Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: StEfYLuPaCcHiOtTa    22/05/2008    6 recensioni
[COMPLETA] Quello sguardo. Gerard era sicuro di averlo già visto…ci mise qualche istante, quindi aprì lievemente la bocca, come per dire qualcosa. "Ma…" riuscì solo a dire, costretto poi a spostare gli occhi sulle numerose ragazze che gli porgevano foglietti e poster. Emy sostenne il suo sguardo, come aveva fatto quel giorno. Ma non appena lui si girò per dedicarsi a una ragazzina che in lacrime reclamava la sua attenzione, arrossì violentemente. Non poteva ricordarsi certo di lei…
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ebbene si, alla fine ce l'abbiamo fatta. Dopo più di un anno ho terminato questa storia, a malincuore, con fatica, tirando fuori ogni sentimento con i denti, perchè, per motivi ben diversi da quanto molti di voi potrebbero pensare, questa storia è molto mia.
Tutti pensano io mi immedesimi in Emy, come la maggior parte delle ragazze che scrivono FF si immedesimano nella loro protagonista...beh, vi svelo un segreto: in realtà è il personaggio di Gerard, quello che mi assomiglia di più. Forse Emy ricorderà me fisicamente, ma non è abbastanza...se cercate la vera Steph fra le righe di questa storia, è sul personaggio di Gerard che dovete lavorare.
Se pensate che ora vi libererete di me, sbagliate di grosso; a parte che in questi giorni sistemerò la FF sia dal punto di vista delle correzioni di piccoli errori qua e là, che dal punto di vista dell'HTML, che darà un po' più di colore, per il resto, sto già scrivendo un'altra FF, oltre che un libro, per cui presto mi vedrete tornare con un'altra storia, anche se non subito, preferisco portarmi un po' avanti con i capitoli, onde evitare di lasciarvi a secco per lunghi periodi come è capitato con questa fic.
Ringrazio ancora tutte le ragazze che hanno assiduamente letto e commentato la mia storia, anche a distanza di mesi, quando i miei aggiornamenti hanno iniziato a diventare sporadici a causa di problemi di salute, e quant'altro. Nonostante la reputazione di desaparecida che mi sono creata qui su EFP, mi ha sempre fatto un enorme piacere vedere che traevate beneficio dalle mie parole. Perdonatemi se non vi elenco tutte, ma siete molte; ricordo però ognuna di voi, non temete, e anche se non commento (ho spesso poco tempo) leggo assiduamente le vostre storie, e mi piacciono molto.
Un grazie ancora più sentito a coloro che, dopo la lettura, mi sono state vicine anche oltre; Jo, Vale, Kris, la mia sorellina, Marta, il mio amore Ely, che con consigli, o anche semplici cazziate su msn per farmi aggiornare, mi hanno spronato a continuare una storia che, forse, avrei anche potuto finire con l'abbandonare.
Grazie alla mia sorella di sangue, perchè nonostante tutto lei c'è.
Grazie ai My Chemical Romance perchè, semplicemente, sono parte della mia vita.
E in ultimo, concedetemelo, un grazie di cuore anche a Gerard Way, per essere la mia costante ispirazione, una persona per cui provo una profonda ammirazione, e un sacco di altre cose, che non sto ad elencare perchè troppo noiose, e forse anche un po' troppo personali.
DISCLAIMER: Lo so benissimo, che la canzone nel capitolo non è dei MCR, nè che sarà nel prossimo album, nè tantomeno che mi appartiene. Ma mi è piaciuta fin da subito e l'ho trovata perfetta per la mia storia. Un grazie quindi, anche ai Nickelback per aver messo in musica queste parole meravigliose.

BUONA LETTURA!
Enjoy!



Un anno dopo.

La folla si accalcava attorno ai cancelli dello stadio, in trepida attesa di quello che, da molti, era stato definito il concerto dell’anno. I My Chemical Romance mancavano dall’Italia da quasi più di due anni, dopo il tour che li aveva visti protagonisti indiscussi della scena musicale, e che aveva toccato anche Roma e Milano. I fans erano impazienti di rivedere la band live dopo così tanto, e specialmente di sentire dal vivo i brani del nuovo cd, uscito nei negozi a tempo di record, pochi mesi dopo la fine del tour.
Gerard osservava la massa di teenagers da una finestra, sorridendo lievemente, vedendoli spintonarsi a vicenda per superare l’ingresso. Avevano finito le prove da un po’, ora nella sala era rimasto il palco vuoto e gli strumenti ancora caldi, mentre loro si godevano le quiete prima della tempesta, rintanati nei camerini tra sigarette e tazze di caffè bollente. Le chiacchiere dello staff gli riempivano la testa, senza tuttavia riuscire a distoglierlo dal pensiero fisso, che ormai lo tormentava da mesi, da quando, prima tra tutte, aveva scelto la data italiana del tour, regolando poi le altre di conseguenza.
Lei.
Certo, lei. Non se l’era mai tolta dalla mente, mai, nemmeno per un istante. Aveva capito i suoi errori, voleva che lo sapesse anche lei, che tornasse da lui. Erano state inutili le sue telefonate, a cui non aveva mai risposto. Inutile la visita sotto casa, dove gli aveva aperto una ragazza mai vista prima, che per poco non scoppiava in lacrime sulla soglia: non le pareva vero che Gerard Way le aveva bussato alla porta. Gli aveva spiegato che aveva incontrato la precedente inquilina solo al momento del trasloco, in cui si erano scambiate un paio di chiacchiere superflue, e dove aveva saputo che era italiana, e che sarebbe tornata proprio in Italia il giorno seguente, poiché aveva finito il suo periodo di studio, e niente di importante la tratteneva più lì. Erano già passate due settimane da quel giorno, quando lui si era presentato al cancelletto. Aveva aspettato troppo, ancora una volta. Lo ferirono molto le sue parole, ascoltate attraverso la voce di quella ragazza: niente di importante la tratteneva. Si ritrovò in pochi secondi declassato a un niente qualsiasi, trovando conferma a ciò che aveva temuto a lungo, e che sempre aveva rimandato, ossia che lei considerasse completamente chiuso il loro rapporto.
Ci sarebbe stata? Lo avrebbe guardato? Non lo sapeva, l’unica cosa che gli era rimasta era sperare. Lanciò un’occhiata veloce a Frank, che nell’angolo strimpellava la sua Les Paul e fumava una sigaretta. Era sicuro lui sapesse di Emy, avesse contatti con lei, ma, le poche volte che aveva provato ad affrontare l’argomento, il chitarrista si era chiuso in un mutismo che lo irritava, e aveva lasciato perdere. Non gli avrebbe scucito una parola, e questo gli dava fastidio. Certo, l’idea che lui sapesse dov’era Emy, come stava, e lui no, era insopportabile. Ma ancora di più era vederlo così fedele al silenzio che sicuramente lei gli aveva imposto, un silenzio che era molto eloquente sul tipo di rapporto che dovevano aver mantenuto nonostante la distanza. Geloso? Certo. Ma non era più quella gelosia arrabbiata, che lo aveva dominato un anno prima, che lo aveva portato a rovinare tutto. Era piuttosto una gelosia malinconica, con la consapevolezza di quanto era stato idiota. Chiuse gli occhi, posando il capo contro la finestra. Quella sera, aveva deciso, avrebbe dato il meglio di sé.

Le luci scattarono sul palco, immediatamente seguite dal boato della folla che li accolse mentre prendevano posto dietro agli strumenti. Gerard strinse l’asta del microfono, e guardò uno ad uno i suoi compagni, soffermandosi infine su Frank, cercando di cogliere un suo cenno verso la folla, uno sguardo, qualsiasi cosa l’avrebbe aiutato a capire. Ma non avvenne. Sospirò, quindi impostò il suo migliore sorriso rivolgendosi al pubblico.
Diede il massimo, come altre poche volte si era concesso al pubblico. Una performance che, ne era certo, avrebbe fatto parlare parecchio. Energia, grinta, rabbia, malinconia, pazzia, calore, amore, tutte sensazioni che gli scorrevano nelle vene, e che rilanciava verso il pubblico come fossero monete del suo tesoro, pezzi del suo cuore. Inconsciamente, forse, la gente lo avvertiva, ma quasi sicuramente avrebbero attribuito tutto a un particolare impegno nello show. Nessuno avrebbe potuto immaginare che ogni suo respiro, movimento, parola, dentro di sè venivano incanalati verso un'unica persona, o meglio l'ombra di una persona, il desiderio che fosse presente, lì in quel luogo, quella sera. Un paio di volte Gerard incrociò lo sguardo di Frank che, tra un accordo e l'altro, lo osservava colpito a sua volta dal trasporto che pareva possederlo quella sera. Intonò “The Ghost of You” con una morsa al petto, pensando a quando, molto tempo prima, lei gli aveva chiesto di cantarla, in quella caffetteria, quando niente era ancora iniziato eppure già era successo tutto.
Nello stesso momento, sugli spalti, un’altra persona stava rivivendo esattamente quel momento. Emy strinse forte la maglia sul petto, all’altezza del cuore, mentre l’altra mano teneva forte quella di Katy, al suo fianco, dall’altro Vanessa. Non potevano lasciarla da sola, lo sapeva lei, e lo sapevano loro. E lo doveva sapere anche Frank, che, nonostante lei glielo avesse proibito in tutti modi, si era premurato di farle recapitare a casa 3 biglietti per lo show. Già sapeva, immaginava, che avesse bisogno delle sue amiche per affrontare quel momento. Rivederlo, dopo tutti quei mesi. Sentirlo cantare quelle canzoni, con quella voce con cui migliaia di volte le aveva sussurrato parole d’amore nell’orecchio. Sospirò, muovendo le labbra al seguito delle parole che lui pronunciava, osservandolo, studiandolo nel frattempo. Era…cambiato. Non fisicamente, però lo avvertiva, era come una sensazione. E questo un po’ le dispiaceva. Forse, non era più il Gerard di cui si era innamorata. Però, allo stesso tempo un po’ ne era rincuorata. Magari aveva capito i suoi limiti, li aveva superati. Ma che le importava, poi? La loro storia era finita, da un anno ormai, doveva togliersi dalla testa queste cose e andare oltre. Era quello di cui stava cercando di convincersi da tempo. Aveva sofferto per come si era comportato, durante la loro storia, ma soprattutto quel giorno, il giorno in cui aveva mollato tutto. L’aveva ferita profondamente. Quando lui la cercava, inizialmente era la rabbia e anche un po’ di vendetta, che le impedivano di rispondergli. Poi col passare del tempo, aveva cercato di convincersi che presto si sarebbe rifatto una vita, e anche lei, e sarebbe stato molto meglio così per entrambi. Erano troppo diversi, per stare insieme, venivano da due mondi opposti. Tuttavia non aveva rinunciato a vederlo, sebbene ci avesse provato, all’inizio. Ma quando si era trovata quei biglietti di fronte, nella busta su cui Frank aveva scribacchiato velocemente il suo indirizzo, per un attimo aveva smesso di respirare. Erano mesi che evitava i negozi di cd, i punti vendita, le cartolerie, per non vedere l’annuncio del loro concerto, per non comperare il loro album. E invece la chiave di tutti i suoi incubi, e sogni, le era stata inviata direttamente a casa via posta intercontinentale.
E ora si trovava lì, in tribuna, a pochi metri da lui, come quasi due anni prima. Solo che allora era sotto il palco, e ancora in mezzo non c’era stato tutto quello che li aveva travolti. Cercò di ricordarsi con che occhi lo vedeva, allora. Ne ebbe un vago ricordo, ma era tutto obnubilato dal battito del suo cuore, che era talmente forte che quasi le pareva sovrastasse la musica. Si irritò quasi per questo, non voleva perdere contatto con ciò che era stato per lei, prima di innamorarsene. Anche perché, volente o nolente, a quel punto sarebbe dovuta ritornare, ora, perlomeno una volta imparato a riconvivere con i suoi poster in camera, e non con lui in carne ed ossa al suo fianco.
Lo osservò muovere allusivamente il bacino contro l’asta del microfono, mentre le ragazze in prima fila impazzivano. Ripensò alle innumerevoli volte che l’aveva stretta con altrettanta passione, accarezzata con altrettanta sensualità, sfiorata con le labbra con altrettanta dolcezza. Le sfuggì un sorriso amaro realizzando che si stava paragonando a un’asta del microfono. La prima e unica volta in vita sua in cui questo paragone sarebbe stato azzeccato.
Gerard strinse ancora il microfono tra le mani, mentre vi posava le labbra e si preparava a cantare “You know what to do to guys like us in prison”. Quella canzone era da sempre associata a suoi momenti altamente provocanti. Osservò le ragazze in prima fila, ma l’unica cosa che cercava era il suo volto, e non lo trovò. Sospirò, un sospiro che parve quasi un gemito. La folla impazzì. Cercò di ignorarli, di pensare a quando teneva stretta Emy tra le braccia, quando faceva l’amore con lei. I movimenti gli vennero spontanei, così come il crescendo della voce nel microfono, fino ad intonare la prima strofa. “Ed eccolo, il vostro momento Hot”, pensò irritato osservando le ragazze in crisi ormonale sotto di lui. Un altro pezzo del suo tesoro, un altro pezzo del suo cuore, sacrificato per lo show. Sacrifici che solo lui sapeva di stare compiendo, che, seppur gli portassero conforto al momento, poi lo turbavano e lo dilaniavano. Detestava utilizzare i suoi ricordi per fare spettacolo. Ma erano l’unica cosa che gli aveva permesso di metterlo in piedi, quello spettacolo. Se non fosse stato per la speranza di rivederla, se non fosse stato per l’idea di incrociare il suo sguardo nella folla, o per la speranza che lei sentisse le nuove canzoni, probabilmente non ci sarebbe stato un nuovo album, né un nuovo tour. Negli ultimi mesi si era ridotto all’ombra di quello che era, rinchiuso in se stesso e nella depressione che pareva essere tornata a fargli visita, la cara vecchia amica. Per questo i ragazzi, ora, parevano così sorpresi nel vederlo così euforico…fino a poco tempo prima, era una cosa del tutto impensabile. E, per l’ennesima volta, ad aiutarlo a rialzarsi, anche se indirettamente c’era stata lei. Sorrise, un sorriso che venne inquadrato nei maxi schermi. Gerard Way era stato salvato più volte da una ragazza che faceva parte del gruppo di persone che lo definivano il loro salvatore. Alquanto ironica, la cosa.
- Beh, però è… - Vanessa interruppe il silenzio tra di loro, voltandosi verso l’amica. Emy la guardò, e, sebbene lei cercasse di nasconderlo, non le sfuggirono gli occhi che brillavano, il sorriso accennato sulle labbra. Del resto tutte e tre, erano state fan, e anche loro li rivedevano dopo molto tempo. Ma, inspiegabilmente, questo le scatenò un lampo di gelosia. Lo sguardo delle sue amiche era quello che ogni ragazza poteva avere per il suo idolo, ma sapere che erano rivolti ai ragazzi, e in particolare a Gerard, le diede fastidio. Forse perché non riusciva più a trovare la stessa gioia semplice e spontanea nel vederli, quel bellissimo sentimento che solo una fan può provare. O forse perché era gelosa e basta. E guardarlo muoversi sul palco con fare ammiccante non migliorò la situazione.
- E’ uno stronzo, ecco cos’è. – decretò in tono secco. - Guardalo, come si diverte. S’è scordato in fretta di me. Se la passa bene, uh? Tornato in mezzo alla folla che tanto lo adora, e da cui mi ha tanto nascosto. – Si sedette sulla sua poltroncina, incrociando le braccia al petto. Si morse le labbra, volendo immediatamente rimangiarsi quanto detto, ma ormai era tardi. Vanessa e Katy la guardarono, stupite. Scossero appena la testa e tornarono a guardare lo show, immergendosi di nuovo nel silenzio. Ma per pochi secondi. Vanessa poi si girò di scatto e le diede un ceffone.
- Piantala! – sbottò, facendo voltare un paio di ragazze di fronte a loro. Emy la osservò basita, portandosi una mano alla guancia. – Tu ne sei innamorata, ti manca da morire, ammettilo e basta, cazzo. E’ un anno che ti sentiamo ripetere che non te ne frega niente di lui, e ora arrivi qui e ti metti a sputare sentenze? Per quanto ti ha cercato quel ragazzo, eh? E quante volte l’hai lasciato appeso a un telefono aspettando che rispondessi, mentre tu dall’altra parte osservavi sadicamente il cellulare con la sua foto sullo sfondo vibrare, il suo nome sullo schermo, senza fare niente? Ha sbagliato, ma tu non hai fatto di meglio. – si zittì, voltandosi di nuovo verso il palco. Quello che Emy non notò fu l’occhiolino che le due amiche si rivolsero, sorridendo soddisfatte.
Lei rimase seduta, guardando il palco e riflettendo su quanto le aveva detto la sua amica. Aveva ragione, forse. Non aveva il diritto di pontificare. Ma la verità era che, vederlo così, le faceva male. Non lo aveva mai dimenticato, e vedere che per lui non era stato lo stesso non era una bella sensazione. Forse, concluse, da quando aveva ricevuto quei biglietti, anche se aveva finto il contrario, la sua unica speranza era che l’avrebbe rivisto, magari ci avrebbe parlato. E invece mai come ora tutte queste segrete speranze che si era raccontata prima di dormire le sembravano assurde e irrealizzabili. Lo guardò mandare un bacio alla folla, e chiuse gli occhi. Non era sicura di voler continuare a vederlo. Si alzò, picchiettando la spalla di Katy.
- Io credo che uscirò… - borbottò, ma le sue parole vennero sovrastate dalla voce di Gerard.
- Questa è l’ultima canzone! – disse verso il pubblico, posizionando poi il microfono nuovamente sull’asta.
- L’ultima canzone… - ripetè Katy, in tono quasi supplichevole. Emy annuì, tornando a sedersi.
- E’un brano inedito, lo troverete come b-side nel nostro primo singolo. Ed è la prima e ultima volta che me lo sentirete cantare live. – continuò il cantante, mentre le luci si abbassavano. – E’ dedicato a una ragazzina dagli occhi grandi e con la matita sbavata. – disse infine. Un cenno verso i ragazzi alle sue spalle, e Frank iniziò l’intro con la chitarra acustica. Emy sussultò appena, alzandosi in piedi, come mossa da una scossa, come la prima volta che lo incontrò. E poi ci fu solo la voce di Gerard.

This time, This place
Misused, Mistakes
Too long, Too late
Who was I to make you wait?
Just one chance
Just one breath
Just in case there's just one left
'Cause you know,
you know, you know

That I love you
I have loved you all along
And I miss you
Been far away for far too long
I keep dreaming you'll be with me
and you'll never go
Stop breathing if
I don't see you anymore

On my knees, I'll ask
Last chance for one last dance
'Cause with you, I'd withstand
All of hell to hold your hand
I'd give it all
I'd give for us
Give anything but I won't give up
'Cause you know,
you know, you know

That I love you
I have loved you all along
And I miss you
Been far away for far too long
I keep dreaming you'll be with me
and you'll never go
Stop breathing if
I don't see you anymore
So far away
Been far away for far too long
So far away
Been far away for far too long
But you know, you know, you know

I wanted
I wanted you to stay
'Cause I needed
I need to hear you say
That I love you
I have loved you all along
And I forgive you
For being away for far too long
So keep breathing
'Cause I'm not leaving you anymore
Believe it
Hold on to me and, never let me go
Keep breathing
'Cause I'm not leaving you anymore
Believe it
Hold on to me and, never let me go
Keep breathing
Hold on to me and, never let me go
Keep breathing
Hold on to me and, never let me go


La folla impazzì. Uno scroscio di urla e di applausi accolsero la fine della canzone, mentre Katy e Vanessa si girarono verso Emy che aveva gli occhi appannati dal pianto.
- Oh Emy… - mormorò Vanessa abbracciandola, mentre a sua volta si metteva a piangere. – Hai visto? Ti ama! – balbettava, stringendola forte. Emy chiuse gli occhi, lasciando cadere sulla felpa dell’amica tutto quello che aveva trattenuto per un anno intero.
- Grazie a tutti!! – esclamò Gerard, alzando le braccia verso il pubblico, ricacciando indietro le lacrime che gli pizzicavano gli occhi. Insieme ai ragazzi si inchinò, quindi, uno ad uno, si ritirarono dietro al palco. Solo lui tentennò un secondo, afferrando l’ultima volta il microfono e pronunciando – Cercherò per sempre i tuoi occhi. Lascia che li trovi. – lo abbandonò a terra quindi, nascondendosi veloce dietro le quinte, mentre le ragazze in prima fila urlavano estasiate dalla visione del loro idolo in versione romantica.
- Lascerai che li trovi, Emy? – chiese Katy, osservando le sue amiche ancora abbracciate. Emy sollevò il viso, guardando quella che, tra le tre, era sempre stata la più pacata, e la più assennata. Certo che l’avrebbe fatto. Ora lo sapeva. Mosse appena il capo in cenno d’assenso. – Vai da lui, allora. – l’esortò lei, mentre Vanessa la liberava dal suo abbraccio. Emy si alzò passandosi una mano sugli occhi. Guardò le due amiche, i loro sorrisi, e capì. Capì che loro sapevano, avevano sempre saputo, e sospettava che Frank fosse artefice di tutto ciò. Strinse forte le loro mani.
- Grazie… - sussurrò, mentre le lacrime nuovamente facevano capolino.
- Su, vai! – le disse di nuovo Katy, e Vanessa annuiva. Ed Emy non se lo fece ripetere di nuovo. Guardò il palco, quindi l’uscita artisti poco distante. E si mise a correre. Scese le scale tutte d’un fiato, buttandosi controcorrente alla folla che premeva per uscire.

- Gerard! Sono io quella ragazza, guardami! – urlava una ragazzina attaccata alla transenna, mentre il gruppo passava lì davanti per fare gli autografi di rito.
- No, sono io, guarda me! Sono qui soltanto per te! Ti amo! – urlò un’altra, meritandosi una bella spinta dalla massa di ragazze dietro di lei.
Gerard sospirò, firmando una cartolina e sistemandosi l’asciugamano sulle spalle. Non era servito a nulla. Lei non era lì. Muoveva il pennarello senza nemmeno guardare dove scriveva, autografando anche un paio di magliette e qualche braccio ai poveri malcapitati che gli porgevano fogli e poster. Frank gli passò accanto, posandogli una mano sulla spalla.
- Mi dispiace… - gli disse solo, lanciando poi un’occhiata alla folla e scuotendo il capo. Il cantante nemmeno se ne accorse. Voleva soltanto che tutta quella bolgia finisse, per rinchiudersi da solo nella sua tristezza.
- Quanto devo restare ancora? – mormorò solo con voce atona.
- Altri cinque minuti, ha chiesto Brian. Se vuoi resto, così ne distraggo un po’. – rispose il chitarrista.
Lui annuì, senza neanche guardarlo. Frank lo osservò, i suoi occhi spenti, e chinò il capo verso terra. Aveva sperato sarebbe servito, farla venire, farle sentire quella canzone, anche le sue amiche sembravano positive. E invece aveva fallito. Si avvicinò alle transenne dispensando autografi a sua volta.

- Gerard! Gerard! – Emy urlava in mezzo alla folla, cercando, pian piano di avanzare. Sapeva di avere poco tempo.
- Abbella, se vuoi vedere Gerard mettete in fila, che noi siamo tutte stronze che stamo qua da prima de te? – una ragazza diede prova della sua finezza apostrofandola così, mentre cercava di passare oltre. Lei cercò di non darle retta, ma questa, irritata forse per essere stata ignorata, la afferrò per i capelli e tirò. – M’anvedi sta cessa… ma chi ti credi di essere, la principessa sul pisello? Che ti pensi sul serio che Gerard ti calcoli? Mica sei n’emo vera te…io si invece, e infatti m’ha guardato per tutto il concerto. Famme passà!- disse, tirando nuovamente, e cercando di superarla. Emy vide tutti i colori dell’arcobaleno, poi il soffitto cosparso di luci, visto che la tizia in questione le stava tirando i capelli verso il basso. Quando riuscì a riportare la testa dritta, vide Gerard. Inspirò profondamente, quindi si voltò in direzione della versione femminile di Thomas Milian.
- Senti un po’, stronza, tirami un’altra volta i capelli e ti corco di mazzate. – disse risoluta, per poi tornare a cercare di avanzare. Ma questa non pareva cedere, e afferrò i suoi capelli per tirarli di nuovo, senza però riuscirci subito, graffiandole così la faccia e riuscendole solo poi a strapparle una quantità consistente di capigliatura. Emy si voltò imprecando come solo lei sapeva fare. – Ora hai veramente rotto! – sbottò, assestando quindi un pugno ben calibrato sullo zigomo della ragazza, facendola cadere a terra. Questa non fece in tempo a rialzarsi, che già lei era oltre, superando delle ragazze che si erano voltate ad osservare la scena.

- Si stanno menando… - ridacchiò Frank osservando un po’ di movimento nella folla, cercando di distrarre Gerard. Lui alzò lo sguardo per un istante, riabbassandolo quasi subito.
- Sono solo delle bambine. Che senso ha? – borbottò. Frank si strinse nelle spalle, non sapendo che dire. Perlomeno gli aveva cavato fuori due frasi di fila.
- Io mi sto stufando, Frank. Voglio andare in camerino. – non ce la faceva più a dispensare falsi sorrisi e frasi di circostanza. Aveva impiegato troppa speranza in quel concerto e in quello che sognava come risultato, per potersi mostrare un minimo cordiale.
- Capisco…beh, mancano un paio di metri alla fine delle transenne. Arriviamo lì, e torniamo in camerino. – rispose il chitarrista. Lui annuì nuovamente.

- Gerard!! – Emy cercò di chiamarlo ancora, ora decisamente più vicina alla transenna. Un metro e mezzo e una quindicina di ragazze la distanziavano da lui. La mano le faceva male, aveva le ossa dure, quella deficiente di poco prima. Il graffio sulla faccia le sanguinava appena, e bruciava per via della scia di lacrime sul viso. Ma non le interessava. Lui alzò il capo per osservare la ragazza di fronte a lui, e lei notò il suo sguardo rabbuiato, quasi spento. Lo vide allungare un braccio per prendere un foglio e a sua volta allungò una mano, afferrando il vuoto. Ripetè il suo nome, ma si mischiava alle decine di “Gerard, Gerard” che la circondavano. Lui arrivò alla fine della transenna. Frank che notò solo ora accanto a lui prese voce.
- Ragazze, è stato un piacere, ma purtroppo dobbiamo ritirarci, siamo stanchi. – se ne stavano andando. No. Non potevano. Versi di disapprovazione s’alzarono dal gruppo di ragazze, mentre i due si allontanavano.
- Gerard, ti amo!! – gridò una. Lui nemmeno rispose, voltandosi.
- Gerard, sei bellissimo!! – le fece eco un’altra mentre lui prendeva l’ingresso del backstage. Emy trattenne le lacrime mentre osservava l’uomo che amava andarsene dalla sua vita, probabilmente per sempre. Non poteva permetterglielo.
- Gerard, sei un fottutissimo idiota!!! – urlò a squarciagola, sovrastando le urla delle ragazze che aveva intorno. Lui si bloccò, voltandosi verso la folla. Questa gli giungeva nuova. Un insulto. Era forse la voce di Emy quella che aveva sentito? Spalancò gli occhi, guardandosi intorno, riavvicinandosi alla transenna.
- Dove sei? – chiese con la voce colma d’ansia. Frank sorrise, avendo a sua volta sentito quella voce, e fece un cenno a Worm.
- Qui! – rispose lei, e un cuore le fece un balzo nel petto quando lo vide riavvicinarsi. Il suo viso ora trasudava emozione, incertezza. Avrebbe tanto voluto rassicurarlo con una carezza. Ma non appena lui si avvicinò le ragazzine ricominciarono a strepitare.
- Emy…? Emy? – la chiamava, agitato, ma non la vedeva. Emy capì che l’unico modo di farsi notare, era continuare ad essere una voce fuori dal coro.
- Maledetto cretino, sono qui!!! – urlò mentre riceveva uno spintone. Lui si voltò nella sua direzione, e la vide. Gli occhi si spalancarono per lo stupore, brillando di contentezza. D’istinto, si sporse nella folla per prenderla, ma fu assalito.
- Worm!! Worm!! – biascicò mentre una ragazza lo afferrava e lo baciava in bocca. Worm si precipitò ad afferrarlo per la cinta dei pantaloni, tirandolo fuori. – Non me, lei!! – gridò quindi lui pulendosi le labbra con la mano, indicando il punto dove si trovava prima Emy. Non appena capirono che Worm stava per tirare fuori Emy, le ragazze puntarono lei come bersaglio, cercando di impedirle di arrivare alla bodyguard. Ma Worm fu più veloce, e l’afferrò per le mani, facendola uscire, portandola nel backstage. Lei sorrise, ringraziandolo con un sonoro bacio sulla guancia paffuta, voltandosi poi verso Frank, abbracciandolo di slancio.
- Tu sei un nano spione. – gli disse ridacchiando e lui rise.
- L’ho fatto per il tuo bene, lo sai. Lo sapevo, che saresti venuta. – rispose solo, quindi lanciò un’occhiata a Gerard, rimasto in disparte. – Vi lascio soli. Ti strapazzerò dopo. – le disse in un orecchio, quindi si staccò dirigendosi verso la porta del camerino. Gerard gli prese la mano e la strinse forte, in un gesto di profonda amicizia. Lui ricambiò, uscendo quindi e chiudendosi l’uscio alle spalle. Si guardarono un momento, poi Gerard le si avvicinò subito, fermandosi a pochi centimetri da lei, come se non osasse toccarla.
- Io… - cercò di dire, a voce flebile, lo sguardo basso.
- …sei un deficiente, si. – concluse lei la frase, guardandolo.
- Emy, sei uscita da lì in mezzo e hai la mia totale attenzione ora, puoi anche smettere di insultarmi. – replicò lui inarcando un sopracciglio.
- No, questo era gratis. Per omaggiare il tuo tentativo di buttarti nella folla e farti violentare carnalmente da ogni donna presente. Una quasi ci stava riuscendo. Credevi davvero di sopravvivere? – domandò ironica lei, avvicinandosi appena.
- Oh. Beh, ecco… - disse lui imbarazzato.
- Non preoccuparti, ho apprezzato il tentativo di cavalleria per salvare la donzella in pericolo. – disse lei in tono addolcito, cercando di sfiorargli la mano, trattenendo una smorfia di dolore. Lui prese la sua, stringendola con entrambe le sue mani, e ne osservò le nocche gonfie e tendenti al violaceo.
- Cos’hai fatto? – domandò, sfiorandole le labbra. Lei socchiuse gli occhi per un attimo, quindi lì riaprì, tornando su di lui.
- Piccolo incidente di percorso. Una stronza che non mi voleva far arrivare da te. – replicò semplicemente. Gerard ridacchiò, baciandole ancora la mano.
- Allora eri tu che facevi a botte… - disse osservandola con finto rimprovero.
- Certo. E ti ho anche fatto un favore. Era pericolosa, quella. – disse lei seria, annuendo.
- Cerco in tutti i modi di salvarti, ma a questo punto è proprio evidente che sei tu il cavaliere e io la donzella in pericolo… - lei sorrise, avvicinandosi ancora, carezzandogli il viso.
- E’ per questo che ti amo, per il tuo essere estremamente femminile. – gli disse sorridendo, mentre le dita sfioravano la guancia su cui stava iniziando a crescere la barba.
- Mi ami? – domandò lui in un soffio, posando la propria fronte contro la sua.
- Ti amo. – rispose lei, sicura, guardandolo negli occhi. Lui la osservò a sua volta. Una ragazzina spaurita, i capelli sconvolti, il trucco colato intorno agli occhi, come quella volta che la incontrò nel bar. Come la ragazzina che cercava. Quanto le era mancata. Il suo profumo, il suo corpo tra le sue braccia, i suoi occhi nei propri.
- Anche io ti amo. E finalmente li ho ritrovati, questi occhi meravigliosi. – le rispose, aprendo le braccia e stringendola a sé.
- Lo so. – disse lei, zittendosi un attimo, beandosi del calore che le trasmetteva quell’abbraccio, quel rifugio sicuro che tanto aveva sognato in quei mesi. – Quella canzone… - riprese dopo poco, ma lui la zittì, posandole un dito sulle labbra.
- E’ tua. Basta così. – lei annuì, sorridendo.
- Grazie. – disse solo.
- Abbiamo tante cose di cui discutere… - sospirò lui sfiorando il suo viso col proprio.
- Non ce n’è bisogno. Quelle parole dicevano tutto. Io piuttosto… - lui non la lasciò parlare di nuovo, baciandola dolcemente. A quel contatto entrambi rabbrividirono, stringendosi ancora più uno contro l’altro.
- Capisco perché l’hai fatto. Come capisco che ti ho fatto soffrire. Abbiamo sbagliato entrambi, in modi diversi. Ma è passato tutto ora, ti ho qui con me e non mi importa più del resto. Basta solo che non mi lasci più…per tutto il resto, sono sicuro potremo trovare un compromesso. Del resto, Frank e mio fratello ci sono riusciti benissimo, no? – sorrise dolcemente lasciando che le loro labbra si toccassero di nuovo.
- Già. Ma lo vuoi sul serio? – gli chiese lei, seria. Trattenne appena il fiato dopo avergli posto questa domanda, timorosa della sua risposta.
- Io voglio passare con te il resto della mia vita. E tu, lo vuoi? – chiese lui di rimando, fissandola in quegli occhi che aveva amato dal primo momento.
- Mi stai chiedendo… - lui sorrise prendendola in braccio e canticchiando la marcia nuziale, fino a posarla sul divanetto, contro la parete del camerino, e sedersi accanto. Emy sorrise, mentre un’altra lacrima le scorreva sul viso, portandosi via un altro po’ di trucco. – Oh cielo, si che lo voglio. Certo che si. Cioè, si. – balbettava felice, e lui la baciò, cercando di tranquillizzarla.
- Per intanto, ho preso casa a New York. Potresti venire con me. Potremmo iniziare da lì…anche perché non ho intenzione di sposarti finchè non imparerai che marca di make up devi usare. – disse lui ridacchiando e passandole un dito sulla guancia, per levarle un po’ del nero che le sporcava il viso.
- A Vanessa e Katy verrà un colpo. – disse lei ridacchiando a sua volta al gesto di lui.
- Anche a mio fratello, credo. – rispose mentre la stringeva a sé. – Ma del resto, sono tutti ben abituati ai nostri colpi di testa, immagino.
- Assolutamente. Anche perché il primo che prova ad obiettare, gli spacco il naso. – disse lei con una risatina. Gerard le baciò il collo, sussurrandole poi nell’orecchio:
- E’ per questo che ti amo, per il tuo essere estremamente mascolina. – sorrise, carezzandole poi un seno. – fortunatamente solo caratterialmente, aggiungerei… - lei rise, quindi arrossì leggermente.
- Ma non lo sai che un futuro sposo non dovrebbe comportarsi così? – disse con aria fintamente sostenuta.
- No, infatti dovrebbe fare molto di peggio. – rispose Gerard, armeggiando col gancio del suo reggiseno. – ti va di lusso, solo perché siamo nel mio camerino…aspetta che arriviamo a casa… - mormorò divertito nell’incavo del suo collo. Quindi tornò serio, un istante carezzandola con lo sguardo colmo d’amore. – Amore mio, ci aspetta un futuro fantastico. Te lo prometto. Insieme. Solo io e te. – le sussurrò, per poi sfilarsi la camicia. Lei rispose allo sguardo con uno altrettanto pieno di dolcezza, mentre lentamente, i loro vestiti finivano a terra, e i loro corpi si univano. Lo guardò negli occhi, quegli occhi verde bosco che le avevano sempre tolto il respiro, e che ora, invece, parevano ridarglielo dopo una lunga apnea. Sorrise, un sorriso carico di promesse, aspettative.
- Solo io e te. – rispose, prima di chiudere gli occhi.
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: StEfYLuPaCcHiOtTa