occupato su diversi fronti, e i tenenti e gli ufficiali più influenti chiedevano il suo consiglio e il supporto delle truppe. Tuttavia, la sua reputazione e la sua fama ne sarebbero uscite discretamente deturpate se al rilascio della donna dall'ospedale, lui non fosse stato presente in tutta l'intera figura, come un vecchio quadro di famiglia, in mano le gardenie che avrebbe presto fatto recuperare.

 

Così si era presentato in quel paese ai margini di Lipsia, dove gli alberghi erano pochi e mal funzionanti, e i popolani rumoreggiavano con cafoneria sotto la finestra della piccola camera da letto. 

 

Non aveva pensato d'avvertire subito il figlio, prendendosi tempo per concludere piccole faccende con le famiglie di prestigio del luogo e per visitare la moglie ricoverata. Tuttavia, pochi giorni gli erano bastati per comprendere che quel paese era a tutti gli effetti ancora più piccolo di ciò che sembrava, e che Blaine, il suo Blaine, sembrava aver riscosso piuttosto interesse, con la sua storia e i suoi affari ''di cuore'',  tra le bocche macchiate di tabacco delle vecchie comari dell'ospedale. 

 

Ed ora eccolo, seduto al tavolo di quel piccolo caffè provinciale, decisamente troppo presto perché il giovane ci fosse abituato, a sorseggiare un pessimo Espresso e a cercar di comprendere cosa fosse successo al figlio serio e disciplinato che aveva lasciato tra i fumi e le piazze di Berlino. 

 

Del resto Blaine, completamente preso alla sprovvista da questa visita non annunciata, non aveva avuto un solo attimo di tempo per passare in quell'appartamento nel quale non tornava ormai più da giorni. 

 

I vestiti semplici e piuttosto gretti, da paesano, cadevano stropicciati sulle braccia e sui fianchi visibilmente a riposo, e la barba leggermente incolta gli donava un'aria quasi contadina quando il volto già appena abbronzato risultava incorniciato da lunghi ricci mori, decisamente lasciati crescere e in costante disordine. 

 

Davon R. Anderson non aveva mai visto suo figlio tanto trascurato come allora.

 

 

-Sei andato a trovare tua madre? Ha chiesto di te ieri.-

 

Blaine si morse il labbro, nascondendo il disagio dietro la grossa tazza di caffè.

 

-No, io... sono passato la settimana scorsa.-

 

-La settimana scorsa? Mi sembra piuttosto irrispettoso da parte tua. Quali svaghi possono darti queste quattro mura da ignorare completamente la tua povera madre?-

 

-Nessuno svago, padre. Mi sono dedicato il più possibile al lavoro, come mi hai sempre insegnato. Mi è capitato di accumulare diverse carte nell'ultimo periodo.-

 

Il caffè aveva assunto un retrogusto ancora più amaro, mentre tendeva a raffreddarsi intoccato tra le mani tremanti di Blaine. 

 

Era sempre stato così del resto. Quell'uomo lo innervosiva anche quando non ce n'era bisogno. Leggeva il disagio negli occhi del figlio e giocava con lui come con una spia del nemico. Imparziale, freddo e calcolatore. Accadeva di rado che potesse farsi fregare o che accettasse per buona una bugia. Sentiva nell'aria la puzza di menzogne e affondava con un colpo di fioretto, freddando ogni intento di chi lo conosceva di salvarsi con una qualsiasi scusa.

 

Così come sempre, il suo sguardo lo trapassava fin nelle ossa, e la sua tazza lasciava la macchia nera sul fondo, che stranamente in quel momento gli ricordava soltanto un teschio meschino. 

 

Distolse lo sguardo verso la strada.

 

-Ti sei sempre dimostrato diligente, Blaine, nelle tue faccende. Eppure ho sentito voci, ultimamente. Voci che dicono di un certo altro ''affare'', comprendi?-

 

-Non riesco a seguire...-

 

-No, infatti.-    l'uomo fece un cenno verso il bancone, e una cameriera particolarmente carina gli si fece appresso, un piccolo blocchetto stretto tra le mani.

 

-Lei signorina, mi sembra particolarmente graziosa per lavorare dentro ad un bar e sporcarsi le mani di zucchero e caffè. Non sarà per caso proprio lei a cui mio figlio a chiesto la mano con tanta galanteria? Del resto, si dice sia una popolana piuttosto avvenente...-   la risata bassa e graziata che uscì dalle labbra dell'uomo per pochi attimi bloccò completamente il cuore del giovane.

 

-Padre!-

 

Lo sguardo d'orrore che gli rivolse portò l'ufficiale a congedare la povera ragazza, imbarazzata e mortificata, oramai sull'orlo delle lacrime.

 

-Non avevi alcun motivo di trattare quella poveretta in quel modo.-

 

-Certo, non ne avrei avuti se ti fossi preso la responsabilità di dirmi che ti eri fidanzato.-

 

Blaine deglutì, una nausea pesante che gli saliva e annebbiava la mente. 

 

-Questo perché non è corretto. Di fatto, non sono ancora fidanzato, né le ho chiesto di sposarmi.-

 

Il signor Anderson alzò un sopracciglio irritato, l'ira ben nascosta sotto un cipiglio pesante che gli aggrava le linee dure del volto.

 

-Stai frequentando una ragazza nubile senza impegno?-

 

E il silenzio sarebbe stato di gran lunga la risposta migliore.

 

-Abbiamo posto delle premesse, sappiamo entrambi cosa desideriamo in un futuro... Ma oggettivamente, sì, non vi è un impegno ufficiale nella nostra relazione.-

 

-Tu mi deludi, Blaine Anderson!-   e questa volta, la voce non è più così limpida e calcolata.

 

-Immagino che ciò che è successo alla figlia dei Fabray non ti sia giunto a orecchio come avrebbe dovuto. Sono passati mesi ormai, ma l'immagine della povera famiglia è ormai del tutto rovinata! Pensavi di far lo stesso coi tuoi genitori? Pensavi, per caso, di poterci mandare al fallimento?!-

 

Blaine accavallava innervosito le gambe, mentre tutto il disgusto e lo sdegno del padre gli veniva sbattuto in faccia come pesce da mercato. Chi l'avesse visto da lontano, avrebbe probabilmente pensato di lui un cianotico, dal colore che il volto terrorizzato aveva assunto e le mani che tremavano sotto la superficie del tavolo.

 

-Le voci si diffondono, e tua madre si è sentita quasi svenire quando le hanno riferito di questa ragazza, di questa completa sconosciuta che stavi frequentando. Anni ed anni passati ad importi un'educazione rigorosa e ci ripaghi facendo parlare di te come di un libertino! pensavo che tuo fratello Cooper bastasse già a tutti!-

 

-Padre, non hai motivo di arrabbiarti. Ve lo avrei detto presto... Solo, aspettavo il momento giusto.-

 

-Magari aspettavi anche tu di portarci una donna povera in canna e gravida da mesi per dirci: ''ecco, vogliamo sposarci.''-

 

-Non l'avrei mai fatto!!-

 

-Come possiamo esserne sicuri?!-     la voce adirata di suo padre riecheggiò tra le pareti fredde del locale, facendo voltare spaventati quei poveri clienti in pausa dal lavoro.

 

-Bene. Mi dirai tutto ciò che sai di questa giovane che ti ha completamente rubato il cuore e il cervello. Non omette dettagli, per favore, se non vuoi peggiorare la situazione. Entro la fine della settimana mi occuperò di organizzare un incontro solo noi tre. Esigo di parlarle di persona, quantomeno. Poi, se sarà necessario, vedremo anche di cenare coi suoi genitori.-

 

Blaine andò in panico, barcollando appena e puntando i palmi al tavolo per non crollare dalla sedia.

 

Sapeva benissimo che quel giorno sarebbe arrivato, che prima o poi i suoi genitori avrebbero dichiarato la proprietà sulla sua vita e non gli sarebbe rimasto più nulla da dirigere e da gestire, se non i suoi sentimenti. 

Quando capì di amare Elizabeth, si soffermò a lungo sul suo ruolo sociale, sull'impressione che il suo volto, la sua storia e il suo carattere avrebbe dato alla famiglia, pronta a cercare di ostacolarli persino a carte scoperte.

Quando poi intuì che si trattava di Kurt, eliminò con un gesto secco ogni pensiero spiacevole. 

 

Era da dire, che sarebbe successo. 

 

Era da dire, che avrebbero dovuto armarsi di ogni ingegno per evitare quel fatale incontro.

 

 

Per un attimo, Blaine decise di stare al gioco. Del resto, evitare l'argomento avrebbe solamente potuto peggiorare le cose.

 

-Non credo si potrà organizzare nessun incontro di famiglia. vedi, il padre è fermo all'ospedale, e molto probabilmente sta...-

 

-Sta per morire.-  lo interruppe il signor Anderson, fissandolo incredulo e irritato.  -Perfetto. E la madre? Si è data alla fuga? Oppure è morta di qualche assurda malattia?-

 

Il moro strinse gli occhi, deglutendo a vuoto. No, non avrebbe mai permesso ai suoi genitori di incontrare Kurt, anche solo per trattarlo come premettevano di fare dal loro astio.

 

-E' morta. In ogni caso, Elizabeth lavora praticamente tutto il giorno e sarà difficile per entrambi riuscire a ritagliare un momento per riunirci ed incontrarla.-

 

-Ma il tempo per fare i vostri comodi da non sposati riuscite a trovarlo spesso, a quanto pare.-

 

-PADRE!! Ora basta, non ti lascio insultarci senza far nulla per impedirlo!-

 

-Non alzare la voce con me!-    la voce dell'uomo era ghiaccio e veleno. Tagliava la pelle di Blaine e insudiciava le sue ferite. 

 

Non era mai stato all'altezza di quell'uomo. E tutto il peso, e l'angoscia di quei giorni lo uccidevano davanti alla mole immensa e terrificante di quell'uomo, che avrebbe potuto annullarlo con solo una stretta di mano. 

 

-Ricordati il tuo ruolo, Blaine. E non pensare minimamente di potermi ingannare o prenderti gioco di noi. Non ce lo meritiamo, e non ho alcuna intenzione di punirti, se lo ritengo non necessario. 

Per oggi basta, è ora che anch'io torni ai miei affari. Fammi avere presto tue notizie, e se possibili anche di questa donna.-

 

-Elizabeth. Si chiama Elizabeth...-

 

-Bene. Arriverà presto il momento in cui potrò incontrare questa ''Elizabeth'', non è così? Ebbene, a presto, Blaine.-

 

il moro si lasciò andare allo schienale della sedia mentre l'ombra del vecchio padre, in divisa da soldato, lasciava la tavola calda lasciandolo solo con l'angoscia di un timore che sapeva terribilmente di morte.

 

-A presto, padre...-

 

 

***

 

Nonostante l'euforia che gli riempiva il cuore e gli annebbiava la mente, il suo scopo ogni giorno da una vita sembrava essere esattamente correre. Correre per non tardare al lavoro, correre per poter prendere un po' di frutta prima dell'orario di punta, correre per poter trovare il padre prima che scada l'ora delle visite. 

 

Come ogni mattina, il mercato era un enorme brulicare di persone. Certo, non enorme come quelle piazze delle grandi città. Persino il mercato di Lipsia, in cui era stato soltanto una volta, era mille volte più grande di quello. Ma la periferia, il paese, aveva sempre quel non-so-ché di speciale, di intimo, che gli rallegrava la giornata anche quando non avrebbe per nulla dovuto.

 

Poiché è proprio nelle piccole città che le voci si spargono più velocemente. Quando pensi di conoscere chiunque, e ti ritrovi dietro un bancone ad ascoltare svogliatamente le storie e le vite di molte altre persone, dimentichi che a volte puoi essere proprio tu, l'oggetto di tanto interesse.

 

Sicuramente, quelle che fiorivano di bocca in bocca in quegli ultimi giorni dalle parti del paesello, erano le uniche chiacchiere che a Kurt non era dato conoscere.

 

Elizabeth che aveva finalmente rubato il cuore di un giovane soldato, pronto a chiederle di sposarla.

 

Elizabeth che si era invaghita di un ricco ereditiere, che presto l'avrebbe abbandonata per la guerra.

 

Lei che si appresta ad andare a vivere da lui. Lui che si appresta ad andare a vivere da lei.

 

Una fotografia, si parla di una fotografia che i due si sono fatto fare di recente. 

 

E poi la gioia, così evidente e splendida, che traspare dai loro volti quando si incontrano per caso o quando si cercano con affetto.

 

Non si erano mai resi conto d'essere osservati dagli occhi più interessati ed acuti della comunità. Non si erano accorti che quella loro trascuratezza, quel loro ignorare il mondo, anche se per pochi giorni, li aveva esposti ad una vera e propria trappola mediatica, fatta di voci e di sussurri, di biglietti e di sguardi complici. 

 

Se Blaine comprava della cioccolata, o dei fiori, o anche solo un pezzo di pane o una tovaglia a scacchi, loro lo sapevano.

 

Se Elizabeth tardava al lavoro, risultava spettinata o pensierosa, si stirava spesso la gonna e fissava la porta della bottega come in attesa, loro lo sapevano.

 

Così erano storie che si aggiungevano a storie, racconti e ipotesi di un'infanzia mai vissuta, di un presente pieno di drammi e i nostri poveri ragazzi da persone passavano a personaggi, in una vicenda che ormai aveva della tragedia.

 

Com'è stramba la gente, quando meno te lo aspetti.

 

Tutto d'un tratto, l'anonimia che aveva reso Kurt e Blaine perfetti, unici e soli, protetti dentro la loro piccola sfera privata, era svanita come una bolla di sapone che piano piano, mostrava il suo contenuto  al mondo. 

 

 

I capelli biondo grano ricadevano lungo il volto sottile mentre, davanti ad un banco di canapa, Kurt si piegava ad accarezzare un piccolo bastardino, figlio della strada, che con fantasia e interesse aveva soprannominato Pavlov. 

 

Così, anche tutti i compaesani avevano cominciato a chiamarlo in quel modo assurdo, Pavlov, sebbene nessuno conoscesse l'origine di quel nome russo. Ma Elizabeth era splendida e ogni suo gesto era carico di calore e allegria. 

 

Ormai ogni mattina, quando scendeva verso la piazza, prima di passare al lavoro lasciava al cucciolo sporco un tozzo di pane, e se era fortunato qualche avanzo in più. Poi, al paese, tutti iniziarono a fare lo stesso. Così ogni giorno, fisso davanti al caffé ''Auf dem Platz'', il piccolo Pavlov attendeva quel po' di cibo che gli donavano e qualche carezza amichevole, prima di ritirarsi in qualche luogo nascosto e tornare il giorno dopo.

 

Kurt adorava le piccole storie di paese. Del resto, cosa poteva avvenire di tanto importante tra quelle poche mura, se non la fame di un povero cane, diventato ormai persino più importante del primo cittadino? 

 

-E' incredibile, Elizabeth cara. Profumi di fiori come una dea!-

 

Si voltò sorridente, Kurt, senza accorgersi che a quelle parole aveva finito per voltarsi anche qualcun altro, mentre usciva dal caffé.

 

-Oh, è lei Signora Becker! Buongiorno. Sono uscita adesso dalla bottega, in effetti.-

 

-Abbiamo fatto proprio bene a mettere uno splendore simile tra tutti quei boccioli. Ci rallegri la giornata, qui al mercato!- 

 

Kurt strinse appena il cestino colmo d'ortaggi ed arrossì imbarazzato alle lusinghe della donna, cercando di far mostra di una disinvoltura che non gli apparteneva.

 

-Ora devo proprio andare, buona giornata! Mi saluti i suoi cari!-

 

La signora sorride come un gatto, stringendosi nel cappottino primaverile e augurandole ogni bene, mentre con la mano le dava il saluto.

 

Kurt si era già allontanato visibilmente quando la donna si volse verso le amiche per lodare entusiasta il fascino delicato e la cortesia della ragazza.

 

-Il giovane moretto si ritroverà una moglie da fare invidia a molti, ve lo garantisco. Quella fanciulla è spettacolare, non le ho mai visto fare o sentito dire nulla di scorretto!-

 

Le donne annuirono all'unisono, fantasticando ad alta voce sulla coppia novella, mentre si allontanavano a gruppo dal banco della canapa.

 

Pavlov rimaneva diligente seduto al proprio posto, scodinzolando quando vedeva un volto particolarmente familiare e osservando il mondo dagli occhi piccoli e chiari di un cane.

 

Solo un uomo, davanti alla vetrata del caffé, rimaneva fisso immobile, lo sguardo gelido carico di pensieri e le mani in tasca, osservando lì dove era sparita la giovane ragazza.

 

Era arrivato da poco, dicevano al paese. Quel tale, marito della nobildonna pignola all'ospedale. Probabilmente era poco avvezzo ai luoghi così stretti, lui che viveva nel lusso e che uccideva per vivere. 

Nessun civile vorrebbe mai avere un Ufficiale delle SS tra le sue mura più care. Si diceva portassero guai e sventura, polvere e sangue agli sventurati che avevano la sfortuna di incontrarlo.

 

D. R. Anderson non era certo un'eccezione. 

 

 

***

 

Blaine era pallido come un cencio. Stava fermo sulla vecchia sedia, fissando il vuoto con incredibile interesse. Di tanto in tanto annuiva assente, quando Kurt gli raccontava la giornata, e sospirava stanco, senza mai serrare gli occhi, completamenti assenti a ciò che lo circondava.

 

-Devo dedurre che vi sia qualcun altro nei tuoi pensieri, ad occupare il mio posto?-

 

Il moro si riscosse appena, fissandolo interrogativo, senza però rispondere alla sua domanda.

 

-Come?-    Kurt sbuffò appena, lasciando il mestolo di legno nel lavandino colmo d'acqua.

 

-Cosa ti turba, Blaine?-

 

L'uomo lo fissò per qualche secondo, lo sconforto più totale traspariva dai suoi occhi color miele e le membra stanche poggiarono in un tonfo sordo contro lo schienale. 

 

-E' tornato mio padre, quest'oggi. Da Berlino.-

 

Il giovane sgranò gli occhi, senza però emettere un fiato, né agitandosi più del dovuto. Si sedette con estrema calma di fronte all'amato e lo fisso negli occhi come mai aveva fatto prima. Col terrore più intimo, e l'amore più profondo.

 

-Tuo padre è qui? Vi siete incontrati?-

 

Blaine chiuse piano gli occhi, raggiunto dalle mani calde di Kurt che si strinsero intorno alle sue.

 

-Sì, abbiamo fatto colazione insieme, stamattina. Mi ha raccontato di mia madre, e poi...-

 

Una pausa, e la consapevolezza delle parole lo investì come una tempesta.

 

-Lui sa'.-

 

 

Perse quasi la vista, Kurt.

 

Il corpo cedette, le gambe persero del tutto sensibilità e le mani del moro dovettero stringerlo oltre il tavolo per evitare che si sbilanciasse, un senso di vertigine, di disgusto e di terrore puro gli raffreddò il sangue fino a renderlo blu, e il suo corpo intero grigio cenere.

 

-Sa' di noi. O meglio, di me ed Elizabeth! No... non davvero di noi due. Cristo.-

 

Kurt riprese a respirare come un naufrago, sussurrando preghiere e ringraziamenti verso un Dio in cui faticava a crede. 

 

-Ma vuole incontrarti.-

 

Si fissavano in silenzio. Si ponevano domande a cui non sapevano rispondere. E tremavano impercettibilmente, le mani di uno strette a quelle dell'altro.

 

-Desidera incontrarmi? Incontrare Elizabeth?-    Blaine annuisce.

 

-A quanto pare nelle città piccole le voci corrono più veloci di quel che pensavamo. Sono arrivate sino a mia madre. Dicono che ti ho chiesto di sposarmi... non so quant'altro, ma lo immagino abbastanza.-

 

-Mi hai chiesto di sposarti?-  sussurrò il biondo, ridendo appena, ancora parecchio teso.

 

-Non... non credo d'averlo fatto...- rise l'uomo, nervoso. -Ma se è un anello che desideri, andrò a comprare il più bello.-

 

-Oh, Blaine. No, non preoccuparti, nessun anello. Ma ai tuoi genitori cosa hai detto?-

 

Non avrebbe mai voluto rispondere.

 

-Gli ho detto che non ti ho chiesto, in effetti, la mano. Ma che sì. Intendevo farlo. Loro ora ti reputano la mia futura moglie... o meglio, vorranno testarti, metterti in difficoltà. Faranno ogni ricerca possibile per cercare un angolo buio, una macchia sul tuo curriculum, nella tua storia, e finché non avranno qualcosa su cui discutere, non si daranno pace. Non mia madre, quanto meno.-

 

-Blaine...-  e il fiato del giovane è freddo e spezzato, le mani lottano visibilmente contro i tremori della paura. -il mio curriculum è pieno di macchie. Non ci vorrà nemmeno un minuto perché trovino qella famosa prova che stanno cercando. Se te lo sei dimenticato, non sono una contadina giovane e vergine, senza soldi ma dal cuore d'oro ed un passato di carità.-    Le lacrime scorrono copiose lungo il volto pallido del biondo. Non si fermeranno.

-Sono un UOMO, Blaine. Penso che basti a regalare la mia testa al boia... Che ricerche vuoi che facciano? Cosa pensi che potrò raccontargli? Elizabeth Hummel NON ESISTE. Non troverai mai questo nome in un anagrafe. Ma se cercherai Bartholomeus Hummel troverai sicuramente 'Kurt Hummel' e 'Finn Hudson' come figli. Posso anche concedermi di recitare se i miei spettatori sono quattro paesani con la cataratta, semplici e privi di malizia. MA COME PERNSI CHE POSSA ANCHE SOLO AVVICINARMI AD UN UFFICIALE DELLE SS?!-

 

Non riusciva a respirare. Blaine si alzò di colpo e corse a stringerlo a sé, premendo le labbra contro la fronte gelida e pregando. Pregando in ogni lingua che conoscesse.

 

 

 

L'importante era rimanere calmi. Freddi. Calcolatori.

 

Questa è sempre stata l'immagine di suo padre. Un uomo senza un filo di passione, completamente dedito a sé stesso e al suo lavoro, anche quando ricopriva un ruolo minore nell'esercito. 

 

Kurt tremava, la morte dipinta sul volto.

 

Avevano scelto insieme di percorrere quella strada. Quando lo aveva accettato, con le sue mani aveva accolto anche quel fardello, quell'enorme crimine di cui si erano macchiati entrambi e di cui non riusciva a vergognarsi.

 

 No. Non avrebbe mai potuto presentare Kurt ai suoi genitori. Sarebbe come accompagnare l'agnello nella tana del lupo e rimanere a guardare mentre lo sbranano.

 

Doveva ricercare dentro di sé quella qualità che lo aveva accompagnato per tutta l'adolescenza. Che lo aveva lasciato solo. Che lo aveva portato ad odiare persino sé stesso.

 

Sii insensibile. Concentrati. Ignora il suo dolore. Cerca una soluzione.

 

Mente sgombra. Sangue freddo.

 

 

-Faremo in modo di farti scappare, anche se non sarà esattamente una fuga...-

 

Kurt si voltò verso di lui, aggrappandosi ai suoi avambracci e fissandolo furioso come un cucciolo disperato.

 

-Scappare?! Blaine, scappare dai tuoi genitori sarebbe come dichiarare la mia colpevolezza! Scappare da qui significa solo la mia morte certa!-

 

-PRESENTARTI AI MIEI GENITORI SIGNIFICA SOLAMENTE MORTE CERTA!!-    Non avrebbe voluto urlare.

-Kurt, ascoltami. Non piangere. Vieni qui.-   le mani che lo cullavano tremavano, ma nessuno desiderava farci caso in quel momento.

-Ho già detto a mio padre che lavori praticamente sempre. Andrò a dire in negozio e alla maglieria che ti sei ammalato gravemente, che hai bisogno di cure immediate. Poi, tra due giorni, dirò lo stesso a mio padre. Nel frattempo ci allontaneremo da qui.-

 

Kurt tirò sù appena col naso, ora più rilassato, teso a cercare una scappatoia da quella situazione infame e pericolosa.

 

-Perché allontanarci?-

 

-Perché entro pochi giorni, probabilmente meno di una settimana, dimetteranno mia madre. Il lavoro a Berlino è tanto, tantissimo dato che siamo decisamente in piena guerra. C'è il caso che presto anche il mio permesso finisca, una volta che non ci sarà più motivo di rimanere. Mio padre deve tornare il prima possibile, e a noi basterà temporeggiare il più possibile. Una volta che sarà costretto a tornare, sarà molto più semplice per noi sparire.-

 

Il giovane lo fissò serio. Gli scoppi delle bombe hanno fatto da sottofondo troppe volte ai loro incontri per potersene dimenticare.

 

-Andrai in guerra, quando ti chiameranno.-   era una domanda? O una constatazione colma d'angoscia?

 

-No... non andrò. Appena i miei genitori torneranno, Kurt, noi due partiremo definitivamente. Da qui non sarà difficile raggiungere i confini con l'Austria senza incontrare pattuglie importanti. Per un po' dimentichiamoci l'Italia, ma passando dalla Svizzera potremmo arrivare in Francia!-

 

-Credi che la Svizzera darà asilo politico a due fuggitivi nazisti?-

 

-Non abbiamo scelta, se non provare. Cominceremo ad eliminare ogni traccia di noi sin da subito. Quando partiremo, Blaine Anderson sarà morto da qualche parte tra questi campi ed Elizabeth Hummel rapita da dei soldati. Avremo altre identità, altri nomi ed altre vite...-

 

 

Kurt pensava. Pensava e non trovava schegge in quel vetro troppo bello e trasparente per essere vero.

 

Forse era quell'angoscia assurda che gli paralizzava le gambe e lo costringeva a tremare febbricitante.

 

Forse era la speranza, che per davvero pare essere l'ultima a morire. In particolar modo quando sei ad un passo dal precipizio.

 

Forse invece era l'amore. La fiducia estrema che guidava il suo cuore mentre la mente era incapace di emettere alcun ragionamento. 

 

Chiuse gli occhi, e sorrise.  Un piccolo sorriso, timido e tirato, ma che gli illuminò il volto con una nuova luce, piena di vita.

 

-Cosa farò, mentre tu reciterai la tua parte? Dovrò rimanere completamente chiuso in casa?-

 

-No. Sarebbe troppo rischioso. Non posso permettere che mio padre si insospettisca e venga a trovarti nel luogo in cui sei più al sicuro e più vulnerabile. Domani stesso ti accompagnerò fuori città. Ti nasconderai tra le case abbandonate ai margini del paese, quelle che danno sulla campagna. E lì aspetterai che ti raggiunga per partire.-

 

-Non possiamo sapere quando verrà davvero dimessa tua madre, Blaine. Io come farò ad aspettare per chissà quanti giorni, nascosto nell'ombra, completamente solo?-

 

-Non sarai solo. Verrò da te ogni notte, e se possibile anche di giorno. Ti porterò ogni provvista necessaria e ti aggiornerò su ogni loro movimento. Frequenterò più spesso l'ospedale finché sarà necessario, così da avere almeno un margine di due, o tre giorni di anticipo per quando mia madre lascerà la stanza.-

 

-E sia. Non ci rimane che questo, del resto. No? Sperare che tutto funzioni.-

 

-Kurt...-   Blaine sorrise, raggiungendo le labbra del giovane e baciandole con passione, scaldando il corpo rigido e freddo dell'amante.

 

-Noi due, insieme, siamo invincibili. Pensi che basti un padre annoiato a buttarci giù? 

 

Vieni qua, amore mio. Unisciti a me, per questa notte. 

 

Domani saremo complici e fuggitivi. Ma per questa sera, limitiamoci a noi due.

 

Kurt e Blaine. Amanti e soli, contro la legge.-

 

 

Le mani calde gli sfiorano le cosce, che vanno ad aggrapparsi leggere, troppo leggere, intorno al suo busto. 

 

Poi sono baci pieni di passione. 

 

Sono coperte che sfiorano la pelle nuda e magra. Sono gambe che si intrecciano, braccia che si cercano, disperate, fragili, necessarie. 

 

Le lacrime scendono, senza essere fermate.

 

Non ce n'era la forza, né la volontà. 

 

Non c'era vergogna nei loro gesti, e le anime spoglie si specchiavano l'una davanti all'altra. 

 

Sopravvivere, e soprattutto, sopravvivere insieme.

 

 

 

 

 

Se Blaine avesse potuto, il mattino dopo, sarebbe corso in chiesa a chiedergli di sposarlo.

 

Invece sorrise, pieno di Kurt.

 

-Dobbiamo prepararci. Sveglia, sù.

 

E' ora, amore mio.-

 

 

 

 

 

 

 

 

PICCOLO ANGOLINO APPARTATO

 

Ebbene è ora. Si inizia il count down micidiale. Solo due capitoli alla fine, e fidatevi, non saranno due capitoli leggeri! D:

Non so' voi, ma io  sono finalmente riuscita a riprendermi adesso dal Natale.

Come sono piena di spirito natalizio per tutto il mese di dicembre, penso seriamente di odiare con tutta me stessa i giorni che seguono D: In particolare il 25. Terribile, definitivamente.

Il ritardo, anche questa volta, è pressappoco indecente. D:

Questo dicembre è abbastanza da dimenticare, decisamente, in particolar modo gli esami!

In ogni caso molto probabilmente, per farmi perdonare, aggiornerò entrambi gli ultimi capitoli entro le vacanze. 

Non prometto nulla, purtroppo, ma farò il possibile, visto il tempo /quasi/ libero che mi rimane! *^*

Passiamo a noi, però! :D

Com'è andato il vostro natale?? Se avete ricevuto qualche regalo particolare, a maggior ragione ''telefilmoso'' (concedetemi il termine :°D), potere scrivermelo! Mi fa' molto piacere sentire anche da voi! *^*

Il mio natale è stato letteralmente pieno di libri, ma non potevo chiedere di meglio xD

Per ora, buon proseguimento di vacanze!  Vi aspetto volentieri anche nel prossimo capitolo, sperando davvero che questo vi sia piaciuto! 

Vi ringrazio davvero un mondo, soprattutto perché siete tantissimi! ç-ç Grazie!


A presto (questa volta per davvero, diamine D:)!!! :DD
 

P.s.: Una curiosità. Io non studio tedesco, e sono davvero un'impedita con questa lingua xD  Tuttavia mi sembra giusto specificare che il titolo di questo capitolo, ''Geben Sie ihm etwas Zeit'' , che ho tradotto come ''Regalare tempo al tempo'', letteralmente è un'espressione che significa 'concedetegli un po' di tempo'.

Forse suonava meglio così, chi lo sa' ;D

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Archybald