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Autore: SonoDiversaDagliAltri    28/12/2013    8 recensioni
What If...? sui 75 Hunger Games. il Presidente Snow annuncia che, nella terza Edizione della Memoria, i tributi verrano scelti tra le persone care ai sopravvissuti, cioè ai vincitori.
E Katniss si trova di fronte ad un destino che le sembra peggiore della morte.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Madge Undersee, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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MANICHINI INTRAPPOLATI E VESTITI A FESTA.


Gale.

 Tutti ci voltiamo a guardarla, a guardare la lancia conficcata nell’esatto centro del bersaglio. L’ha scagliata Madge, e adesso si sta rassettando con un sorriso di trionfo, gettandosi i boccoli biondi dietro un orecchio.
Una dei favoriti, quella del Distretto 1, comincia a battere le mani e in un paio di secondi tutto il gruppetto la imita.
Madge arrossisce e fa un piccolo cenno del capo, a mo’ di inchino. Poi se ne torna saltellando insieme ai suoi compagni.
L’ho osservata tutto il giorno, fin da quando è iniziato l’addestramento. Potevo capire quando si allenava insieme al tributo del 3, pensavo che mi ignorasse soltanto. Ma quando si è messa con i favoriti, allora ho capito. Lo sta proprio facendo per ripicca, per andarmi contro. Sa benissimo che sono miei nemici giurati e che dovrebbero essere anche suoi. E io che quando mi ha detto di odiare Capitol City le avevo quasi creduto… invece sta dimostrando solamente di essere assetata di fama. Non le importa nulla di nessuno.
C’è qualcosa che cresce dentro di me, quando la vedo in compagnia di quelli. Non è rabbia. Quella è passata nel momento in cui l’ho colpita. Nel momento in cui i suoi capillari si sono spaccati sottopelle e le si è formato quell’enorme livido sullo zigomo. L’ha coperto molto bene, ma, con il sudore e il movimento sta riaffiorando adesso. Sento una fitta di senso di colpa allo stomaco, insieme a qualcos’altro. Qualcosa di più angosciante e smanioso.
Sento che devo fare qualcosa, ma non so cosa. Distolgo lo sguardo.
‹‹ Quella è la tua compagna del 12? ››. Una voce delicata e femminile mi coglie di sorpresa alle spalle. Mi volto. Dietro di me c’è una ragazza bassina e snella, dai lunghi capelli rosso scuro. Non mi ricordo minimamente chi sia, ma annuisco comunque.
Fortunatamente lei si presenta: ‹‹ Sono Aspen Mason. Distretto 7. Tu sei… Gale, vero? ››.
‹‹ Si, sono io. ››. Adesso mi è tornato in mente chi è lei: la nipote di Johanna Mason.
Ha la pelle talmente chiara da essere quasi bianca, due enormi occhi nocciola e un naso piuttosto importante. Tutto il suo corpo sembra essere delicato e aggraziato. Non ha niente della spietatezza di sua zia. Ma non mi fido di lei. Potrebbe usare la sua stessa strategia.
‹‹ Ci alleniamo insieme? ›› mi chiede. Io acconsento e poi domando a mia volta: ‹‹ Armi o sopravvivenza? ››.
‹‹ Armi. Nessuno le usa quando ci sono i favoriti in giro. ››. Mentre ci spostiamo verso la postazione di tiro con l’arco, mi accorgo che Aspen è sola. Non c’è traccia delle due tribute del 4, né con noi, né da nessun’altra parte nell’area di addestramento.
Dopo che l’istruttore di tiro con l’arco ci spiega un po’ come funziona, non faccio che continuare a guardare Madge. È ancora insieme ai favoriti a esercitarci con le lance. Non ha più fatto centro, ma ha comunque ottenuto ottimi risultati. Qualche cerchio blu e quasi tutti rossi. Sembra proprio portata per questo.
Quando arriva il momento di tirare, devo essere visibilmente incantato, perché Aspen mi scuote un po’ per un braccio.
Non sono Katniss, perciò non mi aspetto di fare centro in tutti i bersagli. Ma non riesco nemmeno a fare bene come avrei voluto. Questi archi di Capitol City cono troppo rigidi e tesi. Basta pochissima forza per far partire una freccia, perciò non mi so regolare molto bene. Quello che mi consola è che Aspen fa molto peggio di me.
Sembra che, anziché un arco, abbia in mano un piccone, troppo pesante anche solo da tenere steso davanti a sé. Tutte le volte che tende la corda, il suo braccio sbarella e la freccia parte sempre nei momenti meno opportuni. Inoltre non sa proprio prendere la mira.
Dopo poco, infatti, ci spostiamo alla postazione di lotta.
Di solito ci sono degli addetti perché sarebbe proibito combattere tra tributi. Ma a quanto pare oggi sono in vacanza, perciò io e Aspen lottiamo uno contro l’altra, stando molto a ttenti a non farci male.
Le protezioni purtroppo non bastano e finiamo con qualche livido entrambi.
Aspen è affabile e simpatica. Finora, mi piace molto come persona, ma non sono sicuro che sia una buona alleata. Nelle tecniche di combattimento è totalmente incapace, anche se ne abbiamo provate solo due.
Due minuti dopo, ho la prova inconfutabile che mi sto sbagliando di grosso. Alla postazione sul riconoscimento delle piante, completa il test nella metà del tempo che impiego io e non fa nemmeno un errore.
Riesce ad accendere un fuoco in trenta secondi netti.
Sa estrarre l’acqua da praticamente qualsiasi vegetale.
Mi sento ad un tratto inferiore a tutti. Qui ognuno sa fare qualcosa. Persino Madge, vissuta sempre nella comodità di non doversi cacciare il pranzo, ha trovato una cosa in cui è brava.
Io non so usare altre armi se non l’arco e neanche in quello sono degno degli Hunger Games.
Cos’è che mi riesce?
Trappole.
So fare eccellenti trappole.
‹‹ Vieni Aspen. È arrivato anche il nostro momento di dare spettacolo. ››.
Andiamo verso lo stand dedicato, completamente ricoperto di materiale rigorosamente reperibile in natura, tranne per qualche fil di ferro.
‹‹ Cerco di attirare un po’ l’attenzione. ›› chiedo ad Aspen. Mi ricordo solo dopo che lei è una mia avversaria. Che tutti qui dentro lo sono e che mi vedranno solo scoprire le mie carte migliori. Nessuno mi deve niente. Ma lei non protesta e si allontana di qualche passo, fingendo di fare qualcos’altro.
Quando finalmente mi sono attrezzato di tutto l’occorrente e mi metto a lavoro, lei si gira e prende ad osservarmi.
Creo in fretta il progetto che mi sono fatto per questa trappola. È una mia invenzione, studiata e provata nei boschi del 12. La prima volta Katniss mi fece da volontaria, ma considerato quanto poco si divertì, decidemmo di barattare cinque tacchini per un manichino al negozio di vestiti. Di quelli con le gambe e tutto.
Infondo sono principalmente le trappole per umani che mi serviranno.
Le mie dita lavorano in fretta, annodando, intrecciando e bilanciando. Non l’ho provata a costruire molte volte, infondo, perciò il procedimento mi torna in testa lentamente. Ma non sbaglio e in cinque minuti ho finito.
Se fossi nell’arena la mimetizzerei un po’, ma decido di lasciarla così: una canna ricurva che sostiene un insieme di anelli di corda e ferro, talmente in bilico che basterebbe un soffio per farla scattare.
Vado a prendere un manichino da esercitazione mentre Aspen continua la sua recita di finto stupore. Anche gli altri si sono girati, i favoriti mi osservano tutti, tranne Madge.
Sposto cautamente il manichino vicino alla trappola e lo spingo leggermente in avanti. Quando il piede urta contro l’innesco a terra, i lacci scattano intorno al busto, legandolo all’altezza del petto e del bacino. La forza di gravità lo ribalta e le sue caviglie finiscono dritte nell’anello posto sulla sommità. Ed il fantoccio rimane appeso come un salame a un metro e mezzo da terra.
Tutti mi guardano stupiti. Anche io ho fatto la mia figura. Se Madge ha deciso di combattermi avrà un degno avversario.
L’orologio batte le cinque e mezza, ora di fine allenamento. Escono tutti, ma l’esperto di trappole mi trattiene. Gli rispiego esattamente il processo per creare quella che lo ha appena lasciato a bocca aperta. Aspen mi aspetta sulla soglia della sala.
Decidiamo di prendere le scale fino alla hall, per fare due chiacchiere insieme.
‹‹ Dove hai imparato a fare le trappole così bene? ›› mi domanda subito.
‹‹ Potrei chiederti la stessa cosa delle tecniche di sopravvivenza. ›› rispondo io.
‹‹ Nei boschi del 7 ›› ammette Aspen.
‹‹ Io nei boschi del 12. Sai, se aspetti il cibo di Capitol City puoi anche morire di fame e quello delle botteghe è troppo costoso. Per uno del Giacimento il miglior modo per nutrirsi è il bosco. ››.
‹‹ Il Giacimento? ››.
‹‹ Sì, la parte dove vivono i minatori. È da lì che vengo. Anche Katniss viene da lì. Abitava anche piuttosto vicino a me, prima di trasferirsi, dopo aver vinto. ››.
‹‹ Anche Madge è del Giacimento? ››.
‹‹ No, lei è della parte buona. Non vedi com’è tutta carina e smagliante? Non ha mai patito la fame. ››.
‹‹ Ti piace, non è vero? ››.
‹‹ Cosa, no! Assolutamente! Perché lo pensi? ››.
‹‹ Dal tono in cui ne parli… e dal fatto che arrossisci ogni volta che la guardi? ››.
‹‹ Beh, ti sbagli cupido. La odio. È una bambolina della capitale. Non la posso proprio vedere. ››.
‹‹ Ok. Se lo dici tu. ››. Ma non sembra convinta. Cambio argomento: ‹‹ Come hai imparato tutte quelle cose? ››.
‹‹ Per lo stesso tuo motivo: sopravvivere. Prima anche io cacciavo, o almeno ci provavo. Ma ora non più. ››.
‹‹ Perché? ››.
‹‹ Non farò mai del male a niente e a nessuno. L’ho promesso ai miei genitori. ››.
‹‹ Beh, dovrai infrangerla se vuoi uscire viva dagli Hunger Games. ››.
‹‹ No. Non lo farò. Esistono altri modi per vincere. Non infrangerò la promessa. ››.
‹‹ Perché ci tieni tanto? Insomma, ne va della tua stessa vita. ››.
‹‹ I miei genitori sono morti. Questa è l’ultima cosa che ho giurato a mia madre. ››. Lo dice impassibile, come se la cosa non la smuovesse affatto.
Per me, invece, è come un pugno in pieno stomaco.
Non parliamo più, né quando arriviamo nella hall né quando Aspen arriva al suo piano.
Ma mentre le porte dell’ascensore si chiudono dietro di lei, le sussurro: ‹‹ Sai, hai proprio ragione. ››.
 

Katniss.

Mi rigiro la busta da lettere tra le mani. È azzurra e marmorizzata. Sul retro, il destinatario, l’indirizzo e l’oggetto sono scritti con inchiostro dorato, in una calligrafia delicata. Nessuna traccia del mittente, ma non mi ci vuole molto a scoprire chi è. Non appena apro la linguetta, una zaffata di un pestilenziale odore di rose mi investe la faccia. Mi costringo a non tossire.
Dentro, c’è solo un bigliettino, scritto sulla stessa carta e con la stessa grafia:
 
Ai sig. Katniss Everdeen e Peeta Mellark.
 
Siete gentilmente invitati a prendere parte al banchetto
che si svolgerà stasera nella residenza presidenziale.
Confido che non mancherete.
 
Presidente C. Snow.
 
Certo che non mancheremo. Questo è un dovere, non un invito. Se non dovessimo presentarci, prima ci ucciderebbe e poi lo farebbe sembrare un incidente.
Non ho idea di chi possa essere presente, ma di certo è qualcuno che Snow vuole farmi conoscere.
“Ecco le bambole che si vestono a festa per andare al gran ballo”, penso. Quant’è vero.
Non ho idea di dove sia Peeta, né Haymitch. Non c’è un invito per lui. Forse dovrà starsene qua, insieme agli altri, stasera.
Guardo l’orologio: Madge e Gale saranno qui a momenti. Meglio che cerchi Cinna e che gli dica del banchetto, in modo che mi aiuti a prepararmi.
Come al solito, lo trovo nella parte dell’attico che funge sia da camera sua che da studio. La stanza ha un letto e un armadio ma anche un tavolo da disegno, un mobiletto per i colori, stoffe accatastate in ogni dove e diversi manichini.
La porta è aperta, perciò entro senza bussare. Lo trovo chino sulla scrivania insieme a Portia, che scribacchia su fogli ed esamina due pezzi di stoffa, uno grigio fumo e uno rosa polvere.
Non appena mi vedono sulla soglia, si affrettano a nascondere tutto come meglio possono, buttandolo sotto il tavolo, mettendolo nei cassetti o semplicemente parandovisi davanti.
‹‹ Ehi, cos’è tutto questo segreto? ›› chiedo loro divertita.
‹‹ Progetti per i vestiti dell’intervista. ›› mi spiega Cinna. ‹‹ Ma vogliamo che siano una sorpresa. ››.
‹‹ Portia, sai dov’è Peeta? ›› domando alla stilista.
Lei scuote la testa: ‹‹ È da oggi a pranzo che non lo vedo. ››.
‹‹ Il Presidente Snow ci ha invitati ad una festa, stasera. Vi volevo chiedere se ci aiutate a preparaci. Beh, intanto a preparare me. ››.
Senza dire una parola, Cinna mi accompagna in camera e comincia a svuotarmi la valigia dei vestiti di gala. Non arriva troppo a fondo da trovare l’arco, o, anche se fosse, non dà segni di averlo notato. ‹‹ Tu va a farti una doccia, ragazza in fiamme, al vestito ci penso io. ››. Me lo dice scherzosamente, ma mi dà comunque fastidio: quel soprannome era per quando valevo veramente qualcosa, per quando ero diventata il simbolo di sommossa.
Una volta nella doccia non programmo niente e lascio semplicemente che l’acqua tiepida faccia il suo lavoro. Devo essere dentro da un bel pezzo quando Cinna mi chiama. Mi avvolgo in un asciugamano e vado di là.
Ha tirato fuori un vestito arancione al quale non avevo mai dato una cicca. Invece, una volta che me lo sono infilato è davvero bello: la seta color tramonto della gonna sfuma dall’arancione scuro intorno alla vita fin quasi a diventare giallo vicino all’orlo. Il corpetto è fatto con fili di rame. Dei nastri dello stesso tessuto del vestito, partono da esso per cingermi le spalle, leggermente distanziati l’uno dall’altro, fino ad arrivare ai lati del collo.
Cinna mi fa calzare dei sandali di cuoio lunghi tutto il polpaccio. Indosso dei bracciali di pelle che assomigliano molto ai para-bracci per il tiro con l’arco.
Mi trucca con toni caldi e mi acconcia i capelli in modo semplice.
Dulcis in fundo, mi mette sul capo una corona d’alloro dorato.
Mi squadra un po’ e poi mi chiede: ‹‹ Come ti sembri. ››. Sto per rispondere “bellissima”, ma decido di non dargli soddisfazione, perciò rispondo: ‹‹ Come una caramella mou. ››. Ne ho assaggiata una durante il tour della vittoria. Erano buone,  e avevano lo stesso colore che ho io in questo momento. Cinna ride, si sfila qualcosa di tasca e me lo appunta al petto. È la mia spilla. ‹‹ Ricorda a tutti chi sei. ›› mi dice.
Quando arrivo in sala, Peeta è lì pronto che mi aspetta. Ha un bel completo verde. Prima ancora che riesca pensare al perché, Effie esclama: ‹‹ Oh! Guardateli! Ognuno vestito col colore preferito dell’altro! ››. Cinna mi fa l’occhiolino. Avevano calcolato tutto.
‹‹ Adorabili. ›› ironizza Haymitch. ‹‹ Ma in tanto voi che voi andate a spassarvela mi lasciate con i marmocchi. ››. Anche se Peeta ha la mia età e Gale è più grande, qui sono i novellini.
‹‹ Dove sono adesso? Sono tornati? ›› gli chiedo.
‹‹ Si, circa venti minuti fa. Hanno litigato un altro po’ su quanto lui sia stupido e lei succube di Capitol City. Sapevi che alla ragazzina si sono interessati i favoriti? Pare che abbia fatto magie con una lancia. ››. La notizia mi lascia sbalordita, ma voglio che mi dica tutto Madge stasera, quando torniamo. Non conto di fare molto tardi.
Mentre Effie ci scorta in ascensore, Peeta mi bisbiglia: ‹‹ Sei stupenda. ››.
‹‹ E tu sembri una foglia d’insalata. ››.
Lui ridacchia: ‹‹ Si, lo so. ››.
Quando arriviamo alla residenza di Snow, capisco subito che quest’evento non ha niente a che vedere con la cena del tour della vittoria.
Stasera è tutto molto più intimo e sobrio. Niente fuochi d’artificio o spettacolari giochi d’acqua.
La festa di svolge in giardino, anche se la sera non è tra le più clementi dell’estate. Ci sono molte delle persone che ho visto al banchetto in nostro onore, ma anche qualcun altro che sono sicura di non aver mai visto di persona. Conosco i loro volti però.
Sono tutti mentori. Questa è una cena in nostro onore.
D’istinto mi avvinghio alla mano di Peeta. Ho paura dei mentori così come avevo paura dei tributi lo scorso anno. Sono tanti. Troppi.
Io sono nuova e ho già attirato troppo l’attenzione per i loro gusti. Staranno attenti ad ogni mia mossa. E se sbaglierò, non perderanno tempo ad eliminarmi.
Quando entriamo, la folla scoppia in un applauso, quasi come fosse tutto programmato.
Stringo la mano di Peeta ancora di più, mentre sorrido e saluto. Alzo anche un po’ il petto, in modo da far vedere a tutti la mia Ghiandaia Imitatrice. Si devono ricordare chi sono.
Forse me lo devo ricordare anche io.
In fondo all’immenso viale lasciato sgombro da tutti gli invitati per consentirci il passaggio, ci aspetta Snow.
Il puzzo di sangue e rose che emana si sente fin da tre metri.
Per darmi il ben venuto, mi bacia sulle guance, e devo trattenere il fiato per riuscire a non vomitare.
Quel tanfo mi dà alla testa quanto un bicchiere di liquore di Haymitch e tutto comincia a girare. Non posso nemmeno strofinarmi gli occhi per via del trucco.
Ignoro la spiacevole sensazione e vado a salutare le altre persone che conosco.
È presente anche Plutach Havensbee. Mi ritrovo a chiedermi cosa potrebbe succedere se, per un tragico incidente, si ritrovassero senza capo stratega a tre giorni dagli Hunger Games. Di sicuro non li fermerebbero.
Dopo quelle che mi sembrano tre ore di baci sulle guance e strette di mano, finalmente viene dato inizio al banchetto.
Ho una fame terribile, e sui tavoli del buffet c’è di tutto di più. Vorrei gettarmi a capofitto su tutta questa roba, ma cerco di contenermi e di tenere in vista il mio piatto e il mio bicchiere. Non so perché, ma una parte del mio cervello teme che possano avvelenarmi lo stufato di agnello.
Nonostante questo intrattengo conversazioni il più cortesi possibili, nei limiti che mi permette la mia riservatezza.
Ma non mi sfugge una cosa: è tutta la sera che due persone mi osservano. Due mentori. Johanna Mason e Finnick Odair. So che sono amici, ma sono stati praticamente tutta la sera appiccicati a parlottare tra di loro. L’unico con cui hanno scambiato qualche parola è stato Beetee, il vincitore del 3.
Mi sono passati accanto molte volte, servendosi di fianco a me ai tavoli del buffet o scivolandomi accanto durante i giri di danza.
Dopo l’ennesimo lungo sguardo che mi rivolgono mi accorgo che Peeta non è più con me. Non so dove sia, ma non lo vedo da nessuna parte tra la folla. Non ha nemmeno parlato molto stasera, come se avesse paura di qualcosa. Comincia a girarmi la testa ancora più velocemente di quanto non abbia fatto finora. Forse sono tutte paranoie, ma mi assale un terrore incondizionato.
Per evitare di svenire, mi allontano nel grandissimo prato deserto.
Mi siedo su una panchina e riprendo fiato. La brezza fredda sulle mie braccia nude mi fa venire i brividi, che prendono come vita e continuano a scorrermi lungo la schiena anche quando ho un’improvvisa vampata di calore. Sto per cominciare a piangere. Mi alzo, ma le gambe mi tremano. Dov’è Peeta. Vorrei gridare per chiamarlo, ma ho paura, ho talmente e incondizionatamente paura che il suono mi si strozza in gola.
Finché non sento un rumore. Sono poco più che passi nell’erba e respiri, ma mi appiattisco sulla panchina, talmente immobile da non respirare. Sono venuti a cercarmi.
Qualcuno si sporge lentamente sopra lo schienale e chiama: ‹‹ Katniss… ››.
Faccio un salto di mezzo metro per la paura prima di mettermi in piedi, pronta per scappare. Ma una mano forte mi si appoggia sulla spalla e mi trattiene. Mi volto… e tiro un sospiro di sollievo. È semplicemente Finnick Odair.
‹‹ Io... stavo solo… riprendendo fiato. Sono solo stanca. ›› riesco a farfugliare. Lui non sembra convinto ma lascia perdere.
Insieme a lui c’è Johanna.
Finnick inizia: ‹‹ Beh, verrò subito al punto. Sono venuto a cercarti per chiederti una cosa. ››.
‹‹ Che genere di cosa? ›› replico io sulla difensiva.
‹‹ Un’alleanza. ››.
Ammutolisco. Mi aspettavo tutto, tranne quella. ‹‹ Che bisogno c’è di dirlo a me? ››.
‹‹ Vedi, questa non è una normale alleanza. ›› risponde lui sedendosi sulla panchina. ‹‹ Questa non si scioglie quando sono rimasti cinque o pochi più tributi nell’arena. I ragazzi in quest’alleanza non si separano, né si uccidono. ››.
‹‹ È la cosa più idiota che abbia mai sentito. ››. Finnick sembra rimanerci male, perciò mi affretto ad aggiungere: ‹‹ Uno dovrà pure vincerli questi giochi, no? Sono le regole. ››.
‹‹ E allora noi non le rispetteremo. Ci sono le persone care di tutti in ballo, non solo le mie o le tue. ››.
La cosa comincia a farsi intrigante: ‹‹ E come funzionerebbe? ››.
‹‹ Semplice, i nostri ragazzi si alleano, si aiutano, si proteggono, e non si separano nemmeno se fossero rimasti ultimi. ››.
‹‹ È impossibile. Troverebbero un modo per ucciderli. ››.
‹‹ Ed è proprio qui che li vogliamo portare. Se anche ne deve sopravvivere uno solo, vogliamo che gli altri muoiano per mano di Capitol City. Vogliamo che tutti vedano che cosa fanno in realtà. ››.
‹‹ Oh, se mettete in atto questo piano lo vedrete eccome. Vedrete anche di peggio. Mi dispiace, ma non farò fare le vittime sacrificali ai miei tributi solo per fomentare qualche sassaiola nei Distretti. Io li voglio portare a casa. ››. Mi alzo per andarmene, ma Johanna mi riacciuffa e mi rimette al mio posto, gli occhi che fiammeggiano come braci: ‹‹ Sai non sei l’unica principessina a cui gli Hunger Games hanno fatto del male. Anzi, tu sei la più fortunata di tutti noi. Per il trucchetto che usai io per vincere mi hanno distrutto. Hanno ucciso tutta la mia famiglia davanti ai miei occhi e a quelli di Aspen. È figlia di mio fratello ed è tutto ciò che mi rimane. Hanno manomesso la bombola del gas in casa sua e lui e sua moglie sono saltati in aria come petardi. Aspen si è salvata perché quel giorno era da me. Adesso ti è chiaro perché stiamo facendo questa cosa? So che mia nipote non ha speranze. Ma se deve morire voglio che lo faccia per distruggere chi ha rovinato la sua e la mia vita. ››.
Dopo c’è silenzio per un lungo momento.
Poi chiedo: ‹‹ Chi farebbe parte di quest’alleanza? ››.
Ho accettato. Farò vedere a tutti che la ragazza in fiamme non è diventata cenere.
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chiedo umilmente perdono se in questo capitolo non c'è stata granchè azione, ma vedrete, mi rifarò con il prossimo!
  
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