rollercoaster ~
Certo
non può negare che sia andata un po’
peggio di come aveva immaginato. Sul momento – nella tempesta di assoluta frenesia causata dal serio rischio di precipitare da un momento all’altro,
dall’improvvisa sicurezza con cui quelle sue mani nuove e grandi hanno poi
impugnato quelli che, uhm, dovevano essere i freni, da quella sua aria delusa
dopo il primo esame approfondito («Niente capelli rossi? Ancora?» «Sei sicuro di stare bene?» «No che non sto bene, non ho ancora i capelli rossi!») e infine dal dovuto viaggio di rodaggio,
con tanto di atterraggio giusto in tempo perché il tacchino cotto «a Vortice»
non si raffreddasse troppo – non le è parso per niente strano, per niente
sbagliato, tirarlo per la manica di una giacca familiare e rinnovare l’invito:
non per forza di cose, stavolta, ma perché non avrebbe potuto stare un minuto
di più senza di lui.
«Senti, tu sei il Dottore e oggi è Natale e io
ti voglio a pranzo con me.»
Né sul momento – nel flusso di corroborante sollievo di poter
cancellare quel «È dovuto andar via. Non so per quanto. Vorrei non sapere
perché.» – ha pensato affatto a come sarebbe stato più opportuno spiegare alla
sua famiglia l’improvviso ritorno del suo uomo dalla faccia diversa. Ma di
questo, ora lo sa, non avrebbe dovuto preoccuparsi troppo: la nonna li ha
accolti più benevola che mai, solo rimbrottandoli di aver imbastito una
sceneggiata melodrammatica per rendere «più eccitante» l’entrata in scena del vero ragazzo del momento; e per qualche
motivo il Dottore si è tutto illuminato («Signora, le voglio ufficialmente
bene!») e a quel punto la perplessità del papà e le occhiatacce di Linda non
hanno avuto più il benché minimo significato.
È andata un
po’ peggio di come aveva immaginato, sì. Certo lei non aveva messo in conto guerre centenarie o crepe nei muri o giretti
in chiesa senza vestiti, né tantomeno rigenerazioni.
Ma adesso Clara lo osserva, questo nuovo Dottore
sconosciuto, che si muove in modo diverso e parla in modo diverso e socializza
con i suoi in modo diverso – ed è lì, lo si vede, nello sguardo attento che le
rivolge di tanto in tanto, nel sorriso che indugia sulle sue labbra quando per
caso le loro mani si sfiorano, lo si vede benissimo
se si sa come guardare; e lei, dopo tante vite passate a salvarlo, lei lo sa. È
il suo Dottore.
Ed è il suo Dottore quello che, quando si
ritrovano sotto il vischio della porta d’ingresso, ha cura di non toccarla nemmeno per sbaglio mentre già s’incammina
verso il TARDIS nel suo passo diverso e nella sua solita goffaggine – ed è il
suo Dottore quello che si lascia baciare divincolandosi solo un pochino, solo perché, chissà, magari la nonna li sta
guardando...
È il suo Dottore quello che, senza ricambiare un
ultimo «Buon Natale», si allontana passandosi una grande mano tra quei riccioli
non rossi, borbottando tra sé a proposito di un invito a pranzo «simile a un giro sulle montagne russe».
[ 500 parole ]
Spazio
dell’autrice
Beh, che dire. Mezzo minuto
e sono innamorata di Twelve.
Questa scenetta senza scopo
né pretese vuole essere il mio finale ideale (?) dell’episodio The time of the Doctor.
Dopo tutti quegli anni passati a proteggere il Natale (o un Natale; il senso di ciò che ha fatto non cambia), il Dottore ne
ha bisogno, di una giornata stupida basata su un presupposto ancora più stupido
(la nonna che accusa Clara di essere ricorsa a un finto ragazzo per rendere più
interessante quello vero è un espediente più che traballante, lo so, ma io ce
la vedo troppo). I riferimenti alle montagne russe nel finale e nel titolo si
ricollegano alla telefonata tra Clara e Eleven – «Emergency.
You’re
my boyfriend.» «Ding dong. Okay. Brilliant. [...]» «No, no... You’re not
actually my boyfriend.» «Oh. That was quick. It’s a rollercoaster, this phone
call.»
Hope you liked it.
Aya ~