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Autore: metaldolphin    28/12/2013    5 recensioni
Scopriamo come dare il giusto valore a ciò che ci circonda solo crescendo e alla luce dell'esperienza che cresce con noi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Comunque insieme'
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Ti guardi le mani e lo vedi.
Lì, al suo posto, sull’anulare sinistro.
Quel dito si chiama così appositamente: anulare deriva proprio da anello, simbolo d’amore.
Il sinistro perché, anticamente, si credeva che la vena che lo irrorava di sangue rosso e caldo, provenisse direttamente dal cuore, la sede dei sentimenti. Dove alberga l’amore.
Di nuovo quella parola che ritorna.
Amore, un sentimento importante, che si spera duri per sempre.
Rappresentato dalla gemma preziosa che è incastonata su quel cerchietto d’oro che porti così fiera: un diamante, il materiale più duro al mondo, praticamente eterno e dalle peculiari caratteristiche fisiche riguardo la luce.
Ma, se ci rifletti, è soltanto uno scherzo della natura: chimicamente è uguale alle morbide mine di grafite che usi per tracciare le tue cartine… solo un dettaglio fa la differenza, una diversa disposizione spaziale degli atomi nella molecola che li costituisce.
Una differenza così sostanziale da renderli agli antipodi, come caratteristiche distintive.

La mina è fragile, il diamante può essere intaccato solo da un suo simile.
La mina è sporca e sporca, il diamante si dice che non si bagni neppure se immerso.
La mina è opaca, il diamante pura luce.
La mina si sgretola, non lasciando traccia di sé nel tempo, il diamante è eterno.
I profondi significati che assume la versione cristallina del carbonio, riassumono il vostro amore.

Quanto l’hai desiderato, atteso, quel frammento d’arcobaleno?
Settimane.
Mesi.
Anni.
E quando, finalmente, l’hai ottenuto, ti sei sentita la donna più felice al mondo, l’hai stretto a te, l’hai baciato, vi siete amati.

E a cosa vale tutto questo, adesso?
Ora, mentre sei rinchiusa in questa cella e non sai nemmeno se lui sia davvero vivo?
Sei riuscita a nasconderlo, sino ad ora, le guardie non sono riuscite a sottrartelo, ma lo hai tirato fuori e lo indossi per l’ultima volta, poi lo sfili dal dito.
C’è il cambio della guardia ed è arrivato il secondino che attendevi.
È quasi l’alba e sarà pericoloso, ma le donne non svolgono turni di notte; vi guardate in silenzio, poi lei fa scorrere due chiavi, tre katane ed il tuo bastone sotto la porta, con un calcio dosato, mentre tu, in contemporanea, le passi l’anello dalla finestrella con le grate: non sei riuscita a gettarlo sul pavimento. Lei lo prende e si allontana, dandoti il tempo di fuggire.

Agganci le armi in vita ed apri la porta, richiudendola dietro di te, poi apri quella della cella accanto e lo trovi lì, sul pavimento, lacero e sanguinante. Ti osserva, ma non prova nemmeno a sorridere, ha il volto che è una maschera di sangue e geme quando lo aiuti ad alzarsi, passandoti il suo braccio sulle spalle, e vi incamminate fino a scomparire nel buio del corridoio, zoppicando.

Nessuno saprà mai quando siete evasi: al cambio della guardia, qui non si controllano i prigionieri… è un carcere di massima sicurezza e nessuno riesce a fuggire, quindi sarà la parola della tua complice contro quella del collega che l’ha preceduta.
In più, per lei, il capo sezione ha un certo debole: non dubiterà mai della sua fedeltà.

La porta di servizio che da’ sull’alta scogliera è aperta, troppo in alto per dare una via di fuga… la si usa soltanto per una boccata d’aria o una sigaretta durante gli interminabili turni di guardia. L’angusto balconcino ha un simbolico parapetto ed è là che appoggi il tuo debole compagno, poi col tuo bastone ben assemblato, scateni una saetta, lanciando un segnale preciso.

È vero, da lì non si può fuggire, ma non tutti hanno un Capitano di gomma che si allunga a dismisura: dalla nave ai piedi della scogliera, vi afferra e riporta a bordo.
Siete salvi, pensi, mentre lo stringi e riprendete il largo con i compagni che sono la vostra famiglia.
Ti guarda le mani e vede, con aria mesta, il segno bianco della pelle non abbronzata che ti ha lasciato l’anello. Te lo aveva regalato lui e lo avevi difeso in mille battaglie e da molti ladri, nascosto quando necessario e ora l’hai ceduto di tua spontanea volontà, per pagarvi la fuga, grazie ad un’altra donna stregata da quella luce purissima.

Gli sorridi sincera, per dirgli che non importa.
O forse un poco sì… ma a che vale possedere un simbolo, quando non hai ciò che rappresenta?
E capisci che va bene così, mentre Rufy sottolinea: -Siamo arrivati appena in tempo: sapevi che entro sera avrebbero decapitato Zoro?
Lo sta dicendo a Robin e quella ti guarda preoccupata.
Scuoti il capo: il Capitano è sempre il solito e meno male che sia così. Ami chi ti circonda, su quella nave, proprio per come è.
E mentre accompagni Zoro sottocoperta a lavarsi e medicarsi, sai che ciò di cui hai bisogno e che vuoi è già con te.
   
 
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