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Autore: onlymar    28/12/2013    35 recensioni
IN REVISIONE.
A cinque anni lo conobbi.
A otto anni divenne il mio migliore amico.
A tredici anni mi regalò una collana con la sua iniziale.
A quindici anni scoprii di essere innamorata di lui.
A diciassette anni ci scambiammo il nostro primo bacio.
– – –
«E adesso ho perso. Ho perso il cuore. Adesso ho perso la testa. Per te, per le nostre serate così semplici che non sopporto veder finire. E poi è bastato un giorno. Un giorno per accorgermi che sei ciò che mi mancava, pur essendoci sempre stata. Adesso ti ho guardata, finalmente. Ma sai, mi pento di avere aspettato tutto questo tempo, di esserti stato accanto senza dirti mai che senza te non ci posso stare.
E adesso l'ho capito che tanto di te potevo solo innamorarmi, prima o poi
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A cinque anni lo conobbi.

A grandi passi avanzavo faticosamente sulla distesa bianca e ghiacciata, per tenere testa a mio padre, che correva gridandomi di raggiungerlo.
Molte famiglie occupavano la vallata. Salendo la montagna c'erano persone che sciavano o slittavano sulle montagnette di neve. Alcuni pini occupavano la parte destra della vallata, e non troppo lontano c'era una distesa di ghiaccio, che prima dell'inverno era stata un lago.
Affondavo continuamente nella neve, mentre ridevo e urlavo come solo una bambina di cinque anni può fare.
Mio padre si era fermato dove la mamma, seduta a gambe incrociate sulla neve, era impegnata a formare la base che sarebbe servita a tenere in piedi un pupazzo di neve.
«Dai, Allie! Corri più veloce.» Disse mio padre, agitando le mani per incitarmi a raggiungerlo.
Quando lo raggiunsi, feci un salto in alto e mio padre mi prese al volo facendomi volteggiare in aria. Iniziai a gridare di lasciami andare.
Quando mi mise giù, mi girai dal lato opposto iniziando a correre. Avevo il presentimento di essere seguita, quindi correvo il più velocemente possibile, inciampando ben due volte senza farlo notare troppo.
Girandomi notai che mio padre non era molto lontano.
Iniziai a camminare lentamente verso di lui, ad ogni passo mi chinavo in avanti per raccogliere una piccola quantità di neve, per poi unirla a quella raccolta precedentemente e formarne una pallina il più perfetta possibile.
Iniziammo a lanciarci le palline di neve. Mio padre mancava sempre il colpo, ma non so se lo faceva apposta, o perché aveva paura di farmi male. Mia madre ci guardava e sorrideva.
Come riparo trovai un albero privo di foglie, con dei rami lunghi ricoperti di neve, con un tronco chiaro rovinato dall'inverno, abbastanza largo da potermici nascondere.
Sporgevo continuamente la testa a destra e a sinistra, cercando di colpire mio padre.
Mi maledissi mentalmente di non aver messo il cappellino di lana, quando qualcosa di freddo e bagnato mi colpì la testa.
Portai una mano sui capelli, cercando di capire cosa fosse.
Neve.
Quando mi girai per vedere chi mi avesse colpito, vidi un bambino con il cappellino di lana blu, la sciarpa e i guanti neri, corrermi incontro.
«Scusa. Non l'ho fatto apposta.» Disse ridendo.
Il fatto che mi chiese di scusarlo mentre rideva mi fece arrabbiare. E non di poco. Così raccolsi una bella quantità di neve e la lanciai il più forte possibile verso il bambino che mi aveva "senza farlo apposta" colpita.
«Hei!» Protesto lui, imitando le mie stesse azioni raccogliendo un po' di neve, mentre avanzava verso di me.
Feci un passo in avanti, ma prima che potessi raggiungerlo, venni fermata dalle mani di mio padre sulle mie spalle.

Fu così che i miei genitori conobbero i genitori di Louis. Scoprimmo anche che non abitavamo poi così lontani, e da quel giorno le nostre famiglie mantennero i rapporti.






A otto anni divenne il mio migliore amico.

Passarono tre anni da quell'incontro. Io e Louis ormai eravamo veramente inseparabili.
«Non avere paura. Ti aiuto io a salire. Sarò dietro di te, e se cadi ti prendo io.»
Louis si avvicinò ai piedi della scala di legno, la mano allungata verso di me, mentre sorrideva rassicurante.
Sapevo che se fossi caduta lui mi avrebbe preso, facendosi male al posto mio.
Mi fidavo ciecamente di lui.
Annuii, forse un po' insicura, e in due passi raggiunsi Louis.
Sistemando delle ciocche di capelli dietro l'orecchio, poggiai un piede sulla base della scala di legno, per poi iniziarla a scalare con attenzione.
Arrivata a metà della scala, sentii Louis che mi incoraggiava a continuare.
Sorrisi e ripresi a scalare, arrivando in cima alla scala in pochi secondi.
Una volta sopra la piattaforma di legno, poggiai una mano sulla ringhiera di corde, tenute da paletti di legno, che la circondava.
Subito dopo mi raggiunse anche Louis.
«Visto? Non era così difficile.» Sorrise. «Vieni.» Mi prese per mano e mi trascinò dentro la piccola costruzione di legno.
La casa sull'albero di Louis era veramente bellissima e costruita bene.
All'interno c'erano cuscini colorati sparsi dappertutto, vari disegni appesi alle pareti, che raffiguravano macchine o mostri, e giocattoli sparsi di qua e di la.
«Guarda su.» Disse Louis, alzando il viso verso l'alto.
Mancava il tetto, e pensai che alcuni rami dell'albero erano stati tagliati per dare una maggiore visione del cielo.
Quella notte il cielo era più bello: mancavano le nuvole ed era pieno di stelle.
Louis lasciò la mia mano per prendere dei cuscini e metterli al centro della casetta di legno. Prese anche una coperta, e dopo essersi coricato fra i cuscini mi fece segno di sedermi accanto a lui. Così lo raggiunsi e mi distesi accanto a lui, per poi aiutarlo a sistemare la coperta sopra di noi.
Per minuti interminabili restammo lì, ad osservare il cielo blu ricoperto di stelle, con la sua meravigliosa mezza luna.
«Allie, vedi quelle due stelle?» Louis alzò un braccio, indicando con l'indice due stelle vicine fra loro, più grandi e luminose rispetto ad altre.
«Si.» Risposi.
«Una di loro è Neverland
«Neverland?» Piegai la testa di lato, guardandolo interrogativa.
«L'isola che non c'è.» Spiegò lui.
Continuava a guardare il cielo, affascinato, con gli occhi che gli brillavano.
«Sai come si ci arriva?» Chiesi.
«Seguendo la seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.» Sorrise. «Qualche volta ti ci porto.»
Si volto e incrociò i suoi occhi ai miei.
Per la prima volta, quella sera, mi accorsi dell'0ceano che aveva al posto degli occhi.
Lo sentii ridacchiare, forse perché si era accorto che lo stavo fissando, non so da quando.
Arrossii leggermente, grata della poca luce della luna, e scossi la testa.
«Quindi tu sei Peter Pan?»
«Si.» Annuì. «Solo se tu sarai la mia Wendy.» Sorrise.
E quello era uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
Sembrava un principe, un principe azzurro.
Anche se... non mi ispira l’idea del principe azzurro.
L’idea del castello mi da il voltastomaco.
Cosa c’è di meglio di un Peter Pan che si presenta di notte fonda sulla tua finestra per portarti via, in un posto dove non si cresce e si è liberi di sognare dimenticando il resto del mondo e dei problemi?
Lui era Peter Pan, non un principe azzurro.
Wendy e Peter Pan, continuavo a ripetermi nella mente.
«Si.» Sussurrai. «Sarò la tua Wendy.»
Louis sorrise appena, poi aggrottò la fronte.
«Nella storia Wendy lascia Peter Pan per diventare grande.»
Tornò con lo sguardo sulle stelle, mentre io invece non riuscivo a smettere di guardarlo.
Per qualche strano motivo mi piaceva guardarlo, mi piaceva giocare con lui, mi piaceva la sua presenza.
«Io non ti lascerò mai, Louis.» Le parole mi uscirono dalla bocca prima che potessi fermarle.
Ma lo sapevo che erano parole sincere, quelle che vengono dal cuore.
Spostai la mano fino a raggiungere la sua, per poi stringerla leggermente.
«Promettilo, e lo prometto anch'io.»
«Lo prometto.» Sorrisi, sentendo la mia mano stringersi nella sua. «Migliori amici per sempre?»
«Per sempre







A tredici anni mi regalò una collana con la sua iniziale.

Distesa sul letto con il cellulare in mano, digitavo sulla tastiera touch il messaggio da mandare a Clary, quando venni distratta dal picchettare di qualcosa sul vetro della finestra.
Aggrottai la fronte e mi alzai dal letto con aria interrogativa.
Dopo aver spostato le tende e aver aperto la finestra, mi appoggiai sul davanzale ridendo alla vista di Louis sul prato di casa mia.
«Sai, esiste anche la porta.» Risi.


 

Louis varcò la soglia della mia camera con un sorriso a trentadue denti.
«Girati.» Ordinò, subito dopo.
Alzai le sopracciglia e lo guardai interrogativa.
«Girati.» Ripeté lui, sorridendo.
Obbedii e girai su me stessa.
Fermando la curiosità di guardare, mi concentrai sul rumore. Sentivo solo il rumore della carta che veniva stropicciata e poi buttata da qualche parte.
«Puoi girarti.»
Quando mi girai, Louis era davanti a me con le mani nascoste dietro la schiena.
«Cos'hai lì?» Risi, avvicinandomi a lui.
«Stai. Ferma.» Disse lui ridendo, scandendo bene le parole, per poi fare un passo indietro.
Mi fermai davanti a lui, e si assicurò che non potessi vedere quello che nascondeva dietro la schiena. «Destra o sinistra?» Domandò.
«Mh...» Sporsi la testa di lato, cercando di intravedere qualcosa.
«Non sbirciare.» Rise, facendo un altro passo indietro.
«Destra.»
Louis spostò solo la sua mano destra davanti al petto, mostrando un sacchettino blu, con un fiocchetto argentato su un angolo.
«Cosa è?»
«Tieni.» Allungò la mano passandomi il sacchettino. «E' San Valentino... e ho pensato che ti sarebbe piaciuto ricevere un regalo, visto che...» Sorrise, leggermente imbarazzato.
Ricambiai il sorriso, annuendo di aver capito, e iniziai a spacchettare il regalo.
Dentro trovai una scatolina nera.
Alzai il viso su quello di Louis, che con lo sguardo mi incitò ad aprirla.
Aprii la scatola e dentro trovai una collana argentata con la catenella non troppo fina, e un ciondolo ricoperto di brillantini a forma di L. La L di Louis.
Sorrisi involontariamente, sentendo Louis che si avvicinava al mio fianco.
«Così mi sentirai vicino anche quando non ci sono.» Spiegò Louis.
Non gli diedi il tempo di dire altro; mi girai verso lui e gli gettai le braccia al collo.
Ricambiò l'abbraccio stringendomi la vita con il braccio libero.
«Grazie, grazie, grazie. E' davvero bellissima.»
Notai che teneva la mano sinistra ancora dietro la schiena. Anche abbracciandolo non riuscivo a vedere cosa tenesse, Louis era molto più alto di me, e per abbracciarlo dovevo mettermi in punta di piedi.
«Cos'hai nell'altra mano?» Chiesi, allontanandomi non di troppo da lui.
«Mi dispiace.» Piegò le labbra in una linea retta. «Hai scelto la collana.»
«Daaai.» Prolungando la 'a', lo supplicai sporgendo il labbro inferiore.
«Va bene.» Sorrise. «Solo perché sei tu.»
Mise la mano sinistra davanti al petto, mostrando una scatola rossa a forma di cuore, con un nastro rosso lucido che la sigillava.
«Ci sono anche quelli al latte.» Sorrise, agitando attentamente la scatola di cioccolatini. «Ma prima...»
Lanciò la scatola di cioccolatini sul letto, e avvicinando le sue mani alle mie, estrasse la collana dalla scatolina.
Incrociò il mio sguardo e mi sorrise.
Girò intorno a me, e si posizionò alle mie spalle.
Mentre mi spostava i capelli dietro la schiena, le sue dita sfioravano la parte di pelle scoperta dal maglioncino di lana, provocandomi brividi su tutta la schiena.
Lo aiutai a tenere i capelli in alto, sentendo pesantemente il suo respiro sul mio collo.
Fece scorrere la catenella sul mio collo per poi agganciarla in fine.
«Ecco.» Sorrise, ammirando soddisfatto del suo regalo.







A quindici anni scoprii di essere innamorata di lui.

Il freddo mi costrinse a stringermi nella felpa, e mi maledissi mentalmente per non essermi vestita più pesantemente.
Quando insieme a Clary varcai la soglia del bar, localizzai immediatamente il nostro gruppo di amici.
Ci avvicinammo al tavolo dove si erano piazzati, e notai subito l'assenza di Louis.
Dopo aver salutato tutti, presi posto accanto a Clary che si era già seduta accanto al suo ragazzo, Liam.
Mi guardai intorno cercando Louis con gli occhi. Aveva detto che sarebbe venuto.
«Dov'è Louis?» Chiesi a Niall, difronte a me.
«Ehm...» Niall si voltò verso Zayn che lo guardava con gli occhi schiusi.
«E' uscito...» Stava per dire Niall.
«Andato in bagno.» Disse velocemente Liam. «Louis è andato in bagno.» Disse più lentamente.
«Ma se è fuori.» Disse Harry, sedendosi accanto a Zayn, con un frullato al cioccolato in mano. «Ahi!» Disse subito dopo lanciando un'occhiataccia a Zayn. «Perché mi hai dato un calcio?» Piagnucolò il riccio.
Zayn gli diede un altro calcio, quasi urlando di stare zitto.
«Insomma, si può sapere perché questo comportamento?» Aggrottai la fronte «Dov'è Louis?»
Nessuna risposta. Notai che Niall e Liam guardavano alle mie spalle, così girai il viso verso l'entrata del bar.
Louis teneva la mano ad una ragazza, mentre camminava verso di noi.
Quando notò la mia presenza, stranamente lasciò subito la mano della ragazza.
Non so perché, ma in quel momento avrei voluto piangere. Non so per cosa, o per chi in particolare.
Istintivamente mi alzai dalla sedia, e oltre passando Louis uscii dal bar, diretta verso il parco di fronte.
Trovai una panchina libera, mi sedetti e cercai di controllare il battito irregolare del mio cuore.
Non potevo essere gelosa, Louis era solo il mio migliore amico.
Non capivo il suo strano comportamento e quello degli altri.
Non capivo nemmeno perché Louis non mi avesse detto che aveva una ragazza.
«Allie.» Venni distratta dalla voce di Louis, che si precipitò subito davanti a me. «Perché sei scappata?» Disse.
Pensai che forse aveva corso, sentendo il suo respiro affannoso.
«Mi ha dato... fastidio il tuo comportamento.» Risposi, insicura.
In realtà, neanche io sapevo perché fossi scappata.
«Sei gelosa.» Disse lui, sedendosi accanto a me.
Più che una domanda, sembrava una conferma.
«No.» Scossi la testa, guardando le mie dita incrociate. «Assolutamente no.»
«Stai mentendo, lo so.» Anche se non lo guardavo, ero sicura che il suo sguardo era fisso su di me. «Stai arrossendo e la tua voce trema. Di solito fai cosi quando menti.»
Non risposi, e nel profondo di me, sapevo che quel che aveva detto era vero.
Ci fu qualche minuto di silenzio, che venne spezzato da Louis.
«Io non ti capisco.» Esordì. «Sono bravo a capire le persone, di solito le leggo nella mente, ma quando si tratta di te...» Scosse leggermente la testa.
Voltai il viso verso di lui, guardandolo interrogativa.
«Quindi, mi stai dicendo che puoi leggere la mente di tutti, ma la mia...»
«Non esattamente leggendo le loro menti, ma posso dedurre normalmente la loro prossima mossa. Ad esempio, se ti baciassi, non capirei mai cosa proveresti in quel momento... e io voglio saperlo.»
«Cosa?» Il mio cuore mancò un battito, o forse due.
«Voglio baciarti.»
«No.» Sputai, non sapendo con esattezza il perché.
Non era una cosa possibile. Non era normale.
«Perché no?»
«Louis...»
Non ebbi la forza di dire altro quando vidi Louis che lentamente si avvicinava a me.
Il battito del mio cuore iniziò ad accelerare, le mie gambe iniziarono a tremare.
Louis avvicinò pericolosamente il suo viso al mio.
Proprio mentre le sue labbra si avvicinavano alle mie, voltai il viso e mi baciò sull'angolo della bocca.
Quel contatto in me scatenò una miriade di emozioni e sensazioni.
Un bacio.
Capitato per sbaglio, nel momento sbagliato, con la persona sbagliata. La persona più sbagliata in assoluto.
Un bacio, che non so se si possa davvero definire 'bacio', ma le emozioni provate erano sicuramente quelle di una ragazza che da il suo primo bacio.
Da quel momento capii di essere innamorata di Louis.

Fortunatamente in seguito il nostro rapporto non cambiò, ma questo diventò la mia paura più grande.






A diciassette anni ci scambiammo il nostro primo bacio.

Ero distesa sul letto di Louis, mentre giocavo con il mio cellulare.
Lui era seduto sulla sedia girevole della sua scrivania, e digitava rumorosamente sulla testiera del suo Mac portatile.
Il familiare rumore della suoneria che indicava l'arrivo di un messaggio mi distrasse, ma non era il mio cellulare.
Louis allungò una mano alla destra del Mac prendendo il suo cellulare.
Lo vidi sorridere, e curiosa di saperne il motivo mi misi a sedere, ma prima che potessi alzarmi e avvicinarmi a lui, si alzò di scatto dalla sedia e si precipitò davanti al suo armadio. Fece scorrere un'anta dell'armadio verso destra e vi estrasse una felpa blu.
«Dove vai?» Chiesi, aggrottando la fronte.
Mi alzai dal letto e feci qualche passo in avanti.
«Torno fra dieci minuti.» Disse velocemente, leggermente seccato.
Ma prima che potessi dire altro, sparì oltre la soglia della porta, lasciandomi perplessa al centro della stanza.


 

Erano le undici e mezzo.
Louis era fuori da più di tre ore e non rispondeva al cellulare, non richiamava e non rispondeva nemmeno ai messaggi.
Iniziavo a preoccuparmi.
Così decisi di uscire, dopo aver avvisato i miei genitori e i suoi.
Dopo aver infilato una grande felpa grigio scuro, che fra l'altro era di Louis, uscii da casa sua, decidendo di cercarlo sul retro di casa sua, quindi sul suo giardino.
Di certo non poteva essersi allontanato così tanto, doveva per forza essere in zona.
Il vento era completamente assente, eppure faceva molto freddo, e a giudicare dalle nuvole che oscuravano il cielo, avrebbe iniziato a piovere da un momento all'altro.
Iniziai a sentire delle voci che si facevano più forti man mano che mi avvicinavo all'angolo che svoltava al lato sinistro della casa.
Lo trovai li. Non era solo, era con una ragazza. Eleanor, la sua ex.
Aprii la bocca, ma la richiusi subito quando vidi Louis avvicinarsi al corpo della ragazza.
Mentre lui parlava con lei.
Mentre lui la guardava.
Mentre le sue labbra era vicine alle sue.
Io ero lì, mentre morivo dentro.
Era come se qualcuno mi stesse pugnalando il petto.
Quel qualcuno era Louis.
Avrei desiderato non essere lì.
Non avrei voluto sentirmi in quel modo, non avrei voluto provare quel dolore e quella tremenda gelosia, ma soprattutto, non avrei voluto innamorarmi di Louis.
Provai molte volte a dimenticarmi di Louis.
Con Zayn, un ragazzo dolcissimo, sensibile e stranamente lunatico. Era terribilmente bello, come un Dio sceso dall'Olimpo, con il suo ciuffo all'insù e la sua giacca di pelle, che gli dava quell'aria da bad boy.
Ma non mi innamorai di Zayn, e il perché lo sapevo perfettamente: lui non era Louis.
Feci un passo indietro, urtando contro qualcosa facendo rumore.
Prima che potessi girarmi e correre Louis sposto il viso di lato accorgendosi finalmente della mia presenza.
«Allie, aspetta. Non è come sembra...» Si allontanò immediatamente dalla ragazza.
«N-no, Louis.» Feci un passo in dietro, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. «E'... E' tutto okay.»
Sforzai un sorriso e mi allontanai correndo, il più velocemente possibile.
Mentre correvo mille domande mi assalivano la mente.
Era solo una cotta, doveva passare. Eppure quella semplice cotta mi ha portata ad innamorarmi di lui. Era sbagliato. Assolutamente sbagliato.
Girai intorno alla casa, arrivando nel suo giardino raggiunsi l'albero che teneva fra i rami la casetta di legno.
Mi fermai e poggiai la mia schiena contro la dura corteccia del tronco.
Asciugai le lacrime con le maniche della felpa e cercai di tornare a respirare regolarmente.
Scivolai lentamente con la schiena sul tronco, rannicchiandomi sul prato con le ginocchia piegate al petto, circondate dalle mie braccia.
Il tempo passava lentamente, ma a me sembrava stare lì da ore.
Vagai negli angoli più profondi della mia mente, cercando i ricordi collegati a quella casetta di legno.


 

Aprii gli occhi quando qualcosa di morbido premette sulla mia guancia.
«Hei.» Mormorò dolcemente Louis, accarezzandomi una guancia con le nocche. «Mi ha fatto preoccupare, ti ho cercata ovunque.»
Le sue ginocchia piegate sostenevano il peso del suo corpo, mentre i suoi occhi blu erano incatenati ai miei.
Gli occhi iniziavano a pungermi e le gambe iniziavano a tremare.
Avrei voluto abbracciarlo, perché preferisco abbracciarlo quando litighiamo, per paura di potermi pentire poi di non averlo fatto.
«Perché non me lo hai detto?» Dissi, abbassando gli occhi sulle mie mani intrecciate. «Perché non mi hai detto che avevi una ragazza? Perché al suo posto non potevo esserci io?» Le parole uscirono dalla mia bocca prima che potessi fermarle.
«Non credevo che tu...» Disse, ma le parole gli morirono in gola.
«Credimi se ti dico che ho bisogno di te.» Alzai il viso verso il suo. «Se ho bisogno di te, vuol dire che ho bisogno di tutto. Se ho bisogno di te, significa che mi manca una spalla su cui piangere, insieme a quell'abbraccio che vorrei non finisse mai. E poi sai, se ho bisogno di te, è perché mi piace ridere. E allora voglio farlo con te. Con te. Con te che se mi manchi sento il bisogno del mondo intero. Sento il bisogno di respirare.» La mia voce iniziò a tremare e le lacrime presero a scorrere sul mio viso. «Perché te lo confesso che una volta per me non eri niente, solo il mio migliore amico. E poi un giorno non so cos'è che hai combinato, che cosa mi hai scatenato dentro, ma un giorno tu sei diventato quel paio di braccia in cui volevo stare. Sei diventato quell'amore grande che ormai non è che la mia droga. Tu sei la mia droga, coi tuoi abbracci, e quei tuoi occhi azzurri che fanno invidia anche il mare. E con la droga non so se lo sai, ma poi è un casino. Con la droga mica basta dirsi 'stop'. No. Qui è qualcosa di più grande, è qualcosa di più vero. Ed è meglio, ed è bello, e non fa male. E sei tu. Tutto quello di cui ho bisogno, ogni giorno, ogni istante, ti cerco ovunque e tu non ci sei.»
Lui era lì, davanti a me. Non parlava, stava fermo e non mi guardava.
Io iniziavo a sentire un vuoto dentro.
Forse era stato uno sbaglio quello di innamorarmi di Louis, o forse no.
Ma non c'è peggiore cosa di amare qualcuno che non ricambia il tuo amore.
Avrei voluto riuscire a smettere di guardarlo, ma proprio non ce la facevo.
Desideravo il contatto visivo, e volevo annegare nei suoi occhi.
Lui era bellissimo. I capelli disordinati che gli ricadevano sulla fronte, che poi spesso venivano tirati indietro. Le labbra fine che avrei desiderato appiccicarle alle mie.
I suoi occhi s'incatenarono ai miei, e il mio cuore mancò un battito.
«Anch'io ho bisogno di te.» Esordì. «Ho sempre avuto bisogno di te.»
La sua mano raggiunse nuovamente il mio viso, accarezzandomi con le nocche, per poi spostare qualche ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
Da quel momento iniziò a guardarmi con degli occhi diversi, e io leggevo qualcosa di forte in quei suoi occhi blu.
Aveva l'amore negli occhi.
«Non so come ho fatto a non innamorarmi prima di te.» Scosse leggermente la testa, accennando un sorriso. «Voglio dire, in fondo mi hai sempre fatto ridere, mi hai sempre fatto sentire importante, e non sei cambiata mai.» La sua mano scese sulla mia, e iniziò a giocarci dolcemente con le mie dita. «Come ho fatto a non accorgermi prima di quanto eri bella? Di quanto i miei occhi si perdevano nei tuoi? Forse in realtà, senza neppure accorgermene, non ti ho mai guardato per davvero. Perché forse lo sapevo quanto eri bella, ma avevo paura. Forse perché ero consapevole che sì, tu eri veramente troppo. Troppo per tutto. Troppo per me. Ma adesso ci sono cascato lo stesso, adesso mi sono arreso. So che sono un coglione, non mi sono accorto di quanto mi stessi prendendo in giro da solo, e sai perché? Perché cercavo di nascondermi da te, da quei tuoi occhi azzurri che sembrano il mare e quel sorriso pronto a spaccare il mondo.» Le sue dita s'intrecciarono alle mie, e quando guardò le nostre mani unite sorrise. «Sono sempre stato così stupido, con te. Perché sai, io volevo fingere che fosse tutto come sempre, che in realtà non stavo meglio quando c'eri tu, quando la sera camminavamo per le strade e avevo voglia di stringerti. Mi sono sempre negato tutto, perché non mi sembrava vero, perché non poteva essere possibile. Io con te. Io dentro a quel cuore grande, fra quelle braccia che sembravano maledettamente accoglienti.
Ho sempre avuto paura, in realtà. Perché ero sicuro che tu non meritassi uno come me, che al tuo fianco dovesse esserci una persona migliore. Non io. Ti ho fatto soffrire, mi sento stupido. Sono stupido.»
Scosse nuovamente la testa, per poi alzarsi e tendere una mano verso di me.
Senza pensarci due volte, afferrai la sua mano, e mi alzai con la paura di cadere da un momento all'altro.
Il suo braccio mi circondò la vita e mi strinse a se. Il mio petto contro il suo.
Riuscivo a sentire il battito del suo cuore, e anche attraverso il tessuto della sua maglietta, riuscivo a sentire il calore del suo corpo. Il suo respiro confondersi col mio.
«E adesso ho perso. Ho perso il cuore. Adesso ho perso la testa. Per te, per le nostre serate così semplici che non sopporto veder finire. E poi è bastato un giorno. Un giorno per accorgermi che sei ciò che mi mancava, pur essendoci sempre stata. Adesso ti ho guardata, finalmente. Ma sai, mi pento di avere aspettato tutto questo tempo, di esserti stato accanto senza dirti mai che senza te non ci posso stare.
E adesso l'ho capito che tanto di te potevo solo innamorarmi, prima o poi.»
Le sue labbra combaciarono perfettamente alle mie, mentre le mie mani scivolavano sul suo collo, per poi intrecciarsi nei suoi capelli.
Le braccia di Louis mi circondavano la vita e mi sollevavano leggermente dal prato.
Mi leccò il labbro inferiore, e schiudendo le labbra lasciai che le nostre lingue s'intrecciassero.
In quel momento dimenticai tutto. C'eravamo solo io e lui. Wendy e Peter Pan. Io e lui dentro a quelle mille sensazioni che solo un bacio ti può regalare. Che solo la persona che ami ti può regalare.
Louis staccò dolcemente le sue labbra dalle mie, mentre cercavo di tornare a respirare regolarmente, poggiò la sua fronte sulla mia.
«Ti amo.» Sorrise, il sorriso più bello che avessi mai visto, ed era per me. «Adesso, giuro che ti amo.»






 






 





Writer's space.
Inizio col dire che questa è la mia prima one-shot. In realtà è la prima cosa che scrivo in assoluto. Ci ho messo davvero impegno per scriverla, anche se non sono completamente soddisfatta. Spero in ogni caso di non deludere te che stai leggendo e un'amica che continua a darmi sempre consigli, e per questo la ringrazio.
Se siete arrivati fin qui, perché non lasciare una recensione? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Accetto anche critiche, se dette con educazione. Sono quelle che mi aiuteranno a migliorare. E ovviamente accetto ogni tipo di consiglio.
Grazie a tutte quelle che sono arrivate fin qui. c:

With love,
Perverseness
.

   
 
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