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Autore: _Renesmee Cullen_    28/12/2013    5 recensioni
210 a.C., Aurora, principessa Greca, dopo che la sua città è stata saccheggiata dai Romani, viene rapita da questi e scambiata per una ancella. Tra i romani c'è Fabrizio, un generale che mostra da subito un certo interesse per Aurora. La ragazza decide di non rivelare la sua vera identità a nessuno, ma dopo essere arrivata a Roma scopre che non è facile, soprattutto con gli occhi di Fabrizio, che sospetta qualcosa, sempre addosso. Nella Roma Repubblicana, dove la divisione tra classi sociali rappresenta una delle credenze più importanti di tutte, cosa potrebbe succedere se i due si innamorassero?
Dal primo capitolo:
Fabrizio alzò un sopracciglio, ma non disse nulla. Si spogliò invece dell’armatura e rimase a petto nudo. Nel fisico allenato risaltavano le braccia muscolose, le spalle larghe e i pettorali. Dopo poco venne verso di me, e si chinò alla mia altezza.
-Senti… facciamo così... io non prendo in giro te e tu non prendi in giro me, d’accordo? Mi sembra un patto vantaggioso per entrambi.- disse, a un soffio dalle mie labbra, nella sua lingua natale. Iniziai a sudare, ma mi obbligai a rispondere, in un perfetto latino.
-D’accordo.- conclusi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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CAPITOLO 25 - La verità


 

Mi avvicinai e mi misi a terra, di fronte a lui, appoggiandomi sulle ginocchia in maniera lenta e calcolata. La reazione del generale non faceva presagire nulla di buono. Mentre teneva lo sguardo rivolto verso il basso senza parlare e senza quasi respirare, gli alzai il mento con le dita e lo spinsi a guardarmi, forzandolo: quel silenzio era più terribile di mille parole. Lo guardai negli occhi che erano più scuri del solito, attraversati da un'ombra che solitamente non era presente nel suo sguardo. Rabbrividii ma mi feci coraggio:

-Fabrizio... parlami, di qualcosa!- esclamai preoccupata: avrei preferito cento volte che mi sbraitasse contro, che mi insultasse o gridasse... quel silenzio, invece, pieno di parole non dette e pensieri nascosti, pesava più di un macigno sopra la mia testa.

-Mi hai mentito... per tutto questo tempo...- disse, inarcando le sopracciglia nere in maniera minacciosa -come hai potuto... come...!?- iniziò, il tono di voce basso e rauco, proprio di una persona che sta cercando di trattenere un'emozione troppo forte. Strinse i pugni con così tanta forza che le nocche gli diventarono bianche, tuttavia non si mosse oltre: sembrava una statua, bellissima e terribile allo stesso tempo.

-Non dirmi così! Non sapevo cosa fare, mi trovavo in una terra straniera, circondata da persone che avevano trucidato il mio popolo e continuavano a farlo!- esclamai in maniera convincente

-Avevo paura che se qualcuno avesse saputo chi fossi in realtà, avrebbe cercato di estorcermi informazioni e torturarmi...- iniziai, ma Fabrizio si alzò in piedi di scatto, agilmente, mentre io barcollavo all'indietro, perdendo l'equilibrio:

-Non ti avrei mai fatto una cosa del genere! L'hai visto, te l'ho dimostrato... potevi fidarti di me, se non subito, dopo un po' di tempo! Ti avrei tenuto al sicuro da chiunque e da qualunque cosa!- esclamò accusandomi, puntandomi un dito contro. Il suo problema era quello della fiducia, dunque?

-Eri pur sempre un uomo romano! Non sapevo come avresti reagito se ti avessi detto la verità... la tua reazione sarebbe potuta essere la peggiore o la migliore... non ho mai avuto il coraggio di dirtelo!- dissi concitatamente, alzandomi in piedi a mia volta e cercando di fargli comprendere le mie ragioni, prendendomi la testa tra le mani e scuotendola.

-Hai preferito mentire e lasciare che accadesse tutto quello che è successo, senza mai dire nulla...- continuò il Generale, con voce rabbiosa, come se la dolcezza di poco prima fosse scomparsa all'improvviso. Respirai profondamente: non aveva il diritto di reagire in quel modo, non dopo quello che mi aveva fatto, io avevo compreso le sue ragione, toccava a lui comprendere le mie.

-Avevo paura che oltre al resto avrebbero potuto darmi in sposa a un uomo che non amavo... ho preferito vivere come una serva, adattarmi ad una vita mai fatta, pur di riuscire a sfuggire a quel destino crudele!- controbattei, sicura che, se avessi insistito, alla fine avrebbe compreso i motivi per cui avevo agito in quel modo. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma sarei riuscita a fargli accettare quel dato di fatto.

-Ti avrebbero data in sposa a me! Io ti avevo salvata e catturata, eri una mia prigioniera! Non mi ami forse?- chiese come se gli avessi mentito anche su quello e non lo amassi davvero. Sbattei un piede per terra, piccata ed incredula:

-Come potevo saperlo? Quando sono arrivata a Roma il mio unico pensiero era quello di nascondere la mia identità per cercare di non correre rischi di nessun genere.- affermai, quasi gridando, con il fiatone -Se mi avessero dato in sposa a qualcun altro, invece? Se fossi arrivata a Roma e mi avessero dato in sposa a qualcun altro? Al mio arrivo a Roma non potevo essere innamorata di te, non volevo sposarti, come puoi biasimarmi?- chiesi, sperando davvero che non credesse che i miei sentimenti per lui fossero falsi. -Se mi avessero uccisa perchè io mai e poi mai avrei rivelato i segreti di mio zio, il re?- domandai retoricamente, convinta che non sarebbe riuscito a controbattere a quelle affermazioni.

-Non avrei mai permesso nulla di quanto hai detto...- iniziò, ma lo interruppi, certa che la sua risposta fosse troppo poco convincente per essere presa in considerazione:

-Questo nessuno può saperlo. Io sono arrivata a Roma, catturata dai miei nemici, spaesata e con l'unico desiderio di non essere torturata a morte e di non sposare un uomo che non conoscevo né amavo.- dissi. Respirai profondamente e smisi di gesticolare come se fossi stata una pazza. Fabrizio si mise le mani davanti agli occhi e scosse la testa, ricominciando a parlare:

-Allora perchè non dirmelo dopo? Dopo che avevi visto quanto ero innamorato di te e quanto ero devastato dal fatto che era impossibile che io e te ci sposassimo, visto il tuo stato, perchè non me l'hai detto? Oppure, perchè non l'hai fatto quando hai saputo che ero promesso sposo ad un'altra?- chiese ancora, con la voce ovattata, mentre iniziava a camminare da destra a sinistra nervosamente, sfregando le mani l'una sull'altra.

-Quando... sono entrata nella tua stanza e tu eri...- iniziai, ma non riuscii a concludere la frase: ricordare e raccontare ciò che era successo mi faceva troppo male e mi causava un nodo alla gola. Respirai profondamente e ricominciai:

-Quando sono entrata nella tua stanza, quel giorno in cui tu- enfatizzai quel “tu”per rendere meglio l'idea, mentre la mia voce si spezzava a causa del ricordo terribile -mi hai tradita, ero venuta per dirti chi fossi. Dopo, però, appena ho visto ciò che avevi fatto, ho pensato che preferissi un'altra, che non mi amassi davvero e ho deciso che il mio segreto sarebbe morto assieme a me, dopo quello che mi avevi fatto.- conclusi, stringendo i pugni per trattenere le lacrime. Non volevo piangere di nuovo, dovevo essere forte. Non potevo abbandonarmi alla debolezza in ogni istante.

Fabrizio non rispose alle mie parole, ma lasciò cadere le spalle, rilassandosi: probabilmente stava trattenendo il respiro.

-So che cosa pensi.- dissi infine -Se ti avessi detto la verità prima ora non ci troveremmo a questo punto... ma anche se tu l'avessi fatto ora non saremmo qui, credo. Entrambi abbiamo sbagliato, tanto, tutti e due abbiamo fatto un torto all'altro. Non è ora di dimenticare e di guardare avanti, ora?- chiesi, sorridendogli timidamente, non sicura di averlo placato con le mie parole. Inizialmente il Generale non disse ne fece nulla e per un attimo temetti di averlo perduto di nuovo, questa volta per sempre, dopo di che sorrise a sua volta:

-Hai davvero ragione... non posso adirarmi in questo modo, quando l'unica cosa che hai cercato di fare è stato sopravvivere... e chi lo sa, forse doveva andare così. Probabilmente il Fato voleva questo. Ho capito una cosa, però- disse sorridendo, avvicinandosi lentamente a me e prendendomi le mani tra le sue, stringendole con trasporto:

-D'ora in poi, visto tutto quello che è accaduto, dobbiamo fidarci l'uno dell'altra incondizionatamente.- disse e io annuii forte e gli saltai al collo, abbracciandolo: chi avrebbe mai detto che sarebbe stato così facile dirgli la verità e riappacificarmi con lui? Per un istante avevo davvero temuto di averlo perduto ancora una volta, invece gli dei avevano deciso che non sarebbe accaduto. Ad un tratto, Fabrizio si scansò, mi guardò negli occhi con una punta di divertimento e si inginocchiò davanti a me, con un ginocchio piegato in avanti e uno appoggiato al suolo. Mi prese la mano e sorrise gioiosamente.

-Che cosa stai facendo?- chiesi interdetta, arrossendo: non capivo quali fossero le intenzioni del Generale, che sembrava essere sul punto di saltare per la gioia e di fuggire via per l'emozione allo stesso tempo. Lui abbassò la testa e mi baciò la mano con forza:

-Sei una Principessa... i militari si inchinano al passaggio dei superiori- affermò sicuro. Io cercai di divincolarmi dalla sua stretta, invano. Non volevo che da quel momento in poi iniziasse ad utilizzare quelle formalità inutili: non c'erano mai state tra di noi, nemmeno quando fingevo che fosse lui il mio superiore.

-Smettila di comportarti così! Non voglio la proskynesis(1*)... non sono un Regina, né un'Imperatrice, né un condottiero di eserciti... io sono come te, non devi utilizzare queste stupide riverenze... mi fanno sentire a disagio- iniziai a parlare a raffica, non sapendo che altro fare: quella situazione era così strana che quasi faceva venire voglia di ridere.

-Va bene, mia Principessa, come desideri. Non mi comporterò in maniera formale al tuo cospetto!- esclamò non muovendosi, tuttavia, di un passo dalla sua posizione. Scossi la testa, indignata: si stava evidentemente prendendo gioco di me.

-Mi stai prendendo in giro? Allora perchè continui a stare davanti a me in questo modo buffo? E non chiamarmi Principessa!- lo ripresi di nuovo, cercando ancora una volta di farlo muovere da quella posizione, quanto meno, o di farlo alzare in piedi. Non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi, poiché teneva lo sguardo fisso sul terreno e questo mi procurava ansia: che cosa aveva intenzione di fare? Dovevo preoccuparmi?

-Non mi sto prostrando davanti a te. Devo farti una richiesta importante e gli uomini non sono così coraggiosi da guardare una donna in viso quando chiedono questo genere di cose, dunque lo fanno in ginocchio(2*)- spiegò. Io continuai a guardarlo interdetta, non riuscendo ad immaginare nemmeno per un secondo cosa stesse per domandarmi. Tacqui e aspettai che continuasse:

-Mia Princ... anzi, mia dolce Aurora, mi concederesti lo straordinario onore di diventare mia moglie?- chiese, forte e chiaramente, senza un minimo di esitazione nella voce. Per un istante non capii davvero cosa mi stesse dicendo. Inizialmente pensai di non aver capito bene e non risposi, non volendo dire qualcosa di inappropriato. Il Generale, contro ogni mia aspettativa tacque per un po' ed io compresi: non mi ero sbagliata, Fabrizio mi aveva veramente chiesto se volessi diventare sua moglie. Boccheggiai per qualche istante, cercando di parlare ma non ci riuscii a causa dello stupore e della felicità che mi aveva provocato quella notizia. Respirai profondamente e questa volta riuscii a rispondere:

-Mille e mille volte si!- esclamai convinta, con le lacrime agli occhi per la commozione e la gioia. Fabrizio alzò la testa di scatto e sorrise raggiante, come se vedesse il sole. Mi prese per i fianchi e mi sollevò, baciandomi e facendomi volteggiare. Mi baciò ancora e ancora mentre mi aggrappavo a lui come se fosse un'ancora di salvezza e lui avvolse tra le sue braccia calde, tra le quali mi sentivo al sicuro. Mi staccai e lo guardai negli occhi contenta. All'improvviso, però, la realtà mi cadde addosso: nonostante tutto Fabrizio era ancora promesso sposo a Lucrezia... cosa avremmo potuto fare? Esternai i miei dubbi:

-Fabrizio... tu sei ancora legato a quella donna, siete fidanzati. Cosa hai intenzione di fare?- domandai incerta, non guardandolo negli occhi e temendo la risposta.

-Non avere paura, amore mio- disse il Generale accarezzandomi una guancia e spingendomi a guardarlo -Quella donna è un'impostora, troverò il modo di smascherarla!- esclamò convinto e in quel momento non ebbi tempo di pormi altre domande perchè Fabrizio riprese a baciarmi con passione: era un'occupazione molto più soddisfacente.


 

P.O.V. Fabrizio


 

Dopo aver passato quasi tutta la notte con Aurora e prima che albeggiasse, ero riuscito a tornare a casa. Camminai velocemente per i corridoi della Villa, cercando di essere più silenzioso possibile e di non farmi vedere da nessuno, tanto meno da Filenide e sua figlia.

Non appena entrai nella mia camera mi richiusi la porta alle spalle lentamente e la serrai con la chiave: qualsiasi precauzione presa non sarebbe mai stata sufficiente, dato che in casa viveva un'assassina professionista, pronta a compiere qualsiasi follia in qualunque momento. Mi stesi sul letto, cercando di prendere sonno: dopo poche ore avrei dovuto iniziare l'operazione per smascherare le due donne. Se volevo che mio padre accettasse l'idea che spossassi un'altra ragazza, dovevo fornirgli prove sufficienti affinchè potesse rompere l'altro patto. Quale dimostrazione migliore che fargli vedere che quelle due erano assassine e imbroglione?

Mi rigirai a lungo nel letto, senza riuscire a prendere sonno: erano successe troppe cose che mi spingevano a riflettere, quella sera. Se da una parte sapere che Aurora era una Principessa (e non una qualsiasi, ma l'ultima erede del regno di Macedonia) mi aveva scosso e sconvolto, dall'altra era quasi come se una parte di me l'avesse sempre saputo. Troppi erano stati i segnali che me l'avevano fatto comprendere: i suoi modi di fare, il suo carattere sfrontato e irrispettoso, la sua grandissima cultura.

Sebbene inizialmente non avessi reagito bene a quella notizia poiché odiavo le menzogne, in quel momento non riuscivo a portare rancore ad Aurora: la felicità che a sua volta mi avesse perdonato e che l'avessi ritrovata era più grande di qualsiasi altro sentimento. Sentire la sua pelle delicata sotto i polpastrelli e le sue labbra morbide che si muovevano all'unisono con le mie e le sue braccia che mi stringevano forte le spalle erano sensazioni a cui mai e poi mai avrei rinunciato. Non avrei creduto, nella vita, di poter incontrare una persona che mi avrebbe fatto innamorare a tal punto da umiliarmi per ricevere il suo perdono... ma cos'era quello, di fronte a ciò che provavo per la mia dolce Principessa?

Assorto nei pensieri non mi accorsi del tempo che passava e, mentre stavo per addormentarmi, il gallo cantò. Lasciai dietro di me la stanchezza e mi alzai velocemente: da quello che avrei fatto nei prossimi giorni, sarebbe dipesa la mia felicità con Aurora. Quando uscii dalla mia camera, dopo aver cancellato con l'acqua i segni della mia avventura notturna, la Villa era già sveglia e in movimento.

La prima idea che mi balenò in mente fu che, certamente, da solo non sarei riuscito a concludere nulla di importante. Avevo intenzione di intrufolarmi nelle stanze delle due donne e di certo questo era impossibile: se mi avessero visto, quale spiegazione avrei arrecato loro? Di chi fidarmi, tuttavia, per compiere quella missione rischiosa? Pensai per qualche minuto: mai mi sarei affidato a mia madre. Dopo quello che mi aveva raccontato Aurora, era ovvio che lei non desiderava che stessimo insieme e che combattessimo per la nostra storia. Sebbene cercassi di comprendere che l'unica cosa che desiderava era tenermi al sicuro ed evitare sofferenze inutili, non potevo tollerare quel comportamento e prima o poi le avrei fatto sapere che nulla di quanto aveva fatto era stato scordato. Improvvisamente, dopo aver pensato a lungo, ebbi una folgorazione: sapevo perfettamente a chi rivolgermi.


 

-Credi di poterlo fare?- chiesi speranzoso, fissando Attilia negli occhi in maniera intensa. La ragazzina, mentre le spiegavo tutto quello che era successo senza riserve e le spiegavo ciò che avevo bisogno che facesse, aveva tenuto lo sguardo fisso a terra. Alla mia domanda alzò gli occhi e le sopracciglia, fissandomi incerta:

-Quindi, padrone, tu vuoi che io mi intrufoli nelle stanze delle signore con la scusa di doverle pulire e rassettare e frughi nei loro cassetti e sotto i letti per trovare delle prove che dimostrino che sono due impostore e poco di buono... perchè tu ora puoi sposare Aurora perchè lei è una Principessa Macedone ma l'unica cosa che te lo impedisce è il tuo fidanzamento con Lucrezia e l'unico modo per scioglierlo è dimostrare a tuo padre che lei e sua madre sono due poco di buono, perchè a te sembra che siano tali?- domandò concitatamente, iniziando a gesticolare. Socchiusi gli occhi, stupito che avesse compreso in maniera così celere la questione:

-Si, hai centrato il fatto.- dissi, sospirando -Mi rendo conto di averti chiesto una follia, potrebbe essere davvero pericoloso fare quello che ti ho chiesto, ma senza il tuo aiuto io e Aurora siamo condannati a rimanere separati e a vivere una vita infelice- dissi, esternando in maniera eccessiva i miei sentimenti. Se per ottenere ciò che volevo era necessario mostrare la parte più debole di me a una serva, bene, l'avrei fatto.

-Sono davvero tante informazioni da recepire...- sussurrò la ragazza, che assunse un'espressione pensierosa che la faceva sembrare ancora più piccola di quello che era -ma se c'è anche una piccola parte di verità in ciò che mi hai detto, allora ti dico: ti aiuterò! In realtà mi lascia parecchio di sasso sapere che Aurora è una Principessa e non me l'abbia detto... ma suppongo che se non l'ha detto a te, perchè avrebbe dovuto farlo con me? Conta pure su di me, Generale.- disse annuendo convinta.

-Non smetterò mai di ringraziarti... - dissi sicuro e dopo averle stretto una mano in segno di gratitudine, me ne andai: sarei andato in Senato per scoprire tutto ciò che potevo sull'identità di quella donna che, a quanto sembrava, era la sorella di un Senatore.


 

Camminavo ripetutamente e instancabilmente da destra a sinistra davanti all'ufficio di mio padre da un tempo che sembrava essere infinito. Dopo essere stato in Senato e aver appresso delle notizie terrificanti, ero corso alla Villa e avevo chiesto udienza a mio padre. A causa dei suoi numerosi impegni come Senatore, stava ricevendo un ambasciatore che portava notizie della situazione disastrosa(3*) delle province e mi aveva fatto aspettare davanti al suo studio. Il mio cuore e la mia mente non riuscivano a trovare pace: non facevo altro che pensare a ciò che mi aveva mostrato Attilia appena avevo messo piede alla Villa: più tempo passava durante il quale quelle donne non venivano scoperte, più la vita degli abitanti della proprietà si metteva in pericolo.

Respirai forte e mi fermai, tentando in qualche modo di calmarmi: un Generale romano non doveva reagire a quel modo, nemmeno nelle situazioni di più profonda disperazione. Era necessario che mantenessi la calma e pensassi con lucidità a quello che di li a poco mi sarei apprestato a fare.

Improvvisamente la porta dello studio si aprì e ne uscì l'ambasciatore, vestito in maniera elegante ed ordinata. Mi salutò con il pugno sul petto in segno di rispetto e se ne andò senza aggiungere altro. Mio padre, da dentro la stanza, mi fece cenno di entrare, ma prima di fare questo fermai un'ancella di passaggio e le intimai di condurre le signore nostre ospiti da me e mio padre con una certa urgenza. Entrai nella stanza e mi chiusi la porta alle spalle, sotto lo sguardo attonito di Cornelio, che aveva sentito ciò che avevo detto alla serva.

-Figlio, cosa sta succedendo? Cosa c'è di così importante da far riunire me e le signore e di così urgente da dove mettere fretta all'illustrissimo ambasciatore?- domandò preoccupato. Non fui capace di rassicurarlo in alcun modo: anche se non ne era a conoscenza, il suo turbamento era più che corretto.

-Lo scoprirai tra poco, padre- dissi, mentre cercavo di dominare l'ansia che trapelava da ogni poro della mia pelle. Strinsi i pugni: sarei uscito vittorioso da quella battaglia, soprattutto dopo tutte le informazioni che avevo ottenuto.

Il suo sguardo stupito mi spinse a dire qualcos'altro, ma fui interrotto dal rumore che proveniva dalla porta: dopo aver bussato, Lucrezia e Filenide si accomodarono nella stanza.

-Salve Senatore, salve Generale Fabrizio- disse la madre con apparente tranquillità, celando l'ansia dietro al movimento confuso delle sue sue mani e senza lasciare che la figlia parlasse domandò subito:

-Qual'è l'incombenza che vi ha portato a chiamarci con così tanta fretta?- domandò, quasi indignata dal fatto che tutto era accaduto troppo velocemente ed inaspettatamente per lei.

-Accomodatevi, signore- controbattei, non perdendo l'educazione che bisognava mostrare in ogni situazione, anche in quella più scomoda, che mi era stata inculcata da mio padre -vi spiegherò tutto con estrema calma.- iniziai, restando in piedi e mettendomi alla destra dello sgabello del Senatore, in piedi, non riuscendo a stare seduto a causa dell'agitazione.

-Spero innanzi tutto che vostro fratello, il Senatore Lelio stia bene... la settimana scorsa l'ho visto e aveva... cosa, dolori alle ossa, non è così?- domandai, mentendo spudoratamente e sapendo perfettamente che quanto avevo detto era una menzogna. Alle mie parole Filenide sbiancò, tuttavia, sempre mantenendo un certo contegno, rispose:

-Si, l'avete notato anche voi? Purtroppo mio fratello è afflitto da una malattia soltanto: la vecchiaia!- esclamò facendo un gesto di noncuranza con la mano, probabilmente più per cercare di sminuire il timore che stava provando nei miei confronti, pensai.

Tacqui per un po', sotto lo sguardo indagativo di tutti coloro che si trovavano nella stanza e sorrisi in maniera furba.

-Sono contento di poter dire, che questa mattina sono andato in Senato e ho incontrato l'illustrissimo Lelio, che mi ha informato di essere tornato proprio oggi dal viaggio di due mesi nella penisola Hispanica(4*) e per fortuna era perfettamente guarito, da un male che mai lo aveva colpito- dissi e tutti mi guardarono allibiti.

-Che cosa vorresti insinuare?- domandò Filenide, mentre la figlia si torturava le mani sfregandole tra loro e si mordeva ripetutamente il labbro inferiore.

-Voglio dire- iniziai, lanciando un'occhiata a mio padre, per vedere se mi stesse ascoltando -che voi sapevate, padre, che il Senatore Lelio era partito per quelle terre, non è così?- domandai retoricamente e Cornelio annuì non riuscendo inizialmente a capire dove volessi arrivare con il mio discorso articolato.

-Dove vuoi giungere dunque, Fabrizio? Che cosa vuoi dirci?- chiese impazientemente, non riuscendo a trattenere la sua trepidazione: non sapere cosa stesse accadendo lo metteva terribilmente a disagio.

-Voglio semplicemente dire che, se ho incontrato Lelio oggi in Senato e mi ha detto di essere appena tornato dal suo viaggio di due mesi, non è possibile che lo abbia incontrato una settimana fa.- dissi con fare da sapiente e prendendomi tutto il tempo per assaporare le espressioni che avevano preso vita sul volto delle due malfattrici: quello di Filenide era così bianco da poter essere scambiato per la neve che si trova sulle montagne, d'inverno, quello della figlia invece era così rosso per il nervosismo che sembrava il colore della lava di un vulcano che ha appena eruttato.

-Ancora non riesco a comprendere, figlio...- disse di nuovo mio padre e una parte di me si avvilì: l'arguzia che l'aveva caratterizzato fin da quando era giovane stava scomparendo pian piano con l'età.

-Voglio dire che queste donne sono due impostore. Filenide non è la sorella del Senatore Lelio e Lucrezia non è sua nipote. Questa mattina mi sono recato in Senato e ho cercato Lelio, del quale la qui presente signora- e indicai la donna più anziana delle due -ha detto di essere sorella. Il suo rientro era previsto tra un mese ma a causa della sua salute precaria (non dovuta certo alla vecchiaia o alle ossa doloranti) è dovuto rimpatriare. Mi ha raccontato di non avere sorelle, ma soltanto fratelli e di possedere si una nipote, figlia di un suo lontano parente morto da anni. La ragazza è molto graziosa, da ciò che mi ha detto, e mi ha anche riferito il fatto di volervela far conoscere per trovarle un pretendente.- conclusi. La sala si trovava nel silenzio più assoluto e mio padre senza parlare mi fece cenno di continuare, con una mano.

Le due donne mi guardavano allibite e me ne compiacqui in maniera quasi esagerata:

-Certamente le qui presenti illustrissime donne- dissi con ironia, enfatizzando a parola “illustrissime” -si chiederanno che cosa mi ha spinto ad indagare su di loro. Raccontare tutto ciò che è accaduto fin dal principio ci allontanerebbe dal mio scopo principale, che è quello di smascherarvi, così che, dirò soltanto che alcuni comportamenti ambigui e alcune cicatrici viste di sfuggita hanno destato in me il sospetto che voi due non siete davvero chi dite di essere- dissi con forza, convinto e presi fiato per riuscire a parlare meglio -infine, un'ancella di questa casa, di cui non farò il nome per proteggere e tutelare, ha scoperto nella camera di Filenide un pezzo di stoffa sotto il letto, sporco di tintura scura per capelli: è evidente che la donna voglia nascondere il suo aspetto originale.- affermai e a quel punto mio padre sbattè con rabbia un pungno sul tavolo in legno davanti al quale era seduto:

-Chi sono allora queste due e cosa le porta qui?- domandò alzando la voce. Filenide strinse con forza i bordi dello sgabello sul quale era seduta, facendo diventare bianche le nocche delle mani e, trattenendo il fiato e diventando rossa in viso improvvisamente, controbatté:

-Signor Senatore, non crederai davvero alle parole di tuo figlio! Sta facendo questo soltanto perchè non è un uomo di parola e nonostante quello che le ha fatto, ora non vuole sposarla!- esclamò disperata, aggrappandosi all'unico argomento cui poteva far fronte.

-Taci, donna e lascia parlare me.- disse il Senatore, adirato e preoccupato come poche volte avevo visto, mentre tentava di mantenere la calma e si alzava dalla sua postazione.

-Figlio, ti rendi conto che l'accusa che stai muovendo contro queste donne è molto grave? Sei così sicuro che loro non siano chi dichiarano?- domandò, questa volta con cautela. -Chi può confermarmi che quanto hai detto è la verità?- domandò mettendomi le mani sulle spalle. Stavo per controbattere dicendo che avrebbe potuto chiedere tutto a Lelio e che doveva credere ciecamente alle parole di suo figlio più che a quelle delle sconosciute, quando Lucrezia parlò, inaspettatamente:

-Lo confermo io- disse flebilmente, senza guardare nessuno in faccia e puntando gli occhi in grembo, non avendo il coraggio di guardare nessuno di noi.

-Mia madre non è la sorella del Senatore Lelio... è solo una morta di fame che cerca di arricchirsi alle spalle degli altri- sputò tra i denti con rabbia. Lo stupore iniziale cedette il passo al sollievo: forse sarebbe stato tutto molto più facile di quando potessi credere.

-Lucrezia...- iniziò la madre stringendo le mani a pugno -non sai cosa stai dicendo, forse è il caso che..- disse, con una voce che evidentemente non sapeva celare l'ansia, ma mio padre la interruppe prontamente:

-Taci, di grazia. E tu, ragazza, spiegati! Cosa stai dicendo?- domandò stupito, con il viso che iniziava a colorarsi di rosso: se c'era qualcosa che mio padre detestava più della codardia e del tradimento, era l'inganno. Un cittadino romano deve essere leale e sincero, non deve raggiungere i suoi scopi e ottenere guadagni attraverso sotterfugi.

-Tutto è iniziato anni fa: mia madre era ancora giovane, figlia di una famiglia di umili contadini. Non aveva mai avuto ciò che desiderava: il denaro, tuttavia un giovane uomo era riuscito a farle dimenticare quel pensiero quasi ossessivo e vissero felicemente per alcuni anni. Dopo che fui nata io, mio padre morì a causa di un uomo ricco e potente e Filenide decise: avrebbe ottenuto tutto il denaro di cui aveva bisogno per potersi vendicare, un giorno, di quell'uomo che l'aveva privata di colui che amava. Era molto giovane a quei tempi e, non essendo istruita e non trovando altri mezzi, decise: sarebbe diventata un'assassina e una ladra, avrebbe fatto il lavoro sporco per le persone pur di vivere agiatamente. Con il tempo diventò sempre più brava, agile e forte e la sua fama si diffuse a Roma.

Purtroppo, però, vivere in quel modo non portò in casa tutti quei soldi che si aspettava e sebbene la nostra situazione economica fosse decisamente migliorata da quando era morto mio padre, non eravamo ancora così benestanti come desiderava lei.

Un giorno, un uomo la cui identità mi è tutt'ora sconosciuta contattò mia madre: se avesse fatto ciò che desiderava, avrebbe pagato una somma di denaro davvero esorbitante, con la quale avremmo potuto comprarci una casa e non una piccola capanna.- continuò a raccontare sicura la ragazza, ma mio padre la interruppe:

-Chi era costui?- chiese, ma Lucrezia non rispose: era evidente che non lo sapeva. Respirai e chiusi gli occhi: non volevo che mio padre venisse a sapere che l'artefice del misfatto era stato proprio suo figlio Antonio, poiché avrebbe sofferto oltre ogni modo. In fondo ormai era morto, che bisogno c'era di incolparlo, se ora non poteva più pagare per le colpe commesse?

-Cosa importa, padre?- domandai e il Senatore annuì incerto, facendo segno alla ragazza di continuare:

-Quello è stato il primo colpo che non è andato a segno: nonostante avesse cercato di mettere a fuoco la casa attraverso metodi indiretti e avesse cercato di attirare la vittima, il Generale Fabrizio, in trappola, non è riuscita ad ucciderlo. In seguito alla scomparsa dell'uomo misterioso, nulla incombeva più su di noi e potevamo goderci il denaro fino in fondo e accontentarci di ciò che avevamo, ma per mia madre niente bastava.

Un giorno, mentre passeggiavamo per il mercato a fare compere, ci siamo scontrate con un ragazzino, che doveva consegnare una lettera proprio al Senatore Galba, da parte del suo amico Lelio. Il ragazzino non si accorse che la lettera gli scivolò dalla tasca e mia madre la raccolse e lesse quello che c'era scritto, poiché con gli anni aveva imparato a leggere. Il Senatore, sebbene si trovasse in un'altra città, chiedeva come stesse il suo amico e proponeva, quando sarebbe tornato, un incontro tra sua nipote e il Generale Fabrizio. Questa lettera non è mai arrivata poiché mia madre, dopo aver speso tutti i suoi soldi che possedevamo per comprare vesti preziose e gioielli, si è presentata qui dicendo che era la sorella di Lelio (non sapendo che in realtà non ne avesse) e ora voi l'avete smascherata. Questo è tutto.- concluse e si videro le lacrime che iniziavano a rigarle le guance. Mio padre spalancò gli occhi: era la prima volta che in ventiquattro anni lo vedevo così basito e disse, tuttavia, con voce dura:

-Fabrizio, va a chiamare le guardie... credo proprio che queste due donne avranno molto da dire di fronte al Senato...- e io mi avviai verso la porta con passo deciso, ma con uno scatto ferino Filenide sguainò un pugnale che probabilmente teneva nascosto in una tasca della veste e mi sbarrò il passaggio.

-Non andrai da nessuna parte!- esclamò fredda -Ora non ho niente da perdere, passerai solo se riuscirai a uccidermi!- esclamò, guardandomi con occhi infervorati. Non mi mossi: non potevo combattere con una donna, andava contro tutto ciò che mi aveva insegnato mio padre e contro tutto ciò in cui credevo. Non poteva essere più forte di me, l'avrei di certo uccisa, ma sarei stato sleale.

Non bisogna gioire delle vittorie su avversari più deboli, è disonorevole.

Mi rimbombarono in testa le parole di mio padre e cercai di risolvere tutto a parole:

-Vincerei in qualunque caso... ho compiuto anni di addestramento militare, ho partecipato a guerre sanguinose. Non ho ucciso persone a sangue freddo, ma ho combattuto contro avversari potenti. Non hai speranze con me! Non credi sia meglio andare in prigione che morire?- domandai, sebbene non fossi certo che, una volta presentata in Senato, la donna non sarebbe stata condannata a morte. Filenide inizialmente sembrò non voler ascoltare le mie parole, poi piano abbassò il pugnale e lo gettò a terra. Nello stesso istante in cui lo fece si accasciò sulle ginocchia ed iniziò a piangere e gridare:

-Tu, figlia maledetta! Hai tradito tua madre, l'hai tradita... come hai potuto?- chiese, con la voce colma d'odio. Io mi avvicinai a Lucrezia che stava seduta sullo sgabello scossa e le misi una mano sulla spalla, dicendo:

-Hai fatto la cosa giusta.- il tono di voce non nascondeva biasimo. Lei annuì distrattamente ed uscii a chiamare le guardie. Nonostante tutto quel pandemonio non riuscii a non sorridere: era tutto finito, potevo tornare gioiosamente da Aurora.


Note dell'autrice

(1*)La proskynesis  (traslitterazione di προσκύνησις, in greco) è il termine che indica l'atto di prostrarsi ai piedi di qualcuno, quindi l'adorazione. Nel III secolo era voluta dallo stesso Alessandro Magno, poichè riteneva che tutti dovessero prostrarsi davanti a lui, discendente degli dei.

(2*)Nell'antica Roma, sebbene l'80% dei matrimoni fossero combinati, esisteva quel 20% in cui due persone si incontravano e si innamoravano (accadeva soprattutto tra i servi). La tradizione di iginocchiarsi davanti alla donna è molto antica, risale forse agli Etruschi che ritenevano che l'uomo, temendo il rifiuto della donna, si mettesse in ginocchio per non guardare l'amata in viso e trovare dunque coraggio per fare la sua richiesta.

(3*)La situazione era disastrosa nelle colonie perchè molte, soprattutto quelle della Gallia Cisalpina e Cispadana, si erano alleate con Annibale, tradendo Roma.

(4*)La penisola Hispanica comprende l'odierna Spagna e Portogallo.

Buonpomeriggio a tutti... innanzi tutto Buone Feste e anche se sto temporeggiando, è il momento di scusarmi: mi dispiace moltissimo per avervi fatto aspettare così tanto nonostante avessi detto che avrei aggiornato presto... ho avuto molto da fare, aprenti, amici che sono venuti a trovarmi e non ho mai aggiornato. Ora eccomi qui, vi ho fatto aspettare un giorno in più così che ilc apitolo fosse più lungo. Ho una brutta notizia: questo è il penultimo capitolo della storia, ce ne sarà un'altro, Domenica prossima (?) e poi l'EPILOGO.
Cosa ne pensate ora di Filenide e sua figlia? E della reazioen di fabrizio?
Risponderò sta sera a tutte le recensioni, scusate se ho arretrati...
un bacione grande a tutti, per qualsiasi cosa chiedete e risponderò!

_Renesmee Cullen_

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