Ciao.
Le tue treccine sono davvero carine.
Ciao.
Ti amo ancora.
Forse.
Sorridi
nel sonno. Devo ucciderti.
Non
sorriderai più.
Cioè,
i tuoi capelli sono carini. Non le treccine.
Aspetta,
ricomincio.
Ciao!
Amo le tue treccine nere. Le osservo sempre ballonzolare sulla tua
schiena, sai? Mi ipnotizzano. Papà dice che sembro un pazzo,
perché
continuo a fissare i tuoi capelli ondeggianti finché non
sparisci
alla mia vista mentre torni al Giacimento, a casa tua. Però,
secondo
papà, sono anche tenero. Io non gli credo.
Hai
dei bei denti. Cioè, no. Cancella tutto.
Aspetta,
ricomincio.
Hai
un bel sorriso. Lo
so
che hai un bel sorriso, anche se l'ho visto una volta sola. Anzi no,
due volte. La prima, due giorni fa, dopo che hai cantato la Canzone
della Valle a scuola. Tutti applaudivano e tu ci hai sorriso. Quello
stesso pomeriggio, però, mentre ritornavi a casa, le tue
labbra
screpolate erano piegate orizzontalmente, serie.
Perché
non sorridi mai? Dovresti farlo più spesso. Sei bella quando
sorridi.
Ah,
sì, mi piace anche la tua voce. È bellissima.
Come
fai? Hai incantato tutti gli uccellini, l'altro ieri. Come hai fatto?
Me lo dici?
Ti
prego. Canta ancora.
Mi
fai stare bene. Cioè, no. Non so come dirtelo.
Ecco,
forse – forse
ho
trovato.
Quando
ti vedo sto bene e penso che la vita è meravigliosa, ma
quando te ne
vai – sparisci alla mia vista mentre torni al Giacimento, a
casa
tua – mi manchi. Non so perché. Ma quando non ci
sei sento male
alla pancia. Non so. So solo che spero sempre di vederti tornare
davanti alla vetrina della panetteria con la tua sorellina affianco.
Spero sempre di riuscire ad avvicinarmi a te, sogno di parlarti.
Ti
ricordi i biscotti che hai trovato sul banco, ieri? Be', sono stato
io! Tu sei così magra. E poi, nascosto sotto la cattedra
mentre la
classe era vuota e tu scartavi il tuo regalo, ti ho vista sorridere
per la seconda volta.
No,
non va bene. Aspetta, ricomincio.
Papà
dice che mi sto innamorando di te, ma io non gli credo.
Cosa
vuol dire innamorarsi?
Tu lo sai?
Quando
me lo dice le mie guance diventano rosse come i quadretti della
tua gonna scozzese. E poi corro via.
Mi
sorridi di nuovo?
Ciao.
Hai una treccia bellissima.
Cioè,
no, hai dei capelli bellissimi. No, non i capelli.
Aspetta,
ricomincio.
Ciao.
Amo la tua treccia nera. La osservo sempre ballonzolare sulla tua
schiena, sai? Mi ipnotizza.
Mi
piace anche il tuo viso. E le rughette che ti si formano agli angoli
della bocca quando sorridi, quelle poche volte che lo fai.
Perché
non sorridi mai? Dovresti farlo più spesso. È
bello sorridere.
Tu
te ne stai sempre con lo sguardo fisso fuori dal finestrino del
treno. E anche a casa, sei immobile. Non ti muovi. La tua bocca si
è
congelata in una precisa linea orizzontale.
Sei
serissima. E hai l'aria truce. Haymitch lo dice sempre. Che sei
truce, intendo.
Guardandoti
bene, adesso, mi sembri soltanto smarrita in un altro mondo, proprio
come lo ero io da piccolo, mentre ti seguivo con lo sguardo mentre
tornavi a casa.
Dai,
sorridi di nuovo. Lo so che è difficile, in questo momento.
Ma fallo
lo stesso. Ti prego. Provaci. Però, anche davanti a questa
folla di
persone, anche se Effie ti ha consigliato di farlo, tu non lo fai.
Probabilmente sei troppo scossa anche solo per renderti conto di
ciò
che sta succedendo. Lo capisco, perché sto passando
esattamente le
stesse cose.
Aspetta,
aspetta. Così non va bene.
Devo
ricominciare.
Sorridimi
un'ultima volta, sorridimi anche se non sei felice.
So
che ti manca la tua vecchia vita, che essere costretta a recitare per
le telecamere ti fa saltare i nervi, che
stare con me ti dà fastidio, ma fallo.
Fallo per me. Ne ho
bisogno.
Non
riesco più a guardare in quei tuoi occhi grigi e spenti,
irrimediabilmente morti, senza rivederci almeno un briciolo di vita.
Ti
ricordi quella volta nella grotta? Ci siamo sentiti vivi,
perché
eravamo sul punto di morire. Sorridimi ancora, dai. Anzi, aspetta.
Sto sbagliando tutto. Devo riflettere.
Devo
ricominciare.
Ascoltami
bene, ora.
Mi
manchi. Sì, mi manchi tanto. Mi manca ciò che
avevamo – che
credevo
avessimo –
durante gli Hunger Games.
Tu
mi hai amato, vero?
Non
importa, non rispondere. Non è importante.
Io
ti ho amata. E ti amo adesso. Amo di meno ciò che ti sto
dicendo,
quindi aspetta. Ricomincio.
Volevo
dirti solo questo.
Ciao.
Ti sto guardando mentre dormi. Mi ipnotizzi. Tutti mi dicono che non
dovrei fissarti troppo a lungo. Ma lo faccio lo stesso. Ne sento il
bisogno, anche se non ne capisco il motivo.
Ti
sto guardando e mi sento bruciare dentro.
Non
lo so.
Non
lo so, che succede.
Una
bambina dalle trecce nere luccica nella mia mente. Ha i contorni
sfocati. Sei tu. Sei tu che sorridi malvagiamente mentre la mia
famiglia brucia, danzando davanti ai resti della panetteria in
fiamme. Ridi. Il ricordo luccica ancora, ma io vedo nero.
Sfrego
i polsi contro le manette, violentemente.
Sento
i tagli riaprirsi, ma non me ne preoccupo. Perché
sei ancora
viva? Io devo ucciderti.
Subito,
adesso, ora.
Qui.
Mi
dicono che ti ho amata molto. Ma com'è possibile?
Io
non posso aver amato un'assassina.
Hai
ucciso tutti. È colpa tua.
Ciao.
Ti sto odiando mentre dormi. Mi ipnotizzi.
No,
aspetta.
Ricomincio.
Ciao.
Devo ucciderti.
Sì,
devo ucciderti.
Toglierti
quel sorriso malvagio.
Per
sempre. Ucciderti.
NdA.
Mhm. Stavolta (per una volta) sarò di
poche parole.
È un
esperimento. Tutto qua.
Peeta
alle prese con i suoi sentimenti. Forse è noiosa, forse no.
La
seconda “lettera” è da collocare
all'inizio del Tour della
Vittoria (quella folla di persone sono gli abitanti
dell'11);
l'ultimo blocco, invece, è durante la guerra, ovviamente.
Mentre si
trovavano da Tigris, diciamo, ma credo di aver sbagliato qualche
particolare. Non so.
Ok,
ora stacco.
Spero
di vedere tante belle recensioni! Come sempre, non risparmiatevi le
critiche, che sono spesso la cosa più utile!
Un
bacione.